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giovedì 10 settembre 2020

“Il premier? È il migliore possibile” A “Giuseppi” solo applausi e sorrisi. - Luca De Carolis

 “Il premier? È il migliore possibile” A “Giuseppi” solo applausi e sorrisi

La prima volta - Il marziano senza cravatta alla prova del popolo Pd, tra bandiere non più rosse.

Il marziano che arriva da Roma per una volta non ha la cravatta. Meglio un po’ meno dandy, avrà pensato Giuseppe Conte prima di atterrare tra bandiere non più solo rosse e profumi di tigelle e cappelletti. Arriva in un pianeta che non sarebbe il suo, eppure sono solo applausi e sorrisi per il presidente del Consiglio, l’Ospite con la O maiuscola, quella delle serate con i giornalisti e le telecamere e i cassieri che ridono. “Grande pres” urlano a Conte quando alle 20.40 entra alla festa dell’Unità di Modena. È un debutto, forse l’ultimo che gli restava da fare nei due anni e qualcosa da premier.

Ma tutto fila liscio nell’Emilia che è sempre lei, disciplinata. Conte, di ritorno da Beirut, concede qualche selfie e saluta a lungo la folla. Tanti militanti ma anche curiosi, come Melissa, commessa di Sassuolo che lo mette in chiaro: “Sei un giornalista? Scrivilo che a me Conte piace anche come uomo, e poi avrei voluto vedere gli altri con il Covid, chissà che avrebbero fatto al suo posto”. Certo, “anche Matteo Salvini non mi dispiace” ammette. Ma va benissimo anche così a Conte. Gli urlano “bravo” in diversi dalla folla. Neanche una nuvola. Gli operai di un’azienda locale specializzata in trattori, la Goldoni Arbos, erano davanti la festa con i loro volantini, perché i compratori cinesi sembrano voler sbaraccare. L’assessore regionale al Lavoro li ha rassicurati. E allora tutto bene. Si intuisce già dal pomeriggio, quando la festa è un cantiere nel quotidiano allestimento. Un militante che ha 60 anni e forse più semina disinfettante sul tavolo del ristorante tipico, circondato da scritte che reclamizzano la crostata all’amarena, l’erbazzone dolce e le immancabili tigelle. “Giuseppe Conte? È il migliore possibile al momento, alternative non ne abbiamo davvero” riassume con il tono di chi ne ha visti anche troppi di leader. In poche sillabe, è l’umore della base del Pd che anima l’evento. Gente a cui Conte piace anche perché di questi tempi è meglio farselo piacere, visto che il partito è al governo, le destre lì fuori già mordono e il premier che tiene tutto assieme si presenta bene. “Lo accoglieremo bene” giurano ore prima del suo arrivo la signora che mette le tovaglie come uno dei cuochi, Maurizio: 81 anni, berrettino bianco e bermuda, “e 47 anni ininterrotti di servizio a questa festa, il Covid me lo mangio”. Prima di andare in pensione faceva il sindacalista della Cgil, ora giustifica così il suo placet a Conte: “La dialettica marxista ci insegna che la società evolve e con esse deve evolvere l’analisi: quindi bene lui e bene il rapporto con i Cinque Stelle, se stanno con noi al governo vuol dire che sono cambiati”. Ma questo premier, qualche difetto ce lo avrà… Maurizio sorride come un gatto soriano: “Doveva stare più attento nel rapporto con la Lega. Poi sa, io verso gli avvocati ho sempre nutrito qualche pregiudizio, ma si supera tutto. Piuttosto Conte deve prendere il Mes, è il primo consiglio che gli darei”. Due signori, dentro un altro ristorante, apparecchiano. Hanno evidente voglia di dirlo, al cronista: “Ora è tempo di amicizia con tutti e di solidarietà, bisogna parlare con i grillini. Conte magari neppure lo voteremmo, però ora va appoggiato”.

Per i vialoni tra gli stand Andrea, 20 anni. Cammina con il pass dell’organizzazione al collo e raccomanda a tutti di rimettersi la mascherina. “Alcuni ti mandano a cagare” ammette senza rancore. Lo sai che sei uno dei pochissimi giovani, qui? “Sì, ma io ci sono cresciuto alla festa, sono qui per aiutare”. E Conte? Pausa, stilettata: “Non credo in lui come in nessun politico, sono qui perché è meglio esserci”. Ore dopo, il Conte senza cravatta sale su un palco di fronte a 200 persone, distanziate ovviamente, sulle note di Piazza Grande di Lucio Dalla (cantata da Tosca). E ringrazia, per davvero: “Grazie per gli applausi sentiti e calorosi”. Le mani gliele battono ancora, spesso, durante l’intervista con Maria Latella. Racconta pure e a lungo della spiegazione al figlio di 13 anni, Niccolò, su come comportarsi a scuola in tempi di pandemia. Lo fa per difendersi preventivamente dalla rogna delle rogne. E la platea approva. Perché il marziano bisogna tenerselo stretto.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/09/09/il-premier-e-il-migliore-possibile-a-giuseppi-solo-applausi-e-sorrisi/5925414/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=ore-19&utm_term=2020-09-09

martedì 12 maggio 2020

I senzavergogna. - Marco Travaglio


La liberazione di “Aisha” Romano e i nodi geopolitici da sciogliere. Analisi di Ricci
Era un bel po’ che non ci vergognavamo di essere italiani per colpa di nostri connazionali, a parte qualche politico senza vergogna che ci fa vergognare in permanenza da quando è nato. Ieri, a leggere dichiarazioni leghiste e deliri social di conigli da tastiera sulla liberazione di Silvia Romano, la vergogna è tornata. Perché c’è chi è riuscito a sporcare una notizia che tutti avrebbero dovuto salutare con gioia e anche con un pizzico di orgoglio nazionale. Se la nostra cooperante si è convertita all’Islam sono fatti suoi. Se l’ha fatto per costrizione, se non fisica, almeno psicologica, oppure per una scelta “autoprotettiva” come dice il primo referto psicologico, sono ancora fatti suoi. Se resterà per sempre Aisha o un giorno tornerà Silvia sono sempre fatti suoi. Nessuno ha il diritto di intrufolarsi nella sua psiche: per farlo bisognerebbe aver vissuto un anno a mezzo in mezzo alla foresta nelle grinfie di feroci terroristi. Chi non ha subìto quell’atroce esperienza, cioè tutti, dovrebbe solo tacere.
Poi c’è la questione del riscatto, probabilmente pagato dai nostri servizi segreti con fondi riservati (che servono anche a questo) dietro autorizzazione del delegato del governo agli 007: il premier Conte. Su questo ogni opinione è legittima, anche se il dibattito si ripropone sempre uguale dai tempi dei sequestri anni 70 e 80 a opera dei terroristi rossi e delle Anonime calabrese e sarda e di nuovo dopo il 2001, quando ci imbarcammo con Usa e altri alleati nelle guerre in Afghanistan e in Iraq. Ai tempi del terrorismo, lo Stato decise quasi sempre di “pagare”, fuorché per Aldo Moro (ma, quando fu ucciso, il presidente Leone era pronto a liberare una brigatista malata e il Vaticano a versare una grossa somma). E proprio il contraccolpo del suo cadavere segnò l’inizio della fine delle Br. Nel caso delle Anonime Sequestri, erano i famigliari, spesso aiutati da servizi e faccendieri vari, a pagare i riscatti. Poi la legge sul sequestro dei beni e la linea dura di certe Procure, come quella di Palermo in Sardegna (dov’era coinvolto un pm, che poi si suicidò), resero improduttiva quell’attività criminale, che si esaurì. Poi iniziarono i sequestri di nostri contractor, giornalisti e cooperanti in Iraq e Afghanistan e anche allora i nostri governi (il Berlusconi-2 con FI-Lega-An-Udc e il sottosegretario Gianni Letta delegato ai servizi, e poi anche il Prodi-2) decisero di pagare sempre i riscatti. Ma non sempre riuscirono a salvare la vita agli italiani rapiti (il reporter Baldoni e il contractor Quattrocchi furono uccisi, altri come i giornalisti Sgrena e Mastrogiacomo tornarono illesi).
La cosa creò furibonde frizioni con gli alleati americani e inglesi, che invece non pagavano riscatti e sacrificavano i propri ostaggi (ci andò di mezzo il dirigente del Sismi Nicola Calipari, ucciso dal fuoco “amico” made in Usa dopo il riscatto per la Sgrena). Quando a pagare i riscatti era il centrodestra, per non discutere la scelta incoerente e paradossale di B.&C. di entrare in guerra contro il terrorismo e poi di foraggiare i terroristi che si diceva di combattere mettendo vieppiù in pericolo i nostri uomini sul campo, i partiti e i giornali di destra riempivano di insulti gli ostaggi (a parte i contractor) perché “se l’erano cercata”, erano “vispe terese” (le due Simona) e “pirlacchioni in vacanza” (Baldoni). Ora il caso di Silvia Romano, come quelli degli altri ostaggi sequestrati in guerre per bande che non ci riguardano, è totalmente diverso sia da quelli dell’Iraq e dell’Afghanistan, sia da quelli del brigatismo e delle Anonime. Stavolta le ragioni umanitarie non confliggono con gli interessi nazionali. I terroristi islamisti somali di al-Shabaab, impegnati nell’eterna guerra civile del Corno d’Africa, sequestrano occidentali per legittimarsi e arricchirsi, ma non sono una minaccia diretta per l’Italia, come invece lo erano le Br che avevano dichiarato guerra allo Stato, le Anonime Sequestri che esistevano proprio grazie ai riscatti pagati e anche gli islamisti di al Qaeda e delle altre sigle mediorientali che avevano esportato in Occidente la loro folle guerra santa. Dunque pagare un riscatto, come peraltro sempre si è fatto anche nei confronti di nemici diretti e dichiarati, era doveroso.
Ma su questo le opposizioni, se non avessero fatto lo stesso in circostanze molto diverse, sarebbero libere di polemizzare quanto vogliono. Anche di accusare Conte di non aver condannato a morte una ragazza di 20 anni. Purché non mentano. Le polemiche sul ruolo della Turchia, che ha aiutato nelle indagini l’Aise con i suoi servizi molto presenti in Somalia, fanno ridere, visto che è nostra alleata nella Nato. E quelle sulla “passerella” di Conte e Di Maio denotano un tragicomico crollo della memoria. Il 5 marzo 2005, quando a Ciampino atterrò la Sgrena, trovò ad attenderla una delegazione politica ben più pletorica del duo Conte-Di Maio domenica accanto a Silvia: c’erano Berlusconi, Letta, il presidente della Camera Casini, il sindaco Veltroni, il segretario del Quirinale Gifuni e il direttore del Sismi Pollari. Mancava solo Salvini, che si rifece con gl’interessi all’arrivo di Cesare Battisti. E ora chiede “sobrietà” agli altri. Ma va a ciapà i ratt.

martedì 16 maggio 2017

Ndrangheta, 68 fermi a Crotone. A clan Arena 32 milioni dei 100 stanziati per il Cara: “Ai migranti cibo che si dà ai maiali” . Lucio Musolino


Risultati immagini per centro misericordi isola di capo rizzuto

Gli indagati sono accusati di associazione mafiosa, estorsione, porto e detenzione illegale di armi, intestazione fittizia di beni, malversazione ai danni dello Stato, truffa aggravata, frode in pubbliche forniture e altri reati di natura fiscale, tutti aggravati dalla modalità mafiose. Fermati anche il governatore della Misericordie Leonardo Sacco e don Edoardo Scordio, parroco della chiesa di Maria Assunta di Isola Capo Rizzuto.

I soldi per i migranti andavano alla ‘ndrangheta. Su 100 milioni di euro stanziati negli ultimi 10 anni, la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, guidata dal procuratore Nicola Gratteri, ne ha contati almeno 32 che sono finiti nella “bacinella” della cosca Arena. È questo il numero più importante della maxi-operazione “Jonny” che stamattina ha portato all’arresto di 68 persone tra cui il governatore della Misericordie Leonardo Sacco e don Edoardo Scordio, parroco della chiesa di Maria Assunta di Isola Capo Rizzuto.
Sono loro, secondo gli investigatori della polizia, dei carabinieri e della guardia di finanza, i veri promotori dell’organizzazione criminale che faceva capo al clan Arena. Grazie alle convenzioni stipulate con il ministero dell’Interno, la Misericordia in un solo anno, nel 2009, si è accaparrata 6 dei 13 milioni di euro per la gestione dei centri di accoglienza. Attraverso la Misericordia e Sacco, infatti, la cosca Arena, era riuscita ad aggiudicarsi gli appalti indetti dalla prefettura di Crotone per le forniture dei servizi di ristorazione al centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto e di Lampedusa. Appalti che venivano affidati a imprese appositamente costituite dagli Arena e da altre famiglie di ‘ndrangheta per spartirsi i fondi destinati all’accoglienza dei migranti.
Secondo la Dda, la spartizione dei milioni di euro era “semplice”: Sacco prendeva l’appalto con la Misericordia che è una onlus e concedeva in subappalto i servizi ad altre società con scopo di lucro riconducibili agli Arena che di fatto gestivano la mensa. “Leonardo Sacco – è scritto nel provvedimento di fermo – da circa 15 anni ha gestito, quale responsabile della Misericordia di Isola di Capo Rizzuto, il centro di accoglienza di Isola di Capo Rizzuto, nelle sue diverse articolazioni, in modo tale da distrarre, in favore delle diverse famiglie che compongono la criminalità organizzata isolitana, cospicue somme di denaro. Egli ha selezionato i subappaltatori del servizio mensa anche fra intranei al sodalizio isolitano. Ci si riferisce, evidentemente, ai cugini Antonio Poerio e Fernando Poerio, ad Angelo Muraca, i quali, con danaro della consorteria, hanno allestito imprese di ristorazione che, si ribadisce, hanno somministrato i pasti per i rifugiati”.
È proprio del cibo riservato agli ospiti del centro ha parlato in conferenza stampa Gratteri. “Indagando sulla famiglia Arena – ha detto il magistrato – siamo arrivati all’interno del Cara di Isola Capo Rizzuto. All’interno sono successe cose veramente tristi: un giorno sono arrivati 250 pasti per 500 migranti. Ebbene 250 persone hanno mangiato il giorno dopo. Non solo era poco, ma solitamente era un cibo che si dà ai maiali. Questi si arricchiscono sulle spalle dei migranti. Questa è un’indagine che abbraccia quasi 10 anni di malaffare all’interno del Cara gestito in modo mafioso dalla famiglia Arena”. “Il Centro di accoglienza e la Misericordia sono il bancomat della ‘ndrangheta”, ha detto invece il generale Giuseppe Governale, comandante del Ros dei carabinieri, secondo il quale è stata la cosca Arena a scegliere i suoi uomini: “E tra questi ci sono Sacco e il prete Scordio”.
Un’altra figura importante nell’indagine, infatti, è proprio quella del prete, don Edoardo Scordio che “riceve, senza alcun titolo, cospicue erogazioni di danaro dalla Misericordia. Solo per ricordare, fra le erogazioni più ingiustificate, basti fare riferimento ad una serie di note di debito, emesse dalla Parrocchia Maria Assunta ad Nives, cioè da Don Edoardo Scordio, e pagate da Misericordia fino alla concorrenza di 132.665 euro, per non meglio chiarita assistenza spirituale”. 
Tra gli indagati anche il sindaco di Isola Capo Rizzuto, Gianluca Bruno, che stamattina ha subito una perquisizione. A lui si era rivolto l’indagato Antonio Poerio per lamentarsi degli sprechi commessi dal prete Scordio: “In sostanza Poerio – è scritto nel fermo – richiedeva a Bruno Gianluca un intervento per allontanare il sacerdote da Isola di Capo Rizzuto. Bruno Gianluca lo riteneva inopportuno dicendo testualmente ‘vedi che se se ne va lui….che te lo dico io….ci ripuliscono tutti’. Poerio Fernando (altro indagato, ndr) era d’accordo perché temeva che il prete li accusasse: “che lui poi se la canta”. Bruno soggiungeva che era difficile trovare un adeguato sostituto di don Edoardo”.
In nome del business dei migranti, c’è stata anche la pace tra le due principali cosche del territorio: quella dei Grande Aracri e degli Arena, protagoniste in passato di una faida in cui i killer dei clan hanno utilizzato anche bazooka e kalashnikov. L’inchiesta ha fatto luce anche sul giro di scommesse in tutto il crotonese, gestito dagli indagati che avevano una “posizione dominante” nel settore della raccolta delle scommesse online e del noleggio degli apparecchi da intrattenimento. Le indagini delle fiamme gialle hanno consentito alla Dda di accertare che la società bookmaker Centurion Bet, in mano agli Arena, era presente in Italia con oltre 500 agenzie e aveva ramificazioni in tutto il mondo.
Proprio questa società avrebbe messo a disposizione i propri circuiti di gioco online alla società Kroton Games di Crotone. Espressione della cosca Arena, La Croton Game ha così incrementato i suoi volumi di fatturato, sottratti al fisco, per decine di milioni di euro.
Oltre agli arresti, sono stati sequestrati beni per 84 milioni di euro. I sigilli sono stati applicati all’intero patrimonio immobiliare riconducibile alla Fraternità di Misericordia di Isola di Capo Rizzuto, costituito da un convento di 1700 mq, successivamente ristrutturato ed adibito a poliambulatorio, dal teatro Astorino e da diversi immobili, alcuni dei quali acquistati dallo stesso Sacco da soggetti organici alla cosca Arena, per salvaguardarli da possibili sequestri.  La Dda, inoltre, ha sequestrato la squadra di calcio di Isola Capo Rizzuto di cui Sacco era il presidente.
Dopo l’operazione di oggi è intervenuta la confederazione nazionale delle Misericordie d’Italia. “Abbiamo appreso con forte preoccupazione del fermo di don Edoardo Scordio e di Leonardo Sacco, rispettivamente correttore e governatore della Misericordia di Isola Capo Rizzuto. Otto secoli di storia non vengono cancellati da fatti, seppure presunti, così gravi e pesanti. Continueremo a dare le risposte ai cittadini e alla popolazione più debole, dando continuità ai servizi svolti dalla Misericordia non facendo mancare la risposta ai bisogni di assistenza e di carità”.
“Confermiamo la nostra totale fiducia nell’operato dell’autorità giudiziaria – è scritto sempre nella nota – auspicando una rapida conclusione delle indagini. Annunciamo già da adesso il commissariamento della Misericordia di Isola Capo Rizzuto e della Federazione Regionale Calabrese. Peraltro la gestione del centro di Isola Capo Rizzuto è da tempo affidata al consorzio ‘Opere di Misericordia’, con sede a Firenze, che continuerà i propri compiti nell’interesse degli ospiti secondo i principi che ci contraddistinguono”.
Ecco come funzionano e a cosa servono la maggior parte delle onlus. A fare arricchire i disonesti che fanno leva sulla buona fede e la generosità della gente e per attingere ai finanziamenti pubblici.