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lunedì 12 aprile 2021

Gli attacchi del faccendiere: “Giuseppe è un uomo Beta”. - L.Giar.

 

Dalle liste della P2 alle condanne alla campagna pro Renzi per buttare giù l’avvocato: “Non sa governare, ha fallito”.

“Incapace”, “vanitoso” e “presuntuoso”. Cosa pensasse Gianmario Ferramonti di Giuseppe Conte lo ha scritto ieri il Fatto quotidiano, anticipando l’inchiesta di Report di questa sera: “un cretino” da silurare insieme al suo governo, tanto che Ferramonti, “gelliano” ed ex tesoriere della Lega, nei mesi scorsi aveva contattato Maria Elena Boschi e millantava “un milione di voti” da portare in dote a Italia Viva se avesse fatto cadere l’esecutivo. Per capire che aria tirasse in certi ambienti massonici, però, c’era una cartina di tornasole ben più alla luce del sole: nell’ultimo anno, sui giornali del forzista Antonio Angelucci sono comparse decine di articoli a firma di Luigi Bisignani, giornalista il cui nome comparve nelle famose liste della P2, tutti con toni durissimi nei confronti di Conte, più volte invitato ad andarsene da Palazzo Chigi.

Già il primo marzo 2020 Bisignani lanciava anatemi sul Tempo: “Giuseppi è al capolinea”. Svolgimento: “Conte è uno yogurt scaduto e l’addio è ormai scritto. Non solo per l’incapacità di gestione del coronavirus, per l’isolamento internazionale e per la crisi economica in cui ha gettato l’Italia, ma semplicemente perché non sa governare”. Il 9 marzo, questa volta su Libero, una nuova sentenza: “Gestire una crisi per un premier può essere un’opportunità. Per Conte sarà una catastrofe”. Il 12 aprile 2020, Bisignani sembra profetizzare l’invito di Ferramonti alla Boschi: “Perché Renzi non molla Conte?”. Siamo ancora sul Tempo di Angelucci e il Nostro sembra aver perso la pazienza: “Cosa dovrà mai ancora succedere affinché Renzi ritiri i suoi ministri da questo governo arronzato, incapaci di gestire il pre, il durante e il dopo Covi-19? La speranza è che Renzi riesca a rimettere in moto la politica e non permetta che Giuseppi si faccia il suo partito di manettari e diventi un dittatorello sudamericano”.

L’unica speranza, insomma, sembra Italia Viva e per legittimare questo smodato desiderio di un ribaltone a Palazzo Chigi, Bisignani dipinge un presidente del Consiglio allo sbando: “Il Papa stufo di Giuseppi” (28 aprile 2020), “Il Colle s’è stufato di Conte” (3 maggio), “I cattolici scomunicano Conte” (31 maggio), “I mercati ci mandano al voto” (12 luglio). Niente male per il leader più apprezzato nei sondaggi. Il 6 settembre Bisignani sembra fiutare la crisi: “I disastri economici e sociali stanno logorando il premier. L’incantesimo sta finendo”. Passa un mese e il 4 ottobre c’è un’altra fatwa: “Stretta mortale su Conte”: “Da un momento all’altro rischia di inabissarsi il suo intrepido volo nella galassia del potere”. Il 15 novembre è il Colle a “perdere la pazienza” e ormai è questione di ore: “La tempesta perfetta sul governo Conte sta per arrivare”, anche perché il premier “continua a infilare clamorosi autogol che indeboliscono ulteriormente la sua credibilità”.

Ad anno nuovo, quando Italia Viva sta per realizzare i sogni di Bisignani, lui si concede gli ultimi ritratti al cianuro: “Conte non ha messo da parte la sua infinita vanità”, un “tipico uomo beta che si è fatto le ossa all’ombra di uomini alfa” (3 gennaio). Il 14 gennaio, Renzi ritira le ministre di Iv e Bisignani brinda: “Conte ha fallito, torni a casa”. Il premier “è solo al comando, ma non decide”, “risponde solo ai dioscuri che si è scelto e che lo guidano nella gestione della sua vanità”. Secondo Bisignani, “è dall’estate scorsa che, tra ridicole task force, Colao e Stati generali, tiene bloccato il Paese”(17 gennaio). Insomma, “Conte è rimasto solo, lasci Palazzo Chigi”(24 gennaio), ormai “chiuso in una bolla ha perso il contatto con la realtà”.

Per fortuna che poi arriva Mario Draghi coi suoi migliori e la musica cambia :”Supermario è l’opposto di Conte” (7 febbraio): “Grazie a Renzi e a Mattarella, l’Italia avrà finalmente un governo autorevole”. Draghi “è proprio l’antipode di Conte”, anche solo per meriti dinastici: il primo “nato e cresciuto a Roma, figlio d’arte di un funzionario della Banca d’Italia”, l’altro “è nato in un paesino del foggiano, con un papà segretario comunale”. Abbastanza per giustificare la crisi.

IlFattoQuotidiano

giovedì 25 febbraio 2021

I 4 dell’Ave Mario. - Marco Travaglio

 

Sei giorni fa titolavamo: “Perché è caduto Conte?”. Ora, alla luce delle prime scelte di Draghi, possiamo cancellare il punto interrogativo. Conte non è caduto per la blocca-prescrizione (confermata dal governo Draghi). Non per i Dpcm (li fa anche Draghi). Non per le chiusure anti-Covid (elogiate, ribadite e inasprite da Draghi). Non per i vertici serali (li fa pure Draghi, ieri per la mega-rissa sui sottosegretari). Non per ministri e collaboratori incapaci (quasi tutti confermati da Draghi, con l’aggiunta di Brunetta, Gelmini, Carfagna, Garavaglia, Stefani&C. per aumentare il tasso di competenza). Non per il Mes (non lo prende neanche Draghi). Non per il Reddito di cittadinanza (non lo cancella neanche Draghi). Non per il ponte sullo Stretto (non ne parla neppure Draghi). Non per Arcuri (finora se lo tiene anche Draghi). Non perché accentrava la governance del Recovery in soli tre ministeri (Draghi l’accentra in uno: il Mef del fido Franco). E qui finiscono i pretesti ripetuti per due mesi dall’Innominabile e dai suoi pappagalli per giustificare la crisi: erano tutte balle.

Le vere ragioni del ribaltone sono altre: mettere le mani dei soliti noti sui miliardi del Recovery e dirottarli verso Confindustria&C. Per chi nutrisse ancora dubbi, basta leggere i nomi dei ministri Franco, Cingolani, Colao, Giorgetti e (a pag. 2-3) dei sottostanti boiardi e retrostanti lobbisti, su su fino al neoconsigliere economico Francesco Giavazzi: un turboliberista che predica da sempre contro l’impresa pubblica e a favore di quella privata (ma con soldi pubblici) e che neppure i giornaloni riusciranno a spacciare per “liberalsocialista”, “keynesiano” e “allievo di Caffè” (che non smette più di rivoltarsi nella tomba, tanto nessuno sa dove sia). Mentre i partiti giocano agli adulti nel cortile dell’asilo coi loro ministri e sottosegretari superflui, Draghi e i Quattro dell’Ave Mario si occupano delle cose serie. Cioè della scelta meno tecnica e più politica del mondo: a chi destinare i miliardi del Recovery. Ricordate il mantra del Piano “scritto coi piedi” da Conte e Gualtieri e “migliorato” in extremis dal provvidenziale intervento renziano? Ora Repubblica titola: “Pulizia sul Recovery Plan. Il governo taglia subito 14 miliardi di progetti… senza copertura finanziaria. Sfoltite le iniziative in eccesso previste dal Conte2, si torna a quota 209,5 miliardi”. Già: ma le “iniziative in eccesso” sono quelle chieste dal Rignanese nel celebre Piano Ciao e aggiunte da Gualtieri per tacitarlo. Quindi era meglio il Piano Conte prima della cura Iv: quello “scritto coi piedi”, senza i famosi “miglioramenti” renziani che ora Draghi deve “ripulire”. Ma questo i repubblichini si scordano di scriverlo. Vergogniamoci per loro.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/25/i-4-dellave-mario/6112986/