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domenica 13 giugno 2021

La campagna vaccinale rischia la frenata, ma arrivano 55 milioni di dosi.

 


Quasi 26 milioni di italiani che devono ancora avere la prima dose di vaccino e altri 13,6 che devono fare il richiamo, 900mila dei quali hanno avuto la prima dose con Astrazeneca e ora faranno la seconda con Pfizer e Moderna.

Dopo la circolare del ministero della Salute che dà indicazioni perentorie sull'utilizzo del siero dell'azienda anglo-svedese solo sugli over 60, rischia di rallentare la campagna di vaccinazione di massa, con il conseguente slittamento dell'immunità di gregge prevista dal commissario per l'emergenza Francesco Figliulo proprio a fine settembre.

Ma fonti del governo affermano che "la campagna vaccinale italiana procederà con la stessa intensità di prima", vista "l'ampia disponibilità" di "oltre 55 milioni di dosi Pfizer e Moderna" tra ora e la fine del terzo trimestre.
Un altro problema è che, se verranno confermeranno le previsioni sugli arrivi fino alla fine del terzo trimestre, l'Italia rischia di ritrovarsi nei frigoriferi milioni di dosi di Astrazeneca e Johnson e Johnson inutilizzabili.
La decisione presa ieri dal ministro della Salute Roberto Speranza, su indicazione degli esperti del Comitato tecnico scientifico dopo la morte della 18enne a Genova e le perplessità di parte della comunità scientifica, ha già obbligato le Regioni a cancellare gli open day - che se verranno riorganizzati, è scritto nel verbale del Cts, dovranno "rispettare le indicazioni per fasce d'età" - e a rivedere l'agenda delle prenotazioni. Con la Lombardia che ha prima annunciato di non voler dar seguito alla decisione del governo di somministrare un vaccino diverso per i richiami, "in attesa di una nota ufficiale di ministero della Salute e Aifa", salvo poi fare marcia indietro una volta ricevuta la circolare e la posizione della stessa Aifa. "La comunicazione contradditoria e semi assente del governo sui vaccini - ha detto la leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni - è ciò che più sta contribuendo a scatenare il panico tra i cittadini. Si assumano subito la responsabilità di dare risposte chiare e trasparenti agli italiani poiché milioni di cittadini sono in attesa".

Ma al di là delle polemiche, a preoccupare, lo ha ammesso lo stesso Figliuolo, è il rischio che la campagna possa subire un rallentamento: "se si fa un piano che poggia su 4 gambe più una che poteva essere Curevac e se poi una di queste gambe viene azzoppata o limitata è chiaro che tutti i piani si rivedono. Non faccio fosche previsioni, sono convinto che a settembre chiudiamo, ma se dovessimo aggiungere un'altra platea, ad esempio 6-15 anni, se Curevac non arriva e se ci sono altri intoppi è chiaro che non ce la faremo". Stando ai numeri forniti da Figliuolo al Cts, entro la fine del mese dovrebbero arrivare ancora 7,2 milioni di dosi di vaccini a mRNA (5,8 di Pfizer e 1,4 di Moderna), ai quali vanno aggiunti i 45 previsti nel terzo trimestre (31 di Pfizer e 14 di Moderna) per un totale di 52,2 milioni. Se poi verrà approvato il siero di Curevac, entro la fine di settembre l'Italia potrà contare su altri 6,5 milioni, per un totale di 58,7 milioni di dosi di vaccini a mRNA. Una cifra che, come ha detto Figliuolo, consente di andare "lisci lisci" solo se non ci saranno altri intoppi. Lo stesso generale, tra l'altro, già il 10 maggio in una nota al Cts aveva segnalato che la quantità di vaccini a mRNA sarebbe stata inferiore alla necessità. "Alla luce del numero di persone già vaccinate e di quello che ha ricevuto la prima dose e che, pertanto, necessità delle seconda - scriveva - sono stati definiti i fabbisogni necessari per ultimare la campagna entro settembre in 73 milioni di dosi a fronte di un previsionale di afflusso di circa 68. in sostanza, il fabbisogno di vaccini a mRNA risulta superiore al previsionale delle forniture". Considerando che a questa situazione si sono aggiunti i richiami per 900mila e i 2,3 milioni di 12-15enni, i numeri sono al limite.

C'è poi l'incognita Johnson & Johnson. All'interno del Cts c'è stata una lunga discussione tra chi voleva equipararlo ad Astrazeneca e chi invece sosteneva che non ci fossero abbastanza dati e, alla fine, è passata questa linea. Pur considerando le analogie con Az, hanno scritto gli esperti nel verbale, "lo stato attuale delle conoscenze, il numero di poco superiore al milione di dosi somministrate e la rarità" delle trombosi, "non permettono di trarre valutazioni conclusive rispetto al rapporto beneficio/rischio". Valutazioni che però potrebbero arrivare nelle prossime settimane e cambiare gli scenari, fermo restando che in ogni caso già adesso questo vaccino è raccomandato per chi ha da 60 anni in su. Di certo c'è che, sempre in base ai numeri di Figliuolo, ci sono ancora 3,5 milioni di over 60 che non hanno avuto neanche la prima dose e 3,9 che devono fare i richiami. Che richiedono complessivamente tra i 7,4 e gli 11 milioni di dosi. Ma l'Italia, alla fine di settembre, potrebbe avere più di 50 milioni di dosi di Astrazeneca e J&J visto che a giugno erano previsti 10 milioni e nel terzo trimestre 40,7. Se non andranno ai paesi Covax, come ha ipotizzato il Commissario, il rischio che scadano nei frigoriferi è altissimo.

(foto:L'hub vaccinale Acea in occasione dell'Open Day Junior, Roma - ANSA)


ANSA

lunedì 9 settembre 2019

BTp, la frenata dei tassi regala al governo M5S-Pd un bonus da 15 miliardi. - Maximilian Cellino



La brusca retromarcia effettuata dal mercato venerdì pomeriggio e legata alle nuove tensioni fra Pd e M5S sulla formazione del Governo, che in Europa ha fatto chiudere in ribasso la sola Piazza Affari (-0,35%) e riportato lo spread fra Btp e Bund a 170 punti base, non riesce almeno per il momento a cancellare i passi avanti messi a segno dalla Borsa milanese e dai titoli di Stato italiani dal momento in cui è iniziata la trattativa per creare un nuovo esecutivo e scongiurare l’ipotesi di elezioni in autunno. E con un debito pubblico che a giugno sfiorava ormai i 2.400 miliardi di euro è logico e immediato guardare a questi progressi, che si possono trasformare in preziosi risparmi per le casse dello Stato e quindi in denaro da destinare altrove.

Con le ultime aste in cassa già oltre 600 milioni.

L’esempio lo si è avuto proprio questa settimana, durante la quale il Tesoro ha potuto emettere titoli a medio-lungo termine per 9,25 miliardi di euro (4 miliardi dei quali per il nuovo BTp a 10 anni) spendendo meno di quanto fosse ipotizzabile qualche settimana fa o di quanto si è fatto da inizio anno. Se per esempio si fossero effettuate il 9 agosto, giorno del picco dei rendimenti dei titoli italiani (e dello spread) all’indomani dello stop al primo governo Conte decretato dall’ex vice premier, Matteo Salvini, le stesse operazioni sarebbero costate nel complesso (considerando cioè l’intera vita residua del debito collocato) ben 600 milioni in più.
Dai risparmi potenziali per fine anno...
La vicenda si fa decisamente più interessante quando viene proiettata sul futuro, ma qui si entra inevitabilmente nel mondo delle ipotesi e delle congetture. Da qui a fine anno, per esempio, secondo le stime di UniCredit Research, al Tesoro italiano resterebbero ancora da collocare titoli a medio-lungo termine per poco meno di 69 miliardi: una fetta residua dell’ammontare lordo che sarà offerto agli investitori quest’anno, pari a circa 250 miliardi e che finora è stato coperto per quasi il 73 per cento. Qualora il livello dei tassi si mantenesse ai livelli di ieri (ma qui, ovviamente, entriamo nel mondo dei «se») attraverso le operazioni che restano da compiere nel 2019 il Tesoro potrebbe risparmiare ben 4 miliardi rispetto a quanto sarebbe stato costretto a pagare ai debitori conducendo quelle stesse aste ai tassi della seconda settimana di agosto.
... alla «mezza finanziaria» che spunterebbe nel 2020.
Proiettando ancora in avanti prossimo la medesima analisi è anche possibile ipotizzare che nel 2020 - nel caso le emissioni lorde si confermassero sui livelli complessivi di quest’anno, in base ai valori attuali dei tassi e quando si tiene conto che la scadenza residua del nostro debito si avvicina ai 7 anni - il «bonus» potrebbe addirittura sfiorare i 15 miliardi: oltre la metà di quanto, per fare un esempio che in questi giorni viene sempre più spesso tirato in ballo, sarebbe necessario raccogliere per non far scattare le clausole di salvaguardia e il nefasto aumento dell’Iva. Oppure, se si preferisce, più o meno l’ammontare minimo che, come ricordato su Il Sole 24 Ore di venerdì, potrebbe alla fine essere necessario per condurre in porto la Manovra nel caso di un ipotetico «sconto» da parte della Commissione Ue.
I paragoni con le fasi più tese per lo spread.
Certo, spostando i termini di paragone i potenziali risparmi del Tesoro sono destinati a lievitare: salirebbero per esempio a oltre 40 miliardi se si fa il confronto con i rendimenti massimi toccati dai BTp durante le fasi concitate della formazione del precedente governo nel maggio 2018 e sfiorerebbero addirittura i 50 miliardi se ci si riferisce ai tempi del duello con la Commissione Ue sulla Legge di Bilancio dello scorso autunno. La sostanza però non cambia: tassi più bassi equivalgono a un vantaggio per i nostri conti pubblici e possono liberare preziose risorse da impiegare altrove.
Attenzione al riemergere del rischio politico
Resta tuttavia da vedere se queste proiezioni si trasformeranno in realtà o meno, e qui l’andamento futuro dei tassi resta un’incognita. Parlando in generale si può immaginare che l’atteggiamento ultra-espansivo sul quale tenderà a riportarsi la Bce da settembre continuerà a esercitare l’effetto di una calamita in grado di attrarre verso il basso i rendimenti. Nel caso specifico dei titoli italiani è inoltre possibile appiattire ulteriormente quella sorta di «cuscinetto» rappresentato dallo spread, per andare magari a riavvicinare i tassi di Spagna e Portogallo ormai prossimi a zero anche sul decennale. Esiste però anche il pericolo opposto, quello cioè di veder gonfiare di nuovo il differenziale per un ritorno di fiamma del rischio politico. Se avessimo effettuato lo stesso calcolo ai tassi registrati nelle ultime ore della seduta di venerdì, il bonus sul 2020 si sarebbe già ridotto di circa un miliardo: più che un avvertimento da parte dei mercati.