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domenica 17 maggio 2020

A chi la ciccia e a chi le frattaglie. - Gaetano Pedullà

JOHN ELKANN

Che qualcosa di grosso stesse cucinando in pentola l’avevano capito tutti da tempo. Se n’era sentito l’odore quando alcuni grandi giornali erano passati alla Fiat (che ora si chiama Fca, ma a me piace usare lo stesso nome a cui lo Stato bonifica da decenni montagne di miliardi pubblici sotto forma di cassa integrazione, contributi e rottamazioni). Perché – mi domandavo – gli Elkann, cioè gli eredi della dinastia Agnelli, portano il cuore del loro gruppo automobilistico ad Amsterdam, a Londra e Detroit, poi si fondono con la francese Peugeot e intanto comprano la Repubblica e spingono una schiera di direttori che anche in tv sentiamo ripetere come un disco rotto ogni contumelia contro il Governo?
Elkann nisciuno è fesso, e noi quanto i discendenti dell’Avvocato sappiamo bene che di questi tempi (anzi, in tutti i tempi) i giornali sono un pessimo investimento, a meno che non ci sia da usarli come clave per guadagnarci da un’altra parte. E stavolta la clava si era vista subito: neanche il tempo di salutare i dipendenti che già il nuovo direttore del quotidiano di Scalfari incorniciava in prima pagina i consigli non richiesti di Cottarelli e Moavero per salvare l’Italia, con implicito avviso di sfratto a Conte e a quegli scappati di casa del Movimento Cinque Stelle.
Il governissimo con dentro tutti, dalla Lega di Giorgetti e Zaia (le sparate elettorali di Salvini ora non servono) all’Italia Viva di Renzi, con il Pd e frotte di responsabili, è il sogno di chi vuole sedersi a capotavola del grande banchetto allestito con i miliardi di aiuti pubblici stanziati per ripartire dopo il Covid. Tant’è vero che ieri, su un’agenzia di stampa straniera, è saltata fuori la notizia che Fiat sta trattando con Banca Intesa Sanpaolo un prestito da oltre sei miliardi interamente garantito dalla Sace (cioè lo Stato). Niente male mentre famiglie e imprese ricevono col contagocce i prestiti garantiti fino a 25mila euro, e c’è un Paese da rimettere in piedi, possibilmente senza lasciare tutta la ciccia ai soliti noti, e agli altri le frattaglie.

venerdì 20 marzo 2020

Coronavirus: gli stabilimenti Ferrari produrranno ventilatori polmonari anziché automobili. - Simone Gussoni

Coronavirus: gli stabilimenti Ferrari produrranno ventilatori polmonari anziché automobili

A causa dell’emergenza globale conseguente alla diffusione del Coronavirus anche la famosissima casa automobilistica Ferrari convertita la propria produzione da vetture extralusso e iperperformanti a ventilatori polmonari.
Anche i concorrenti Mercedes e RedBull sembrano essere intenzionato a seguire tale decisione, per dare supporto agli ospedali italiani e non, nei quali i pazienti ricoverati in Terapia Intensiva hanno bisogno di dispositivi simili per sopravvivere.
Ferrari e Fca, insieme con il produttore di componenti automobilistici Magneti Marelli, stanno discutendo con la Siare Engineering International di Bologna, numero uno in Italia per le macchine per la ventilazione, offrendo lo stabilimento di Maranello e ricerca soluzioni per poter produrre le componenti di questi apparecchi salvavita. 
Giovedì, durante un incontro tra un gruppo di ingegneri di Fca e Ferrari, sono state messe sul tavolo due ipotesi. La prima punta a ottimizzare il processo produttivo, supportando Saire nella logistica e con i fornitori, due aspetti che potrebbero immediatamente spingere la sua produzione. Ma – è la seconda ipotesi – c’è anche la possibilità di esternalizzare parte della manifattura, in particolare di alcuni componenti. La Ferrari ha già dato la disponibilità a usare i suoi impianti a Maranello, e anche in casa Fca si sta valutando dove e in che modo collaborare alla produzione di alcune parti. 
Insomma, «o li aiutiamo a casa loro o portiamo fuori parte della produzione. Oppure facciamo entrambe le cose», spiegano da Exor, la holding della famiglia Agnelli che controlla Fca e Ferrari. Una decisione non è ancora stata presa. Mentre l’obiettivo è chiaro: raddoppiare la produzione di apparecchi per la respirazione di Siare, passando da 150 a 300 respiratori alla settimana. 
Nei giorni scorsi la famiglia Agnelli ha donato 10 milioni alla Protezione civile per l’emergenza Covid-19. Come gruppo invece Fca, Ferrari e Cnh Industrial stanno acquisendo 150 respiratori e mascherine in Cina e le porteranno in Italia. Inoltre Leasys, la società di noleggio, ha messo a disposizione delle Croce rossa italiana una flotta di mezzi per il trasporto. Infine, il gruppo ha offerto alla Protezione civile la propria rete di acquisti e un servizio di consulenza per comprare materiale sanitario e apparecchiature all’estero e portrlo velocemente in Italia.
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sabato 1 giugno 2019

Fiat Chrysler investirà 4,5 miliardi in Michigan per nuovi suv di Jeep.

FCA

FCA, sede fiscale in Olanda, sede legale a Londra, investirà 4,5 miliardi di euro in USA, creando là 21.000 posti di lavoro. 

Lo dico per quelli che prendono una Fiat al grido di “Io compro italiano”.Il gruppo italo americano ha annunciato un investimento da 4,5 miliardi di dollari per la costruzione di nuovi suv Jeep in Michigan.

Fiat Chrysler ha annunciato nelle scorse ore che investirà 4,5 miliardi di dollari in cinque stabilimenti e creerà dai 6.500 ai 21.000 posti di lavoro nel Michigan, tra cui la trasformazione di una fabbrica di motori a Detroit in un impianto di assemblaggio per espandere la sua popolare linea di modelli Jeep e produrre modelli ibridi e completamente elettrici. La mossa arriva in un momento in cui il mercato statunitense sembra destinato a calare, con le vendite di nuovi veicoli del 2019 che dovrebbero scendere al di sotto dei livelli del 2018.

Ma l’amministratore delegato di Fiat Chrysler, Mike Manley, ha dichiarato in una conference call con i giornalisti che gli investimenti della società sono focalizzati sui SUV, un’area “destinata a continuare a crescere”. I piani di FCA includono la trasformazione di una fabbrica di motori a Detroit in un impianto di assemblaggio. Il gruppo italo americano ha detto che i piani includono investimenti per consentire a tre stabilimenti del Michigan di produrre modelli Jeep ibridi e completamente elettrici. Manley ha detto che questi modelli ibridi o modelli elettrici potrebbero essere disponibili entro la fine del 2021.

Fiat Chrysler prevede di iniziare la costruzione del nuovo impianto a Detroit da 1,6 miliardi di dollari nel terzo trimestre del 2019. In questo stabilimento FCA inizierà la produzione di un nuovo SUV a tre file entro la fine del 2020, seguito da una versione rinnovata del Grand Cherokee nella prima metà del 2021. I piani includono anche un investimento di 900 milioni di dollari per modernizzare e riorganizzare un altro stabilimento di Detroit per realizzare Dodge Durango e Jeep Grand Cherokee.

Tutto bello no? E l’Italia?

Ripeto, dico tutto questo per quelli che prendono una Fiat al grido di “Io compro italiano”.

https://ilfastidioso.myblog.it/2019/05/06/fca/?fbclid=IwAR2IBzgTCwnGtPcjFJTzwiln-HcVtEpGkLNOIgeEt-RPNKWSQf9WBiQFcCE

martedì 12 marzo 2019

Termini Imerese, domiciliari per i vertici Blutec: “16 dei 21 milioni di fondi statali per riconversione usati in altri impianti”.

Termini Imerese, domiciliari per i vertici Blutec: “16 dei 21 milioni di fondi statali per riconversione usati in altri impianti”

A Roberto Ginatta e Cosimo di Cursi, rispettivamente presidente e ad, è contestato il reato di malversazione ai danni dello Stato. Cuore dell'inchiesta i soldi pubblici, ottenuti attraverso Invitalia, per far ripartire lo stabilimento, dove la società avrebbe dovuto produrre auto elettriche. I finanzieri stanno mettendo i sigilli agli impianti della fabbrica di Rivoli nel Torinese.

Almeno 16 dei 21 milioni di euro di soldi pubblici versati alla Blutec, l’azienda che avrebbe dovuto gestire il rilancio dello stabilimento ex Fiat di Termini Imerese sono stati invece impiegati in altri impianti per l’acquisto di beni, come ad esempio un software. A questa conclusione sono giunte le indagini della guardia di finanza di Palermo che hanno portato agli arresti domiciliari per Roberto Ginatta e Cosimo di Cursi, rispettivamente presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato proprio della Blutec. Le Fiamme gialle, oltre a dare esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare, hanno infatti sequestrato preventivamente proprio 16 milioni e 516 mila euro. Anche lo stabilimento di Rivoli (Torino) della Blutec è stato messo sotto sequestro.
Era ottobre quando la procura di Termini Imerese aveva aperto l’inchiesta su Blutec, la società che ha rilevato l’ex stabilimento siciliano della Fiat. In fabbrica erano arrivati gli uomini del nucleo di polizia economico-finanziaria per sequestrare documenti e file utili sull’azienda. Obiettivo del procuratore Ambrogio Cartosio era far luce sull’utilizzazione del finanziamento pubblico da circa 21 milioni di fondi regionali vincolati a precisi investimenti industriali mai realizzati come aveva raccontato a gennaio ilfattoquotidiano.it. “Gli arresti del management della Bluetec di Termini Imerese confermano alcune perplessità delle parti sui piani d’investimento. Non abbandoniamo i lavoratori che sono le vittime di questa storia”, dice il ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maiomentre alcune operai già si stanno radunando per protestare fuori dallo stabilimento siciliano. I finanzieri sono arrivati anche lì, oltre che in tutte le altre unità locali dell’azienda.
I riscontri finanziari, le perquisizioni, una consulenza tecnica e l’assunzione di informazioni nei confronti di dipendenti e fornitori della Blutec hanno fatto emergere come i finanziamenti statali, attraverso Invitalia, per la riconversione di Termini Imerese non siano in realtà, questa l’accusa, mai stati impiegati per i fini progettuali previsti, né restituiti a scadenza delle condizioni imposte per la realizzazione del progetto (31 dicembre 2016, termine poi prorogato fino al 30 giugno 2018). A tutt’oggi, nonostante la revoca del finanziamento intervenuta a aprile del 2018, le procedure di restituzione non sono state ancora avviate.
I soldi statali incassati per riaprire lo stabilimento. Oggi gli investigatori delle Fiamme Gialle sono tornati in azione per eseguire un’ordinanza di custodia cautelare e così Roberto Ginatta e Cosimo di Cursi, rispettivamente presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato della Blutec, sono finiti agli arresti domiciliari con l’accusa di malversazione ai danni dello Stato. I finanzieri hanno anche notificato un decreto di sequestro preventivo dell’intero complesso aziendale e delle relative quote sociali, nonché delle disponibilità finanziarie, immobiliari e mobiliari riconducibili agli indagati fino all’importo di 16 milioni e 516 mila euro. Cuore dell’inchiesta i fondi statali per riaprire lo stabilimento dove Blutec avrebbe dovuto produrre auto elettriche. A Ginatta e Di Cursi è stata notificata anche una misura interdittiva, per la durata di 12 mesi, che riguarda il divieto di esercitare imprese e uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese. I finanzieri stanno mettendo i sigilli agli impianti della fabbrica su disposizione dell’autorità giudiziaria sotto lo sguardo degli operai. I lavoratori stanno assistendo sotto choc al sequestro da parte dei finanzieri che si trovano negli uffici amministrativi.
Il piano di rilancio che prevedeva di reintegrare l’intera forza lavoro: mai attuato. I fondi pubblici – come scritto dal fattoquotidiano.it – erano stati erogati nel 2016 attraverso Invitalia per rilanciare l’impianto era stato fermato nel dicembre 2011. Blutec se li era aggiudicati dopo che gli altri pretendenti alla successione di Fca erano caduti uno via l’altro in scia alle inchieste giudiziarie. E con l’impegno di riaprire l’impianto riassorbendo una parte del personale della fabbrica anche grazie alle commesse per produrre settemila motocicli elettrici di Poste Italiane e per elettrificare 7200 Doblò Fca in quattro anni. L’azienda aveva infatti presentato un piano di rilancio che prevedeva di reintegrare l’intera forza lavoro (694 persone) dell’impianto entro la fine di quest’anno, riportando in fabbrica 400 lavoratori già nel 2017. In realtà poi le cose sono andate diversamente. Dopo aver incassato i soldi pubblici, Blutec si è progressivamente rimangiata buona parte delle promesse fatte mandando avanti a singhiozzo il piano per assumere il personale e rilanciare il sito industriale.
Il ruolo del Mise da Calenda a Di Maio. Della questione era ben cosciente il ministero dello Sviluppo economico che, ai tempi dell’ex ministro Carlo Calenda che pure aveva ereditato lo spinoso caso dalle passate gestioni, aveva scelto di fare buon viso a cattivo gioco rimandando il caso Termini Imerese a dopo il voto e passando così la patata bollente al governo gialloverde. A metà luglio 2018, in un incontro al ministero dello Sviluppo economico, ormai sotto la guida del vicepremier, Luigi Di Maio, Blutec riferiva che i lavoratori occupati erano solo 135, cui si sarebbero aggiunte “con la commessa dei 6800 Doblò di FCA, altre 120 persone nei prossimi tre anni”, come si leggeva nel verbale della riunione ministeriale. “La piena occupazione verrà quindi assicurata solo nel momento in cui gli accordi commerciali citati avranno concreta realizzazione”, proseguiva il documento. A novembre c’era stato un nuovo tavolo al Mise in cui la Fiom aveva chiesto di garantire la continuità occupazionale.
Lo scorso 23 febbraio Di Maio aveva annunciato, al tavolo al Comune di Termini Imerese con sindaci e sindacati sulla Blutec un emendamento al Decretone in esame al Senato “per assicurare sei mesi di ammortizzatori sociali”.. Il timore di una mancata proroga della cassa integrazione, scaduta il 31 dicembre scorso, aveva portato le tute blu dello stabilimento ex Fiat a organizzare giorni di proteste, occupando simbolicamente la sede del Comune e poi tenendo un sit-in davanti al ministero dello Sviluppo economico a Roma per chiedere proprio che il faccia a faccia con Di Maio fosse anticipato a questo sabato. “La Blutec deve rispettare gli impegni che ha preso”, aveva detto il vicepremier incontrando i giornalisti al termine dell’incontro. “E allo stesso tempo Fiat, cioè Fca, deve fare la sua parte, perché è vero che ha deciso di andare via ma si è impegnata a garantire la transizione”. Oggi gli arresti e il sequestro della fabbrica.

martedì 16 gennaio 2018

"Entro il 2025 metà delle auto ibride o elettriche". Cosa ha detto Marchionne a Detroit.

marchionne

Durante il Salone dell'auto il numero uno di Fca ha parlato del futuro dell'automotive, ma anche di Italia: "Attenti a promettere riforme fiscali".
Entro il 2025 la metà delle auto prodotte al mondo sarà elettrificata e i veicoli a gas e a benzina cederanno il passo a quelli ibridi ed elettrici. È quanto ha sottolineato l'amministratore delegato di Fca, Sergio Marchionne, in un'intervista a Bloomberg. Secondo il top manager, "i produttori d'auto hanno meno di un decennio per reinventarsi" o rischiano di essere travolti dal cambiamento nel modo di alimentare, guidare e acquistare i veicoli".
E ha aggiunto: "le case automobilistiche dovranno affrettarsi a separare i prodotti che si trasformeranno in commodity da quelli che manterranno un brand". "Questo business non è mai stato adatto per i deboli di cuore" ha  continuato Marchionne, "i cambiamenti tecnologici che sono in arrivo lo renderanno probabilmente ancora più sfidante di quanto non lo sia mai stato".
Obiettivi Fca confermati, e Marchionne fuga i dubbi sull'Italia.
Sergio Marchionne, in conferenza stampa al Salone dell'auto di Detroit, ha quindi confermato gli obiettivi di Fiat Chrysler Automobiles per il 2017 e per il 2018. "Non ho alcuna indicazione negativa per quanto riguarda il 2017 e confermo gli obiettivi dell'anno e, in gran misura, quelli che abbiamo detto per il 2018. C'è stato un adeguamento del valore del titolo che riflette il raggiungimento degli obiettivi che ci eravamo posti", ha aggiunto. 

Il nuovo piano strategico al 2022, assicura Marchionne, "eliminerà qualsiasi dubbio per quanto riguarda l'impegno di Fca in Italia e lo sviluppo della rete industriale". "Credo che il piano che si dovrà presentare entro il primo semestre deve per necessità affrontare la conclusione del processo della ristrutturazione industriale della rete italiana - ha osservato - dobbiamo completare lo sviluppo della Maserati e dell'Alfa Romeo. Sono cose che abbiamo cominciato a fare cinque o sei anni fa e che dobbiamo completare. Non possiamo lasciare l'Alfa che è un lavoro incompiuto, nonostante il successo che abbiamo avuto".
Marchionne ha poi assicurato che il piano "chiarirà tutta la vicenda italiana". In ogni caso l'obiettivo è quello del pieno utilizzo degli stabilimenti con con un piano sui prodotti. "In Italia non abbiamo perso niente: non abbiamo abbiamo perso dipendenti, abbiamo ancora tutti gli stabilimenti che avevamo prima e stiamo cercando di utilizzarli. Andrà confermato in maniera ufficiale come parte del piano. Poi dipenderà dal mercato - ha concluso - spero che il marcato globale ci offrirà abbastanza domanda da soddisfare".
E alla politica italiana, "Attenti a promettere riforme fiscali".

Sempre a proposito di Italia, il numero uno di Fca ha poi detto che le riforme fiscali, come negli Stati Uniti, "sono tutte cose da auspicare, ma l'Italia è il terzo Paese più indebitato del mondo" e "occorre fare i conti prima di annunciare queste cose". "Starei attento a promettere queste riforme fiscali senza guardare al deficit e al finanziamento del debito pubblico", ha rimarcato, riferendosi probabilmente al tema della flat tax che sta tenendo banco durante la campagna elettorale. 
Marchionne, ha inoltre escluso categoricamente di volersi comprare la Ferrari quando lascerà la guida di Fca. "Tutte menate", ha risposto Marchionne interpellato al salone dell'auto di Detroit sulle indiscrezioni di stampa in questo senso. "Vabbè che siamo ottimisti - ha osservato - cerchiamo di vincere il mondiale e di fare una barca di soldi e saremo tutti contenti".

domenica 18 gennaio 2015

Fiat Chrysler, Marchionne si fa la banca. Così potrà chiedere soldi a Draghi.

Fiat Chrysler, Marchionne si fa la banca. Così potrà chiedere soldi a Draghi

Fca Bank, partecipata al 50% dai francesi di Crédit Agricole, ha ottenuto la licenza dalla Banca d'Italia il 14 gennaio. Potrà partecipare alle aste di liquidità a tassi super agevolati dello 0,15% che la Banca centrale europea riserva agli istituti di credito.

Dopo il prestito obbligazionario da 2,5 miliardi, la vendita di 100 milioni di azioni e la decisione di incamerare 2,25 miliardi di cassa di Ferrari, ora Sergio Marchionne cerca di racimolare risorse anche facendosi una banca “in house”. Il 14 gennaio è stata infatti registrata nell’albo degli intermediari finanziari Fca Bank spa, frutto di una joint venture tra Fca Italy e CA Consumer Finance, che fa capo a Crédit Agricole. L’obiettivo è evidente: abbeverarsi alle aste di liquidità a tassi super agevolati dello 0,15% che la Banca centrale europea riserva, appunto, agli istituti di credito. All’ultima tranche, quella di dicembre, le banche italiane hanno ricevuto circa 26 miliardi. Mentre nella precedente tornata di prestiti a lungo termine concessi dall’Eurotower, quella del 2011 e 2012, si erano assicurate circa 250 miliardi. Un piatto ricchissimo che ha evidentemente ingolosito l’amministratore delegato di Fca e la famiglia Agnelli, la cui holding Exor è socia del gruppo con il 30,05 per cento.
Di conseguenza, a fine 2013 Fca ha fatto domanda a via Nazionale per trasformare la finanziaria Fga Capital - anch’essa partecipata al 50% dal gruppo francese Crédit Agricole e specializzata in finanziamenti e leasing ai clienti del gruppo – in un vero e proprio istituto di credito. Che, avendo ottenuto la licenza bancaria in Italia, diventa la holding di un gruppo bancario internazionale presente in 16 Paesi europei. E potrà diversificare le attività: fare raccolta diretta, concedere prestiti slegati dalla vendita di auto e pure far fronte alle esigenze di Fca, gravata attualmente da oltre 11 miliardi di debiti.
La nascita di Fca Bank, si legge in una nota del gruppo, “costituisce un punto d’arrivo nella naturale evoluzione del percorso iniziato 90 anni fa, con la nascita nel 1925 a Torino di Sava (Società Anonima Vendita Automobili), prima società finanziaria concepita per aiutare le famiglie italiane nell’acquisto di un’automobile”. Essere diventata banca consente a Fca Bank – si legge ancora – “di esprimere un’immagine di maggiore solidità nei confronti degli investitori internazionali, cogliendo con maggiore efficacia le opportunità di diversificazione delle fonti di finanziamento, migliorando ulteriormente l’offerta ai propri clienti rispetto a oggi”. Fca Bank “proseguirà nel supporto alla vendita di autovetture e di veicoli commerciali di numerosi marchi, primi fra tutti quelli di Fiat Chrysler Automobiles, attraverso la gestione di attività di finanziamento alla clientela finale e alla rete dei concessionari, nonché con la promozione di soluzioni assicurative e di attività di locazione di lunga durata delle flotte di autoveicoli”, conclude la nota.