Visualizzazione post con etichetta processo Mediaset. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta processo Mediaset. Mostra tutti i post

venerdì 30 agosto 2013

Condanna Berlusconi, ecco le prove documentali e le testimonianze.

Cassazione Mediaset


Il Pdl grida al teorema e attacca le toghe; ma nelle motivazioni ci sono tra le altre prove l'email che svelò lo "shell game", la lettera confessione di Agrama e le dichiarazioni di molti testimoni che hanno permesso ai magistrati di primo e secondo grado di condannare e ai giudici di legittimità di confermare.

“Una sentenza allucinante basata sul nulla” sostiene Silvio Berlusconi trascinando nella sua indignazione per la “democrazia ferita” il coro dei fedelissimi del Pdl. Tutti a puntare il dito contro i giudici che sarebbero entrati nel merito invece che decidere soltanto sulla legittimità e che avrebbero costruito il solito “teorema” . 

Ma i giudici della Cassazione, Amedeo Franco Claudio D’Isa Ercole Aprile Giuseppe De Marzo e il presidente Antonio Esposito, ancora prima di ricostruire la vicenda e nelle prime 84 delle 208 pagine delle motivazioni, rigettano uno per uno i motivi d’appello delle difese degli imputati ritenendoli per lo più “manifestamente infondati” e solo dopo averli analizzati alla luce della giurisprudenza di legittimità. Quindi i giudici, riprendendo le motivazioni di primo e secondo grado considerate logiche e privi di vizi, riportano in alcuni casi integralmente i verbali di testimoni e le prove documentali acquisite nei due gradi precedenti. E così che i giudici hanno potuto superare il ragionevole dubbio e hanno avuto la certezza che il leader del Pdl, l’ex presidente del Consiglio fu  “ideatore”, “dominus” e “beneficiario” del sistema che ha permesso una frode da 17,5 miliardi di lire nel 2000; 6,6 milioni di euro nel 2001; 4,9 nel 2002 e 2.9 nel 2003.
L’email che svelò lo “shell game” per evadere le tasse. Tra le prove documentali c’è l’email interna del 12 dicembre 1994 del contabile (Douglas Schwalbe) al presidente della distribuzione internazionale della Fox (Mark Kaner) che – facendo riferimento ad un colloquio avuto con l’addetto all’ufficio acquisti prima di Rete Italia e poi di Mediaset, tale Pugnetti – descrive il meccanismo delle società facenti capo a Berlusconi: “Mi sono incontrato con Guido Pugnetti venerdì, lui mi ha spiegato che Carlo Bernasconi (uomo di fiducia di Berlusconi, dirigente che gestiva i diritti, ndr) stava ancora pensando a cosa fare per i contratti della Fox che avrebbe voluto in contrarsi con noi a Los Angeles la settimana prima del NATPE. Gli ho detto che andava bene. Quando gli ho fatto pressioni per il milione di dollari che mi doveva da 90 giorni mi ha spiegato quanto segue con la speranza che il tutto rimanesse tra me e lui. In due parole l’impero di Berlusconi funziona come un elaborato “shell game“. “E’ un gioco che consiste nel prendere tre gusci di noci vuoti e nascondere sotto uno di essi il nocciolo di una ciliegia. Chi gioca deve indovinare dove il nocciolo è stato nascosto”- con la finalità di evadere le tasse italiane“. La Principal, con sede a Lugano, compra licenze dei prodotti dagli Studios e successivamente li vende a Reteitalia. Se la Principal compra Mrs Doubtfire per 2 milioni di dollari, poi Canale 5 potrebbe acquistare la licenza per questo film (per fare un esempio) per 3 milioni di dollari. Questi 3 milioni di dollari in realtà rappresentano le vendite di Publitalia agli inserzionisti pubblicitari ed è essenzialmente un trasferimento perché non si vuole che Reteitalia faccia utili (o faccia figurare utili). I profitti vengono tenuti in Svizzera (come sappiamo le banche svizzere proteggono la privacy dei loro clienti). “La Principal poi ci paga con il ricavato degli spazi pubblicitari venduti da Publitalia. Tutto ciò funziona bene fino a che gli inserzionisti continuano a pagare Publitalia. Questo al momento non sta accadendo, perciò non ci sono soldi che vanno a Principal attraverso Reteitalia. In questo senso Daniele (Lorenzano, ndr) e Guido sono solo intermediari: Guido per esempio non ha idea di quanti soldi ci siano nella Principal e se loro sono realmente in grado di pagare o se stanno trattenendo il danaro. A rendere le cose peggiori al momento è arrivato il decreto del Governo italiano che dice che Berlusconi stesso deve disfarsi delle sue finanziarie e rendere pubblica la sua società. Stanno pianificando un ‘offerta pubblica per una società chiamata “BIG TV’ che includerebbe solamente le società televisive di Berlusconi (sono esclusi quindi la Mondadori ed i supermercati). Come si può capire, quindi, il grande problema è che i beni della società (prodotti di cui possiede le licenze) ed i profitti non sono proprio parte delle reti televisive italiane che sono state ideate per perdere soldi. Le reti televisive sono quindi poco appetibili per gli investitori. Anche se mi rendo conto che nulla di ciò ci è di aiuto penso che ci fornisca delle v informazioni utili. Ti prego di tenere per te queste informazioni visto che mi sono state comunicate in modo confidenziale. Nel frattempo continueremo a fare pressioni per il pagamento ed aspetteremo di parlare con il signor Bernasconi a gennaio, a Los Angeles, infine, senza in realtà dire nulla, Guido ha confermato che dovremmo smettere di concedere licenza per i prodotti di Telecinco fino a che non diventerà chiara la struttura della nuova proprietà visto che tutte le future licenze non saranno in alcun modo collegate alla Principal”. 
La lettera-confessione di Frank Agrama. Un’altra prova documentale è quella che i giudici considerano la lettera-confessione dei Frank Agrama, “socio occulto” di Berlusconi per l’accusa. In una lettera del 29 ottobre 2003, diretta all’avvocato Aldo Bonomo, all’epoca Presidente di Fininvest e ad Alfredo Messina, direttore di Finlnvest, Agrama dichiara di aver lavorato per le società del gruppo fin dal 1976 in qualità di loro rappresentante, precisando che Fininvest non spende un centesimo di più acquistando per il suo tramite e specificando, al riguardo, che i corrispettivi per le concessioni vengono trattati e concordati tra gli incaricati di Fininvest e gli Studios. “Dal 1976 anno in cui ebbe inizio la collaborazione con le Vostre società, ci adoperiamo in qualità di Vostri rappresentanti facilitandovi nell’acquisto di film per tutte le Vostre emittenti (Canale 5, Rete 4 e Italia I in Italia, Telecinco in Spagna e per un certo periodo La Cinq in Francia). Abbiamo sempre collaborato con il Dott. Silvio direttamente e anche con il compianto Sig. Carlo BERNASCONI. Nel corso di precedenti incontri con Voi avevamo richiesto la sottoscrizione di un contratto con il quale le Vostre emittenti si impegnassero ad acquistare da noi programmi per un minimo di USD 40.000.000 l’anno; come noto, le Vostre società acquistano programmi per oltre USO 400.000,000 l’anno. Ci fu promesso che, anche senza un contratto scritto, la Vostra organizzazione avrebbe mantenuto la parola. Adesso però gli attuali responsabili si dicono all’oscuro del nostro rapporto e di quanto è stato da noi reso possibile per Vostro conto e non tengono fede al nostro accordo. La Vostra società non spende un centesimo di più acquistando per nostro tramite: infatti tutti i corrispettivi per le concessioni vengono trattati e concordati tra i Vostri Incaricati e gli Studios … .Di fatto, la nostra funzione nei Vostri confronti è quella di agente negli U.S. A., senza alcun costo aggiuntivo per l’acquirente europeo in quarto i nostri servizi sono retribuiti dagli Studios americani … La Vostra società non sta tenendo fede al nostro accordo infatti nel 2003 il totale dei contratti sottoscritti è stato SOLO di USO 14.000.000, anziché USO 40.000.000. Vorremmo suggerire che l’accordo venga messo per iscritto, esponendo i fatti in modo chiaro, così da non dover costantemente tornare sull’argomento esprimendo rimostranze e spiegando l’accordo, con conseguenti perdite di tempo per i Vostri responsabili”. 
Ci sono poi le testimonianze come tutti i personaggi chiave  - Bernasconi Lorenzano e Agrama – fossero in diretto contatto con Berlusconi e che dimostrano che il leader del Pdl non è stato condannato perché non poteva non sapere ma perché era “dominus” di tutto il meccanismo, anche dopo la sua discesa in campo: Franco Tatò (amministratore delegato Fininvest 1993-1994), Silvia Cavanna (addetta alla gestione contratti),  Gordon Bruce (presidente distribuzione internazionale della Paramount), William Saunders della Fox. Alcune tra le tante. 
Ecco cosa racconta Tatò che ai giudici spiega di aver avuto una conoscenza solo indiretta dell’area diritti, pur trattandosi di un’area molto rilevante in quanto la responsabilità era di Bernasconi. Un’area quasi imprenetrabile anche per lui che aveva una posizione di vertice: “… Ognuno dei vertici delle operative aveva un rapporto diretto con Berlusconi il quale, in definitiva, aveva l’ultima parola su tutte le questioni di certa rilevanza. Non c’era la presenza fisica del dr. Berlusconi, era diventata una cosa occasionale, non era più una cosa regolare… ma si sapeva era raggiungibile tutti i giorni ad Arcore”. 
Silvia Cavanna aveva spiegato che Bernasconi “rispondeva solo a Berlusconi, a cui riferiva andando in via Rovani, a Milano, o ad Arcore. Ed era quando tornava da tali riunioni che le diceva” di caricare i prezzi. Anche dopo la quotazione in Borsa di Mediaset, nel 1996, Bernasconi si occupava dei diritti e continuava ad andare dal Cavaliere. Nei primi anni ’90 Berlusconi trattava personalmente con gli uomini delle Majors e“Lorenzano era sempre al suo fianco…. era più l’uomo da assalto che andava a trattare … Bernasconi era più sulle condizioni di pagamento .. sulla parte amministrativa ma di dilazione di pagamenti “. E “quando Lorenzano in Italia” rientrava “veniva in ufficio e poi andava ad Arcore, sempre”. E a dimostrazione che i prezzi venivano gonfiati la Cavanna dichiara che i diritti che venivano da Agrama “erano il doppio, ci venivano fatturati al doppio delle altre società, dei costi che venivano fatturati dalle altre società”. 
Gordon Bruce ricorda perfettamente il ruolo del Cavaliere nella negoziazione e di quanto fosse vicino ad Agrama: ”Negoziavo i prezzi indifferentemente con il signor Lorenzano o con il signor Agrama, Quest’ultimo, prima di accettare, ne parlava sempre con il signor Berlusconi. Non so se il Sig Lorenzano consultava il signor Berlusconi prima di accettare però era lui a dire se gradiva o no il package”. Del produttore socio occulto aveva spiegato: “Ha sempre detto che era il suo migliore amico, che poteva chiamarlo senza problemi. Ha detto che aveva chiamato il signor Berlusconi per congratularsi con lui quando fu nominato Presidente del Consiglio… Preciso che il signor Agrama ci diceva che continuava a riferire al signor Silvio Berlusconi sulle negoziazioni per l’acquisto dei film anche dopo la sua nomina alla Presidenza del Consiglio… Diceva che il Sig. Silvio Berlusconi era impegnato per giustificare il suo ritardo nel fornirci una risposta nell’ambito di queste negoziazioni”. 
William Saunders aveva raccontato anche il suo incontro con Berlusconi in persona: ”È al MIP di Cannes (uno dei mercati più importanti, ndr) che ho incontrato il sig. Berlusconi. Voleva comprare dei film, serie … il sig. Berlusconi voleva soprattutto fare concorrenza alla RAI ed era quindi un acquirente molto ‘aggressivo’”.  Il dirigente Fox aveva spiegato che era il Cavaliere a negoziare, che poi era subentrato Bernasconi (“Per me era il braccio destro del sig. Berlusconi”) e infine Lorenzano “… un compratore per conto di Berlusconi Silvio. Ho trattato con Lorenzano però è un’altra persona che ha firmato i contratti per conto del sig. Berlusconi … Conosco Alfredo Cuomo (produttore romano deceduto) lavorava per il sig. Berlusconi; si recava a Los Angeles, visionava i prodotti, negoziava con me; tornava da Berlusconi per ottenere approvazione; era quindi molto vicino a Berlusconi”. 

sabato 3 agosto 2013

Sentenza Berlusconi, ecco perché in tanti “esultano”. - Andrea Scanzi

Sento in giro, da tempo, un mantra esilarante: “Berlusconi va sconfitto politicamente, non a livello giudiziario”. Una frase così banale e furbina da aver trovato spazio tanto tra le labbra di Renzi quanto in quelle di De Gregori, grande artista ma politicamente aguzzo come un fagiolo borlotto (il Principe non si adombri per questo. Del resto hanno ammazzato Pablo. Ed è stato Pablo). 
Tali intellettuali, di solito, aggiungono che “non si esulta per le sentenze, occorre avere rispetto di magistratura e condannati”.
Allora, chiariamo: 
1) La legge è legge, a prescindere. Non si tratta di esultare: si tratta di applicarla. Se io evado il fisco, magari tramite un arci-dimostrato “meccanismo fraudolento di evasione”, mi condannano. E se mi condannano non è giustizialismo: è giustizia.
2) Senza amnistie, prescrizioni, depenalizzazioni e quintali di leggi ad personam, Berlusconi sarebbe già stato condannato per falsa testimonianza, corruzione giudiziaria, maxi-tangenti, falso in bilancio, appropriazione indebita, eccetera (le amicizie coi vecchi boss della mafia fingo di dimenticarle. In fondo son buono). 
3) Se uno aspetta che Berlusconi venga sconfitto “politicamente” dal Pd, che peraltro non ne è avversario bensì alleato e portaborse, facciamo notte. 
4) Non ho alcun rispetto per chi da vent’anni paralizza, rincoglionisce e distrugge questo (teoricamente bellissimo) paese. Finiamola con questa melassa subdolamente bipartisan: se io ho davanti un Gasparri, non ci vado poi a cena e “famose du’ spaghi”. Il rispetto si guadagna, non si esige. Che tu sia “compagno” o “avversario”. Io avevo rispetto di Monicelli o Montanelli, per questo non posso averlo per le Biancofiore.
5) Quando un kapò cade (o così sembra: resterà sempre lì e in tanti lo voteranno ancora), non è mai un brutto giorno. E dunque si “festeggia”. O anche solo ci si sente più sollevati. Il politicamente corretto lo lascio ai chierichetti del nulla, tutta gente che mette il silenziatore emozionale a se stessa anche quando ha un orgasmo. 
E dunque, e alfine, e ora più che mai: Vamos.

venerdì 2 agosto 2013

Sentenza Mediaset, Berlusconi condannato a 4 anni. Annullata l’interdizione.



Diventa definitiva la pena per il leader del Pdl, colpevole di frode fiscale, ma la Cassazione rinvia in Corte d'appello a Milano la rideterminazione della pena accessoria. Per il Cavaliere la prospettiva degli arresti domiciliari o dell'affidamento ai servizi sociali per l'anno non coperto da indulto. Bruti Liberati: "Pena subito eseguibile". Ghedini, Coppi e Longo: "Sgomenti, ricorreremo in Europa".


Silvio Berlusconi è condannato in via definitiva a quattro anni di reclusione per frode fiscale nel processo sui diritti Mediaset. Annullata la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, che dovrà essere rideterminata dalla Corte d’appello di Milano. Lo hanno deciso i giudici della sezione feriale della Cassazione dopo sette ore di camera di consiglio. Confermate anche le condanne di tutti i coimputati: Daniele Lorenzano, Gabriella Galetto e Frank Agrama.
E’ la prima volta che Silvio Berlusconi subisce una condanna definitiva e irrevocabile. Dei quattro anni, tre sono coperti da indulto e l’ex premier – che comunque non andrà in carcere perché ultrasettantenne – potrà scontare la pena agli arresti domiciliari o chiedere l’affidamento ai servizi sociali. Prima di qualunque iniziativa, la sentenza deve essere trasmessa alla Procura di Milano, dove è originato il procedimento sulla frode fiscale nella compravendita dei diritti tv. Il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati si è limitato al momento a spiegare che “la pena principale è definitiva ed è eseguibile, si seguiranno i tempi consueti”. La definitività della sentenza fa cadere automaticamente ogni privilegio parlamentare, perciò il Senato non avrà alcune voce in capitolo sulle sorti di Berlusconi.
IL DESTINO DEL CAVALIERE: DOMICILIARI O SERVIZI SOCIALI. Bruti Liberati ha spiegato che, secondo la procedura, una volta arrivata la sentenza il pm dovrà emettere il cosiddetto ordine di esecuzione con contestuale sospensione perché la pena effettiva da scontare è di un anno. Dal momento della notifica dell’atto il Cavaliere, entro il tempo massimo di 30 giorni, potrebbe andare ai domiciliari o chiedere l’affidamento in prova ai servizi sociali. Ma il termine, vista la pausa feriale, decorre dal 16 settembre. La richiesta verrà valutata dal Tribunale di sorveglianza in tempi lunghi. Se non verrà presentata alcuna istanza di misura alternativa, toccherà ad un magistrato di sorveglianza decidere nell’arco di pochi giorni e, in base anche alla legge ‘Svuota-carceri’: la misura per Berlusconi sarebbe comunque quella dei domiciliari.
COPPI E GHEDINI: “SGOMENTI, RICORSO IN EUROPA”. “Non farò l’esule, come fu costretto a fare Craxi. Nè accetterò di essere affidato ai servizi sociali, come un criminale che deve essere rieducato”. Così si leggeva qualche giorno fa in un’intervista di Silvio Berlusconi a Libero, che però fu subito smentita da una nota di Palazzo Grazioli. I legali di Silvio berlusconi attendono qualche ora prima di dire la loro: “La sentenza della Corte di Cassazione nel Processo Diritti non può che lasciare sgomenti” affermano in una nota Franco CoppiNiccolò Ghedini e Piero Longo. “Vi erano solidissime ragioni ed argomenti giuridici per pervenire ad una piena assoluzione del Presidente Berlusconi. Valuteremo e perseguiremo – annunciano – ogni iniziativa utile anche nelle sedi Europee per far si che questa ingiusta sentenza sia radicalmente riformata”. 
INTERDIZIONE, LA MINA DISINNESCATA. L’annullamento con rinvio dei cinque anni di interdizione dai pubblici uffici – come da richiesta del procuratore generale – disinnesca però un problema politico immediato per il Cavaliere, perché per avviare un’eventuale procedura di decadenza da senatore sarà necessario attendere il nuovo verdetto d’appello. La conferma della pena definitiva fa cadere comunque il rischio di prescrizione del reato. “La pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, per Silvio Berlusconi, potrebbe ridursi fino a un anno di interdizione, perché le norme alle quali ha fatto riferimento il dispositivo del verdetto prevedono un’interdizione da un anno a un massimo di tre. La misura dunque la rideterminerà la corte di Milano”, ha affermato l’avvocato Filippo Dinacci, che nel processo Mediaset in Cassazione ha difeso Gabriella Galetto, e che difende l’ex premier in altri procedimenti. 
Il processo d’appello per rideterminare al ribasso i cinque anni di interdizione potrebbe aprirsi già entro la fine dell’anno, ma dipende da quando gli ermellini invieranno le motivazioni del provvedimento di oggi. Dopo di che, non più la seconda ma la terza corte d’Appello di Milano, nel giro di un mese, dovrebbe fissare il nuovo processo che riguarderà dunque solo la durata del periodo dell’interdizione dai pubblici uffici del Cavaliere. Anche in questo caso il verdetto sarà impugnabile di nuovo davanti alla Suprema Corte. 
MA LA LEGGE ANTICORRUZIONE POTREBBE FAR DECADERE BERLUSCONI. Ma sul futuro politico del leader del centrodestra potrebbe pesare anche la nuova legge anticorruzione approvata nel 2012, secondo la quale se interviene una condanna definitiva superiore ai due anni, scatta infatti la procedura per l’incandidabilità del parlamentare. A prescindere dalle pene accessorie. A ricordarlo è il presidente della Giunta per le Elezioni e Immunità del Senato Dario Stefano (Sel). “Appena ci notificheranno la sentenza – spiega il senatore alle agenzie – la Giunta si riunirà e si procederà con le stesse modalità già avviate per l’ineleggibilità. Il relatore farà la sua proposta e la Giunta dovrà decidere in Camera di Consiglio. La decisione della Giunta poi dovrà passare il vaglio dell’Aula e basterà che 20 senatori lo chiedano e ci sarà il voto segreto”.
L’udienza era iniziata il 30 luglio, davanti alla sezione feriale per scongiurare il rischio di prescrizione. La sentenza, molto attesa dal mondo politico, è via via slittata fino al pronunciamento di oggi, arrivato dopo la requisitoria del pg e le arringhe dei difensori di tutti gli imputati. Il pg della Cassazione Antonello Mura aveva chiesto la conferma della pena principale – 4 anni di reclusione – e una riduzione della pena accessoria da 5 anni a 3 anni. Secondo la pubblica accusa l’ex premier è stato ”l’ideatore del meccanismo delle frodi fiscali” e “perdurante il controllo di Berlusconi su Mediaset”. La difesa, sostenuta dagli avvocati Niccolò Ghedini e Franco Coppiavevano chiesto l’annullamento del verdetto sostenendo l’assenza della prova nei confronti del Cavaliere. “Al massimo possiamo dire che questa è una gigantesca evasione fiscale ma qui non c’è in alcun modo un profilo penale” aveva detto il professore.
I legali dell’ex premier non hanno ascoltato dal vivo la lettura della sentenza. Ghedini e Coppi sono Palazzo Grazioli con Berlusconi e hanno seguito il verdetto in diretta tv. Con il Cavaliere, nel palazzo blindato, i figli Marina e Pier Silvio, Gianni Letta e Angelino Alfano. Fuori Palazzo Grazioli ressa di giornalisti e telecamere. Le strade limitrofe, infatti, per motivi di sicurezza sono state chiuse.
IL DISPOSITIVO DELLA SENTENZA
La Cassazione ha “annullato la sentenza impugnata limitatamente alle statuizioni relative alla condanna della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per violazione dell’art. 12 dlgs. 10 marzo 2000 e dispone trasmettersi gli atti ad altra sezione per rideterminare la pena accessoria nei limiti temporali citati dall’art. 12. Valutazione -precisa piazza Cavour- non consentita alla Corte di Cassazione”. Per il resto nel dispositivo piazza Cavour ha rigettato il ricorso, confermando quindi la condanna per frode fiscale a 4 anni nei confronti di Berlusconi “nei cui confronti dichiara irrevocabili tutte le altre parti della sentenza impugnata”. Respinti anche i ricorsi degli ex tre manager Mediaset: il produttore cinematografico egiziano Frank Agrama (3 anni), Gabriella Galetto (1 anno e 2 mesi) e Daniele Lorenzano (3 anni e 8 mesi). Per effetto del rigetto del ricorso tutti e quattro gli imputati sono stati condannati a rifondere l’Agenzia delle Entrate, costituitasi parte civile, con 5.000 euro ciascuno.

giovedì 20 giugno 2013

Legittimo impedimento, la Consulta respinge il ricorso di Berlusconi.


Il conflitto di attribuzione era stato sollevato dalla presidenza del Consiglio contro il Tribunale di Milano per un'udienza del processo Mediaset, nel quale l'ex premier è stato condannato in appello a quattro anni per frode fiscale. Per i giudici, fu il Cavaliere a "fissare un impegno politico" in concomitanza con il dibattimento, "senza offrire alternative". Ghedini e Longo: "Fuori da logica giuridica, grave preoccupazione".

La Corte costituzionale ha respinto il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sul mancato riconoscimento del legittimo impedimento che l’ex premier Silvio Berlusconi aveva opposto in un’ udienza del processo Mediaset – del primo marzo 2010 – in quanto impegnato a presiedere un Consiglio dei ministri non programmato.
Il ricorso per conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato era stato promosso dalla Presidenza del Consiglio nei riguardi del Tribunale di Milano, perché  la corte negò il legittimo impedimento chiesto da Berlusconi e fece proseguire l’udienza. resta così pienament valida la condanna in appello a quattro anni inflitta a Berlusconi per frode fiscale, con annessa interdizione dai pubblici uffici. Aspetto, quest’ultimo, che ha infiammato la polemica politica, con Maurizio Gasparri che ha minacciato le dimissioni in massa dei parlamentari Pdl in caso di “espulsione” di Berlusconi dalla vita politica per via giudiziaria.  
Nel dare ragione ai giudici di Milano, la Corte Costituzionale ha osservato che “dopo che per più volte il Tribunale aveva rideterminato il calendario delle udienze a seguito di richieste di rinvio per legittimo impedimento, la riunione del Consiglio dei ministri, già prevista in una precedente data non coincidente con un giorno di udienza dibattimentale, è stata fissata dall’imputato Presidente del Consiglio in altra data coincidente con un giorno di udienza, senza fornire alcuna indicazione (diversamente da quanto fatto nello stesso processo in casi precedenti), né circa la necessaria concomitanza e la ‘non rinviabilità’ dell’impegno, né circa una data alternativa per definire un nuovo calendario”.
Sul piede di guerra i legali dell’ex premier, Niccolò Ghedini e Piero Longo: “I precedenti della Corte Costituzionale in tema di legittimo impedimento sono inequivocabili e non avrebbero mai consentito soluzione diversa dall’accoglimento del conflitto proposto dalla presidenza del Consiglio dei Ministri. Evidentemente la decisione assunta si è basata su logiche diverse che non possono che destare grave preoccupazione“. Secondo i legali, “la preminenza della giurisdizione rispetto alla legittimazione di un governo a decidere tempi e modi della propria azione appare davvero al di fuori di ogni logica giuridica”. In conclusione, accusano Ghedini e Longo, la decisione “ampiamente annunciata da giorni da certa stampa politicamente orientata, non sorprende visti i precedenti della stessa Corte quando si è trattato del presidente Berlusconi e fa ben comprendere come la composizione della stessa non sia più adeguata per offrire ciò che sarebbe invece necessario per un organismo siffatto”.
Nessuna dichiarazione ufficiale arriva invece dagli uffici della Procura di Milano.

venerdì 24 maggio 2013

Mediaset, i giudici su Berlusconi: “Vi è la prova che abbia gestito enorme evasione”.

Mediaset, i giudici su Berlusconi: “Vi è la prova che abbia gestito enorme evasione”


E' questa la riflessione dei giudici della corte d'appello di Milano che hanno confermato la condanna a 4 anni e l'interdizione dai pubblici uffici per l'ex premier. Nelle motivazioni della sentenza si parla di “un sistema portato avanti per molti anni” dall’ex premier e “proseguito nonostante i ruoli pubblici assunti. E condotto in posizione di assoluto vertice”.

Frode fiscale anche da capo del governo. E’ questa la riflessione in sintesi dei giudici della d’appello di Milano che l’8 maggio scorso hanno confermato la condanna a 4 anni e l’interdizione dai pubblici uffici per Silvio Berlusconi nel processo Mediaset. Nelle motivazioni della sentenza si parla di “un sistema portato avanti per molti anni” dall’ex premier e “proseguito nonostante i ruoli pubblici assunti. E condotto in posizione di assoluto vertice”. Il leader del Pdl è considerato quindi tra i “responsabili di vertice di tale illecita complessiva operazione”.
Se Cassazione confermerà sarà il Senato a decidere il destino del Cavaliere. Il verdetto e le motivazioni aprono adesso la strada verso quello che sarà il giudizio definitivo in Cassazione. Quello che teme il Cavaliere non è la condanna a 4 anni (3 anni sono stati indultati), ma la pena accessoria ovvero l’interdizione dei pubblici uffici che comporterebbe la decadenza dalla sua carica di senatore come prevede la legge. Ebbene, e non è un dato di poco rilievo, la perdita del pubblico ufficio a causa di una sentenza definitiva deve comunque essere votata dalla Camera di appartenenza. Quindi se e quando gli ermellini dovessero confermare in terzo grado questo verdetto comunque sarà la politica e non la legge a decidere se “espellere” il Cavaliere dalle istituzioni. Una possibilità che, in considerazione del “matrimonio di interesse” tar Pd e Pdl, sembra molto più che lontana.
Spetterebbe quindi alla Giunta delle elezioni e dell’immunità (il cui presidente non è stato ancora eletto, ndr) avviare la “Procedura di contestazione dell’elezione”. Quasi un altro giudizio che nel caso di Berlusconi prevederebbe un relatore della Regione Molise il collegio elettorale scelto dal leader del Pdl. Il parere della giunta poi dovrebbe ricevere il definitivo e vincolante via libera dall’aula di Palazzo Madama. Quello che potrebbe cambiare lo scenario sarà un eventuale verdetto di condanna nel processo Rubyma la nuova legge sulla corruzione-concussione potrebbe riservare qualche sorpresa di carattere procedurale e si è ancora in attesa della decisione delle sezioni Unite della Cassazione sulla questione.
Per i giudici di secondo grado la gestione dei diritti faceva capo al leader del Pdl. La gestione dei diritti televisivi e cinematografici faceva capo al leader del Pdl. “Era assolutamente ovvio – scrivono – che la gestione dei diritti, il principale costo sostenuto dal gruppo, fosse una questione strategica e quindi fosse di interesse della proprietà, di una proprietà che, appunto, rimaneva interessata e coinvolta nelle scelte gestionali, pur abbandonando l’operatività giornaliera”. I giudici, presieduti da Alessandra Galli, sottolineano che “almeno fino al 1998 e, quindi, fino a quando ai vertici della gestione dell’acquisto dei diritti vi era stato Bernasconi, vi erano state anche le riunioni per decidere le strategie del gruppo, riunioni con il proprietario del gruppo, con Berlusconi”. E ancora i  magistrati ragionano spiegando che: “Ad agire era una ristrettissima cerchia di persone che non erano affatto collocate nella lontana periferia del gruppo ma che erano vicine, tanto da frequentarlo tutti (da Bernasconi ad Agrama, da Cuomo a Lorenzano) personalmente, al sostanziale proprietario (rimasto certamente tale in tutti quegli anni) del medesimo, l’odierno imputato Berlusconi. Un imputato – continuano – un imprenditore che pertanto avrebbe dovuto essere così sprovveduto da non avvedersi del fatto che avrebbe potuto notevolmente ridurre il budget di quello che era il maggior costo per le sue aziende e che tutti questi personaggi, che a lui facevano diretto riferimento, non solo gli occultavano tale fondamentale opportunità ma che, su questo, lucravano ingenti somme, sostanzialmente a lui, oltre che a Mediaset, sottraendole”. In base alle testimonianze rese in aula nel processo di primo grado, secondo il giudice d’appello “Berlusconi rimane infatti al vertice della gestione dei diritti, posto che (…) Bernasconi rispondeva a Berlusconi senza nemmeno passare per il cda”. Inoltre, si legge nelle motivazioni, tra il Cavaliere e l’ex manager morto nel 2001 non c’era “altro soggetto con poteri decisionali nel settore dei diritti, neppure dopo la quotazione in borsa e la cosidetta ‘discesa in campo’, nella politica, di Berlusconi”.
I magistrati: “Impossibile concedere le attenuanti a Berlusconi”. Negli anni Mediaset si è resa protagonista di una gestione dei diritti tv secondo i giudici di secondo grado ”del tutto incomprensibile dal punto di vista societario”. Il collegio evidenzia che ”non aveva alcun senso acquistare ad un determinato prezzo quel che si era già individuato acquistabile ed effettivamente acquistato ad un prezzo molto minore”. Il riferimento e’ alle numerose societa’ schermo che – stando all’ipotesi accusatoria – sarebbero servite a Berlusconi per far lievitare il prezzo dei diritti televisivi e cinematografici acquistati da Mediaset presso le principali majors statunitensi e, percio’, a creare fondi neri all’estero per frodare il fisco italiano. La Corte d’Appello di Milano ha ritenuto che ”in relazione alla oggettiva gravità del reato, è ben chiara l’impossibilità di concedere le attenuanti generiche”.
“Prova orale e documentale che Berlusconi abbia gestito fase iniziale dell’enorme evasione fiscale”. Nelle carte del processo d’appello sui diritti tv di Mediaset ”vi è la provaorale e documentale, che Silvio Berlusconi abbia direttamente gestito la fase iniziale dell‘enorme evasione fiscale realizzata con le società off shore … Era riferibile a Berlusconi – puntualizzano i giudici – l’ideazione, la creazione e lo sviluppo del sistema che consentiva la disponibilità di denaro separato da Fininvest ed occulto al fine di mantenere ed alimentare illecitamente disponibilità patrimoniali estere presso conti correnti intestati a varie società che erano a loro volta amministrate da fiduciari di Berlusconi”. Così il sistema dei diritti tv di Mediaset ”si scrive in un contesto più generale di ricorso a società off shore anche non ufficiali ideate e realizzate da Berlusconi avvalendosi di strettissimi e fidati collaboratori”. Invece  “non vi è prova sufficiente” che il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri (assolto), “fosse realmente consapevole” del sistema “illecito” creato per la compravendita dei diritti tv. Operazione di cui “non gli si poteva attribuire un adeguata conoscenza (…) al punto da sovvertire quei bilanci” delle società.
I giudici della Corte d’appello di Milano, insomma, non hanno dubbi sulle responsabilità dirette di Berlusconi: ”Non è verosimile – scrivono a questo proposito nelle motivazioni – che qualche dirigente di Fininvest o Mediaset abbia organizzato un sistema come quello accertato e, soprattutto, che la società abbia subito per 20 anni truffe per milioni di euro senza accorgersene”. Il sistema delle società off shore è stato ideato ”per il duplice fine di realizzaer un’imponente evasione fiscale e di consentire la fuoriuscita di denaro dal patrimonio di Fininvest e Mediaset a beneficio di Berlusconi”. Identico ragionamento utilizzato dai giudici di primo grado per motivare la pena inflitta al leader del Pdl: in quelle motivazioni i magistrati definivano l’imprenditore “dominus assoluto” di una “evasione notevolissima”.
I legali Niccolò Ghedini e Piero Longo: “Ricorso in Cassazione”. “Si deve sottolineare come nella motivazione depositata quest’oggi le argomentazioni utilizzate siano del tutto erronee e sconnesse rispetto alla realtà fattuale e processuale” affermano, in una nota, Niccolò Ghedini e Piero Longo, legali di Silvio Berlusconi e annunciano ricorso. “Saranno oggetto di impugnazione nella certezza di una ben diversa decisione nel prosieguo del processo che riconoscerà l’insussistenza del fatto e l’estraneita’ del presidente Berlusconi”, scrivono.

Il "Delinquolo" per eccellenza non vuole saperne di pagare il dovuto o di agire in conformità alle leggi. La stessa parola "legalità" gli procura l'orticaria.
I suoi avvocati dovrebbero, anzicchè fare ricorso in cassazione, consigliargli di uscire dalla scena politica e di dedicarsi al suo privato. 

giovedì 9 maggio 2013

Mediaset: appello conferma, 4 anni a Berlusconi. - Francesca Brunati



Nessuno sconto per Berlusconi che si è visto confermare la condanna in secondo grado.

Nessuno sconto per Silvio Berlusconi che oggi, per il caso Mediaset, si è visto confermare in secondo grado la condanna a quattro anni di carcere, tre dei quali coperti da indulto, e cinque anni di interdizione dai pubblici uffici. Lo ha deciso la seconda Corte d'Appello di Milano condividendo in pieno la sentenza emessa lo scorso 26 ottobre dal Tribunale. 

Dopo quasi sei ore di camera di consiglio e un processo che, per una serie di 'stop and go', si è trascinato dallo scorso 18 gennaio, il giudici, presieduti da Alessandra Galli, hanno anche di nuovo inflitto 3 anni di reclusione (condonati) a Frank Agrama, il produttore statunitense ritenuto "socio occulto" del Cavaliere, 3 anni e 8 mesi e un anno e due mesi agli ex manager Daniele Lorenzano e Gabriella Galetto. In più, per questi e per l'ex premier hanno disposto, come il collegio presieduto da Edoardo D'Avossa, una provvisionale di 10 milioni di euro da versare in solido alla Agenzia delle Entrate. Per la vicenda, con al centro una presunta frode fiscale commessa tra il 2001 e il 2003 con la compravendita dei diritti tv (andrà prescritta nell'estate 2014), sono stati ancora mandati assolti Fedele Confalonieri e Giorgio Dal Negro e Marco Colombo, mentre per il banchiere Paolo Del Bue, con il rigetto del suo ricorso, è stato dichiarato ancora il non doversi procedere per intervenuta prescrizione e non l'assoluzione con formula piena come avrebbe voluto. L'avvocato generale Laura Bertolé Viale, accanto alla conferma delle condanne per il leader del Pdl e per gli altri tre imputati, aveva chiesto 3 anni e 4 mesi di carcere per il presidente di Mediaset e tre anni per gli altri due. 

E se per conoscere i motivi della decisione ci vorranno due settimane, questo è il tempo che si è presa la Corte, la sentenza ha sollevato una pioggia di critiche da parte del Pdl. La difesa di Berlusconi, invece, non ha mancato di attaccare i giudici ritenuti 'ostili', come aveva scritto nell'istanza di rimessione rigettata l'altro ieri dalla Suprema Corte: "La forza della prevenzione è andata al di là della forza dei fatti – ha commentato Niccolò Ghedini – Avevamo la consapevolezza che sarebbe andata così". Il legale ha poi aggiunto: "Non mi interesso della stabilità politica del governo e non credo che ci sia una correlazione tra questa sentenza e la stabilità politica". 

Ora il Cavaliere e i suoi difensori, per dirla sempre con le parole di Ghedini, confidano che il verdetto si "possa ancora giocare" davanti alla Cassazione o alla Consulta chiamata a pronunciarsi sul conflitto di attribuzione sollevato dalla Presidenza del Consiglio nel marzo del 2010 per via di un'ordinanza con cui il Tribunale aveva respinto un rinvio di un'udienza per legittimo impedimento chiesto dall'allora capo del Governo.