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venerdì 21 agosto 2020

La ’ndrangheta, il tradimento di Gelli e la “spallata finale” allo Stato pianificata dalle mafie del Sud. - Lucio Musolino

La ’ndrangheta, il tradimento di Gelli e la “spallata finale” allo Stato pianificata dalle mafie del Sud

La deposizione di Giuliano Di Bernardo, ex gran maestro del Grande Oriente d’Italia, nel processo “’Ndrangheta stragista”: “Gelli si mette a fare affari in tutto il mondo…cioè, tradisce gli americani, e mettendo da parte il fine politico, per favorire quelli suoi, economici, e del suo gruppo”.
“Licio Gelli è stato inventato dalla Cia, dagli americani. Inventato. Inventato, perché il governo americano aveva perso fiducia in Moro e Andreotti, e quindi cominciava a temere che in Italia ci potesse essere il sorpasso comunista”. Sono le parole di Giuliano Di Bernardo nel processo “’Ndrangheta stragista”, concluso il 24 luglio con l’ergastolo inflitto al boss di Brancaccio Giuseppe Graviano e a Rocco Santo Filippone, espressione della cosca Piromalli. Entrambi sono stati condannati, in primo grado, perché mandanti del duplice omicidio dei due carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo avvenuto il 18 gennaio 1994. Un agguato che, assieme agli attentati ad altre due pattuglie dell’Arma, rientrava nelle cosiddette “stragi continentali” e, quindi, nella “strategia stragista” di Cosa nostra e ‘Ndrangheta contro lo Stato. Una partita a scacchi in cui, dietro i clan, si nascondeva un mondo in giacca e cravatta fatto di politici, imprenditori e uomini delle istituzioni che di giorno si battevano il petto sulle bare dei morti ammazzati dalle bombe e di notte tramavano con boss e pezzi deviati dello Stato per organizzare quella che il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo, nella sua requisitoria, ha definito “la spallata finale alla prima Repubblica”. Un mondo che, sotto la giacca, non aveva solo la cravatta ma spesso nascondeva anche la squadra e il compasso.
Ecco perché la deposizione di Giuliano Di Bernardo non è casuale nel processo che potrebbe riscrivere una delle pagine più buie del nostro Paese. Fino al 1993, infatti, Di Bernardo è stato il gran maestro del Grande Oriente d’Italia da cui è uscito dopo aver percepito “una sorta di compenetrazione fra una certa massoneria e la criminalità organizzata, specie calabrese”.
Dal racconto di Di Bernardo, che nel 2002 fondò la Gran Loggia Regolare d’Italia, emerge non solo che le mafie avevano infiltrato le logge ma anche come all’inizio degli anni novanta massoneria, ‘Ndrangheta, Cosa Nostra e destra eversiva erano impegnate a sostenere i movimenti separatisti siciliani e meridionali. Stando alle carte della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, un ruolo fondamentale in queste manovre è stato quello di Licio Gelli.
Per capire il perché è necessario andare oltre i “papelli” con le condizioni che i mafiosi siciliani volevano imporre allo Stato Italiano, oltre la “falsa politica” della ‘ndrangheta e oltre qualsiasi altra inconfessabile trattativa tra le istituzioni e la criminalità organizzata.
In gioco c’era anche altro e quest’altro passava per l’universo “gelliano” della P2. Ricomporre il puzzle non è semplice per il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo: inserire i tasselli uno dopo l’altro potrebbe fornire un disegno inquietante rispetto alla versione confezionata degli ultimi 50 anni.
Ecco quindi che i verbali dell’ex gran maestro del Goi Giuliano Di Bernardo, poi confermati in aula davanti alla Corte d’Assise, rischiano di aprire uno squarcio su un sistema in cui il ruolo di Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone è certamente di primo livello ma quantomeno pari a quello dei “suggeritori occulti”, menti raffinate che assieme ai boss componevano quella che la Dda di Palermo, nell’inchiesta “Sistemi criminali”, aveva definito “super-struttura eversiva in cui erano confluite, mafie, massoneria deviata, politici collusi, uomini legati a servizi di sicurezza e a Gladio”. In sostanza uomini che sussurravano all’orecchio dei mammasantissima per creare le “condizioni politiche che garantissero ancora agibilità e potere alle forze illegali che avevano prosperato nel Paese fino a quel momento”.
“Gelli – dice Di Bernardo rispondendo alle domande del procuratore Lombardo – è stato il referente unico, esclusivo, del governo americano, per evitare che in Italia si facesse il sorpasso dei comunisti. Quindi, Gelli ha avuto montagne di dollari, ma soprattutto il governo americano, la Cia, l’Fbi, questi… hanno messo all’obbedienza di Gelli i vertici italiani: i vertici economici, i vertici militari, i vertici della magistratura, i vertici, li hanno messi tutti alla sua obbedienza. Che lui iniziava all’”Excelsior” di Roma, col gran maestro Gamberini. Quindi, questo uomo, all’improvviso, si è ritrovato un potere come penso nessun altro abbia mai avuto in Italia. Tutto questo doveva servire per evitare il sorpasso. Si parla lì di questo progetto politico di Gelli”.
Il riferimento è al famoso “piano di rinascita democratica” redatto dal “burattinaio” Licio Gelli, l’ex “Venerabile” della loggia P2: “La realtà è sempre più banale di quello che si può pensare. – è Giuliano Di Bernardo che parla – Gelli si era impegnato a modificare l’Italia per evitare il sorpasso (comunista, ndr). Però, Gelli, quando riceve i soldi dagli americani, fa i suoi affari in diversi paesi del mondo… Non pensa allo scopo fondamentale, che avrebbe dovuto invece interessarlo. Gli americani cominciano a sollecitarlo e allora lui, come ha confidato a qualche suo collaboratore, che poi è arrivato anche a me, non ce la faceva più di queste sollecitazioni degli americani, si è messo a scrivere, così, a caso, un progetto”.
La realtà, quindi, è diversa per l’ex gran maestro del Goi Di Bernardo: “Gelli si mette a fare affari in tutto il mondo…cioè, tradisce gli americani, e mettendo da parte il fine politico, per favorire quelli suoi, economici, e del suo gruppo”.
Per questo motivo era stato allontanato dal Goi dove, però, voleva rientrare a tutti i costi: “Gelli aveva la sua base all’interno del Grande Oriente. Gelli ritiene che ogni uomo sia comprabile, ecco, e mi fa fare la domanda: ‘Decidi tu la somma, fissa tu. Se tu lo fai rientrare, Gelli ti dà questa somma’ – è sempre il racconto di Di Bernardo – E io gli feci rispondere: ‘Gelli forse ha comprato tanti, ma certamente non comprerà me’. Poco dopo ritorna la stessa persona, con un’altra proposta, per indurmi a farlo rientrare, e mi dice: ‘Gelli, in cambio del tuo appoggio a farlo rientrare, metterà a tua disposizione l’elenco vero della P2, con i relativi fascicoli’.
Una frase che non lascia adito a dubbi, ma il pm Lombardo vuole cristallizzare un dato importante che proviene da chi conosce il mondo della massoneria dal suo interno.
“L’elenco vero significa non quello sequestrato dalla magistratura?”. Il magistrato fa lo stesso la domanda e la risposta è secca: “No, no. Quello è solo parziale. Io sono arrivato alla conclusione che è solo parziale. Gelli mi fa dire da questo suo emissario che avrebbe messo a mia disposizione, mi avrebbe dato il vero elenco, con i relativi fascicoli. E aggiunge: ‘In questo modo, potrai ricattare tutta l’Italia’”.
Di Bernardo quell’elenco lo rifiutò e al momento si può solo intuire il contenuto di quei fascicoli. Per farlo il testimone della Procura ricorda un incontro avuto con il segretario personale dell’ex gran maestro Battelli: “Chiede di incontrarmi perché voleva fare una dichiarazione al gran maestro da firmare. Infatti, lo incontro, e mi dice che una sera Gelli si presenta nello studio del gran maestro Battelli, con un grosso fascicolo, e gli dice: ‘Questo è l’elenco della P2’. Battelli comincia a sfogliarlo, e, come sostiene il suo segretario, diventa di tutti i colori. Alla fin fine Battelli, dopo aver letto, chiude e dice a Gelli: ‘Riprendilo, questo io non l’ho mai visto’. Dopo commenta col suo segretario: ‘Le cose che… i nomi che ho visto lì, non li voglio neanche dire a te. Io, quel fascicolo, non l’ho mai visto’. Quindi, il segretario di Battelli si è sentito in dovere di fare a me questa dichiarazione scritta, per dirmi: ‘Guarda che…’, allora, dalla stessa ammissione di Gelli, che mi voleva dare l’elenco completo con i fascicoli, alla testimonianza di questo… io ho la convinzione che il vero elenco esiste, ma non sappiamo dov’è, ecco”.
Tutto ovviamente è avvenuto dopo che la loggia P2 era stata sciolta: “Ah, certo…. Per sciogliere la P2 era stata necessaria la legge ‘Spadolini-Anselmi’. Quella legge non scioglie proprio nulla, e non scioglie nulla perché contiene una contraddizione che contrasta anche con un articolo della Costituzione… perché la legge ‘Anselmi’ è stata scritta da massoni. In modo particolare dal professor Paolo Ungari”.
Caduto dalla tromba dell’ascensore al terzo piano di un palazzo vicino al Campidoglio, il consigliere parlamentare della Camera dei deputati e docente universitario Paolo Ungari è morto nel 1999. Come ha chiesto nel testamento redatto sei anni prima, sulla sua lapide c’è scritto solo “maestro massone”.
Lo ricorda bene Di Bernardo: “Avevo conosciuto Paolo Ungari all’università di Trento, dove io appunto ho insegnato per tutta la mia vita…Poi ci siamo ritrovati dopo la mia elezione a gran maestro del Grande Oriente e così, parlando del più e del meno, mi disse: ‘Non si sono ancora accorti…’, ecco, qui stiamo parlando del 1991.. ‘che la legge Anselmi non solo non consente di sciogliere la P2, perché il secondo capoverso contrasta col primo, ma è addirittura incostituzionale, perché contrasta con un articolo della Costituzione sulle libertà di associazione’. Ecco, e disse: ‘Vediamo quanto tempo passerà prima che se ne accorgano’. Qualcuno prima o poi dovrà prendere in mano (quella legge, ndr)”.
Gelli, massoneria deviata e anche ‘ndrangheta: il “Venerabile” aveva un’influenza, “anche indiretta”, sulle dinamiche criminali calabresi come spiega il collaboratore di giustizia Consolato Villani, uno dei killer che sparò ai due carabinieri nel gennaio 1994, nelle sue dichiarazioni sull’omicidio di Lodovico Ligato, il deputato della Dc ed ex presidente delle Ferrovie dello Stato ucciso il 27 agosto 1989 a Bocale, nella periferia sud di Reggio Calabria.
“La stanza dei bottoni che comanda sulla ‘Ndrangheta militare, – dice Villani – è quella di cui facevano parte l’avvocato De Stefano, Paolo Romeo e l’onorevole Ligato, ucciso per indebolire proprio i De Stefano: tale sistema è necessario anche al fine di controllare gli esponenti politici compiacenti. Tanto l’avvocato Paolo Romeo che l’avvocato Giorgio De Stefano facevano parte della P2 di Licio Gelli che spesso si recava a Reggio Calabria”.
Il verbale di Villani fa il paio con quello di uno dei primi collaboratori di giustizia, Filippo Barreca che, già nel gennaio 1995, aveva riferito sull’esistenza, sin dai “primi mesi dell’anno ’79”, di “una loggia segreta a Reggio Calabria… a cui appartenevano professionisti, rappresentanti delle istituzioni, politici e, come detto, ‘ndranghetisti”.
A costituirla, stando alle dichiarazioni del pentito, era stato “Franco Freda…nel contesto di quel più ampio progetto nazionale” al quale avevano aderito “le più importanti personalità cittadine” tra cui anche “Lodovigo Ligato, l’onorevole Paolo Romeo, l’avvocato Giorgio De Stefano… e taluni componenti della loggia appartenevano anche alla P2…la loggia, peraltro, aveva stretti rapporti con la massoneria ufficiale. Le competenze della loggia, come detto, si fondavano su una base eversiva. Ma, prevalentemente, la loggia mirava: ad assicurarsi il controllo di tutte le principali attività economiche, compresi gli appalti, della provincia di Reggio Calabria; il controllo delle istituzioni a cui capo venivano collocate persone di gradimento e facilmente avvicinabili; l’aggiustamento di tutti i processi a carico di appartenenti alla struttura”.
Se questo avveniva in riva allo Stretto alla fine degli anni 70 e per tutti gli anni 80, la situazione era sovrapponibile al resto dell’Italia: la caduta del muro di Berlino e lo sgretolamento della Democrazia Cristiana hanno solo confermato la “rete di potere di Licio Gelli e i suoi duraturi rapporti con le mafie e l’eversione”.
“La congiuntura internazionale – scrive il procuratore Lombardo nella sua requisitoria – non era neanche tale da fare sperare, a Gelli e ai mafiosi, in un placido ritorno al passato. La fine della guerra fredda e del comunismo, non solo depotenziavano il valore politico aggiunto o se si vuole, la rendita politica, rappresentata, per l’appunto, dall’anticomunismo (che sia per Gelli che per le Mafie era stato un utile pretesto per legittimare il loro potere) ma prefiguravano equilibri politici diversi e, in particolare (come poi in effetti è successo) il superamento della cosiddetta ‘democrazia bloccata’ che aveva caratterizzato fino a quel momento la storia repubblicana”.
In altre parole, “il prevedibile (e, poi, realizzatosi) sfarinamento di quelle forze politiche, il contestuale manifestarsi al loro interno di forze antimafia e di forze che si erano opposte all’influenza di poteri extra-ordinem, per due poteri reali ed effettivi (quali quelli incarnati da Gelli, e quindi dalle massonerie deviate e dai pezzi di istituzioni che gli erano rimasti vicini, e dalle mafie) rendeva vieppiù necessario dare una ulteriore spallata al sistema e contribuire alla creazione di una nuova rappresentanza politica con cui interloquire. E se queste sono le ragioni della convergenza d’interessi fra Gelli, il suo sistema di potere e le mafie, fatti concreti ed emergenze investigative, consentono di affermare che il collante, il regista (almeno in una fase iniziale) del leghismo meridionale, colui che fu capace di mettere insieme tutte le eterogenee componenti di tale movimento e, quindi, anche, colui che fu capace di cogliere il momento di frizione e rottura fra le mafie e la vecchia classe politica agevolando l’adesione di queste ultime al progetto “federalista”, fu proprio Licio Gelli”.

venerdì 13 gennaio 2017

Occhionero, Occhio-Piramide, Occhio a Ravasi. Ma è ancora presto. - Maurizio Blondet

occhionero

Mi hanno telefonato in cento: il mio parere sui fratelli spioni Occhionero, che hanno infiltrato le mail di Mario Draghi, Ravasi, Monti, massoni sciolti e a pacchetti. Cosa ne penso. Cosa volete ne pensi. E’ troppo presto per capire i media riempiono il vuoto con fuffa e polvere negli occhi, interviste a  Genchi e altri depassés,   il consueto rumore di fondo utilissimo.
Io dico: aspettiamo. La sola cosa che sembra certa è che i due Occhionero sono: amici dell’ambasciatore  Usa a Roma. Residenti a Londra. Interni a potenti ditte finanziarie della City.  Con aiuti tecnici e politici in Usa per la loro impresa di hackeraggio.  La moglie, cittadina americana. Il fratello Occhionero, oltre che gran maestro della loggia romana, è anche introdotto nella gran loggia dell’illinois.
 pensieo
LOGGIA ILLINOIS
“E’ stato beccato grazie alla collaborazione dell’Fbi con la polizia italiana, ma NON delle altre agenzie americane”, mi dice il noto amico di Washington: “il repulisti dell’intelligence Usa”! (voluto da Trump e dal suo quartier  generale)  “ha raggiunto l’Italia?”. Si noti il punto di domanda.   E’ troppo presto per farne a meno.
Ricordiamo solo che una parte dell’Fbi ha forzato il suo direttore, Comey, ad aprire controvoglia le indagini sulla Clinton in piena campagna elettorale (Comey poi le ha subito chiuse: lì si arrivava al Pizzagate attraverso il computer del marito sessuomane di Huma Abedin). E’ quell’ FBI che oggi apre agli  inquirenti italiani i servi dell’occhio della piramide? Sembra ragionevole.
A me personalmente interesserebbe molto vedere le liste che  ing. Occhionero  ha stilato, in ordine  alle caratteristiche dei  personaggi: “politici”,  “cardinali”, “massoni”…  Per esempio monsignor Ravasi è catalogato come massone? E Monti? E  Draghi?
Ma soprattutto Ravasi. Forse si ricorderà che pubblicò su 24 Ore, il 14 febbraio 2016, un inatteso invito ai “cari  fratelli massoni”  a cui la nuova Chiesa di Bergoglio, dopo 500 condanne in due secoli, allarga le braccia  tutte misericordia.    Il papa che è stato salutato ufficialmente dal Grande  Oriente  a poche ore dalla sua elezione, come quello  sotto il quale “la Chiesa non sarebbe  più stata come prima”.  Il papa  che, quando atterra in qualche paese estero, la massoneria locale gli fa trovare manifesti di benvenuto.  Il  Papa che pochi giorni fa  ha di nuovo  invocato   (come l’ha già fatto in Laudato Si)  “una autorità politica mondiale” nuova, “per ridurre l’inquinamento”,  munita di una banca centrale globale emettitrice di  una moneta unica, “per la salvezza dell’umanità”   e “lo sviluppo”.  Il Papa che  ha compassione per l’ambiente e nessuna per  i Francescani dell’immacolata…
Secondo una vocina interna al Vaticano, sarebbe Ravasi, in realtà, il grande promotore degli  eventi che portarono alle dimissioni di Benedetto XVI. La sua appartenenza alla lista Massoneria sarebbe di notevole significato.
Lo sapremo presto? Lo sapremo mai?

giovedì 17 dicembre 2015

PIANO DI RINASCITA DEMOCRATICA.



PREMESSA 

1) L'aggettivo democratico sta a significare che sono esclusi dal presente piano ogni movente od intenzione anche occulta di rovesciamento del sistema.

2) Il piano tende invece a rivitalizzare il sistema attraverso la sollecitazione di tutti gli istituti che la Costituzione prevede e disciplina, dagli organi dello Stato ai partiti politici, alla stampa, ai sindacati, ai cittadini elettori. 

3) Il piano si articola in una sommaria indicazione di obiettivi, nella elaborazione di procedimenti - anche alternativi - di attuazione ed infine nell'elencazione di programmi a breve, medio e lungo termine. 

4) Va anche rilevato, per chiarezza, che i programmi a medio e lungo termine prevedono alcuni ritocchi alla Costituzione - successivi al restauro delle istituzioni fondamentali. 

OBIETTIVI 

1) Nell'ordine vanno indicati: 

a) i partiti politici democratici, dal PSI al PRI, dal PSDI alla DC al PLI (con riserva di verificare la Destra Nazionale) 

b) la stampa, escludendo ogni operazione editoriale, che va sollecitata al livello di giornalisti attraverso una selezione che tocchi soprattutto: Corriere della Sera, Giorno, Giornale, Stampa, Resto del Carlino, Messaggero, Tempo, Roma, Mattino, Gazzetta del Mezzogiorno, Giornale di Sicilia per i quotidiani; e per i periodici: Europeo, Espresso, Panorama, Epoca, Oggi, Gente, Famiglia Cristiana. La RAI-TV va dimenticata; 

c) i sindacati, sia confederali CISL e UIL, sia autonomi, nella ricerca di un punto di leva per ricondurli alla loro naturale funzione anche al prezzo di una scissione e successiva costituzione di una libera associazione dei lavoratori; 

d) il Governo, che va ristrutturato nella organizzazione ministeriale e nella qualità degli uomini da preporre ai singoli dicasteri; 

e) la magistratura, che deve essere ricondotta alla funzione di garante della corretta e scrupolosa applicazione delle leggi; 

f) il Parlamento, la cui efficienza è subordinata al successo dell'operazione sui partiti politici, la stampa e i sindacati. 

2) Partiti politici, stampa e sindacati costituiscono oggetto di sollecitazioni possibili sul piano della manovra di tipo economico-finanziario. La disponibilità di cifre non superiori a 30 o 40 miliardi sembra sufficiente a permettere ad uomini di buona fede e ben selezionati di conquistare le posizioni chiave necessarie al loro controllo. Governo, Magistratura e Parlamento rappresentano invece obiettivi successivi, accedibili soltanto dopo il buon esito della prima operazione, anche se le due fasi sono necessariamente destinate a subire intersezioni e interferenze reciproche, come si vedrà in dettaglio in sede di elaborazione dei procedimenti 

3) Primario obiettivo e indispensabile presupposto dell'operazione è la costituzione di un club (di natura rotariana per l'eterogeneità dei componenti) ove siano rappresentati, ai migliori livelli, operatori, imprenditoriali e finanziari, esponenti delle professioni liberali, pubblici amministratori e magistrati nonché pochissimi e selezionati uomini politici, che non superi il numero di 30 o 40 unità. Gli uomini che ne fanno parte debbono essere omogenei per modo di sentire, disinteresse, onestà e rigore morale, tali cioè da costituire un vero e proprio comitato di garanti rispetto ai politici che si assumeranno l'onere dell'attuazione del piano e nei confronti delle forze amiche nazionali e straniere che lo vorranno appoggiare. Importante è stabilire subito un collegamento valido con la massoneria internazionale. 

Continua qui:

http://www.ilfattoquotidiano.it/wp-content/uploads/2010/07/Il-Piano-di-rinascita-democratica-della-P2-commentato-da-Marco-Travaglio.pdf

venerdì 30 gennaio 2015

Le dimissioni di Napolitano. - Ida Magli




Nella Costituzione italiana è previsto il reato di tradimento, ma nella lunga storia della Repubblica non è mai stato invocato contro nessuno. Cosa dovrà mai dunque fare un politico per essere accusato di tradimento? 
Giorgio Napolitano ha sicuramente tradito la Costituzione e le leggi che reggono la democrazia in Italia costringendoci a vivere nell’illegittimità del colpo di stato compiuto chiamando Mario Monti a governare senza la crisi e le dimissioni del governo in carica, continuando fino ad oggi a non indire mai le elezioni, mantenendo in vita un parlamento dichiarato illegittimo dalla Consulta in quanto dichiarata illegittima la legge elettorale con la quale è stato eletto. Tutte le istituzioni attuali sono pertanto illegittime, tutte le cosiddette “riforme” decise da Renzi con il consenso di un Parlamento illegittimo e firmate dall’altrettanto illegittimo Presidente della Repubblica non sono valide e la democrazia non esiste più, come dimostrato anche dal fatto che i partiti di opposizione pur di sopravvivere nelle loro cariche consentono quasi a tutto, oppure si oppongono quando sanno che comunque la loro opposizione non metterà in crisi il governo.

Giorgio Napolitano ha inoltre tradito la Costituzione nel momento in cui, cedendo alla richiesta-ricatto di Mario Monti di essere in ogni caso garantito nella politica italiana venendo a governarla, lo ha contestualmente nominato senatore a vita, lasciando esterrefatti gli italiani che non lo conoscevano affatto. Eppure la Costituzione precisa che tale carica deve essere motivata da una ricca produzione letteraria, artistica, scientifica che abbia dato lustro all’Italia. Visto che Mario Monti non ha mai prodotto nulla e che perfino nel mondo bruxellese dove i Massoni e Bilderberghiani come lui nuotano benissimo, non ha combinato niente di buono tanto da essere costretto a dimettersi con due anni di anticipo dalla Commissione europea “per l’accertata responsabilità collegiale nei casi di frode, cattiva gestione e nepotismo”, è evidente che Napolitano ha esercitato il suo potere contro la Costituzione e che la nomina di Mario Monti non è valida.

Ho citato Massoni e Bilderberghiani: Napolitano ne fa parte e il suo nome si trova in tutti i libri che si occupano di questo argomento, così come ci si trova quello di Ciampi, di Monti, di Letta, di Draghi, di Amato, di Prodi, di Bini-Smaghi, di Padoan e così via (di Renzi i cataloghi della massoneria affermano  che non è ancora un iniziato perché attende l’opportunità di diventarlo in una Loggia importante). Bisogna aggiungere poi il legame fraterno con i numerosi e importantissimi Massoni presenti in Vaticano, i quali naturalmente hanno enormi possibilità per influire sulle nomine fondamentali ovunque. Questo è dunque il vero problema di una finta democrazia: gli esponenti di un’associazione, comunque essa si chiami, sono collegati fra loro sostenendosi nell’occupare le cariche politiche ed economiche più importanti, e mentre se un politico procede in questo modo con i suoi parenti ed amici, questo comportamento viene considerato un abuso e un illecito, il legame fra Massoni sfugge ad ogni critica. Il fatto che la massoneria non sia più segreta, non ha cambiato in nulla la strategia di potere che essi perseguono e che hanno brillantemente messo in atto con la costruzione dell’Unione europea e della Banca centrale. Bruxelles è un loro fortino così come sono esclusivamente loro gli azionisti della Banca centrale; l’unione europea è stata fatta appositamente: per impadronirsi della sovranità sugli Stati, dell’economia e dei redditi europei.

Il giorno per l’elezione del nuovo Presidente è stato fissato immediatamente, e con elettori illegittimi. Nessuno si oppone? Il Presidente del Senato è un magistrato: non sente il bisogno di essere lui, nella sua attuale qualità di Presidente della Repubblica, a porre fine per prima cosa all’illegalità, indicendo immediatamente le elezioni (secondo il sempre valido Mattarellum) e restituendo agli italiani la dignità di un paese civile?
Ida Magli
14 gennaio 2015     

(per chi volesse saperne di più: Brunelli, Francesco: principi e Metodi di Massoneria operativa, Bastogi, Foggia, 2004; Epiphanius: Massoneria e sette segrete, Contro Corrente ed. Napoli, 2002; Magli Ida: La Dittatura europea, Bur, Milano 2010; Galeazzi, Giacomo- Pinotti, Ferruccio: Vaticano massone, Piemme, Milano, 2013; Magaldi, Joele – Maragnani, Laura: Massoni, La scoperta delle Url-Lodges, Chiare Lettere, 2014


http://www.italianiliberi.it/edito15/le-dimissioni-di-napolitano.html

mercoledì 19 novembre 2014

Massoneria, libro shock del gran maestro Magaldi: “Ecco i potenti nelle logge”. - Gianni Barbacetto e Fabrizio DEsposito

Massoneria, libro shock del gran maestro Magaldi: “Ecco i potenti nelle logge”

Centinaia di nomi, tra cui Napolitano, Obama, Draghi, Bin Laden e Papa Giovanni XXIII. Tutti "fratelli" secondo l'autore del volume presentato domani a Roma. Che però dice: "Le prove le esibiscono soltanto se me le chiede il giudice".


Esistono i massoni e i supermassoni, le logge e le superlogge.
Gioele Magaldi, quarantenne libero muratore di matrice progressista, ha consegnato all’editore Chiarelettere (che figura tra gli azionisti di questo giornale) un manoscritto sconcertante e che sarà presentato domani sera alle 21 a Roma, a Fandango Incontro. 
Il libro, anticipato ieri dal sito affaritaliani.it, è intitolato: "Massoni società a responsabilità illimitata", ma è nel sottotitolo la chiave di tutto: "La scoperta delle Ur-Lodges"

Magaldi, che anni fa ha fondato in Italia il Grande Oriente Democratico, in polemica con il Grande Oriente d’Italia, la più grande obbedienza massonica del nostro Paese, in 656 pagine apre ai profani un mondo segreto e invisibile: tutto quello che accade di importante e decisivo nel potere è da ricondurre a una cupola di superlogge sovranazionali, le Ur-Lodges, appunto, che vantano l’affiliazione di presidenti, banchieri, industriali
Non sfugge nessuno a questi cenacoli. 
Le Ur-Lodges citate sono 36 e si dividono tra progressiste e conservatrici e da loro dipendono le associazioni paramassoniche tipo la Trilateral Commission o il Bilderberg Group. Altra cosa infine sono le varie gran logge nazionali, ma queste nel racconto del libro occupano un ruolo marginalissimo. Tranne in un caso, quello della P2 del Venerabile Licio Gelli.

I documenti che mancano sono a Londra, Parigi e New York. 
Prima però di addentrarci nelle rivelazioni clamorose di Massoni è d’obbligo precisare, come fa Laura Maragnani, giornalista di Panorama che ha collaborato con Magaldi e ha scritto una lunga prefazione, che l’autore non inserisce alcuna prova o documento a sostegno del suo libro, frutto di un lavoro durato quattro anni, nei quali ha consultato gli archivi di varie Ur-Lodges. 
Tuttavia, come scrive l’editore nella nota iniziale, in caso di “contestazioni” Magaldi si impegna a rendere pubblici gli atti segreti depositati in studi legali a Londra, Parigi e New York
Detto questo, andiamo al dunque non senza aver specificato che tra le superlogge progressiste la più antica e prestigiosa è la Thomas Paine (cui è stato iniziato lo stesso Magaldi) mentre tra le neoaristocratiche e oligarchiche, vero fulcro del volume, si segnalano la Edmund Burke, la Compass Star-Rose, la Leviathan, la Three Eyes, laWhite Eagle, la Hathor Pentalpha.
Tutto il potere del mondo sarebbe contenuto in queste Ur-Lodges e finanche i vertici della fu Unione Sovietica, a partire da Lenin per terminare a Breznev, sarebbero stati superfratelli di una loggia conservatrice, la Joseph de Maistre, creata in Svizzera proprio da Lenin. Può sembrare una contraddizione, un paradosso, ma nella commedia delle apparenze e dei doppi e tripli giochi dei grembiulini può finire che il più grande rivoluzionario comunista della storia fondi un cenacolo in onore di un caposaldo del pensiero reazionario. In questo filone, secondo Magaldi, s’inserisce pure l’iniziazione alla Three Eyes, a lungo la più potente Ur-Lodges conservatrice, di Giorgio Napolitano, attuale presidente della Repubblica e per mezzo secolo esponente di punta della destra del Pci: “Tale affiliazione avvenne nello stesso anno il 1978, nel quale divenne apprendista muratore Silvio Berlusconi. E mentre Berlusconi venne iniziato a Roma in seno alla P2 guidata da Licio Gelli nel gennaio, Napolitano fu cooptato dalla prestigiosa Ur-Lodge sovranazionale denominata Three Architects o Three Eyes appunto nell’aprile del 1978, nel corso del suo primo viaggio negliStati Uniti”.

Altri affiliati: 
Papa Giovanni XXIII, Bin Laden e l’Isis, Martin Luther King e i Kennedy

C’è da aggiungere, dettaglio fondamentale, che nel libro di Magaldi la P2 gelliana è figlia dei progetti della stessa Three Eyes, quando dopo il ‘68 e il doppio assassinio di Martin Luther King Robert Kennedy, le superlogge conservatrici vanno all’attacco con una strategia universale di destabilizzazione per favorire svolte autoritarie e un controllo più generale delle democrazie. “Il vero potere è massone”. E descritto nelle pagine di Magaldi spaventa e fa rizzare i capelli in testa. 
Dal fascismo al nazismo, dai colonnelli in Grecia alla tecnocrazia dell’Ue, tutto sarebbe venuto fuori dagli esperimenti di questi superlaboratori massonici, persino Giovanni XXIII (“il primo papa massone”), Osama bin Laden e il più recente fenomeno dell’Isis
In Italia, se abbiamo evitato tre colpi di Stato avallati da Kissinger lo dobbiamo a Schlesinger jr., massone progressista.

L’elenco di tutti gli italiani attuali spiccano D’Alema, Passera e PadoanIl capitolo finale è un colloquio tra Magaldi e altri confratelli collaboratori con quattro supermassoni delle Ur-Lodges. Racconta uno di loro, a proposito del patto unitario tra grembiulini per la globalizzazione: “Ma per far inghiottire simili riforme idiote e antipopolari alla cittadinanza, la devi spaventare come si fa con i bambini. Altrimenti gli italiani, se non fossero stati dei bambinoni deficienti, non avrebbero accolto con le fanfare i tre commissari dissimulati che abbiamo inviato loro in successione: il fratello Mario Monti, il parafratello Enrico Letta, l’aspirante fratello Matteo Renzi. Per non parlare del “venerabilissimo” Mario Draghi, governatore della Bce, affiliato a ben cinque superlogge. 
Ecco l’elenco degli italiani nelle Ur-Lodges: 
Mario Draghi, Giorgio Napolitano, Mario Monti, Fabrizio Saccomanni, Pier Carlo Padoan, Massimo D’Alema, Gianfelice Rocca, Domenico Siniscalco, Giuseppe Recchi, Marta Dassù,Corrado Passera, Ignazio Visco, Enrico Tommaso Cucchiani, Alfredo Ambrosetti, Carlo Secchi, Emma Marcegaglia, Matteo Arpe, Vittorio Grilli, Giampaolo Di Paola, Federica Guidi
Berlusconi, invece, avrebbe creato una Ur-Lodge personale, la Loggia del Drago. Bisognerà aspettare le “contestazioni”, per vedere le carte di Magaldi.

domenica 26 ottobre 2014

Falange Armata, romanzo criminale dal delitto Mormile alla Uno bianca. - Giuseppe Pipitone

Falange Armata, romanzo criminale<br>dal delitto Mormile alla Uno bianca

La prima puntata dell’inchiesta sulla sigla oscura che per un lustro rivendica ogni singolo atto criminale della strategia stragista: dai delitti della Banda della Uno Bianca, fino agli eccidi di Cosa Nostra.

Questa è una storia di omicidi e stragi, di patti tra pezzi dello Stato e associazioni criminali, di boss di Cosa Nostra che imbucano lettere per rivendicare i loro delitti, di presidenti del consiglio che rivelano in Parlamento l’esistenza di organizzazioni militari clandestine. Una storia che lascia traccia di sé nei comunicati inviati ai giornali, nelle voci metalliche che telefonano alle agenzie di stampa, nelle rivendicazioni di delitti che partono dal profondo nord, si fermano in Emilia Romagna, dove imperversa la banda della Uno Bianca, e sbarcano in Sicilia seguendo la scia di sangue tracciata dagli eccidi targati Cosa Nostra. Una linea della palma al contrario, che semina terrore, panico e confusione, e che alla fine ha sempre la stessa sigla: Falange Armata. Due parole che suonano minacciose, che strizzano l’occhio all’estremismo della destra eversiva – la Falange era il partito fondato in Spagna negli anni ’30 dal militare José Primo de Rivera – e che presto rimangono impresse nella memoria di chi inizia a leggerle sui giornali. Perché quelle due parole, Falange Armata, sui quotidiani e sui tg ci finiscono sempre più spesso, ogni volta che su e giù per lo stivale mitra e tritolo vengono azionate seminando morte. Chi ci sia dietro quella firma di terrore che per un lustro rivendica ogni singolo atto criminale della strategia stragista è un mistero, come un mistero rimane ancora oggi cosa sia nel dettaglio la Falange Armata. Perché la sigla oscura torna alla ribalta nell’ottobre 2013: una lettera spedita nel carcere milanese di Opera al capomafia Totò Riina con l’invito a “chiudere la bocca” per il boss corleonese. Un messaggio inquietante dato che in quei mesi il capo dei capi viene intercettato dalla Dia di Palermo mentre si lascia andare a rivelazioni inedite con il compagno d’ora d’aria Alberto Lorusso. Stralci di quelle conversazioni finiranno sui giornali soltanto alcune settimane dopo: gli estensori di quella missiva come fanno quindi a sapere che Riina viene ascoltato in carcere dai pm palermitani? Un interrogativo ancora oggi al vaglio degli inquirenti, particolarmente colpiti dal fatto che la Falange sia tornata a farsi sentire dopo vent’anni esatti di silenzio.
Gli esordi del terrore: da Mormile, alla Uno Bianca 
Indicata all’inizio come un’organizzazione terroristica creata per destabilizzare il Paese, la Falange esordisce quando mette la firma sull’esecuzione di Umberto Mormile, educatore nel carcere milanese di Opera, ucciso a colpi di pistola l’11 ottobre del 1990, da un commando in motocicletta, mentre sta andando a lavoro con la sua automobile. Per quell’omicidio sarà poi condannato il boss della ‘Ndrangheta Domenico Papalia, all’epoca recluso a Opera, deluso dal fatto che Mormile, dopo aver intascato denaro, lo avesse abbandonato senza procurargli i benefici carcerari promessi. Un nome, quello di Papalia, che ricomparirà più volte tra i rivoli di mistero dei primi anni ’90: a citarlo è il boss mafioso Nino Gioè, nella lettera lasciata in carcere prima che i secondini lo trovassero morto nella sua cella cella; diranno poi che si trattò di suicidio, mentre ancora oggi sono molti i punti di domanda che si annidano sulla fine del boss di Altofonte. Oltre alla lettera di Gioè, Papalia compare anche in un’informativa della Dia nel 1994, dove è indicato tra gli ‘ndranghetisti che a Milano erano in contatto con ambienti legati alla Massoneria, forse con Licio Gelli in persona. Papalia, però, non è l’unico personaggio interessante coinvolto nell’esecuzione di Mormile. Secondo le prime piste investigative imboccate all’epoca, un ruolo nell’esecuzione dell’educatore carcerario lo gioca Angelo Antonio Pelle, lo ‘ndranghetista che nel 2004 finirà nella lista allegata al Protocollo Farfalla: d’accordo con il Dipartimento d’amministrazione penitenziaria, il Sisde allora guidato daMario Mori metterà a libro paga a otto boss detenuti, che diventeranno confidenti dei servizi in cambio di denaro. Corsi e ricorsi di una storia che nell’aprile del 1990 deve ancora cominciare.
L’atto primo va in scena precisamente il 27 ottobre 1990 quando al centralino dell’Ansa di Bologna arriva una strana telefonata che rivendica l’assassinio di Mormile, ammazzato ormai sei mesi prima: “Il terrorismo non è morto, ci conoscerete in seguito” dice al telefono una voce, che sembra voler tradire appositamente un accento tedesco. In coda alla comunicazione c’è la firma letta al telefonista: Falange Armata Carceraria. Quella prima rivendicazione è importante per due motivi: l’estensione nella sigla, quel “Carceraria”, utilizzata per prendersi la responsabilità dell’assassinio proprio di un educatore di detenuti, che poi sparirà presto dalle rivendicazioni di morte dei falangisti; il dato più rilevante però è il tempo: tra l’omicidio Mormile e la telefonata all’Ansa, passano ben sei mesi. In quei giorni, l’opinione pubblica italiana è in fibrillazione perché il 24 ottobre l’allora presidente del Consiglio Giulio Andreotti interviene alla Camera dei Deputati, rivelando l’esistenza di Gladio, l’evoluzione di Stay Behind, l’organizzazione militare segreta costituita in ottemperanza al Patto Atlantico. Andreotti alla Camera definirà Gladio come “un’organizzazione di informazione, risposta e salvaguardia”. Passano 72 ore e sulla scena italiana compare la Falange, rivendicando un fatto di sangue accaduto parecchi mesi prima. Complice il caos mediatico suscitato dalle ammissioni di Andreotti, però, quella prima telefonata dei falangisti. non lascia particolare segno.
Risonanza maggiore avranno le rivendicazioni successive dei falangisti, che dopo qualche mese si spostano un po’ più a sud, sulla via Emilia, dove dalla fine degli anni ’80 la Banda della Uno Bianca semina terrore e morte a buon mercato. Il 4 gennaio del 1991, la banda guidata dai fratelli Savi massacra tre carabinieri di pattuglia al quartiere Pilastro a Bologna; 24 ore dopo, questa volta puntualissima come se il sistema fosse ormai rodato, arriva la rivendicazione della Falange, che come sempre conclude i suoi comunicati con quel leit motiv inquietante :“Il terrorismo non è morto, ci conoscerete in seguito”. In seguito, però, arriverà solo una perizia della balistica che indicherà come una delle pistole utilizzate dalla Banda della Uno Bianca nella strage del Pilastro sia la stessa che ha messo fine alla vita di Mormile un anno prima: una connessione che rimarrà soltanto agli atti, dato i due omicidi non sono mai stati messi in relazione. E in comune hanno soltanto quella voce metallica, che tenta di depistare le indagini, di confondere i mass media e seminare terrore. Poi, dopo il Pilastro la Falange scompare: o meglio, scende ancora più a sud, in Sicilia.

Prima puntata – Continua