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venerdì 17 luglio 2020

Napoli, azienda sotto inchiesta vince maxi-gara in Lombardia. - Vincenzo Iurillo

Napoli, azienda sotto inchiesta vince maxi-gara in Lombardia

Tamponi - 72 milioni all’Ames. Ma i pm indagano su un’intesa con la Regione Campania.
Il filo che collega e accomuna la Lombardia del leghista Attilio Fontana e la Campania del democrat Vincenzo De Luca nella gestione dell’emergenza Covid-19 passa attraverso un ben avviato centro diagnostico privato di Casalnuovo di Napoli, l’Ames diretto dal dottore Antonio Fico. È il laboratorio che poche settimane fa ha trionfato nella gara-accordo quadro con procedura d’urgenza per analizzare 20mila tamponi rinofaringei al giorno, per sei mesi, per le aziende sanitarie della Lombardia. Un appaltone da 72 milioni di euro concepito a metà maggio, con il fuoco dell’emergenza ancora bollente. Ames è arrivata prima in graduatoria con un’offerta al ribasso di quasi il 51% – 29 euro e mezzo a tampone su una base d’asta unitaria di 60 euro – nonostante molte imprese concorrenti si fossero proposte a prezzi inferiori (una era disponibile a processarli a poco più di 10 euro). Merito di un elevatissimo punteggio tecnico, che ha certificato l’altissima qualità “del materiale tecnico prodotto” in sede di offerta, secondo l’analisi della commissione aggiudicatrice. Un punteggio che nella compilazione della graduatoria finale ha pesato di più di quello economico. Secondo quanto risulta al Fatto Quotidiano, Ames ha i mezzi e le strutture che le consentirebbero, teoricamente, di evadere da sola tutti i quantitativi ordinati dalla Lombardia senza bisogno di scorrere la graduatoria dal secondo al sesto posto. Il 9 luglio l’Azienda socio-sanitaria territoriale di Bergamo ha iniziato a ordinare al centro forniture per poco più di mezzo milione di euro. Segno che la convenzione tra l’Aria (l’azienda regionale per gli acquisti della Lombardia) e il centro napoletano, protocollata il 23 giugno e messa sul sito a inizio luglio, è diventata operativa.
Ames, che processa tamponi che arrivano via treno fornendo i risultati entro 24 ore, è la stessa impresa che ad aprile, nella fase acuta della pandemia, “ha solo fornito i suoi spazi e un aiuto, un supporto scientifico per aiutare l’Istituto Zooprofilattico di Portici a processare tamponi per la Regione Campania”, come ribadisce al Fatto Quotidiano il dottore Fico. Una collaborazione che, secondo le ricostruzioni delle pagine napoletane de La Repubblica, è stata compiuta senza essere preceduta da un bando pubblico o una formalità scritta. O meglio, un contratto tra Ames e Istituto Zooprofilattico c’era: ma riguardava circa 10mila test di sangue e urina per un piano di monitoraggio sulla terra dei roghi, importo di circa 750mila euro, gara di dicembre, firma il 25 marzo. Vergata più o meno negli stessi giorni in cui iniziava la collaborazione per i tamponi “gratuita e disinteressata”, hanno sostenuto i manager coinvolti. Collaborazione che consentì all’Istituto di aumentare i tamponi giornalieri da circa 50 a quasi 700. Solo in giorni successivi la Soresa, la centrale acquisti della Regione Campania, ha riaperto una manifestazione d’interesse – precedentemente accesa solo per 22 ore – per ipotizzare di allargare anche ai privati l’analisi del tamponi. Prima quattro aziende, poi altre 21, hanno dimostrato il possesso dei requisiti richiesti, tra le quali l’Ames. Ma nessuna ha poi lavorato con la Regione Campania, che ha continuato a effettuare i tamponi attraverso la dozzina di laboratori ricavati in ospedali e strutture pubbliche.
Sulle spigolature di questa vicenda la procura di Napoli guidata da Giovanni Melillo ha ordinato un’inchiesta e l’ha affidata al pm ‘reati pubblica amministrazione’ Mariella Di Mauro. Il fascicolo è tuttora aperto. Nel frattempo Ames è ‘emigrata’ al Nord. “Cosa c’è di strano? Non è la prima volta”, sorride Fico. “Siamo un’eccellenza di livello nazionale”.

martedì 25 febbraio 2014

Passaparola - La Difesa a picco - Domenico Leggiero


“Vediamo il nascere di soggetti industriali: la Difesa Servizi, Difesa spa, un sistema di scatole vuote, si creano strutture per capitalizzare un prodotto interno lordo come qualsiasi altro settore. 
Nascono strutture per controllare la valorizzazione del patrimonio abitativo. Quando si parla di ministero della Difesa si immaginano fucili, carri armati, navi e aeroplani. 
La Difesa è fatta di uomini, di strutture logistiche, di immobili, di tantissime altre cose che rappresentano una spugna per il sistema economico italiano. Le proprietà immobiliari della Difesa, senza considerare le strutture andate in dismissione, sono circa 37 mila alloggi distribuiti su tutto il territorio che, anziché essere uno strumento di produzione di reddito, sono diventati una dispersione di bilancio di circa il tre per cento. Il 15% dell’intero parco alloggi è in malora, stanno cadendo a pezzi.” Domenico Leggiero
Oggi parleremo di F-35, degli alloggi della Difesa, della valorizzazione del patrimonio abitativo della Difesa, quella che dovrebbe essere una risorsa è invece uno spreco. Voglio salutare gli amici del blog di Beppe Grillo, sono Domenico Leggiero, ho denunciato il problema dell’uranio impoverito, ho fatto la rappresentanza militare per quattro anni e sono un pilota militare in pensione e uno fra i pochissimi ispettori CFE ancora rimasti in Europa.
Da buon pilota posso fare considerazioni di doppio profilo, il primo dal punto di vista tecnico e operativo: è un velivolo poco funzionale, molto pericoloso per gli obiettivi e esigenze che si prefigge di coprire, un velivolo inefficiente che mette a repentaglio lo stesso equipaggio durante le missioni operative. 

La illogicità di questo acquisto è naturale: se non lo acquista neanche chi lo fa … figurati gli altri! Se tutti coloro che lo hanno prenotato non l’hanno acquistato, soltanto noi siamo rimasti in corsa, chiediamoci quanto meno il perché! 
Che poi lo sviluppo tecnologico di un velivolo o di un carro armato o di una nave possa rappresentare uno spunto per ricerca ben venga, ma deve avere una logica! Per esempio un programma molto positivo è stato il programma Tornado. Sull'operazione e sull'evoluzione della strumentazione dell’equipaggiamento del Tornado abbiamo dato lezioni al mondo, sia noi che i francesi che gli inglesi. Il Tornado era un velivolo fatto bene, con dei criteri di aerodinamicità e di costi abbastanza buoni, e apriva un percorso di studio e di sviluppo che oltre alla tecnologia ha fruttato anche economicamente a tutti i partner che hanno partecipato. 

Si voleva fare la stessa cosa con l’F-35 . Io, nella mia esperienza, ho avuto due velivoli che rappresentano, secondo me, l’antitesi del volo. 

Per primi gli AMX. Altro scandalo, li abbiamo venduti, siamo usciti dal programma, erano velivoli efficientissimi e meravigliosi, bastava non metterci un proiettile sopra, appena ci montava un tipo di armamento perdeva in aerodinamicità, in prestazioni e in tutto, e poi abbiamo avuto gli F-35. Stiamo allestendo hangar, preparando strutture, per ospitare l’assemblaggio dell’F-35. Ma, se già adesso è fallito prima di partire come possiamo pretendere che il nostro impianto di preparazione possa andare avanti? 

Mi piacerebbe che non si ponga il problema di un velivolo militare, ma di uno civile,mi piacerebbe sviluppare studio e evoluzione sui mezzi che già abbiamo. Il sistema militare può essere visto come un indotto, tutte le prime tecnologie, dai cellulari, tutto quello che noi usiamo normalmente, deriva dalla ricerca militare.

Vediamo il nascere di soggetti industriali: la Difesa Servizi, Difesa S.p.A., un sistema di scatole vuote, si creano strutture per capitalizzare un prodotto interno lordo come qualsiasi altro settore. Nascono strutture per controllare la valorizzazione del patrimonio abitativo. Quando si parla di ministero della Difesa si immaginano fucili, carri armati, navi e aeroplani. La Difesa è fatta di uomini, di strutture logistiche, di immobili, di tantissime altre cose che rappresentano una spugna per il sistema economico italiano. Le proprietà immobiliari della Difesa, senza considerare le strutture andate in dismissione, sono circa 37 mila alloggi distribuiti su tutto il territorio che, anziché essere uno strumento di produzione di reddito, sono diventati una dispersione di bilancio di circa il tre per cento. Il 15% dell’intero parco alloggi è in malora, stanno cadendo a pezzi. La legge del 2005 prevedeva che chi era all’interno, quindi il personale militare, avesse il diritto di prelazione. Un costo che doveva essere calmierato e tenere conto degli affitti pagati durante il tempo di servizio. Questo non è avvenuto, ci sono stati costi pazzeschi al punto tale che una buona parte di questo personale non ha aderito all’acquisto. 

La politica non è mai entrata nel sistema Difesa, non ha voluto pestare i piedi a chi lo gestisce. I vertici militari hanno creato delle correnti che fanno capo a questo o quell’altra forza politica. Io mi sono arruolato nell’85, ma fino agli anni ‘60 se chi faceva il concorso al ministero della Difesa aveva dei precedenti per una iscrizione ai movimenti giovanili comunisti o era stato fotografato in piazza in una manifestazione nell’esercito non entrava. Oppure se entrava arrivava a un certo grado e non accedeva agli organi di comando. Chi veniva da una famiglia che aveva una connotazione politica veniva controllato e bloccato a gradi e posizioni in cui non poteva nuocere né poteva essere pericoloso. Non si può entrare in caserma, non si può indagare un ufficiale, un sottoufficiale, perché si discreditano le Forze armate. Il militare è ancora visto come qualche cosa di chiuso, ma il militare non è chi difende il potente di turno, ma chi difende gli italiani. 

La Difesa opera in silenzio, senza grandi clamori, e mano a mano che i Capi di Stato Maggiore, finiscono la loro carriera militare, entrano in automatico a Montecitorio, vedi Di Paola, vedi Ramponi, il comandante dei servizi segreti, in Commissione Difesa, figurati se poteva dire che l’uranio uccide, o in Finmeccanica. Non è più la politica di servizio per le istituzioni, ma sono le istituzioni al servizio della politica.
Mi raccomando, passate parola.