A Roberto Ginatta e Cosimo di Cursi, rispettivamente presidente e ad, è contestato il reato di malversazione ai danni dello Stato. Cuore dell'inchiesta i soldi pubblici, ottenuti attraverso Invitalia, per far ripartire lo stabilimento, dove la società avrebbe dovuto produrre auto elettriche. I finanzieri stanno mettendo i sigilli agli impianti della fabbrica di Rivoli nel Torinese.
Almeno 16 dei 21 milioni di euro di soldi pubblici versati alla Blutec, l’azienda che avrebbe dovuto gestire il rilancio dello stabilimento ex Fiat di Termini Imerese sono stati invece impiegati in altri impianti per l’acquisto di beni, come ad esempio un software. A questa conclusione sono giunte le indagini della guardia di finanza di Palermo che hanno portato agli arresti domiciliari per Roberto Ginatta e Cosimo di Cursi, rispettivamente presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato proprio della Blutec. Le Fiamme gialle, oltre a dare esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare, hanno infatti sequestrato preventivamente proprio 16 milioni e 516 mila euro. Anche lo stabilimento di Rivoli (Torino) della Blutec è stato messo sotto sequestro.
Era ottobre quando la procura di Termini Imerese aveva aperto l’inchiesta su Blutec, la società che ha rilevato l’ex stabilimento siciliano della Fiat. In fabbrica erano arrivati gli uomini del nucleo di polizia economico-finanziaria per sequestrare documenti e file utili sull’azienda. Obiettivo del procuratore Ambrogio Cartosio era far luce sull’utilizzazione del finanziamento pubblico da circa 21 milioni di fondi regionali vincolati a precisi investimenti industriali mai realizzati come aveva raccontato a gennaio ilfattoquotidiano.it. “Gli arresti del management della Bluetec di Termini Imerese confermano alcune perplessità delle parti sui piani d’investimento. Non abbandoniamo i lavoratori che sono le vittime di questa storia”, dice il ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, mentre alcune operai già si stanno radunando per protestare fuori dallo stabilimento siciliano. I finanzieri sono arrivati anche lì, oltre che in tutte le altre unità locali dell’azienda.
I riscontri finanziari, le perquisizioni, una consulenza tecnica e l’assunzione di informazioni nei confronti di dipendenti e fornitori della Blutec hanno fatto emergere come i finanziamenti statali, attraverso Invitalia, per la riconversione di Termini Imerese non siano in realtà, questa l’accusa, mai stati impiegati per i fini progettuali previsti, né restituiti a scadenza delle condizioni imposte per la realizzazione del progetto (31 dicembre 2016, termine poi prorogato fino al 30 giugno 2018). A tutt’oggi, nonostante la revoca del finanziamento intervenuta a aprile del 2018, le procedure di restituzione non sono state ancora avviate.
I soldi statali incassati per riaprire lo stabilimento. Oggi gli investigatori delle Fiamme Gialle sono tornati in azione per eseguire un’ordinanza di custodia cautelare e così Roberto Ginatta e Cosimo di Cursi, rispettivamente presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato della Blutec, sono finiti agli arresti domiciliari con l’accusa di malversazione ai danni dello Stato. I finanzieri hanno anche notificato un decreto di sequestro preventivo dell’intero complesso aziendale e delle relative quote sociali, nonché delle disponibilità finanziarie, immobiliari e mobiliari riconducibili agli indagati fino all’importo di 16 milioni e 516 mila euro. Cuore dell’inchiesta i fondi statali per riaprire lo stabilimento dove Blutec avrebbe dovuto produrre auto elettriche. A Ginatta e Di Cursi è stata notificata anche una misura interdittiva, per la durata di 12 mesi, che riguarda il divieto di esercitare imprese e uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese. I finanzieri stanno mettendo i sigilli agli impianti della fabbrica su disposizione dell’autorità giudiziaria sotto lo sguardo degli operai. I lavoratori stanno assistendo sotto choc al sequestro da parte dei finanzieri che si trovano negli uffici amministrativi.
Il piano di rilancio che prevedeva di reintegrare l’intera forza lavoro: mai attuato. I fondi pubblici – come scritto dal fattoquotidiano.it – erano stati erogati nel 2016 attraverso Invitalia per rilanciare l’impianto era stato fermato nel dicembre 2011. Blutec se li era aggiudicati dopo che gli altri pretendenti alla successione di Fca erano caduti uno via l’altro in scia alle inchieste giudiziarie. E con l’impegno di riaprire l’impianto riassorbendo una parte del personale della fabbrica anche grazie alle commesse per produrre settemila motocicli elettrici di Poste Italiane e per elettrificare 7200 Doblò Fca in quattro anni. L’azienda aveva infatti presentato un piano di rilancio che prevedeva di reintegrare l’intera forza lavoro (694 persone) dell’impianto entro la fine di quest’anno, riportando in fabbrica 400 lavoratori già nel 2017. In realtà poi le cose sono andate diversamente. Dopo aver incassato i soldi pubblici, Blutec si è progressivamente rimangiata buona parte delle promesse fatte mandando avanti a singhiozzo il piano per assumere il personale e rilanciare il sito industriale.
Il ruolo del Mise da Calenda a Di Maio. Della questione era ben cosciente il ministero dello Sviluppo economico che, ai tempi dell’ex ministro Carlo Calenda che pure aveva ereditato lo spinoso caso dalle passate gestioni, aveva scelto di fare buon viso a cattivo gioco rimandando il caso Termini Imerese a dopo il voto e passando così la patata bollente al governo gialloverde. A metà luglio 2018, in un incontro al ministero dello Sviluppo economico, ormai sotto la guida del vicepremier, Luigi Di Maio, Blutec riferiva che i lavoratori occupati erano solo 135, cui si sarebbero aggiunte “con la commessa dei 6800 Doblò di FCA, altre 120 persone nei prossimi tre anni”, come si leggeva nel verbale della riunione ministeriale. “La piena occupazione verrà quindi assicurata solo nel momento in cui gli accordi commerciali citati avranno concreta realizzazione”, proseguiva il documento. A novembre c’era stato un nuovo tavolo al Mise in cui la Fiom aveva chiesto di garantire la continuità occupazionale.
Lo scorso 23 febbraio Di Maio aveva annunciato, al tavolo al Comune di Termini Imerese con sindaci e sindacati sulla Blutec un emendamento al Decretone in esame al Senato “per assicurare sei mesi di ammortizzatori sociali”.. Il timore di una mancata proroga della cassa integrazione, scaduta il 31 dicembre scorso, aveva portato le tute blu dello stabilimento ex Fiat a organizzare giorni di proteste, occupando simbolicamente la sede del Comune e poi tenendo un sit-in davanti al ministero dello Sviluppo economico a Roma per chiedere proprio che il faccia a faccia con Di Maio fosse anticipato a questo sabato. “La Blutec deve rispettare gli impegni che ha preso”, aveva detto il vicepremier incontrando i giornalisti al termine dell’incontro. “E allo stesso tempo Fiat, cioè Fca, deve fare la sua parte, perché è vero che ha deciso di andare via ma si è impegnata a garantire la transizione”. Oggi gli arresti e il sequestro della fabbrica.