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giovedì 20 febbraio 2020

Panzanavirus. - (pressreader.com) – di Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano



Chi, fra qualche anno, farà l’inventario dei danni inferti a questo povero Paese dai due Matteo si domanderà come sia stato possibile che negli anni 10 del Secondo millennio due mitomani di quel calibro godessero di tanto spazio e credito non fra gli psichiatri, ma nell’establishment, dunque nei media, quindi fra gli elettori.
Oggi pare impossibile, ma fino a due anni fa un caso umano come il Matteo minor che sta rottamando il suo governo a maggior gloria del Matteo maior dettava la linea a tutte le élite imprenditoriali, finanziarie, giudiziarie, politiche ed editoriali. Pronte a tutto pur di compiacerlo, anche a trasformare i suoi peti in Chanel n. 5.
Il caso Consip, che il Fatto racconta fin dal primo giorno, è il perfetto paradigma di questo monumentale tradimento della verità e della decenza. Come sa chi ci legge e non sa chi legge certi giornaloni, il gip romano Gaspare Sturzo ha appena demolito le non-indagini della Procura di Roma per aver salvato dai guai Tiziano Renzi, Verdini e altri a colpi di errori e omissioni mentre indagava su chi aveva osato scoprire lo scandalo: dal pm Woodcock (con l’amica Sciarelli) al capitano Scafarto. Noi quelle nebbie e quelle sabbie le abbiamo raccontate giorno per giorno, mentre giornali e tv fabbricavano il dogma dell’Immacolato Pignatone e la leggenda del Santo Rottamatore.
L’11 aprile 2017 si scoprì che Scafarto, nell’informativa su migliaia di intercettazioni, aveva invertito i nomi di Bocchino e Romeo (riportandoli correttamente nelle trascrizioni allegate) e fu indagato per falso e cacciato dall’Arma, Renzi gridò al complotto contro il su babbo. A Tg3 Lineanotte un Maurizio M’annoi insolitamente vispo trillò: “Colpo di scena! Tiziano Renzi non c’entra!”. Poi riportò come oracolo il commento di San Matteo Martire: “Mio padre ha pianto, Grillo vergognati” (così, a cazzo). Francesco Verderami del Corriere si unì al festino: “C’è un giudice a Roma: il procuratore Pignatone!” (che poi era il pm). Umberto De Giovannangeli della fu Unità denunciò i “corpi dello Stato manipolatori”, roba da “Repubblica delle banane”, ergo aboliamo la cronaca giudiziaria (“basta pubblicare i brogliacci delle Procure”). Repubblica titolò in prima pagina: “Due carte truccate”, “Finti 007 e intercettazioni: così hanno manipolato le carte per coinvolgere Palazzo Chigi”. E sentenziò a firma Carlo Bonini: “Sembra una faccenda uscita dalla sentina dei giorni peggiori della storia repubblicana”. Un carabiniere che inverte due nomi paragonato al Piano Solo, al golpe Borghese, alla strategia della tensione, alle stragi di Stato, alla P2, forse al caso Moro.
Con i verbi all’indicativo: Scafarto “ha costruito consapevolmente due falsi” per incastrare i Renzis e “alimentare una campagna di stampa” con una “velenosa polpetta propinata a due Procure e al Fatto ‘in esclusiva’”. Il 15 settembre 2017 il Giornalone Unico sparò in prima che la pm di Modena, Lucia Musti, aveva lanciato al Csm accuse gravissime a Scafarto e al suo ex comandante Sergio De Caprio (il capitano “Ultimo”). Corriere: “La pm accusa i carabinieri del caso Consip: erano degli esagitati, puntavano a Renzi”. Repubblica: “Scafarto e Ultimo mi dissero: vogliamo arrivare a Renzi”. Messaggero: “Scafarto al pm: ‘arriveremo al segretario Pd’”. Secondo Repubblica, la Musti attribuiva a De Caprio e Scafarto la seguente frase (a più bocche, come Qui, Quo e Qua): “Dottoressa, lei se vuole ha una bomba in mano. Lei può farla esplodere. Scoppierà un casino. Arriviamo a Renzi”.
Renzi tuonò: “Lo scandalo Consip è nato per colpire me, ma colpirà chi ha falsificato le prove contro il premier. Io so bene chi è il mandante. Ma voglio che siano le istituzioni a fare chiarezza”. Orfini rincarò: “Watergate italiano, eversione, attacco alla democrazia”. Zanda, Fassino e Nencini: “Complotto”. Repubblica titolò in prima: “Caso Consip, manovre e veleni. Renzi: creato solo per colpirmi”. Il direttore, nell’incredibile editoriale “La democrazia anormale”, riuscì a infilare tutto l’armamentario berlusconiano anti-giudici: “Sconvolgente manipolazione delle carte giudiziarie” per “affondare” e “disarcionare un primo ministro” cioè Renzi (che si era già affondato e disarcionato da sé, col referendum del 4 dicembre 2016 e le dimissioni da premier, due settimane prima dello scoop del Fatto e del successivo errore del capitano); “pezzi di apparati che, come troppe volte nella storia d’Italia, agiscono in modo deviato ed eversivo”; “metodo a strascico… con intercettazioni telefoniche e ambientali”; e naturalmente giustizia a orologeria nel “dicembre 2016, un mese politicamente decisivo per il Paese… Perché la ‘bomba’ scoppi, il Fatto avvisa della tempesta”. Poi la Musti smentì di aver mai detto quelle cose al Csm: la “bomba” di cui le parlò Ultimo, presente Scafarto, non era il caso Consip, ma l’inchiesta sulla coop rossa Cpl Concordia. Il nuovo Piano Solo era un Piano Sòla. Il nuovo Watergate, un Waterclosed. E la bomba un’autobomba del Bomba e dei suoi manutengoli a mezzo stampa. Risultato: Scafarto prosciolto da ogni accusa e reintegrato nell’Arma; Woodcock e Sciarelli archiviati; archiviazione di babbo Renzi e Romeo respinta dal gip, che ordina alla Procura di fare quel che non ha fatto in due anni, cioè indagare su entrambi e pure su Verdini.
E i giornaloni? Sopire e troncare. Nemmeno una riga in prima pagina, per carità. Il Corriere si salva con mezza pag. 21. Il Messaggero fa un bassetto a pag. 12. La Stampa un trafiletto a pag. 8. E ora pronti col microscopio elettronico per Repubblica: una breve di 17 righe a pag. 25, senza il nome di Renzi sr., accanto a notizioni tipo “Carpi, pietre contro il treno e selfie sui binari: denunciato 14enne”.
A proposito: com’era quella storia sulle fake news di Putin?

https://infosannio.wordpress.com/2020/02/20/panzanavirus/

venerdì 22 febbraio 2019

Ve ne andate o no? - Marco Travaglio

In Edicola sul Fatto del 22 Febbraio: Ermini e i pasdaran Pd, la rimpatriata a pranzo

In un Paese serio, il presidente della Repubblica e del Csm Sergio Mattarella convocherebbe il vicepresidente del Csm David Ermini e gli chiederebbe le dimissioni. A meno che non riesca a smentire le notizie pubblicate ieri dall’Huffington Post sul suo pellegrinaggio mattutino alla Camera (dov’è stato eletto un anno fa in quota Renzi) per confabulare con gli ayatollah renziani, impegnati a fucilare i giudici di Firenze che hanno osato arrestare i genitori del loro capo. Gli stessi giudici che Ermini dovrebbe difendere dagli attacchi, come si usava quando l’attaccante era B. e ancora si usa quando lo è Salvini. Invece Ermini tace e anzi acconsente, incontrando gli aggressori. Secondo l’Huffington, ha fatto “due chiacchiere con Maria Elena Boschi”, che ieri sul Foglio tuonava contro “l’uso politico della giustizia”. Poi, a pranzo, si è “attovagliato con Alessia Morani, Stefano Ceccanti e Carmelo Miceli, avvocato siciliano di granitico garantismo”. Garantismo si fa per dire, visto il forsennato giustizialismo della combriccola contro le toghe fiorentine, già condannate per leso Tiziano. Quale imparzialità potrà avere d’ora in poi questo Ermini nel tutelare, come sarebbe suo dovere, i magistrati aggrediti dai politici suoi amici? Già ne aveva poca prima, viste le sue sparate contro altri pm sgraditi a Renzi, quelli di Consip. Ma da ieri la sua terzietà è pari a zero. E mai come oggi il Csm ha bisogno di un vertice al di sopra delle parti e dei sospetti.
Anche perché finalmente sta per chiudere l’inaudito processo disciplinare contro i pm napoletani Woodcock e Carrano, rei di avere scoperchiato la fogna Consip. Chi gridava al complotto (Ermini compreso) sosteneva che l’inchiesta era mirata a infangare il Giglio Magico tramite quel giglio di campo di Tiziano, ora agli arresti, con “prove false” taroccate dal capitano Scafarto. L’ufficiale del Noe fu indagato, perquisito e financo destituito dalla Procura e dal gip di Roma. Ma, come dice Renzi, “il tempo è galantuomo e basta solo aspettare”. Infatti Scafarto fu scagionato e reintegrato nell’Arma dal Tribunale del Riesame, che attestò la buona fede dei suoi errori (per i quali i pm di Roma vogliono pervicacemente processarlo, dopo aver chiesto l’archiviazione di babbo Tiziano). La Procura ricorse in Cassazione e fu respinta con perdite: rigettati tutti i suoi ricorsi. Ieri sono uscite le motivazioni: nessun reato di falso per incastrare Tiziano e screditare Matteo, solo errori involontari. Il punto centrale dell’accusa è la famosa telefonata in cui Italo Bocchino, ex deputato di Fli e consulente di Alfredo Romeo, diceva di aver “incontrato Renzi”.
Nell’informativa Scafarto attribuiva erroneamente quella frase a Romeo e individuava quel “Renzi” non in Matteo, ma in Tiziano (a riprova di un incontro fra i due sempre negato da entrambi, ma ora ritenuto probabilissimo dagli stessi pm). Anche la Cassazione smentisce la Procura, ritenendo quell’errore una svista e non una congiura con prove false per incastrare i Renzis. Per tre motivi. 
1) Tiziano era già coinvolto nell’affaire Consip da ben altri e più solidi indizi e non c’era bisogno di inventarne di nuovi: “Dalle intercettazioni e dai primi riscontri… risultava che Romeo stesse stipulando con il Russo, che affermava di parlare anche a nome di Tiziano Renzi…, un ‘accordo quadro’, che prevedeva il versamento periodico di denaro da parte sua al Russo ed al Renzi in cambio di un intervento di quest’ultimo sull’Ad di Consip Luigi Marroni”. E, appena partirono le indagini babbo Renzi fu avvisato da una fuga di notizie che lo indusse a non parlare più al telefono. 
2) Se davvero Scafarto voleva screditare i Renzi, “non si comprende perché (come risulta dalle chat, ndr) chiese a tutti i suoi collaboratori un riscontro di verifica diretta” sulla telefonata Bocchino-Romeo, sollecitandoli a “riascoltarla” e a controllare meglio chi diceva cosa e poi “a controllare che la sua informativa non contenesse inesattezze”. 
3) “Scafarto – aggiunge la Cassazione confermando il Riesame – invitò il maresciallo Chiaravalle a controllare meglio un’intercettazione e soprattutto l’identificazione di uno dei soggetti che si era incontrato con Marroni in Marco Carrai. Chiaravalle ha dichiarato che fu Scafarto a fargli notare che la persona identificata in Carrai, in realtà, era Marco Canale, presidente di Manutencoop. La vicenda è decisamente rilevante perché smentisce la volontà dell’indagato (Scafarto) di voler coinvolgere nella vicenda Consip, anche mediante la commissione di reati di falso, l’allora presidente del Consiglio. Carrai infatti è un imprenditore molto vicino a Matteo Renzi”. Anche in quella occasione, insomma, per i giudici di Cassazione ha ragione il Riesame: Scafarto “perseguì l’accertamento della verità”, anche se scomoda per l’accusa. Senza preconcetti né complotti.
Ora che del golpe Consip non resta più nulla, nemmeno la cenere, e nessuna persona sana di mente si beve la storia del golpe contro papà Tiziano e mamma Lalla, è paradossale che il renzismo sopravviva proprio ai vertici del Csm. E pure del Pd alla vigilia del congresso. Lì le sole voci udibili sono quelle contro i giudici, mentre chi dovrebbe difenderli tace. L’on. avv. berlusconiano Francesco Paolo Sisto annuncia di aver appena “presentato un ddl sulla separazione delle carriere dei magistrati. A parte i 5Stelle, il clima non è ostile, neanche dal Pd. Perché non è un provvedimento in quota opposizione, ma in quota Costituzione”. Per la verità, è sempre stato in quota P2. Ora è nel programma della mozione Martina (“Il tema della separazione delle carriere appare ineludibile per garantire un giudice terzo e imparziale”) e nelle interviste di Giachetti. Molto più comodo separare i giudici dai pm che i politici dai delinquenti.


qui l'articolo del Huffingtonpost: