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mercoledì 5 agosto 2020

Nuove e rivoluzionarie teorie per la descrizione dell’universo. - Emanuele Tumminieri



Per decenni, alcuni teorici rivoluzionari hanno portato avanti una guerra contro uno dei concetti cardine della cosmologia – l’idea che l’universo sia costituito primariamente da una forma invisibile e intangibile di materia.
La presenza di questa materia oscura, che sembra essere in rapporto 5 a 1 con quella di cui siamo fatti, è evidenziata da alcune osservazioni: per citarne alcune, la stretta coesione di galassie e di aggregati di galassie, il modo in cui la luce delle galassie più lontane viene deflessa nel suo percorso verso i telescopi terrestri e la struttura a chiazze dell’universo primordiale.
Gli aspiranti rivoluzionari sono alla ricerca di una ricetta cosmica alternativa, che consiste nel sostituire la materia oscura con una forza di gravità leggermente modificata. Ma, finora, ogni tentativo di trasformare questa loro idea in un linguaggio matematico preciso è stato ostacolato da osservazioni puntuali. Alcune formulazioni concordano con la configurazione delle galassie, altre concordano con la deflessione dei raggi di luce, ma nessuna formulazione è riuscita a superare la prova più palese dell’evidenza della materia oscura: la precisa mappatura della luce primordiale, nota come radiazione cosmica di fondo (o fondo cosmico di microonde, secondo la terminologia anglosassone: Cosmic Microwave Background). Secondo Ruth Durrer, un cosmologo dell’Università di Ginevra, qualunque nuova teoria deve comunque essere in linea con questi dati.
Lo scorso 30 giugno, due fisici teorici, Costantinos Skordis e Tom Zlosnik (Institute of Physics of the Czech Academy of Science, Prague), hanno pubblicato un lavoro, ancora in fase di valutazione, con il quale propongono una teoria gravitazionale alternativa. I due scienziati utilizzano una versione ottimizzata della teoria gravitazionale di Einstein per riprodurre una mappa dell’universo primordiale; un’impresa che persino i rivoluzionari pensavano fosse impossibile.
Relativamente allo studio condotto dai due scienziati, lo stesso Durrer, nonostante si tratti di una ricerca veramente rivoluzionaria, è ottimista sui risultati che essa potrà raggiungere.
Anche se la maggior parte dei cosmologi ancora è legata al paradigma della materia oscura, la nuova teoria viene considerata abbastanza interessante, soprattutto se riuscirà a concordare con altre osservazioni cosmologiche.
Le sfide sostenute dalle teorie gravitazionali alternative, note come Dinamica Newtoniana Modificata (MOND – MOdified Newtonian Dynamics), sono state pubblicate anche in un altro articolo, apparso il giorno successivo rispetto al lavoro di Skordis Zlosnik. La principale di queste sfide si riferisce a una profonda rivisitazione del ruolo che gioca la materia oscura nel tenere insieme l’universo, così come descritto dal modello cosmologico noto come Materia oscura fredda lambda (LCDM – Lambda Cold Dark Matter). In poche parole, questo modello LCDM asserisce che noi non saremmo qui senza la materia oscura. L’universo primordiale era così fluido che la sola attrazione gravitazionale della materia ordinaria non sarebbe stata in grado di far aggregare le particelle in galassie, stelle e pianeti. Ecco che quindi intervengono le particelle di materia oscura. Il modello LCDM fa uso della massa collettiva della materia oscura per trasformare la materia ordinaria nelle strutture cosmiche oggetto di studio degli astronomi.
E quindi l’LCDM è diventato il modello cosmologico standard anche perché esso si allinea in modo abbastanza preciso alla Radiazione Cosmica di Fondo. Questa mappa dell’universo primordiale mostra dei punti impercettibilmente spessi e sottili che si increspano nel cosmo. Più recentemente, alcuni ricercatori sono riusciti a misurare, con una più elevata precisione, la polarizzazione della luce di radiazione cosmica di fondo. Qualunque teoria cosmologica pretenda di riscuotere successo, dovrà essere in grado di descrivere, in maniera comprensibile, la storia del cosmo, riproducendo queste tre caratteristiche: la temperatura della Radiazione Cosmica di Fondo, la polarizzazione della Radiazione Cosmica di Fondo, e l’attuale distribuzione delle galassie e degli aggregati di galassie.
Kris Pardo, un astrofisico del Jet Propulsion Laboratory della NASA, e David Spergelhanno evidenziato quanto sia difficile, per qualunque teoria gravitazionale alternativa, competere con i principi del modello LCDM. Quando zone con maggiore densità di materia oscura hanno attirato a sé la materia, determinando la creazione di galassie e stelle, si è verificata una considerevole, anche se non assoluta, eliminazione delle increspature che inizialmente si muovevano all’interno della materia stessa. Paragonando la polarizzazione della radiazione cosmica di fondo con l’attuale configurazione della materia, i cosmologi possono misurare, con elevata precisione, che persistono ancora oggi delle increspature residue, 100 volte più piccole delle ondulazioni osservate nella radiazione cosmica di fondo.
David Spergel, direttore del Center for Computational Astrophysics presso il Flatiron Institute, afferma che rigenerare queste, e altre condizioni, senza i principi essenziali del modello LCDM, diventa una sfida teorica di grande portata. Finora tutte le teorie gravitazionali alternative non sono state smentite, ma non si può obiettare che una qualunque di esse debba necessariamente soddisfare a delle condizioni precise.
Costantinos Skordis e Tom Zlosnik, del Central European Institute for Cosmology and Fundamental Physics, sono convinti di aver superato i vincoli imposti dalle condizioni sulle nuove teorie, sebbene lo abbiano fatto in un modo che potrebbe sorprendere sia i fautori che gli scettici della Dinamica Newtoniana Modificata. In pratica, i due fisici hanno costruito una teoria gravitazionale che include la presenza di un qualcosa che, su scale cosmiche, si comporta come una forma invisibile di materia, superando di fatto la linea divisoria tra il paradigma della materia oscura e quello della Dinamica Newtoniana Modificata.
La loro teoria, denominata RelMOND, aggiunge alle equazioni della relatività generale un campo onnipresente, il cui comportamento varia a seconda delle situazioni. Su scale più grandi, dove si evidenzia l’allungamento dell’universo in relazione alla sua espansione, questo campo si comporta come una materia invisibile. In questa situazione, che Zlosnik definisce polvere oscurail campo avrebbe potuto plasmare l’universo visibile allo stesso modo di come avrebbe fatto la materia oscura. Il modello ideato dai due fisici fornisce un valore della temperatura della radiazione cosmica di fondo abbastanza compatibile con quello del modello LCDM; inoltre Zlosnik è convinto che il loro modello possa essere in linea con i valori dello spettro di polarizzazione e con la distribuzione della materia, anche se ancora i risultati su questi aspetti non sono stati pubblicati.
Secondo Zlosnik, il modello RelMOND fornisce una rappresentazione dell’interno universo molto vicina a quella descritta dal modello LCDM.
Ma se ci si addentra all’interno di una galassia, dove il tessuto spaziale è quasi immobile, il comportamento del campo è molto vicino a quello descritto dalla dinamica newtoniana modificata (MOND): il campo si intreccia con il campo gravitazionale standard, rinforzandolo quanto basta per tenere unita una galassia, senza la necessità di materia aggiuntiva (i ricercatori non hanno delle certezze sul comportamento del campo per piani aggregati di galassie, una delle criticità delle teorie MOND, e ritengono che si possa comunque utilizzare questa scala intermedia per cercare quegli indizi che possono dare vita a nuove teorie gravitazionali).
Nonostante i risultati matematici raggiunti dai due fisici, a tutt’oggi l’ipotesi della materia oscura rimane la teoria più sempliceInfatti, la costruzione del nuovo campo, secondo l’approccio di Skordis Zlosnik, necessita di un’architettura matematica più complessa rispetto a quella impiegata dal modello LCDM per descrivere la materia oscura.
Da profana mi pare di capire che l'Universo, del quale siamo parte integrante, funziona come il corpo umano: L'Rna funziona da aggregante, incollante del Dna nel corpo umano, così come la materia oscura fa da aggregante, incollante  del Dna dell'Universo.
Molto affascinante come teoria ed anche abbastanza credibile, basandola sulla logica.
Noi, del resto, siamo figli delle stelle, siamo parte dell'Universo, funzioniamo allo stesso modo, la nostra composizione deriva dalla materia che compone l'Universo, noi siamo l'Universo.

martedì 9 giugno 2020

Universo in rotazione. Un’ipotesi per un “disordine” totale. - Emanuele Tumminieri



l’Universo primordiale aveva una struttura più uniforme, che, con il passare del tempo, è andata trasformandosi verso una composizione sempre più caotica.

Sebbene i pianeti, le stelle e le galassie ruotino tutti attorno a un asse di rotazione, una recente ricerca afferma che lo stesso Universo potrebbe ruotare attorno a uno, o più assi, ma su una scala cosmica, sfidando in questo modo una delle assunzioni fondamentali dell’astrofisica, il principio cosmologico, secondo il quale le stesse leggi fisiche sono omogenee, uniformi, isotrope in qualunque punto dell’Universo.
Questa nuova teoria, quindi, dipinge un Universo ruotante che andrebbe a creare delle anisotropie e delle asimmetrie strutturali sulla scala cosmica di centinaia di milioni di anni luce.
Questa ricerca, effettuata da Lior Shamir, un astronomo della Kansas State University, afferma che l’Universo primordiale ruotava come un’enorme e complessa galassia, e che questo momento di rotazione è stato trasferito alle galassie che oggi vengono osservate.
Secondo questa ricerca, l’Universo primordiale aveva una struttura più uniforme, che, con il passare del tempo, è andata trasformandosi verso una composizione sempre più caotica. I risultati della ricerca sono in attesa di essere confermati dalla Società Astronomica Americana.
Per sviluppare la sua ipotesi, Shamir ha utilizzato un algoritmo che ha selezionato le direzioni degli spin di circa 200.000 galassie a spirale, osservate da due differenti telescopi – l’SDSS (Sloana Digital Sky Survey) e il Pan-STARRS (Panoramic Survey Telescope & Rapid Response System). I risultati, pubblicati nel server arXiv il 6 aprile 2020, si accordano con le precedenti osservazioni che mostrano una relazione asimmetrica tra galassie con direzioni di spin opposte, mettendo in evidenza quindi un’effettiva rotazione dell’Universo.
Shamir mette insieme un’ampia gamma di metodi, che vanno dal machine learning, al soft computing e alla statistica computazionale, per sviluppare nuovi paradigmi che possono indirizzare i dati verso nuove scoperte scientifiche.
In una sua intervista rilasciata a Motherboard Science, Shamir dice che “in accordo con il principio cosmologico, ogni cosa è un insieme casuale di galassie e di materia, e non si dovrebbe vedere nessuna struttura. In questo caso invece vediamo una struttura e la scala è molto più ampia di qualunque altra struttura astrofisica sia stata studiata finora. I segnali e i modelli statistici sono molto chiari”.
Lo stesso ricercatore afferma cautamente che se l’Universo primordiale ruotava, dovrebbe esserci un’evidenza oggi.
Lo studio condotto presenta un punto di osservazione del fenomeno, ma non dà un’evidenza esaustiva di questo modello cosmico rotazionale, che dovrebbe sostituire l’attuale modello standard, isotropico, dell’Universo. Fino allo scorso anno era impossibile dire che si sarebbe potuta osservare una galassia ancora in rotazione dopo 1,5 miliardi di anni dal Big Bang. Ma oggi è possibile osservare queste galassie, e non sono poi così rare.
Nel suo lavoro presentato su ArXiv, dal titolo Allineamento multipolare nella distribuzione a grande scala della direzione dello spin di galassie a spirale, l’analisi di Shamir mostra, sia dai dati provenienti dal telescopio SDSS che dal Pan-STARRS, che la distribuzione delle direzioni dello spin di una galassia forma una traiettoria non casuale, e che, con buona probabilità, può essere assimilata a un asse dipolare.
Queste osservazioni concordano con le scoperte precedenti, ma hanno il pregio di essere basate su più dati e soprattutto sulle misure effettuate da due telescopi diversi. L’analisi inoltre dimostra che la distribuzione delle direzioni dello spin delle galassie si adatta a un allineamento multipolare a larga scala; in particolare la probabilità di avere un allineamento quadripolare è di circa 6,9 σ.
Confrontando i dati raccolti dai due telescopi – SDSS e Pan/STARRS – in modo che le galassie avessero una simile distribuzione di redshift (lo spostamento verso il rosso, una misura della distanza relativa tra due oggetti nella scala cosmologica), si evidenzia effettivamente la presenza del modello quadripolare.
L’immagine di copertina rappresenta la versione più recente dell’immagine del Campo Profondo di Hubble. I ricercatori dell’Instituto de Astrofisica de Canarias hanno impiegato tre anni per costruire la più profonda immagine dell’Universo mai acquisita finora, recuperando una grande quantità di luce perduta attorno alle galassie più grandi, nel cosiddetto Campo Ultra-Profondo di Hubble.

domenica 7 giugno 2020

Un nuovo test conferma l’energia oscura e l’espansione dell’universo. - Oliver Melis



I risultati confermano il modello dell’energia oscura come costante cosmologica, e di un universo spazialmente piatto, con una precisione senza precedenti in contrasto con i dati raccolti dal telescopio spaziale Planck che suggeriva una curvatura spaziale positiva dedotta dalle misurazioni del fondo cosmico a microonde.

Il modello cosmologico standard o modello Lambda-CDM (dove CDM sta per Cold Dark Matter, ossia Materia Oscura Fredda) riproduce in maniera soddisfacente le osservazioni della cosmologia del Big Bang, spiegando le osservazioni della radiazione cosmica di fondo (CMB), della struttura a grande scala dell’universo e delle supernovae che indicano un universo in espansione accelerata.
Nel Modello standard l’energia oscura permea l’universo e ne provoca un’espansione a un ritmo sempre crescente e costituisce oltre il 70% di tutto quanto c’è nel cosmo. Questo modello ha un problema ancora irrisolto: misurando il tasso di espansione con tecniche diverse si ottengono risultati discordanti tra loro.
L’espansione dell’universo può essere misurata con diverse tecniche. Una di esse consiste nel calcolare il moto relativo delle galassie distanti. Il calcolo viene eseguito misurando la luce delle supernove di tipo Ia all’interno di queste galassie. Questo tipo di stelle presentano una luminosità standard abbastanza uniforme, quindi misurando la loro luminosità si può risalire alla distanza della galassia che le ospita. Confrontando la luminosità delle supernove Ia con il redshift della galassia si ricava il parametro di Hubble.
Con questa tecnica si è scoperto che l’Universo si espande in maniera accelerata.
Un’altra tecnica è quello di osservare lo sfondo cosmico a microonde che permea l’universo. Questa radiazione proviene dall’epoca della ricombinazione, quando i primi atomi poterono combinarsi dal plasma primordiale rendendo l’universo trasparente alla luce. Questa radiazione fossile del Big Bang ha una temperatura di circa 3 K, con piccole variazioni tra le diverse regioni del cielo. La scala di queste fluttuazioni dipende dalla velocità di espansione cosmica. Attente osservazioni effettuate dal telescopio dell’ESA Planck hanno fornito una buona misura della costante di Hubble. Questa misurazione è completamente indipendente dalla misura effettuata mediante le supernovae.
I due risultati dovrebbero essere concordi, ma in realtà non lo sono.
I risultati di Planck danno un valore della costante Hubble di circa 67 – 68 (km / s) / Mpc, mentre le osservazioni delle supernova danno un valore di circa 71 – 75 (km / s) / Mpc.
I risultati ottenuti in passato erano sovrapponibili perché abbastanza grandi, ma ora la precisione del risultato ne sottolinea il totale disaccordo. Questo non significa che l’energia oscura non esista, significa però che c’è ancora qualcosa che gli astronomi non capiscono.
Una delle difficoltà che presentano questi risultati è che dipendono dal modello. Ognuno di essi dipende da determinati presupposti sull’universo.
Uno di questi è che l’universo sia piatto.
In altre parole, la luce che giunge fino a noi dalle galassie distanti ha viaggiato sostanzialmente in linea retta. Lo spazio in generale non è incurvato. Tuttavia, dai dati di Planck emergono alcune prove su una curvatura molto piccola dello spazio, questo contribuirebbe a spiegare la discrepanza nei risultati.
Il problema dell’incongruenza è stato affrontato prendendo in considerazione altre tecniche per misurare l’espansione cosmica. Una ricerca condotta da un team dell’Università di Portsmouth ritiene che le grandi strutture nella rete di galassie presenti nell’Universo siano in grado di consentire di effettuare test più precisi, sia sull’energia oscura che sull’espansione cosmica, rispetto a quelli condotti finora.
La ricerca ha preso in considerazione i dati di più un milione di galassie e quasar raccolti in più di un decennio dalla Sloan Digital Sky Survey. La tecnica è basata su una combinazione dei vuoti cosmici, grandi zone dello spazio in espansione contenenti pochissime galassie, e la debole impronta delle onde sonore nell’Universo primordiale, note come oscillazioni acustiche barioniche (BAO), che possono essere osservate nella distribuzione delle galassie.
Questo metodo consente di misurare gli effetti diretti dell’energia oscura, che guida l’espansione accelerata dell’universo, e garantisce risultati molto più precisi nella misurazione del parametro di Hubble rispetto alla tecnica basata sull’osservazione dell’esplosione delle supernove.
I risultati confermano il modello dell’energia oscura come costante cosmologica, e di un universo spazialmente piatto, con una precisione senza precedenti in contrasto con i dati raccolti dal telescopio spaziale Planck che suggeriva una curvatura spaziale positiva dedotta dalle misurazioni del fondo cosmico a microonde.
La curvatura infatti non può spiegare i diversi valori. Per il parametro Hubble, il team ha ottenuto un risultato di circa 70 – 74 (km / s) / Mpc, che concorda con il risultato della supernova più grande. Ma le loro osservazioni si sono concentrate principalmente su galassie con uno spostamento verso il rosso di z <2 68="" 70="" 9="" a="" aggiunto="" anni="" che="" circa="" con="" concorda="" dati="" di="" distanti="" galassie="" ha="" i="" il="" in="" km="" luce.="" meglio="" miliardi="" mpc="" o="" pi="" planck.="" quando="" risultato="" s="" si="" spostato="" team="">
Il risultato dello studio mostra l’importanza delle indagini sulle galassie per determinare la quantità di energia oscura, e come questa si sia evoluta negli ultimi miliardi di anni. Riporta inoltre una misurazione molto precisa della costante di Hubble, il cui valore è stato recentemente oggetto di discussione tra gli astronomi.