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sabato 29 febbraio 2020

Marzo Magno racconta l’anno della fame, quando a mangiare i topi erano i veneti. - Francesca Buonfiglioli


Lo scivolone di Zaia ha rischiato di trasformarsi in un incidente diplomatico con Pechino. Eppure subito dopo Caporetto, per non morire di inedia, sulle tavole venete finirono anche i ratti essiccati.

Chi non ha visto i cinesi mangiare di tutto, persino i topi vivi? Lo scivolone di Luca Zaia, governatore del Veneto – una delle regioni più colpite dal coronavirus con la Lombardia del suo collega “mascherato” Attilio Fontana – ha rischiato di innescare un incidente diplomatico con Pechino.

A poco è servita la toppa dell’amministratore leghista, solitamente sobrio nelle sue uscite. «È tutto il giorno che vengo massacrato per quel video. Nella migliore delle ipotesi sono stato frainteso, nella peggiore strumentalizzato», si è giustificato in una intervista al Corriere della Sera. Derubricando la gaffe a una frase che gli è «uscita male».

L’AN DE LA FAM E I TOPI ESSICCATI A BELLUNO.

E dire che in momenti di estrema necessità, a mangiare i topi – e qualsiasi altro essere vivente commestibile – siamo stati anche noi italiani. E in particolare, proprio i veneti. Per ironia della sorte, era stato lo stesso Zaia a ricordarlo nel 2018 con un post su Facebook. «Topi messi ad essiccare a Belluno durante “l’an de la fam“, l’anno della fame. Questa straordinaria immagine è esposta, insieme a moltissime altre, nella straordinaria mostra documentaria, iconografica e multimediale su Belluno durante la Prima guerra mondiale appena inaugurata a Palazzo Crepadona», scriveva il 26 novembre 2018. Hashtag: non #ilVenetoriparte, ma #Venetodaamare.

«Con l’Anno della fame», spiega a Lettera43.it Alessandro Marzo Magno, scrittore e giornalista veneziano autore tra l’altro de "Il genio del gusto". Come il mangiare italiano ha conquistato il mondo, «ci si riferisce al periodo dell’occupazione austriaca subito dopo Caporetto, tra la fine del 1917 e il 1918».

Alessandro Marzo Magno.

Mesi in cui anche in alcune zone del Veneto si moriva letteralmente di fame. «Si calcola che i morti di fame civili negli imperi centrali durante la Prima guerra mondiale furono circa 600 mila», sottolinea Marzo Magno, «più dei morti per i bombardamenti del secondo conflitto». Questo per dare un ordine di grandezza. «Ce ne fossero stati di topi da mangiare, erano spariti pure quelli».

GABBIANI, VOLPI E GATTI NEL PIATTO.

Non è un mistero del resto che in momenti di carestia tutto poteva finire nel piatto: dai gabbiani alle volpi, dai topi ai famosi gatti. Nelle cronache medievali, poi, «non mancano riferimenti all’autofagia» e al cannibalismo. Insomma quando si ha fame, non si ragiona né si va per il sottile: l’unico obiettivo è provare a sopravvivere. Per gli occidentali, e gli iper-tradizionalisti italiani, resiste un solo tabù, fa notare Marzo Magno. «Puoi mangiare un cadavere o un braccio che ti sei amputato, ma guai toccare un insetto. E dire che li apprezziamo nella loro versione marina: l’aragosta non è che uno scorpione e la granseola un ragno…». Questione di cultura.
Questo per ricordare, semmai ce ne fosse bisogno, che il cibo è il regno del relativismo. «I cinesi per esempio non si sognerebbero mai di mangiare carne di cavallo», ricorda lo scrittore. E anche parlare di “cucina cinese” non ha molto senso. «Per esempio nel Sud, a Canton, vengono mangiati i serpenti. A Pechino no». E i topi? «Quando sono andato in Cina», racconta Marzo Magno, «avrei voluto assaggiarli cotti. Sono una persona curiosa. Così ero andato in cerca di un ristorante che li aveva tra le sue specialità. Ma niente da fare era chiuso. Mi dissero che non venivano più consumati perché erano rischiosi, e potevano portare malattie. Ed era l’estate del 1993. Invece ho mangiato i serpenti: buoni».

LA RICETTA DELLO SCOIATTOLO.

Tornando all’Italia basta tornare indietro nel tempo per scoprire come, per esempio, la gru fosse una vera leccornia, come racconta Boccaccio nella novella del Decamerone dedicata al cuoco veneziano Chichibio. «Chi si mangerebbe oggi una gru?», sorride Marzo Magno. Per non parlare, aggiunge, degli scoiattoli. Il cui «sapore accentuato», si legge in un ricettario del 1908 pubblicato da Sonzogno, «ha bisogno di essere attenuato con una forte marinata». Seguono le istruzioni per la preparazione: «Scorticate e sventrate come si fa con una lepre». E quindi «lasciate macerare per 48 ore, prima di arrostirlo allo spiedo». Buon appetito. O, se preferite, Xiǎngshòu nǐ de fàn.


https://www.lettera43.it/zaia-topi-vivi-marzo-magno-anno-della-fame/?refresh_ce

domenica 5 maggio 2013

Fonte dell'invecchiamento: è nascosta nel cervello. - Silvia Soligon


Cervello_e_invecchiamento

E' l'infiammazione dell'ipotalamo a determinare quando si invecchia.

La fonte dell'invecchiamento è nascosta in un'area del cervello già nota per il ruolo fondamentale svolto nella crecsita, nello sviluppo, nella riproduzione e nel metabolismo: l'ipotalamo. Ad indentificarla sono stati i ricercatori dell'Albert Einstein College of Medicine della Yeshiva University (New York) in uno studio condotto sui topi e pubblicato su Nature “Ciò che è entusiasmante – ha sottolineato Dongsheng Cai, responsabile della ricerca – è che è possibile, almeno nei topi, alterare i segnali all'interno dell'ipotalamo per rallentare il processo si invecchiamento e aumentare la longevità”.

La scoperta si è basata sull'osservazione che durante l'invecchiamento dei tessuti si sviluppano fenomeni infiammatori e che uno dei principali regolatori di questa infiammazione è la proteina NF-kB. Cai e colleghi hanno dimostrato che nei topi l'attivazione di questa proteina nell'ipotalamo accelera significativamente i processi di invecchiamento, riducendo, ad esempio, la forza muscolare, lo spessore dell'epidermide e le capacità cognitive e accorciando la vita. Viceversa, bloccare NF-kB rallenta l'invecchiamento e aumenta l'aspettativa di vita del 20% circa.

Le scoperte dei ricercatori vanno però oltre questi dettagli e hanno svelato che l'attivazione di NF-kB nell'ipotalamo riduce i livelli dell'ormone GnRH, importante per la riproduzione, mentre l'iniezione di questo ormone nell'ipotalamo di topi anziani li protegge dalla difficoltà di produrre neuroni tipica dell'invecchiamento e dal declino cognitivo ad essa associato.


Secondo Cai prevenire l'infiammazione a livello dell'ipotalamo e aumentare la produzione di ormoni tramite iniezioni di GnRH rappresentano due potenziali strategie per aumentare l'apsettativa di vita e trattare disturbi associati all'invecchiamento.