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martedì 26 settembre 2017

Terremoto: procuratore Rieti, fondi sms? Una bolla di sapone.

Il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi © AP
Il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi

Il sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi è in Procura a Rieti.

"Secondo quanto abbiamo appreso dai giornali si va, secondo me, verso l'insussistenza della notizia di reato perché, se i fondi raccolti sono confluiti nelle casse della Protezione Civile, il fatto si rivelerà una grossa bolla di sapone". Così al Tg regionale del Lazio della Rai il procuratore di Rieti Giuseppe Saieva sul caso dei fondi raccolti per Amatrice e Accumoli con gli sms solidali. "Abbiamo aperto un fascicolo modello 45 nell'ambito del quale possiamo fare una ricerca della notizia criminis", ha detto Saieva che sentirà il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi - secondo il quale i fondi non sono mai arrivati a destinazione -, convocato come persona informata sui fatti. 
Sindaco Amatrice, ora mi aspetto contraerea  - "Sabato ad Atreju ho fatto un discorso molto più ampio e ho detto che era stata tradita la volontà degli italiani perché in quei giorni facendo quel numero intendevano dare i soldi alle popolazioni che hanno avuto la distruzione. Poi le scelte sono state altre e secondo me non si è tenuto conto della volontà popolare. Punto". 
E' quanto afferma, in un'intervista a Intelligonews.it in merito alla vicenda degli sms solidali, il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi. "Adesso io mi aspetto la contraerea. Basterebbe dire - aggiunge Pirozzi - 'abbiamo utilizzato i soldi per altri comuni', non c'è niente di male. Poi si vuol fare passare che è stata fatta la consulta dei sindaci, ma così non è. La Regione Lazio ha inserito la ristrutturazione di una scuola di un Comune che non è inserito nel cratere, che è Collevecchio. Con tutto il rispetto per Collevecchio che è un comune che ho nel cuore e ha dato anche i natali a un campione del mondo come Alessandro Nesta. E' chiaro - conclude il sindaco di Amatrice - che adesso mi aspetto il fuoco".

sabato 11 gennaio 2014

Violenza sul web: altro che internet, gli insulti arrivano dal cellulare del Ministro. - Guido Scorza


“Sei una merda…Esiste Dio e con te non sarà clemente”. Non è una delle tante ignobili frasi apparse tra i commenti dei giornali online o sulle pagine di Facebook all’indomani del ricovero di PierLuigi Bersani in ospedale, né di quelle altrettanto ignobili che hanno affollato il profilo Facebook di Caterina, la studentessa di veterinaria che aveva difeso la vivisezione come strada capace salvare la vita e lei ed a tanti altri malati.
La frase in questione l’ha scritta un Ministro della Repubblica, Nunzia De Girolamo e l’ha inviata a Clemente Mastella, euro-deputato, via sms, magari attraverso un cellulare di Stato, pagato con i soldi nostri.
Nei giorni scorsi, davanti all’episodio degli auguri di morte rivolti alla giovane studentessa di veterinaria prima e a Commenti (396) poi, in molti – commentatori e politici – si sono fatti promotori del solito dibattito sulla violenza e sull’odio verbale che impazza sul web e sull’esigenza di intervenire per frenare il rischio di sicure derive.
“E’ colpa dell’anonimato online”, ha sentenziato, come sistematicamente accade, qualcuno, ignorando che difficilmente negli episodi di violenza verbale sul web c’è un effettivo problema di identificazione dell’autore della minaccia o dell’augurio di morte.
“La colpa è della diffusa impunità per ciò che accade sul web”, ha scritto qualcun altro, ignorando – o fingendo di ignorare – che online si applicano, per i reati di opinione, le stesse leggi che si applicano a quanto accade nelle strade, allo stadio, sui giornali o in TV.
La frase – a sua volta maleducata e greve – digitata dal Ministro De Girolamo sul suo telefonino e trasmessa all’On. Clemente Mastella, costituisce, probabilmente l’ennesima, ulteriore conferma, peraltro non necessaria, che è davvero inutile e fuorviante continuare a prendersela con Internet se online, ciclicamente, si registrano episodi di grave imbecillità e maleducazione verbale.
E’ evidente che siamo davanti ad un fenomeno solo ed esclusivamente culturale nell’ambito del quale il “luogo” – fisico o virtuale che sia – nel quale si dà sfogo a certe pulsioni animali è, purtroppo, un fattore secondario.
Se un Ministro della Repubblica trova “normale” augurare, via sms, la morte – o altro genere di divina sofferenza – ad un suo collega parlamentare, “solo” perché questo ha fatto notare che, in passato, per uno scandalo simile a quello che oggi la coinvolge, a lui ed alla moglie, è toccato ben più severo destino politico e giudiziario, non ci si può poi stupire se qualcuno – perché imbecille, fanatico o magari disperato dalla perdita del lavoro – decide di indirizzare analogo augurio ad un leader di partito o ad una giovane studentessa che la pensa in modo diverso sulla vivisezione animale.
Non si tratta di giustificare gli insulti e la violenza sul web perché non sono giustificabili ma solo di ricondurre le cose al loro ordine naturale: se sul web c’è anche violenza e maleducazione è perché, purtroppo, anche di violenza e maleducazione è intrisa la nostra società sino ad arrivare ai vertici delle nostre Istituzioni.
Chi lamenta la diffusa impunità sul web, dovrebbe trovare più sorprendente l’impunità di un Ministro della Repubblica che augura ad un Onorevole la morte via sms che quella di un branco di imbecilli che fa altrettanto sulle pagine di giornali e socialnetwork online.
Chi rappresenta le Istituzioni repubblicane e chi ci governa ha, tra gli altri, il difficile compito di dare il buon esempio.  

venerdì 22 novembre 2013

Terremoto Abruzzo, i soldi degli Sms imboscati dalle banche. - Emiliano Liuzzi




I circa cinque milioni di euro donati dagli italiani per "dare una mano" alla ricostruzione dei luoghi colpiti dal sisma del 2009, sono fermi nei forzieri degli istituti di credito. La Etimos, accusata nei giorni scorsi su alcuni blog di aver gestito direttamente il patrimonio, ci ha sì guadagnato e spiega come li ha spesi.


Gira e rigira sono finiti alle banche i 5 milioni di euro arrivati via sms dopo il terremoto dell’Aquila sotto forma di donazione. E la loro gestione è stata quella prevista da qualsiasi rapporto bancario: non è bastata la condizione di “terremotato” per ricevere un prestito con cui rimettere in piedi casa o riprendere un’attività commerciale distrutta dal sisma. Per ottenerlo occorreva – occorre ancora oggi – soddisfare anche criteri di “solvibilità”, come ogni prestito. Criteri che, se giudicati abbastanza solidi, hanno consentito l’accesso al credito, da restituire con annessi interessi. I presunti insolvibili sono rimasti solo terremotati. Anche se quei soldi erano stati donati a loro. Il metodo Bertolaso comprendeva anche questo. È accaduto in Abruzzo, appunto, all’indomani del sisma del 2009. Mentre Silvio Berlusconi prometteva casette e “new town”, l’ex numero uno della Protezione civile aveva già deciso che i soldi arrivati attraverso i messaggini dal cellulare non sarebbero stati destinati a chi aveva subito danni, ma a un consorzio finanziario di Padova, l’Etimos, che avrebbe poi usato i fondi per garantire le banche qualora i terremotati avessero chiesto piccoli prestiti. E così è stato. Le donazioni sono confluite in un fondo di garanzia bloccato per 9 anni. Un fondo che dalla Protezione civile, due mesi fa, è stato trasferito alla ragioneria dello Stato. La quale, a sua volta, lo girerà alla Regione Abruzzo. E di quei 5 milioni i terremotati non hanno visto neanche uno spicciolo. Qualcuno ha ottenuto prestiti grazie a quel fondo utilizzato come garanzia, ma ha pagato fior di interessi e continuerà a pagarne. Altri il credito se lo sono visto rifiutare.
L’emergenza
Bertolaso
, allora, aveva pieni poteri. Come capo della Protezione civile, come sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ma soprattutto nella veste di uomo di fiducia del premier Silvio Berlusconi. I primi soldi che Bertolaso si trovò a gestire furono proprio i quasi 5 milioni donati dagli italiani con un semplice messaggio del cellulare. Ma lui, “moderno” nella sua concezione di Protezione civile, decise che i milioni arrivati da tutta la penisola sarebbero stati destinati al post emergenza e alle banche, non all’emergenza. Questo aspetto non venne specificato al momento della raccolta, ma Bertolaso aveva il potere di decidere a prescindere. Spedì poi un suo emissario alla Etimos di Padova, consorzio finanziario specializzato nel microcredito, che raccoglie al suo interno, attraverso una fondazione, molti soggetti di tutti i colori, da Caritas a Unipol.
I numeri.
Quello che è successo in questi 3 anni è molto trasparente, al contrario della richiesta di donazione via sms che non precisò a nessuno dove sarebbero finiti i soldi. Nemmeno a un ente, la Regione Abruzzo che, paradossalmente, domani potrebbe usare quei soldi per elicotteri o auto blu. La Etimos, accusata nei giorni scorsi su alcuni blog di aver gestito direttamente il patrimonio, ci ha sì guadagnato, ma non fatica ad ammettere come sono stati usati i soldi: dei 5 milioni di fondi pubblici messi a disposizione del progetto dal dipartimento della Protezione civile, 470 mila euro sono stati destinati alle spese di start-up e di gestione del progetto, per un periodo di almeno 9 anni; 4 milioni e 530 mila euro invece la cifra utilizzata come fondo patrimoniale e progressivamente impiegata a garanzia dell’erogazione dei finanziamenti da parte degli istituti di credito aderenti. Intanto sono state 606 le domande di credito ricevute (206 famiglie, 385 imprese, 15 cooperative). Di queste 246 sono state respinte (85 famiglie, 158 imprese, 3 cooperative) mentre 251 sono i crediti erogati da gennaio 2011 a oggi per un totale di 5.126.500 euro (famiglie 89/551mila euro, imprese 153/4 milioni 233mila e 500 euro, cooperative 9/342mila euro). Infine 99 domande sono in valutazione (68 famiglie, 28 imprese, 3 coop).
Gli aiuti e le banche.
Al termine dell’operazione quello che è successo è semplice: i soldi che le persone hanno donato sono serviti a poco o a niente. Non sono stati un aiuto per l’emergenza, ma – per decisione di Bertolaso – la fase cosiddetta della post emergenza. Che vuol dire aiuti sì, ma pagati a caro prezzo. Le persone si sono rivolte alle banche (consigliate da Etimos, ovviamente) e qui hanno contrattato il credito. Ma chi con il terremoto è rimasto senza un introito di quei soldi non ha visto un centesimo. Non è stato in grado neppure di prendere il prestito perché giudicato persona a rischio, non in grado di restituire il danaro.
Che fine han fatto gli sms?I terremotati sono stati praticamente esclusi. Se qualcosa hanno avuto lo hanno restituito con un tasso d’interesse inferiore rispetto agli altri, ma pur sempre pagando gli interessi. Chi ha guadagnato sono le banche, sicuramente, e la Regione Abruzzo che, al termine dei 9 anni stabiliti, si troverà nelle casse 5 milioni di euro in più. Vincolati? Questo non lo sappiamo. Ne disporrà come meglio crede, sono soldi che entreranno nel bilancio.
La posizione di Etimos.
Fino a oggi, scoperto il metodo Bertolaso, il consorzio finanziario Etimos si è preso le accuse. Ma il presidente dell’azienda padovana al Fatto Quotidiano spiega che il loro è stato un lavoro pulito e trasparente. “Se qualcuno ha mancato nell’informazione”, dice il presidente Marco Santori, “è stata la Protezione civile che doveva precisare che i soldi erano destinati al post emergenza e non all’aiuto diretto. Noi abbiamo fatto con serietà e il risultato è quello che ci era stato chiesto”.