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lunedì 9 novembre 2020

Zaia&C. lasciano solo Salvini: basta guerra al governo. - Giacomo Salvini

 

Toni distensivi. E lui blinda Fontana.

Il primo a commentare, a dpcm appena sfornato, è stato Luca Zaia secondo cui “quello delle aree non è un gioco a premi”. E ancora: “Legittimo protestare, ma l’obiettivo è uscire dalla crisi tutti insieme” ha detto il “Doge” che ieri al Corriere ha cercato di riportare il conflitto Stato-regioni verso un “percorso condiviso”. Giovedì mattina quando l’agenzia di Zaia è finita tra le mani di Matteo Salvini, che nel frattempo arringava i suoi governatori e i suoi follower al “riconteggio” dei dati contro le zone rosse e arancioni, il leader del Carroccio ha scrollato le spalle: “Luca dice così solo perché ha la zona gialla e poi ormai fa quello che vuole”. Insomma, certo, dal “Doge” che rivendica autonomia a ogni piè sospinto e si presenta come il volto moderato del Carroccio, nessuno nell’inner circle di Salvini si aspettava che facesse il barricadiero contro Roma quando da Roma, per una volta, avevano deciso di differenziare le restrizioni assecondando le richieste federaliste. Epperò, nessuno si aspettava le prese di posizione distensive di altri governatori leghisti con cui Salvini si confronta tutti i giorni come se fossero il suo braccio armato nei rapporti con il governo.

E quindi, come i governatori repubblicani degli Stati Uniti che hanno criticato Trump perché non stava accettando il voto popolare, l’umbra Donatella Tesei si affretta a condividere le misure del nuovo dpcm (“sono come le nostre in Umbria”) e invita a “trovare un’unità di intenti evitando polemiche sterili”. Lo stesso il ligure Giovanni Toti, che pur non essendo iscritto alla Lega è molto vicino a Salvini: “Questo non è il momento delle polemiche, non è una partita politica” va dicendo e ieri ha spiegato che l’idea di dividere l’Italia per fasce è “giusta” dicendosi anche disponibile ad accettare un passaggio della Liguria da gialla ad arancione (“Stiamo affrontando un momento difficile”). E così anche il presidente della Provincia di Trento Maurizio Fugatti che si è adeguato al “lockdown light” del governo senza dire una parola, Arno Kompatscher a Bolzano (della Svp ma sostenuto dalla Lega) che dichiara zona rossa in tutta la Provincia fino al friulano Massimiliano Fedriga secondo cui sì, Conte deve “coinvolgere di più le regioni”, ma “non vogliamo riversare le responsabilità su Roma, adesso serve equilibrio”. Non proprio toni in linea con quelli del segretario. “Sono tutte regioni gialle con esigenze diverse dalle rosse Lombardia, Piemonte e Calabria” si smorza dallo staff di Salvini. Ma in realtà alcune di queste – Liguria e Umbria in primis – da oggi potrebbero retrocedere ad arancione. E quindi i toni durissimi di Salvini, che hanno fatto sobbalzare molti nel Carroccio, si possono inquadrare con una strategia precisa: fare quadrato intorno al governatore lombardo Attilio Fontana e quindi a sé stesso.

Salvini in estate voleva il rimpasto di giunta e ora ha di fatto “commissariato” la coppia Fontana-Gallera che si interfaccia direttamente con lui o con il segretario regionale Paolo Grimoldi. E quale migliore occasione se non la “chiusura” della Lombardia per difendere il proprio governatore contro gli assalti interni ed esterni? Poi c’è il fronte che lo riguarda in prima persona: nella Lega raccontano che Salvini sia molto preoccupato dagli ultimi sondaggi. Venerdì secondo la supermedia Agi/Youtrend, la Lega ha perso un altro 0,6% in due settimane arrivando al 24%, il punto più basso del Carroccio dal 2018. Silenzio tombale anche sulla sconfitta di Trump. Da qui la strategia di alzare i toni. Anche a dispetto dei suoi governatori.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/09/zaiac-lasciano-solo-salvini-basta-guerra-al-governo/5996587/

sabato 29 febbraio 2020

Marzo Magno racconta l’anno della fame, quando a mangiare i topi erano i veneti. - Francesca Buonfiglioli


Lo scivolone di Zaia ha rischiato di trasformarsi in un incidente diplomatico con Pechino. Eppure subito dopo Caporetto, per non morire di inedia, sulle tavole venete finirono anche i ratti essiccati.

Chi non ha visto i cinesi mangiare di tutto, persino i topi vivi? Lo scivolone di Luca Zaia, governatore del Veneto – una delle regioni più colpite dal coronavirus con la Lombardia del suo collega “mascherato” Attilio Fontana – ha rischiato di innescare un incidente diplomatico con Pechino.

A poco è servita la toppa dell’amministratore leghista, solitamente sobrio nelle sue uscite. «È tutto il giorno che vengo massacrato per quel video. Nella migliore delle ipotesi sono stato frainteso, nella peggiore strumentalizzato», si è giustificato in una intervista al Corriere della Sera. Derubricando la gaffe a una frase che gli è «uscita male».

L’AN DE LA FAM E I TOPI ESSICCATI A BELLUNO.

E dire che in momenti di estrema necessità, a mangiare i topi – e qualsiasi altro essere vivente commestibile – siamo stati anche noi italiani. E in particolare, proprio i veneti. Per ironia della sorte, era stato lo stesso Zaia a ricordarlo nel 2018 con un post su Facebook. «Topi messi ad essiccare a Belluno durante “l’an de la fam“, l’anno della fame. Questa straordinaria immagine è esposta, insieme a moltissime altre, nella straordinaria mostra documentaria, iconografica e multimediale su Belluno durante la Prima guerra mondiale appena inaugurata a Palazzo Crepadona», scriveva il 26 novembre 2018. Hashtag: non #ilVenetoriparte, ma #Venetodaamare.

«Con l’Anno della fame», spiega a Lettera43.it Alessandro Marzo Magno, scrittore e giornalista veneziano autore tra l’altro de "Il genio del gusto". Come il mangiare italiano ha conquistato il mondo, «ci si riferisce al periodo dell’occupazione austriaca subito dopo Caporetto, tra la fine del 1917 e il 1918».

Alessandro Marzo Magno.

Mesi in cui anche in alcune zone del Veneto si moriva letteralmente di fame. «Si calcola che i morti di fame civili negli imperi centrali durante la Prima guerra mondiale furono circa 600 mila», sottolinea Marzo Magno, «più dei morti per i bombardamenti del secondo conflitto». Questo per dare un ordine di grandezza. «Ce ne fossero stati di topi da mangiare, erano spariti pure quelli».

GABBIANI, VOLPI E GATTI NEL PIATTO.

Non è un mistero del resto che in momenti di carestia tutto poteva finire nel piatto: dai gabbiani alle volpi, dai topi ai famosi gatti. Nelle cronache medievali, poi, «non mancano riferimenti all’autofagia» e al cannibalismo. Insomma quando si ha fame, non si ragiona né si va per il sottile: l’unico obiettivo è provare a sopravvivere. Per gli occidentali, e gli iper-tradizionalisti italiani, resiste un solo tabù, fa notare Marzo Magno. «Puoi mangiare un cadavere o un braccio che ti sei amputato, ma guai toccare un insetto. E dire che li apprezziamo nella loro versione marina: l’aragosta non è che uno scorpione e la granseola un ragno…». Questione di cultura.
Questo per ricordare, semmai ce ne fosse bisogno, che il cibo è il regno del relativismo. «I cinesi per esempio non si sognerebbero mai di mangiare carne di cavallo», ricorda lo scrittore. E anche parlare di “cucina cinese” non ha molto senso. «Per esempio nel Sud, a Canton, vengono mangiati i serpenti. A Pechino no». E i topi? «Quando sono andato in Cina», racconta Marzo Magno, «avrei voluto assaggiarli cotti. Sono una persona curiosa. Così ero andato in cerca di un ristorante che li aveva tra le sue specialità. Ma niente da fare era chiuso. Mi dissero che non venivano più consumati perché erano rischiosi, e potevano portare malattie. Ed era l’estate del 1993. Invece ho mangiato i serpenti: buoni».

LA RICETTA DELLO SCOIATTOLO.

Tornando all’Italia basta tornare indietro nel tempo per scoprire come, per esempio, la gru fosse una vera leccornia, come racconta Boccaccio nella novella del Decamerone dedicata al cuoco veneziano Chichibio. «Chi si mangerebbe oggi una gru?», sorride Marzo Magno. Per non parlare, aggiunge, degli scoiattoli. Il cui «sapore accentuato», si legge in un ricettario del 1908 pubblicato da Sonzogno, «ha bisogno di essere attenuato con una forte marinata». Seguono le istruzioni per la preparazione: «Scorticate e sventrate come si fa con una lepre». E quindi «lasciate macerare per 48 ore, prima di arrostirlo allo spiedo». Buon appetito. O, se preferite, Xiǎngshòu nǐ de fàn.


https://www.lettera43.it/zaia-topi-vivi-marzo-magno-anno-della-fame/?refresh_ce

venerdì 15 novembre 2019

Ma non sarà colpa della Raggi? - Andrea Scanzi



Governano il Veneto da decenni, ma Zaia ora si domanda perché mai il Mose non sia in funzione (e lo chiedi a noi, fenomeno?). Doveva essere completato nel 2014, anzi nel 2011, e nel mezzo ne hanno arrestati a vagonate (daje Galan!), ma secondo gli ultimi neuroni liberi rimasti a Berlusconi, reduce peraltro dalla esecrabile scena muta al processo per la trattativa Stato/Mafia, la colpa è di Toninelli.
Per un decennio hanno detto le cose più empie possibili su Stefano Cucchi, e adesso che viene accertato anche giuridicamente il suo martirio, ce ne fosse uno (di quel centrodestra) che chiede scusa. E nel frattempo perdi il conto di quanti ne mettano in galera, comprese le anime candide che fino a ieri in tivù pretendevano pure di insegnarti cosa fosse la politica (c’mon Lara Comi!).
È difficile immaginare un centrodestra più ributtante di quello italiano. Ed è lo stesso centrodestra “nuovo” che il Cazzaro Verde riporterà al potere. Ed è lo stesso centrodestra che il Cazzaro Rosé aiuta indefessamente, con la sua politica stolta, bieca e scellerata. Sì, mi viene il vomito, è più forte di me (cit).
P.S. Sembra impossibile, ma la foto non è un fotomontaggio.
https://infosannio.wordpress.com/2019/11/14/ma-non-sara-colpa-della-raggi/