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giovedì 27 giugno 2024

Un blazar nell’universo primordiale.

 

Il blazar è un buco nero di un miliardo di masse solari che ingoia grandi quantità di gas ionizzato emettendo nello spazio un getto di materia luminosa a velocità relativistica.

Novecento milioni di anni dopo il Big Bang, esisteva già un buco nero 1 miliardo di volte più grande del nostro sole. Quel buco nero ha risucchiato enormi quantità di gas ionizzato, formando un motore galattico – noto come blazar – che ha lanciato nello spazio un getto supercaldo di materia luminosa. 

Gli astronomi avevano già precedentemente scoperto prove di buchi neri supermassicci primordiali in “nuclei galattici radio attivi” o AGN RL leggermente più giovani. Gli AGN RL sono galassie con nuclei che appaiono estremamente luminosi ai radiotelescopi, il che è considerato una prova del fatto che contengono buchi neri supermassicci.

I Blazar sono un tipo unico di AGN RL che sputano due stretti getti di materia “relativistica” (quasi alla velocità della luce) in direzioni opposte. Questi getti emettono stretti fasci di luce a molte lunghezze d’onda diverse e devono essere puntati direttamente verso la Terra affinché possiamo rilevarli a distanze così vaste.

La scoperta di questo blazar sposta la data del più antico buco nero supermassiccio confermato entro il primo miliardo di anni di storia dell’universo e suggerisce che in quell’epoca esistessero altri buchi neri simili che non abbiamo rilevato.

Il blazar è un buco nero di un miliardo di masse solari che ingoia grandi quantità di gas ionizzato emettendo nello spazio un getto di materia luminosa a velocità relativistica.

Gli scienziati avevano già scoperto altri buchi neri all’interno dei nuclei di radiogalassie attive più giovani. Queste galassie vengono denominate RLAGN e sono galassie che presentano un nucleo extra luminoso in banda radio rilevabile dai radiotelescopi. Questa è considerata una prova che tali nuclei contengono un buco nero supermassiccio.

I blazar sono unici nel loro genere in quanto emettono due getti di materia a velocità relativistica in direzioni opposte. Questi getti generano sottili fasci di luce a molte lunghezze d’onda diverse e devono essere puntati esattamente verso la Terra per poter essere rilevati alle distanze cosmologiche.

La scoperta di un blazar prossimo all’epoca Big Bang suggerisce che potrebbero esserci altri oggetti simili cosi lontano nel tempo che ancora non sono stati rilevati.

Silvia Belladitta, dell’Istituto Nazionale Italiano per Astrofisica (INAF), a Milano, e coautrice diell’articolo sul blazar in questione, ha dichiarato in una nota: “Grazie alla nostra scoperta, siamo in grado di dire che nel primo miliardo di anni di vita dell’universo, esisteva un gran numero di enormi buchi neri che emettevano potenti getti relativistici“.

La scoperta di Belladitta e dei suoi co-autori conferma che esistevano blazar durante un’epoca della storia del nostro universo conosciuta come “epoca della reionizzazione” un periodo dopo una lunga era oscura post-Big Bang, quando iniziarono a formarsi le prime stelle e galassie.

I ricercatori ritengono difficile che a quell’epoca esistesse uno solo di questi oggetti, nel caso, infatti, sarebbe stato estremamente poco probabile scoprirlo, praticamente impossibile in un universo vasto come il nostro, quindi certamente ne esistono altri che attendono di essere scoperti.

I blazar hanno un raggio molto ristretto e solo per caso questo era puntato verso il nostro pianeta.

Secondo gli autori dello studio, questi blazar sono i semi dei buchi neri supermassicci che dominano oggi i nuclei delle grandi galassie nel nostro universo come Sagittario A *, il buco nero supermassiccio relativamente tranquillo posto al centro della nostra Via Lattea.

Osservare un blazar è estremamente importante. Per ogni fonte scoperta di questo tipo, sappiamo che ce ne devono essere almeno altri 100 simili, ma la maggior parte sono orientati in modo diverso e sono quindi troppo deboli per essere visti direttamente“, ha aggiunto Belladitta.

Queste informazioni aiuteranno gli astrofisici a ricostruire la storia di come e quando si sono formati questi mostruosi buchi neri e quindi a comprendere meglio la storia del nostro universo.

https://reccom.org/blazar-nelluniverso-primordiale/

sabato 7 marzo 2020

Blazar da record sotto gli occhi di Lbt.

Risultato immagini per Pso J030947+27 è il blazar

Pso J030947+27 è il blazar a oggi più distante mai osservato. La sua luce che riceviamo ora è stata emessa quando l’universo aveva meno di un miliardo di anni, ovvero circa il 7 per cento della sua età attuale, stimata in 13,8 miliardi di anni. La scoperta è stata coordinata da Silvia Belladitta, ricercatrice Inaf a Milano.
Rappresentazione artistica di un blazar (dall’inglese: blazing quasi-stellar object) è una sorgente altamente energetica, variabile e molto compatta associata a un buco nero supermassiccio che si trova al centro di una galassia ospitante. Crediti: M. Weiss/CfA
La sua sigla, piuttosto difficile da ricordare, è Pso J030947.49+271757.31, ma il record che detiene è decisamente chiaro: è infatti il blazar a oggi più distante mai osservato. La sua “luce” che osserviamo oggi è stata emessa quando l’universo aveva meno di un miliardo di anni, ovvero circa il 7 per cento della sua età attuale, stimata in 13,8 miliardi di anni. A scoprire Pso J0309+27 – questa la sua sigla abbreviata – è stato un team di ricercatrici e ricercatori guidato da Silvia Belladitta, dottoranda dell’Università dell’Insubria che sta svolgendo il suo lavoro di tesi presso l’Istituto nazionale di astrofisica a Milano, sotto la supervisione di Alberto Moretti e Alessandro Caccianiga. La scoperta, ottenuta grazie alle osservazioni con il Large Binocular Telescope (Lbt), confermate poi anche da alcuni dati del telescopio spaziale Swift, solleva il velo su questi mostri cosmici già attivi all’alba dell’universo e apre la strada per un accurato censimento dei nuclei galattici attivi in quell’epoca così remota, finora inaccessibile.
I cosiddetti radio-loud Agn, ovvero nuclei galattici attivi (Agn) di tipo radio, sono potentissime sorgenti di segnali radio alimentate da buchi neri supermassicci al centro delle galassie, che espellono poderosi getti di materia a velocità prossime a quella della luce. In particolare Pso J0309+27 è un Agn di tipo radio che ha tutte le caratteristiche per appartenere alla sotto-classe dei blazar, cioè quei radio-loud Agn il cui getto è fortuitamente allineato sulla nostra linea di vista.
Inizialmente individuato sulla base della sua emissione radio e ottica, questo oggetto è stato quindi osservato con Lbt, di cui l’Italia con l’Inaf è partner, usando lo spettrografo Mods, in modo da poterne confermare la natura di Agn lontano. «Lo spettro che è apparso davanti ai nostri occhi ha confermato come prima cosa che PSO J0309+27 è effettivamente un Agn, ovvero una galassia il cui nucleo centrale è estremamente luminoso per la presenza, nel suo centro, di un buco nero supermassiccio che si sta alimentando fagocitando il gas e le stelle che lo circondano», dice Belladitta, prima firmataria dell’articolo che descrive la scoperta, pubblicato oggi sulla rivista Astronomy & Astrophysics. «Inoltre, i dati ottenuti a Lbt hanno anche confermato che Pso J0309+27 si trova a un’enorme distanza da noi quantificata da uno spostamento verso il rosso che in gergo tecnico chiamiamo redshift, pari al valore record di 6.1, mai misurato prima per un oggetto simile. A questa distanza stiamo osservando l’universo com’era circa 900 milioni di anni dopo il Big-Bang, meno di un decimo della sua età attuale, che è di 13,8 miliardi di anni».
Silvia Belladitta
Pso J0309+27 è quindi risultato essere, al momento, la sorgente radio persistente più potente nell’Universo primordiale, ovvero entro il primo miliardo di anni dalla sua formazione. Osservazioni condotte con il telescopio Xrt a bordo del satellite Swift – missione a cui l’Inaf ha dato un contributo fondamentale insieme all’Agenzia spaziale italiana – hanno inoltre permesso di stabilire che, anche nei raggi X, Pso J0309+27 è la sorgente più luminosa mai osservata a queste distanze.
Queste proprietà “estreme” hanno permesso ai ricercatori di stabilire che Pso J0309+27 è un blazar, ovvero un Agn con un potente getto di materiale relativistico che punta verso la Terra. Grazie a questo particolare allineamento, l’emissione risulta fortemente amplificata e può quindi  essere osservata fino a grandi distanze. E qui emerge uno dei punti chiave della ricerca:   «Osservare un blazar è estremamente importante», sottolinea Belladitta, «in quanto per ogni sorgente scoperta di questo tipo sappiamo che ne devono esistere un centinaio simili, ma orientati diversamente, e quindi troppo deboli per essere visti direttamente». La scoperta di Pso J0309+27 permette quindi di quantificare per la prima volta il numero di nuclei galattici attivi con potenti getti relativistici presenti nell’universo primordiale.
«Da nuove osservazioni con Lbt, ancora in corso di elaborazione, stimiamo inoltre che il motore centrale che alimenta Pso J0309+27 sia un buco nero con una massa pari a circa un miliardo di volte quella del Sole. Grazie alla nostra scoperta, siamo quindi in grado di affermare che già nel primo miliardo di anni di vita dell’universo esisteva un grande numero di buchi neri molto massicci e in grado di produrre potenti getti relativistici. Questo risultato pone dei vincoli molto stringenti ai modelli teorici che cercano di spiegare l’origine di questi enormi buchi neri presenti nell’universo», conclude Belladitta.
https://www.media.inaf.it/2020/03/06/blazar-da-record/?fbclid=IwAR16p_5bFdPXS2Bb2Idha9Z6XFAdOA3hPGq8xklO2yaOnk_kZMWaBB6j5dY