Francesca Cannizzo, trasferita a novembre 2015, era già finita nell'inchiesta coordinata dai procuratori aggiunti di Caltanissetta a causa di un fortissimo legame che la lega alla zarina delle misure di prevenzione, al centro di un cerchio magico fatto di favori, prebende e raccomandazioni all'ombra dei beni sequestrati a Cosa nostra.
Nell’inchiesta sulla gestione dei beni sequestrati a Cosa nostra c’è un altro autorevole indagato. L’ex prefetto di Palermo, Francesca Cannizzo, è infatti sospettata di corruzione e concussione in concorso con Silvana Saguto, l’ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale del capoluogo siciliano, figura principale dell’inchiesta della Procura di Caltanissetta. Cannizzo ha occupato la poltrona più alta della prefettura di Palermo fino al novembre del 2015, quando il ministero dell’Interno aveva provveduto a trasferirla, sostituendola poi con Antonella De Miro. Già prima della formale iscrizione nel registro degli indagati, infatti, il nome dell’ex prefetto era già finito nell’inchiesta coordinata dai procuratori aggiunti di Caltanissetta Lia Sava e Gabriele Paci.
Colpa di un fortissimo legame che lega Cannizzo alla Saguto, la zarina delle misure di prevenzione, al centro di un cerchio magico fatto di favori, prebende e raccomandazioni all’ombra dei beni sequestrati a Cosa nostra. Non è un caso, infatti, se il magistrato sotto inchiesta arriva a festeggiare il suo sessantesimo compleanno a Villa Pajno, residenza ufficiale prefettizia: merito del rapporto strettissimo che la lega al prefetto. A leggere le intercettazioni disposte dai magistrati nisseni, emerge poi come tra le due donne ci sia stato un continuo scambio di favori. Come quando il ricercatore universitario Carmelo Provenzano chiama la Saguto ringraziandola per la segnalazione del suo nome al prefetto di Palermo “quale potenziale commissario del Cara di Mineo”, annotano le fiamme gialle.
“Ti volevo dire che ieri, davanti a me, ha telefonato quella da Roma per chiedere i dati al prefetto”, dice il magistrato a Provenzano, che subito risponde entusiasta: “Mamma mia se è così, prima di festeggiare, un bacio in bocca ti do guarda. Sei una potenza”. In un altra occasione, invece, è la Saguto che chiama un amministratore giudiziario, per una richiesta ben precisa: “Io ti devo chiedere il favore per il prefetto: di quello là da assumere”. “È un inferno”, è invece la lamentela consegnata alle microspie dalla stessa Cannizzo, turbata per il traffico cittadino che le impedisce una puntatina al mare. “Ce ne possiamo fregare dell’inferno se vieni con me, abbiamo la mia macchina, c’è la preferenziale”, risponderà pronta la Saguto, titolare di un’auto blindata con tanto di lampeggiante, che in almeno un’occasione è stata spedita in lavanderia per ritirare “la casacca del prefetto”.
È per meglio indagare sull’effettivo ruolo di Cannizzo che i pm nisseni hanno chiesto sei mesi di proroga delle indagini. Ma non solo. Gli inquirenti vogliono anche approfondire i rapporti tra l’ex zarina delle misure di prevenzione e l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, asso pigliatutto delle amministrazioni giudiziarie. Il legale, negli anni, ha accumulato decine di incarichi, tutti conferiti dalla sezione misure di prevenzione e retribuiti con compensi milionari. Nello stesso periodo, lo studio legale Cappellano Seminara si è avvalso delle preziosissime consulenze, pagate con cifre a cinque zeri, dell’ingegner Lorenzo Caramma, che – manco a farlo apposta – è il marito della Saguto.