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martedì 2 giugno 2020

Forza Italia, l’ex parlamentare Pittelli intercettato: “Tremonti prendeva 5 milioni a emendamento”. - Lucio Musolino

Forza Italia, l’ex parlamentare Pittelli intercettato: “Tremonti prendeva 5 milioni a emendamento”

“Noi lavoravamo. Io, Pecorella (Gaetano l’ex deputato, ndr) e altri lavoravamo fino alle 4 di mattina”.
“E quelli coglionavano… e sì, eh”.
“Hai capito?… Facevano i soldi questi”.
Quando parla l’avvocato Giancarlo Pittelli, il principale indagato dell’inchiesta “Rinascita-Scott”, spesso fa riferimento al periodo in cui è stato parlamentare di Forza Italia. In più di un’intercettazione finita nel fascicolo della maxi-operazione, Pittelli tira in ballo Giulio Tremonti, l’ex ministro dell’Economia nei vari governi Berlusconi.
Oggi il penalista è accusato di essere il massone al servizio del boss Luigi Mancuso e un concorrente esterno della ’ndrangheta di Limbadi. Ma dal 2001 al 2013 ha frequentato la politica che conta: è stato deputato, senatore e poi di nuovo deputato. Dodici anni vissuti tra Roma, sempre in contatto con i vertici di Forza Italia, e Catanzaro dove continuava a svolgere la sua professione e dove organizzava cene cui accorrevano anche magistrati e colonnelli dei carabinieri. Il trait d’union era sempre lui: Giancarlo Pittelli che i pm, guidati dal procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, definiscono “la cerniera tra i due mondi” in una “sorta di circolare rapporto ‘a tre’ tra il politico, il professionista e il faccendiere”.
Oltre a boss, ufficiali dell’Arma, magistrati e politici, nella sua rete di relazioni c’erano diversi imprenditori. Ad alcuni ha proposto di entrare nel cosiddetto “affare Copanello”, il progetto di un complesso alberghiero che doveva sorgere in una frazione del Comune di Stalletì (Catanzaro): due ettari e mezzo di terreno che Pittelli, anni prima, aveva tentato di vendere a un costruttore presentatogli da un “generale della Guardia di finanza di Torino”.
L’affare sfumò e su quel terreno l’ex senatore si è ritrovato un’ipoteca di un milione di euro. Il 12 maggio 2018 organizza un pranzo, al ristorante “La Perla” di Soverato, con alcuni imprenditori interessati all’acquisto. A quel tavolo si parla anche di politica. Il trojan inoculato nel suo cellulare fornisce agli inquirenti numerosi aneddoti di palazzo e racconti inediti sui suoi anni da parlamentare. Pittelli si sfoga con Marcella Tettoni, consigliere comunale di Pisano, in provincia di Novara, arrivata a Catanzaro come amministratrice di diverse aziende nel Nord Italia: “Ti posso raccontare soltanto – sono le parole di Pittelli – che quando io stavo in Parlamento e noi votavamo le leggi… c’era Tremonti che si faceva pagare gli emendamenti, lo sai… Non lui direttamente, ma Milanese”.
Nelle carte dell’inchiesta “Rinascita” non compare il nome per intero e forse sarà un’altra Procura a valutare se il Milanese, indicato da Pittelli come longa manus di Tremonti, sia quel Marco Milanese consigliere e braccio destro dell’ex ministro dell’Economia. Lo stesso che nel 2018 in Cassazione ha ottenuto la prescrizione dopo la condanna a 2 anni e 6 mesi di carcere per traffico di influenze sul Mose di Venezia.
Un mese dopo il pranzo a Soverato, Pittelli torna a parlare di Tremonti. Lo fa con i boss Luigi Mancuso e Saverio Razionale durante un incontro che lo stesso avvocato ha definito un “summit”. Al mammasantissima di Limbadi e al capo locale di San Gregorio d’Ippona, il 12 giugno 2018 Pittelli spiega quanto è stato faticoso il ruolo di parlamentare di Forza Italia: “Lavoravamo fino alle 4 di mattina…”. Non era così per tutti: altri “facevano i soldi… Hanno fatto i soldi con… Tremonti si prendeva…”. “Quel cornuto – lo interrompe il boss Razionale – è uno scemo”. Pittelli ci tiene a finire il concetto sull’ex ministro: “Si prendeva 5 milioni a emendamento”.
Raggiunto telefonicamente, Tremonti si mette a ridere. Gli chiediamo un commento e torna subito serio: “Cosa vuole che le dica? Pittelli dice che ho preso 5 milioni a emendamento. Farò una citazione e richiesta di risarcimento danni nei suoi confronti. Mi ha dato una buona idea. Applicherò la stessa tariffa che mi accusa di avere adottato per gli emendamenti: gli chiederò 5 milioni di euro che poi devolverò per la lotta al Covid-19”.

lunedì 27 aprile 2015

Parlamentari, il duro (doppio) lavoro. Tra assenze record e conflitti d’interesse. - Giorgio Velardi e Lea Vendramel

Parlamentari, il duro (doppio) lavoro. Tra assenze record e conflitti d’interesse

Avvocati, imprenditori e medici possono continuare a esercitare, al contrario dei dipendenti. Con accumulo di retribuzioni e possibili cortocircuiti (che la legge non sanziona). C'è chi "dorme meno di notte", chi sacrifica i weekend, chi si affida a uno staff. E chi, come Ghedini, Longo e Tremonti, alle votazioni non si vede quasi mai.

Molti di loro hanno superato la tagliola della Giunta per le elezioni di Montecitorio e Palazzo Madama: nessuna incompatibilità. Ma a ben guardare restano dubbi di un conflitto di interessi latente. La certezza, però, sono i tanti soldi in tasca. Almeno stando alle dichiarazioni dei redditi depositate in Parlamento. Molti dei nostri deputati e senatori non si accontentano, infatti, di occupare lo scranno. E continuano a svolgere indisturbati l’attività in cui erano impegnati prima dell’elezione. Soprattutto avvocati, commercialisti, imprenditori e medici dividono le giornate tra i corridoi dei Palazzi e i loro uffici. Circondandosi spesso di fidati collaboratori, ma incassando gli utili a fine anno. Al contrario di chi, come i dipendenti pubblici (docenti universitari, magistrati e appartenenti alle forze dell’ordine, solo per citare alcuni casi) è costretto per legge a fare un momentaneo passo indietro. Insomma, se suscita qualche perplessità la nuova attività di viticoltore di Massimo D’Alema (che pure non ha più incarichi pubblici né di partito), non può non essere così per i parlamentari in carica. Per carità: nessuna violazione della legge. Ma qualche problema sorge quando il Parlamento si trova a legiferare su materie che li riguardano direttamente.
È così, per esempio, per Niccolò Ghedini e Piero Longo. Storici avvocati di Silvio Berlusconi che dividono uno studio a Padova e che, nonostante il mandato parlamentare, continuano a frequentare assiduamente le aule di tribunale. Capirlo non è così difficile. Basta soffermarsi sulle percentuali di assenza al momento delle votazioni calcolate da Openpolis: il 99% per Ghedini, recordman dei parlamentari “assenteisti”, e l’86% per Longo. E sulle loro dichiarazioni dei redditi, visto che nel 2014 il primo ha guadagnato oltre 2 milioni di euro e il secondo più di 900mila. Percentuale di assenze simile la fa registrare anche Giulio Tremonti, che ha saltato l’85% delle votazioni (e ha un reddito di quasi 3 milioni e mezzo di euro). L’ex ministro dell’Economia risulta socio dello studio legale “Tremonti Vitali Romagnoli Piccardi e Associati” con sedi a Milano e Roma. Su di lui al momento pende una richiesta di autorizzazione a procedere che la Procura di Milano ha inviato al Senato. Tremonti, infatti, è indagato per corruzione per il presunto versamento di 2,4 milioni di euro al suo studio da parte di Finmeccanica, nell’ambito dell’acquisto della statunitense Drs, azienda produttrice di supporti militari, quando era ministro.
Da inizio legislatura Gregorio Gitti, invece, è passato da Scelta civica al Partito democratico. Ciò però non gli ha impedito di continuare a svolgere la professione di avvocato nello studio legale “Pavesi Gitti Verzoni”. Il genero di Giovanni Bazoli (Intesa Sanpaolo), contattato da ilfattoquotidiano.it, spiega che da dopo l’elezione “gli impegni professionali variano a seconda di quelli parlamentari. Di solito – spiega Gitti – dal martedì al giovedì sono a Montecitorio”. Il deputato del Pd rigetta comunque qualsiasi ipotesi di conflitto di interessi. Anzi, dice, “trovo vantaggioso il fatto che oggi in Parlamento ci siano figure con una loro indipendenza professionale”. E proprio questa gli ha permesso di dichiarare un reddito di 3,9 milioni di euro, complici anche le numerose partecipazioni nonché le cariche ricoperte nei consigli di amministrazione di diverse società, che lo rendono il secondo parlamentare più ricco di tutti.
Circostanze, queste, che per il presidente del Gruppo Misto Pino Pisicchio forniscono più di uno spunto di criticità. “Pur avendo da sempre un peso specifico molto forte in Parlamento, soprattutto in commissione Giustizia, situazione che pone un’evidente dimensione di prossimità rispetto ai temi ordinistici, gli avvocati non hanno alcun tipo di incompatibilità”, fa notare Pisicchio. Il quale ricorda come “in passato ci sono state delle proposte per renderla formale, ma sono cadute tutte nel dimenticatoio, sintomo che da un punto di vista politico e dell’etica pubblica è un tema sempre molto attuale. Gli avvocati – conclude Pisicchio – sono un elemento della giurisdizione al pari dei magistrati, ma mentre questi ultimi sono obbligati ad andare in aspettativa per legge, come è giusto che sia, i primi non hanno nessuna costrizione”. Una discrepanza singolare.
Anche gli imprenditori possono vantare un record. Quello del parlamentare con la dichiarazione dei redditi più importante:Antonio Angelucci con oltre 5,3 milioni di euro. Ma il “re delle cliniche”, esponente di Forza Italia, detiene anche un altro primato, stavolta meno edificante: è il deputato più assente, con sole 86 presenze sulle quasi 9mila votazioni (0,99%). Cifre che fanno capire come le sue aziende abbiano la precedenza rispetto alla cosa pubblica. Pur di non lasciare la propria attività c’è chi, addirittura, arriva a “sacrificare” la famiglia. Come il forzista Bernabò Bocca, numero uno di Federalberghi e presidente di Sina Hotels (gruppo di hotel di lusso). “Sommando tutti gli impegni, le ore della giornata e della settimana che restano per i miei due figli, di 4 e 6 anni, sono poche, cerco di ritagliarmi la domenica per stare con loro”. Fra le due, l’attività principale di Bocca resta quella imprenditoriale: “Rappresenta il mio futuro e quindi non potevo permettermi di abbandonarla – spiega il senatore –. Dedico alle aziende due giorni e mezzo a settimana, spesso anche il sabato e la sera al termine dell’attività parlamentare”. Conflitto di interessi? Nemmeno a parlarne. E casomai, se c’è, questo “è solo di tipo temporale perché non ho incarichi di governo. Cerco di mettere il mio know-how di imprenditore al servizio del mondo delle imprese in genere, sicuramente non la mia”.
Paolo Vitelli ha, invece, delegato a un manager la gestione di Azimut Benetti, il più grande gruppo privato del settore nautico al mondo, che egli stesso ha fondato 40 anni fa. Il deputato di Scelta civica continua però a dedicare tempo alla sua azienda. “Seguire il Ceo, fornire il mio know-how e garantire un briciolo di rappresentanza mi porta ad essere in ufficio il sabato e la domenica – racconta Vitelli – il lunedì e il venerdì gli dedico un terzo della giornata, mentre ogni sera, finita l’attività parlamentare, leggo e rispondo alle e-mail”.
A un altro esponente montiano, Gianfranco Librandi, “piace tantissimo essere parlamentare, forse più che fare l’imprenditore”. Ma ciò non è comunque bastato per lasciare del tutto la Tci srl, azienda che ha fondato nel 1987 e che opera nel campo dell’illuminazione. Di solito “sto in azienda il sabato, il lunedì e quando ci sono dei clienti troppo importanti”, dice Librandi. Per conciliare le due attività, il deputato di Scelta civica ha preso in affitto un ufficio privato a Roma dove, racconta, invita spesso i suoi clienti. Oltretutto Librandi è anche il tesoriere del partito: un ulteriore impegno che “a volte non mi permette di essere presente alle votazioni”.
C’è poi chi per fare tutto non dorme più. “Da quando sono parlamentare ho scoperto purtroppo che di notte si può fare anche altro oltre che dormire”, afferma Paolo Galimberti, ex presidente dei giovani di Confcommercio (incarico lasciato a causa dell’ingresso a Palazzo Madama), oggi senatore di Forza Italia. Il quale rivela che, per prepararsi al meglio sui temi da trattare in aula e in commissione, ha “drammaticamente” ridotto le ore di sonno: non più di quattro a notte. Galimberti è vicepresidente dell’azienda che porta il suo nome, specializzata nella vendita al dettaglio e all’ingrosso di elettrodomestici e di elettronica di consumo. Così sicuro dell’elezione da nominare prima del voto del 2013 un direttore generale a cui affidare la gestione ordinaria dell’azienda, a cui comunque dedica in genere il lunedì per occuparsi della parte strategica. “Non lavoro con il pubblico, non partecipo ad appalti, non ho mai avuto rapporti con lo Stato, quindi – conclude – non c’è nessun conflitto di interessi”.
Ha mantenuto a tutti gli effetti la presidenza della sua Brembo, invece, Alberto Bombassei. Il quale oltretutto, come verificato da ilfattoquotidiano.it, siede ancora nel consiglio di amministrazione di Nuovo trasporto viaggiatori (Ntv). Pur continuando a sedere nel Cda della Piaggio in qualità di vice presidente, il ruolo di Roberto Colaninno (Pd) non è più esecutivo. Tanto che lui stesso tiene a precisare che “la mia presenza in aula è significativa, basta guardare le statistiche”. Le quali dicono che è stato presente a quasi il 70% delle votazioni.
Si dividono tra le aule parlamentari e il loro studio privato Pasquale Maietta (Fratelli d’Italia) e Giuseppe Marinello (Nuovo centrodestra). Anche se, dicono, l’attività parlamentare è comunque il loro primo impegno. Maietta, commercialista e al tempo stesso presidente del Latina Calcio, spiega che “la nomina a deputato ha sottratto la quasi totalità della mia presenza presso lo studio del quale sono titolare, ma ciò non ha minimamente compromesso l’andamento delle sue attività in quanto sin dai tempi della mia entrata in politica ho provveduto a circondarmi di uno staff in grado di gestirne le funzioni in piena autonomia”. Marinello, invece, medico e socio all’1% di uno studio dentistico a Menfi, racconta che “fino al 2012 ero direttamente coinvolto, mentre nel 2013 e 2014 ho svolto prevalentemente attività di consulenza, cosa che farò probabilmente anche nel 2015. Sono un libero professionista, quindi devo mantenere la professione”.
Qualcuno, però, ha fatto volontariamente un passo indietro. “Da quando sono senatore ho sostanzialmente azzerato l’attività forense, salvo portare a compimento quegli incarichi che non potevo interrompere senza fare un danno al cliente”, rivela Pietro Ichino (Pd). Che negli ultimi sette anni, cioè da quando è parlamentare, ha dato “soltanto tre pareri”. Stessa cosa è avvenuta anche per quanto riguarda la docenza universitaria. “Ho sospeso l’attività didattica limitandomi a tenere qualche lezione quando me lo chiede un collega”. A differenza di altri, per Ichino “la mia attività professionale e l’attività parlamentare sono di fatto incompatibili, perché soprattutto in materia di lavoro l’assistenza giudiziale comporta la presenza in udienza dell’avvocato e se ci si fa sostituire si fa un cattivo servizio al cliente”. Un parlamentare, aggiunge il senatore del Pd, “non può garantire questa presenza a meno che non sacrifichi l’impegno in Parlamento al lavoro forense, ma questo sarebbe scorretto per un altro verso, quindi o si fa una cosa o si fa l’altra”. Deputato “full time” anche Carlo Dell’Aringa (Pd), docente di Economica politica alla Cattolica di Milano (università privata): “Da dopo l’elezione non ho più svolto nessuna attività né di consulenza né di insegnamento”. C’è, infine, chi è stato “costretto” a doversi dividere tra i due impegni. È il caso di Michela Marzano, deputata del Pd e professore ordinario di filosofia morale all’Università René Descartes di Parigi. “Ho chiesto l’aspettativa – dice Marzano – ma il sistema francese la prevede solo per i professori associati e non per gli ordinari. Quindi, il sabato e la domenica ricevo gli studenti a casa, mentre il lunedì faccio otto ore di lezione e la sera torno a Roma con l’ultimo aereo. È faticoso, ma è anche una boccata d’ossigeno visto che il lavoro in commissione Giustizia è incentrato sugli stessi temi di cui insegno”.