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giovedì 22 aprile 2021

Astrazeneca, nuovo articolo degli scienziati tedeschi sul vaccino: “Scoperto il meccanismo che può provocare le trombosi gravi”.

 

Il team guidato dal professor Andreas Greinacher dell'Università di Greifswald in uno nuovo articolo pubblicato su Research Square e non ancora sottoposto a peer review suggerisce qual è la reazione a cascata innescata da alcuni componenti del vaccino e in particolare dall'acido etilendiamminotetraacetico (EDTA).

Un meccanismo a cascata innescato da alcuni componenti del vaccino e in particolare dall’acido etilendiamminotetraacetico (EDTA) è la causa dei rari casi di trombosi grave che si sono verificati dopo la somministrazione di Vaxzevria, il composto di AstraZeneca. È la conclusione a cui è giunto il team di scienziati tedeschi guidato dal professor Andreas Greinacher, dell’Università di Greifswald, in uno nuovo articolo pubblicato su Research Square e non ancora sottoposto a peer review. “I componenti del vaccino – si legge nelle conclusioni dello studio – formano complessi antigenici con PF4, l’EDTA aumenta la permeabilità microvascolare e i componenti del vaccino causano reazioni infiammatorie acute. La formazione di antigeni in un ambiente proinfiammatorio offre una spiegazione per la produzione di anticorpi anti-PF4. Gli anticorpi anti-PF4 ad alto titolo attivano le piastrine e inducono l’attivazione dei neutrofili e la formazione di NETs, alimentando la risposta protrombotica VITT”, ovvero la trombosi indotta dal vaccino AstraZeneca.

In uno studio pubblicato meno di due settimane fa sulla rivista scientifica The New England journal of medicine, il gruppo di lavoro guidato da Greinacher aveva infatti già concluso che ci fosse un nesso tra il vaccino e le trombosi. Gli scienziati tedeschi l’hanno ribattezzata “trombocitopenia trombotica immunitaria indotta da vaccino” (VITT), spiegando che la reazione che si innesca dopo la inoculazione “imita clinicamente la trombocitopenia autoimmune indotta da eparina“. Proseguendo le loro ricerche, sono arrivati a suggerire che la tecnologia alla base del siero di AstraZeneca, alcuni dei suoi componenti e la potente reazione immunitaria che induce possono portare a una cascata di eventi che annienta diversi meccanismi che normalmente tengono sotto controllo il sistema immunitario umano. Anche se, come ha spiegato il professor Greinacher in una conferenza stampa internazionale, “potrebbero volerci anni per chiarire la causa in tutti i dettagli”.

Le reazione non corrette del sistema immunitario e il processo infiammatorio iniziano subito dopo la vaccinazione, anche se i primi sintomi compaiono solo dopo 4-5 giorni. I risultati raccolti da Greinacher e dal suo gruppo di lavoro hanno poi rilevato il ruolo dell’acido carbossilico EDTA. Secondo Greinacher, è probabile che le componenti del vaccino siano un cofattore della reazione immunitaria che porta alle trombosi. Non è ancora chiaro infatti il motivo per cui la reazione si verifica solo in rarissimi casi e soprattutto tra le persone sotto i 60 anni (il motivo per cui per ora il vaccino AstraZeneca è stato raccomandato solo per gli over 60). Secondo l’ipotesi formulata da Greinacher durante la conferenza stampa, può essere che la trombosi si verifiche solo quando tutti gli elementi che tengono sotto controllo il sistema immunitario si “guastano” contemporaneamente.

Non è ancora chiaro se questo tipo di meccanismo si verifica anche per gli altri vaccini a vettore virale come AstraZeneca, tra cui Johnson&Johnson. L’Agenzia europea del farmaco (Ema) ha concluso martedì che esiste un “possibile legame con le trombosi rare” e che “si sono verificati in persone di età inferiore a 60 anni”. Greinacher ha annunciato che gli scienziati dell’università di Greifswald hanno iniziato una collaborazione con la stessa multinazionale Johnson&Johnson, per poter analizzare anche i campioni del vaccino Janssen e capire quale relazioni ci sia tra le somministrazione e i casi di trombosi che finora si sono verificati.

ILFQ

sabato 27 febbraio 2021

Quando c’era Conte i dpcm erano un “golpe giuridico”. Ora li firma anche Draghi e Forza Italia, Lega, renziani tacciono. - Marco Procopio

 

Dopo la firma del primo decreto del neopresidente del Consiglio, nessun commento dal Carroccio o da Renzi che prima parlava di "diritti costituzionali calpestati". Mentre l'azzurra Gelmini è passata dal definirlo uno “strumento discutibile” a trattarne i contenuti con le Regioni.

È stato utilizzato come arma contundente contro il governo Conte durante tutta la gestione della pandemia. Il leghista Riccardo Molinari ha più volte gridato al “golpe giuridico“, Matteo Renzi ha parlato di “diritti costituzionali calpestati” e poi c’è chi, come Sabino Cassese, ha auspicato l’intervento della Consulta o chi ha strattonato direttamente il capo dello Stato. Tutti contro i famigerati dpcm, provvedimenti emanati d’urgenza dal presidente del Consiglio per rispondere in modo tempestivo al coronavirus e bollati dal centrodestra, renziani e anche da una parte del Pd come incostituzionali. Ora che a Palazzo Chigi c’è Mario Draghi, però, ed è in arrivo un dpcm che durerà addirittura fino a Pasqua, chi ieri era sulle barricate e oggi fa parte della squadra di governo ha deposto le armi, la neoministra Mariastella Gelmini di Forza Italia è passata dal definirlo uno “strumento discutibile” a trattarne i contenuti con le Regioni e gli emeriti costituzionalisti che per mesi hanno attaccato l’ex premier dalle pagine dei giornali, gonfiando le vele a no-mask e “gilet” vari, sembrano aver ammorbidito i toni. Solo il partito di Giorgia Meloni, rimasto all’opposizione, sottolinea la continuità con l’esecutivo precedente. Matteo Salvini invece ha scelto una nuova strategia: da un lato ha smesso di attaccare la forma degli atti governativi, e dall’altro chiede di riaprire il Paese mentre mezza Europa è barricata in casa e gli ospedali tornano a riempirsi per le varianti.

Da Cassese a Baldassarre, “emeriti” contro i dpcm – Il primo decreto del presidente del Consiglio dei ministri per contrastare l’avanzata del virus risale al 25 febbraio 2020. Sono i giorni in cui è stato accertato il paziente 1 a Codogno e i 10 comuni del Lodigiano vengono messi in zona rossa insieme a Vo’ euganeo con un apposito decreto-legge. Il dpcm si muove dentro questa “cornice” legislativa ed estende alcune misure (stop agli eventi sportivi e alle gite scolastiche, lavoro agile, didattica a distanza nelle scuole) a Emilia Romagna, Friuli, Lombardia, Veneto, Liguria e Piemonte. Nel giro di poco tempo si arriva alla chiusura di tutte le scuole, al lockdown nazionale e alla lista di attività non essenziali costrette a fermarsi. Un’emergenza continua, con i casi di Covid che corrono a livello esponenziale, e i dpcm che si susseguono a cadenza pressoché settimanale. Non appena viene scavallato il picco dei contagi, però, parte il coro di politici, giornali e costituzionalisti. Il più duro è Sabino Cassese, giudice emerito della Consulta: “Invece di abusare dei decreti del presidente del Consiglio dei ministri”, dice a Il Dubbio, bastava “ricorrere, almeno per quelli più importanti, a decreti presidenziali“, cioè del Quirinale. “È forse eccessivo parlare di usurpazione dei poteri, ma ci si è avvicinati”. In un’altra intervista, a La Verità, allude persino alla possibilità che prima o poi anche la Corte costituzionale possa pronunciarsi sulla questione.

Al fianco di Cassese – che oggi chiede a Draghi di “mettere in soffitta i dpcm” – in quei giorni si schiera anche il presidente emerito della Corte Antonio Baldassarre, secondo cui Conte fa un “uso frequente e spregiudicato dei dpcm che scavalcano tutti i controlli”. Poi c’è il giurista Giovanni Guzzetta, che chiede direttamente a Sergio Mattarella di riconoscere “la centralità” dei tradizionali decreti legge per fronteggiare le emergenze. Tanti altri, invece, difendono la linea dell’esecutivo. Come Gustavo Zagrebelsky: “Il governo non ha usurpato poteri che non gli fossero stati concessi dal Parlamento. Undici decreti sono tanti, ma l’autorizzazione data al governo prevede precisamente che l’attuazione sia, per così dire, mobile, seguendo ragionevolmente l’andamento dell’epidemia”, spiega a Il Fatto Quotidiano l’1 maggio. “Le restrizioni dei diritti costituzionali in situazioni come quella che stiamo vivendo e nei limiti ch’essa richiede devono avvenire in base alla legge, ed è ciò che è avvenuto“.

Centrodestra, renziani e dem: chi attaccava il governo e ora tace – La battaglia sui dpcm si combatte anche in Parlamento, dove il centrodestra si mostra compatto più che mai. Tanto che il 29 aprile Fi, Lega, Fratelli d’Italia e Noi con l’Italia presentano una mozione congiunta per denunciare i “numerosi provvedimenti sostanzialmente amministrativi” adottati da Conte. Addirittura parlano di una “violazione delle fonti del diritto, trattandosi di una fonte normativa secondaria”. Tra i firmatari c’è la berlusconiana Mariastella Gelmini, che se in quel periodo parlava dei dpcm come uno “strumento discutibile”, oggi spalleggia Roberto Speranza nella linea del rigore in qualità di ministra per gli Affari regionali del governo Draghi. Una piroetta simile a quella del partito di Maurizio Lupi: anche lui aveva sottoscritto la mozione, mentre ora può contare su un suo sottosegretario (Andrea Costa) al ministero della Salute. Tra i leghisti, a fare la voce grossa nei mesi più duri della pandemia, ci sono invece il capogruppo a Montecitorio Molinari e Claudio Borghi. Che parlano di “dittatura sanitaria” e “golpe giuridico”. Il deputato Igor Iezzi va anche oltre: “Noi saremo la nuova Resistenza”, dice in Aula tra i cori del centrodestra al grido “Libertà, libertà”.

L’elenco si allunga con Paolo Romani (“Non si può governare un Paese a suon di dpcm”), il forzista Giorgio Mulé (“Conte è un servo della legge, non è il monarca, deve rientrare in un recinto costituzionale di regole”), Lucio Malan (“Nella Costituzione non sono previsti i dpcm”), Benedetto Della Vedova, che oggi è sottosegretario agli Esteri: (“Non capiamo perché si debba procedere a colpi di dpcm“). Persino la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, uscendo bruscamente dal suo ruolo istituzionale, bombarda l’esecutivo accusandolo di aver “gestito tutte le fasi dell’emergenza con un ricorso esagerato a Dpcm, emanati senza preventiva e dovuta consultazione con un voto del Parlamento”. E polemiche non sono mancate nemmeno in casa Pd, con il deputato Stefano Ceccanti costretto in tutta fretta a ritirare un emendamento con cui si chiedeva che i nuovi decreti del presidente del Consiglio venissero sottoposti una settimana prima al parere delle Camere.

Tutti loro oggi non battono ciglio di fronte al primo dpcm dell’era Draghi. Così come Matteo Renzi, che durante la prima ondata era arrivato a parlare apertamente di “scandalo incostituzionale“. È fine aprile, il Paese si appresta a entrare nella “fase 2” della pandemia e Palazzo Chigi decide di fare tutto per gradi, riaprendo negozi, attività e spostamenti un passo alla volta. Il leader di Italia viva vorrebbe invece di più: il governo “pensi ai posti di lavoro, non a calpestare la Costituzione“. La ministra Elena Bonetti, nel frattempo rimasta al suo posto nonostante il giro di vite nel Palazzo, è d’accordo: “Il dpcm è un decreto della presidenza del Consiglio dei ministri, per sua natura non viene condiviso all’interno del Cdm e nemmeno in Parlamento”, quindi certe misure, come lo stop alle messe, andrebbero prese “in modo più condiviso”, dice. Il renziano Marco Di Maio rivendica pure un emendamento, a firma De Filippo, il cui obiettivo implicito è quello di “scoraggiare l’uso dei Dpcm e favorire quello dei decreti legge”. A chiudere il cerchio in perfetto asse con le destre ci pensa Michele Anzaldi: “Ora Italia Viva dice no a chi limita le libertà coi Dpcm ed esautora il Parlamento“.

Conte a Firenze: “Ecco perché è lo strumento più adatto” – A niente, nel corso dei mesi, sono servite le spiegazioni date da Giuseppe Conte, dalla necessità di usare uno strumento “agile” per rispondere al virus alla “copertura legislativa” fornita dai vari decreti-legge che hanno sempre accompagnato i suoi provvedimenti. Non è un caso che l’ex premier, dopo essere stato costretto alle dimissioni, abbia scelto proprio questo argomento per la sua lectio magistralis all’università di Firenze. Non solo un ritorno in cattedra, ma anche un modo per rimarcare che sì, il nuovo governo è in continuità con il precedente. Con la sola differenza che a Palazzo Chigi ora c’è Mario Draghi e la maggioranza è stata allargata a chi, fino a poche settimane fa, ancora parlava di dittatura sanitaria. “La strategia normativa” per il Covid, “è stata costruita su tre pilastri: ordinanze del ministro della Salute, dichiarazione stato di emergenza nazionale, l’adozione di decreti legge e Dpcm”, ha spiegato Conte agli studenti. “Non sarebbe stato possibile lasciare l’intera regolamentazione ai solo decreti legge, poiché l’imprevedibilità dell’evoluzione pandemica ci ha costretto a intervenire svariate volte anche a distanza di pochi giorni e, come sapete, la conversione dei decreti-legge va operata dal Parlamento entro 60 giorni, con la conseguenza che la medesima conversione sarebbe intervenuta, il più delle volte, a effetti ormai esauriti o comunque superati dal successivo decreto“. Questa strategia, conclude, “ha permesso al nostro sistema democratico di reggere a questa dura prova, evitando che lo ‘stato di emergenza’ potesse tramutarsi in ‘stato di necessità'”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/02/27/quando-cera-conte-i-dpcm-erano-un-golpe-giuridico-ora-li-firma-anche-draghi-e-forza-italia-lega-renziani-tacciono/6114811/

giovedì 5 marzo 2020

Conte e lo sputtanamento di Salvini. - Tommaso Merlo


Mentre Conte rassicurava ed informava gli italiani sui nuovi provvedimenti, Salvini sputtanava l’Italia su un giornale spagnolo dicendo che “il governo è incapace di gestire la crisi”.
Nemmeno l’aggravarsi dell’epidemia riesce a placare un Salvini che appare giorno dopo giorno sempre più fuori controllo. Non riesce a contenersi nemmeno difronte ad un’epidemia che rischia di mettere gravemente in crisi l’intero sistema paese. Davvero un comportamento politico ma anche umano vergognoso ed irresponsabile che qualifica più di mille comizi chi sia davvero Matteo Salvini. E molti cittadini sembrano rendersene conto visto che la Lega viene confermata in forte calo nei sondaggi. Del resto i momenti di crisi servono anche a questo.
A porsi nuove domande, a rivedere tutto sotto una nuova prospettiva cogliendo così meglio la verità che ci circonda. E la verità che sta emergendo è cristallina. Conte è stato infamato fin dal giorno del suo insediamento. Prima dai giornalai di sinistra, poi da quelli di destra. E questo perchè troppo alieno al vecchio regime partitocratico. Conte è un cittadino libero, un professionista prestato alla politica. Nemmeno lui avrebbe immaginato di diventare premier quando anni addietro avvicinò il Movimento 5 Stelle. Eppure eccoli lì, al suo secondo mandato. Eccolo lì senza padroni o ideologie da servire, ma con valori forti e volontà di mettersi al servizio della propria comunità nazionale.
Un abisso rispetto a Salvini.
Un abisso morale, culturale, di competenze ma anche politico nel senso più nobile del termine.
Politica è servizio. Nient’altro che servizio disinteressato alla propria comunità. Non è fango propagandistico per colpire i nemici e prendersi il potere. Non è tifo, non è sterile chiacchiera, non è arrivismo e cinico egoismo.
Conte ha invitato per l’ennesima volta le opposizioni all’unità mentre Salvini sputtanava l’Italia su un giornale spagnolo. Ha parlato agli italiani con la franchezza che lo contraddistingue ed ha rivendicato la linea della “trasparenza” adottata. Il governo non ha fatto giochi sporchi sull’epidemia, non ha minimizzato, non ha nascosto la verità sotto al tappeto ma si è messo ad inseguire il virus per contenerlo, si è messo al lavoro. Il coronavirus non ha colore politico – ha ribadito Conte – e va vinto con l’impegno di tutti. Con serietà, con responsabilità. Dai politici all’ultimo cittadino di provincia. Conte annuncia anche un Modello Genova per far fronte all’emergenza che sta diventando economica e quindi sociale. Una reazione veemente dello Stato e della politica ad una tragedia improvvisa, un simbolo di rinascita e cambiamento. Ma poi si sa come è andata a finire a Genova. L’allora nascituro governo gialloverde reagì alla grande e la giurò ai Benetton, poi strada facendo Salvini ha fatto saltare tutto dalla spiaggia per tentare il colpo di mano ed oggi difende le concessioni autostradali sputando sui suoi ex alleati. Sembrano passati secoli, ma il nuovo ponte genovese è lì, in piedi, come Conte. Un cittadino prestato alla “cosa pubblica” verso un vecchio politicante di “professione”. Un uomo e un governo serio che lavora per fronteggiare la crisi e un personaggio che sputtana il proprio paese in un momento di grave difficoltà.
Un premier all’altezza e un personaggio a cui sarebbe pericolosissimo affidare le redini del nostro paese.

martedì 12 novembre 2019

ArcelorMittal, i pupazzi e il Movimento. - Tommaso Merlo



Senza neanche sapere le vere intenzioni di AncelorMittal, i pupazzi del vecchio regime si sono scatenati contro il Movimento 5 Stelle accusandolo di mandare all’aria il paese. Il solito terrorismo mediatico. Pupazzi da talk-show e da carta stampata, tutti uniti nel solito intento di annientare il Movimento in nome di un ritorno alla “serietà” politica di un tempo. Pupazzi. Appunto. Quando Di Maio fu costretto a mandare giù l’accordo già blindato da Calenda, i pupazzi si misero a starnazzare contro il Movimento reo di essersi rimangiato le promesse elettorali. Di Maio in realtà fece verificare l’accordo di Calenda, vi trovò anomalie ma non sufficienti per recedere. Nonostante questo, Di Maio riuscì a strappare ad AncelorMittal condizioni molto più favorevoli di Calenda sia per i lavoratori che in termini ambientali. Poi certo, in campagna elettorale il Movimento era stato troppo “ottimista” su quel bubbone d’acciaio, ma una volta al governo fece il possibile considerando i patti già siglati, le pressioni delle lobby e la cooperazione con la Lega per cui gli italiani vengono “prima” ma solo in campagna elettorale. I pupazzi del vecchio regime colsero comunque anche quell’occasione per colpire il Movimento e far contente le lobby che gli pagano lo stipendio. E cioè i burattinai che con la complicità dei pupazzi hanno sempre usato i guanti nel trattare il bubbone tarantino. 

Anni in cui perfino la legge è stata sospesa sotto quelle ciminiere. Sospesa mentre gli operai morivano dentro allo stabilimento e le loro famiglie a casa respirando veleni. Oggi si sta scoprendo che Ancelor-Mittal non è altro che la solita banda di predatori economici che comprano e vendono stabilimenti con fossero auto usate. L’ennesima dimostrazione di cosa sia il cinico capitalismo che sta distruggendo il mondo. Potentati internazionali talmente imponenti da influenzare la politica di governi democraticamente eletti. Potentati frutto di una disuguaglianza ormai indecente che permette a poche persone senza volto e senza cuore di poter ricattare intere regioni grazie alla carota dei posti di lavoro e al bastone degli investimenti. Il tutto in nome del profitto. Ad ogni costo

Anche a quello di calpestare la vita delle persone e dell’ambiente. Perché il cinico capitalismo che sta distruggendo il mondo è così. Vede solo il valore delle proprie azioni, vede quote di mercato e commesse. Vede solo soldi e non gli bastano mai. Non vede vite umane. Non vede l’ambiente. Non vede la scia di dolore e di morte e di devastazione che si lascia alle spalle. Tutti fastidiosi effetti collaterali. Un quadro agghiacciante. Potentati economici sempre più forti, governi sempre più deboli e sotto i poveracci che per mettere qualcosa nel piatto ai propri figli sono disposti a sacrificarsi. Un ricatto agghiacciante. La storia del bubbone tarantino con l’aggravante tutta italiana di un verminaio legislativo e istituzionale e politico che ha piantato la solita cagnara per anni, ma alla fine ha permesso ai padroni del bubbone di fare sempre quello che gli conveniva mentre all’estero rispettavano le regole. La solita cagnara autolesionista. Il Movimento è stata l’unica forza politica che ha tentato d’invertire perlomeno quell’ipocrita tendenza e come risultato è stato attaccato brutalmente dai pupazzi del vecchio regime. L’ennesima conferma di come ai pupazzi e ai loro burattinai non freghi nulla dell’Ilva, degli operai, dell’ambiente e tantomeno dei destini del paese. A loro interessa solo far fuori il Movimento e tornare a comandare.

https://infosannio.wordpress.com/2019/11/07/arcelormittal-i-pupazzi-e-il-movimento/