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mercoledì 6 gennaio 2021

Mattarella ha firmato decreto con misure anti-covid. - Luca Laviola

 

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha firmato in serata il decreto legge con misure anti-covid approvate dal consiglio dei ministri di lunedì notte.

Di certo, o quasi, c'è solo il periodo fino al 15 gennaio, data di scadenza del Dpcm in vigore.

Poi nella gestione della pandemia da Coronavirus e della libertà di movimento degli italiani ci vorranno nuove disposizioni del governo. Fino alla scadenza dello stato d'emergenza il 31 gennaio, che potrà essere rinnovato ancora per sei mesi per arrivare al 31 luglio.

Fino a domenica 10 gennaio, infatti, varranno le stesse regole per tutta Italia, seppur diverse giorno per giorno, mentre da lunedì si ritornerà alle zone di colore, che cambieranno in ogni regione dopo il nuovo monitoraggio. Bisognerà quindi aspettare venerdì prossimo 8 gennaio per conoscere le decisioni del ministro della Salute Roberto Speranza in base ai dati del contagio che attribuiranno i colori alle regioni (rosso, arancione e giallo).

I parametri di valutazione cambieranno in senso più restrittivo: per passare da giallo ad arancione ci vorrà un indice di contagio Rt di 1 (prima era 1,25) e per la zona rossa Rt a 1,25 e non più a 1,50.

Il 6 gennaio, giorno dell'Epifania, ancora zona rossa con divieto di spostamento se non per motivi di necessità, salute e lavoro, per ricongiungimenti familiari o per fare visita ad amici o parenti una sola volta al giorno, con autocertificazione. Previste tutte le altre disposizioni del massimo livello di contenimento che abbiamo imparato a conoscere in questi 10 mesi.

Giovedi 7 e venerdi 8 gennaio il Paese torna in giallo, ma con divieto di spostamento tra regioni, salvo i consueti casi previsti. Ci si potrà muovere all'interno della propria regione. Coprifuoco sempre dalle 22 alle 5 dell'indomani. Bar e ristoranti potranno riaprire in quei due giorni fino alle ore 18, poi solo asporto fino alle 22 e consegna a casa. Negozi aperti fino alle 20, via libera anche ai centri commerciali. 

Sabato 9 e domenica 10 l'Italia tornerà arancione, e si prevede che sia così per tutto gennaio, ogni weekend. Vietato muoversi da regione e da comune, tranne le consuete eccezioni anche per centri con meno di 5 mila abitanti (in un raggio di 30 chilometri), sempre con autocertificazione. Bar e ristoranti aperti, ma solo per asporto (fino alle 22) e consegna a domicilio. Negozi aperti, centri commerciali chiusi.

Da lunedì 11 a venerdì 15 gennaio si entra in una fase al momento senza certezze, dipenderà dalla divisione in fasce di colore. Saranno in ogni caso vietati gli spostamenti tra regioni, anche gialle. Nelle zone rosse la deroga agli spostamenti per due persone per andare a trovare amici o familiari è limitata al comune e non più alla regione come nelle feste di Natale.  

In generale per la seconda metà di gennaio si valuteranno i dati del contagio per le restrizioni.

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2021/01/05/covid-le-misure_2b945e85-3ac6-4820-a8a7-f04f22a0b1b3.html

sabato 19 dicembre 2020

Vince la linea più dura: a Natale l’Italia è rossa, massimo 2 ospiti in casa. - Tommaso Rodano

 

C’è poco da salvare nel Natale di questo terribile 2020. Come previsto, passa la linea dura: l’Italia chiude, nello sforzo di mantenere al minimo i contatti sociali (e familiari) e contenere un nuovo aumento dei contagi. Il premier Giuseppe Conte lo annuncia in tarda serata, dopo il consiglio dei ministri: “La curva può subire un’impennata nel periodo natalizio, il Cts ci ha fatto pervenire un verbale in cui ha espresso forte preoccupazione. Dobbiamo intervenire, vi assicuro che è una decisione sofferta, non facile”.

Dal 24 dicembre al 6 gennaio su tutto il territorio nazionale varrà il regime applicato finora nelle regioni rosse. Tranne nei quattro giorni feriali (28, 29, 30 dicembre e 4 gennaio), quando si applicheranno le norme delle zone arancioni.

Significa, di fatto, che l’Italia vivrà il Natale 2020 in lockdown. Nei giorni “rossi” non si potrà uscire di casa (se non per lavoro o per emergenze). Con un’unica deroga, per evitare che in tanti rimanessero completamente soli a Natale e Capodanno: “Nei giorni festivi e prefestivi – si legge nel testo – lo spostamento verso le abitazioni private è consentito una sola volta al giorno, in un arco temporale compreso fra le ore 05,00 e le ore 22,00, verso una sola abitazione ubicata nella medesima regione e nei limiti di due persone, ulteriori rispetto a quelle ivi già conviventi, oltre ai minori di anni 14 sui quali tali persone esercitino la potestà genitoriale e alle persone disabili”. Traduciamo dal legnoso lessico del diritto: si possono raggiungere i parenti stretti, ma ci si può spostare al massimo in due (esclusi i figli con meno di 14 anni o non autosufficienti). E se si vuole invitare qualcuno in casa propria, il vincolo è lo stesso: solo parenti stretti e non più di due, bambini esclusi.

Mobilità “arancione”. Nei giorni feriali sarà consentito muoversi all’interno del proprio comune senza limitazioni (ma con il coprifuoco dalle 22 alle 5). Inoltre saranno permessi gli spostamenti dai piccoli comuni (meno di 5mila abitanti) ma per una distanza massima di 30 chilometri (e sarà vietato raggiungere i capoluoghi di provincia).

Moblità “rossa”. Nei giorni festivi ci si potrà muovere una sola volta al giorno, all’interno della Regione di residenza e – come detto – al massimo in due. È sempre consentito, con entrambi i regimi, il rientro al proprio domicilio, abitazione o residenza.

Negozi. Per gli esercizi commerciali restano immutate le norme già stabilite per le zone rosse e arancioni nel Dpcm del 3 dicembre. Negozi di alimentari, edicole, tabaccai, farmacie, parafarmacie, ferramenta e librerie possono restare sempre aperti in questi giorni, mentre i negozi di abbigliamento potranno tenere le serrande alzate solo nei giorni feriali. Centri commerciali e gallerie restano chiusi sempre e comunque, dal 24 dicembre al 6 gennaio.

Ristoranti. Chiusi i bar, i ristoranti restano aperti solo per asporto e consegne a domicilio, con lo stesso regime in giorni feriali, prefestivi e festivi: il cibo d’asporto si può ritirare fino alle 22.00 (prima del coprifuoco), le consegne sono possibili senza limitazioni orarie. Conte ha promesso “un immediato ristoro di 645 milioni per ristoranti e bar” e ha ringraziato l’opposizione per la collaborazione.

Parrucchieri. Barbieri e coiffeur possono restare aperti, come pure tintorie e lavanderie. Nei giorni festivi e prefestivi restano chiusi invece i centri estetici. Jogging. La corsa è sempre consentita, nei giorni “rossi” invece le passeggiate sono permesse soltanto “in prossimità della propria abitazione”.

Multe. Si annunciano controlli rigidi (ma chiaramente non nelle abitazioni private), le sanzioni sono sempre le stesse: multe tra i 400 e i 1.000 euro.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/19/vince-la-linea-piu-dura-a-natale-litalia-e-rossa-massimo-2-ospiti-in-casa/6042385/

mercoledì 11 marzo 2020

"La bozza, il caos e la fuga. Lite tra governo e Regioni." - Paola Zanca

La bozza, il caos e la fuga. Lite tra governo e Regioni

Le anticipazioni on line e il buco di sei ore prima della conferenza di Conte.

La bozza ha girato per ministeri e regioni, come prevede l’iter del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, che impone la raccolta dei pareri di tutte le autorità competenti. Poi, alle 20.20 sull’edizione on line del Corriere è diventata di dominio pubblico, confermando le anticipazioni che già erano sui giornali del mattino. Alle 20.34 la rilancia la pagina Facebook Lega-Salvini premier: la zona rossa del coronavirus è estesa a tutta la Lombardia e ad altre 11 province (poi diventeranno 14). La Cnn dà la notizia, sostenendo di averla ricevuta dall’ufficio stampa della Regione Lombardia (che smentirà).
Chiunque fosse la fonte, lo scoop ha subito diviso gli operatori dell’informazione, un po’ come era successo per il decreto che ha chiuso le scuole: chi ritiene che i giornalisti debbano diffondere una notizia (ovviamente verificata) non appena ne vengano in possesso, perché la gestione delle sue conseguenze – come quelle che, vedremo, ha provocato la bozza in questione – spetta a chi ha la responsabilità della cosa pubblica, non a chi ha il dovere di informare. Altri, al contrario, credono che in una situazione di emergenza come quella attuale il diritto/dovere all’informazione debba essere sacrificato in nome della sicurezza nazionale. Perché quella bozza ha un effetto pratico quasi immediato: lo dicono le immagini delle stazioni ferroviarie di Milano che nel giro di poche ore si riempiono di cittadini terrorizzati dall’ipotesi della chiusura della Lombardia, in fuga dalla regione prima che scatti il divieto. L’Intercity Milano-Roma delle 23.20 è carico di passeggeri saliti al volo, senza biglietto, assiepati nei corridoi. Alle 00.40 da Palazzo Chigi arriva l’annuncio di una conferenza stampa del presidente del Consiglio. Ma l’appuntamento slitta e Giuseppe Conte appare davanti alle telecamere solo 90 minuti più tardi, alle 2.15 di sabato notte. In sostanza, tra la pubblicazione della bozza e la comunicazione ufficiale passano 6 ore senza che nessuna fonte governativa intervenga né per smentire né per confermare: un tempo sufficiente a far esplodere il caos. Il premier la bolla come “una cosa inaccettabile”. La versione definitiva del decreto, va detto, è identica alla bozza diffusa dal Corriere, salvo l’iscrizione nella zona rossa anche delle province piemontesi di Verbano Cusio Ossola, Novara e Vercelli.
Eppure la polemica sulle nuove norme adottate dal governo non riguarda solo il rapporto con la stampa. Sono i presidenti delle Regioni coinvolte i più agguerriti contro “un provvedimento che non è farina del nostro sacco”, per dirla con il veneto Luca Zaia, convinto che il governo non si sia “fidato” del comitato scientifico regionale. “Volevamo metterci del nostro – dice ancora Zaia – non ci è stato dato il tempo necessario. Ho sentito l’ultima volta Fontana e Bonaccini alle 2,30 di notte ed eravamo ancora convinti, prima di vedere la sorpresa della conferenza stampa del premier, che ci fosse la possibilità di arrivare al mattino”. Attilio Fontana, presidente della Lombardia, ha detto che sarebbe stato “un pochino più rigido nelle misure di distanziamento sociale”, salvo poi – qualche ora più tardi – chiarire che in Regione non ci saranno “limiti né alla circolazione delle merci né dei dipendenti, anche perché a quel punto tanto valeva dire che chiudevamo le aziende”. Chiede di “chiarire le ambiguità” anche il governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini. Le stesse “esigenze di chiarimento” che ammette anche il capo della Protezione: ieri, nel consueto appuntamento con la stampa delle ore 18, ha preferito non commentare il decreto. Poi, tre ore più tardi, ha firmato l’ordinanza attuativa: gli uffici pubblici restano attivi, gli spostamenti per lavoro e salute pure.