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giovedì 25 ottobre 2018

Il potere dei super-ricchi significa tirannia o rivoluzione. - Chris Hedges




All’età di dieci anni, ero stato mandato, come studente borsista, in un collegio per super-ricchi, in Massachusetts. Negli otto anni successivi avevo vissuto in mezzo agli Americani più facoltosi. Avevo ascoltato i loro pregiudizi e avevo visto tutto il loro nauseabondo egocentrismo. Asserivano di essere ricchi e privilegiati perché erano i più intelligenti e i più dotati. Disprezzavano e deridevano tutti quelli al di sotto della loro condizione economica e sociale, anche chi era semplicemente benestante. La maggior parte di questi super-ricchi non riusciva a provare empatia o compassione. Formavano gruppetti elitari che ridicolizzavano, tormentavano e provocavano tutti i non conformisti che non si adeguavano o non trovavano posto nel loro autocompiacente universo.
Era stato impossibile costruire un’amicizia con la maggior parte dei figli dei super-ricchi. Per loro l’amicizia significava “e io che cosa ci guadagno?” Fin dal momento in cui erano venuti al mondo erano stati circondati da persone che provvedevano ai loro bisogni e alle loro necessità. Erano incapaci di tendere una mano ad un estraneo in difficoltà, qualunque insignificante capriccio o problema momentaneo dominava il loro universo e aveva la precedenza sulle sofferenze altrui, anche su quelle dei loro familiari. Sapevano solo prendere. Non riuscivano a dare. Erano persone deformi e profondamente infelici, in preda ad un insaziabile narcisismo.
E’ essenziale comprendere le patologie dei super-ricchi. Hanno conquistato il potere assoluto. Queste patologie influenzano le scelte di Donald Trump, dei suoi figli, dei Brett Kavanaugh e dei miliardari che gestiscono la sua amministrazione. I super-ricchi non riescono a vedere il mondo da nessun’altra prospettiva che non sia la loro. Le persone che li circondano, comprese le donne, prede designate per chi se ne arroga il diritto, sono oggetti destinati alla soddisfazione di piaceri momentanei o ad essere manipolati. I super-ricchi sono quasi sempre amorali. Giusto. Sbagliato. Bugie. Giustizia. Ingiustizia. Questi sono concetti fuori dalla loro portata. Tutto quello che porta vantaggi o piaceri è buono. Quello che non lo fa deve essere distrutto.
La patologia dei super-ricchi è quella che permette a Trump e al suo inesperto genero, Jared Kushner, di cospirare, de facto, con il reggente saudita Mohammed bin Salman, un altro prodotto di una legittimazione e di un nepotismo sfrenato, per giustificare l’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, con cui avevo lavorato in Medio Oriente. I super-ricchi passano la vita protetti dalla loro ricchezza ereditaria, dal potere che essa comporta e da un esercito di amministratori, compresi gli altri membri della confraternita dei super-ricchi, con i loro avvocati e i loro addetti stampa. Non ci sono quasi mai conseguenze per i loro fallimenti, per i loro abusi, per i maltrattamenti altrui e per i loro crimini. Questo è il motivo per cui il principe ereditario saudita e Kushner hanno fatto comunella. Sono gli homunculi che i super-ricchi generano di continuo.
Per questo motivo, il dominio dei super-ricchi è terrificante. Non conoscono limiti. Non hanno mai rispettato le regole della società e mai lo faranno. Noi paghiamo le tasse, loro no. Noi lavoriamo sodo per poter entrare in un’università famosa, loro no. Noi dobbiamo pagare per i nostri fallimenti, loro no. Noi veniamo inquisiti per i nostri reati, loro no.
I super-ricchi vivono in una bolla artificiale, una terra chiamata Ricchistan, un luogo di Frankenmansions e jet privati, completamente distaccato dalla realtà. La ricchezza, l’ho visto, non solo si autoperpetua, ma viene utilizzata per monopolizzare le nuove opportunità di arricchimento. La mobilità sociale per i poveri e la classe operaia è in gran parte un mito. I super-ricchi mettono in pratica la forma suprema di discriminazione positiva, catapultando maschi bianchi e mediocri, come Trump, Kushner e George W. Bush, in scuole elitarie che preparano i rampolli della plutocrazia per le posizioni di potere. I super-ricchi non sono mai costretti a crescere. Spesso rimangono per tutta la vita dei bambini, che strillano per avere quello che vogliono e che quasi sempre ottengono. E questo li rende molto, molto pericolosi.
I teorici politici, da Aristotele, a Karl Marx, fino a Sheldon Wolin, hanno messo in guardia contro il governo dei super-ricchi. Una volta arrivati al potere, scrive Aristotele, le uniche opzioni sono la tirannia e la rivoluzione. Non sanno né coltivare né costruire. Conoscono solo il modo di soddisfare la loro smisurata avidità. Questa è la cosa ridicola dei super-ricchi: nonostante tutti i miliardi che possiedono, non ne hanno mai abbastanza. Sono gli spettri affamati del Buddismo. Accumulando potere, denaro ed oggetti cercano una felicità irraggiungibile. Queste vite, fatte di desideri infiniti, spesso finiscono male, con i super-ricchi estraniati dalle consorti e dai figli, senza veri amici. E quando passano a miglior vita, come aveva scritto Charles Dickens nel “Canto di Natale,” la maggior parte della gente è contenta di essersene liberata.
C. Wright Mills, in The Power Elite” [L’elite al potere], uno dei suoi studi migliori sulle patologie dei super-ricchi, aveva scritto:
Hanno sfuttato le risorse nazionali, si sono fatti la guerra economica l’uno con l’altro, si sono associati, hanno trasformato la cosa pubblica in capitale privato e hanno usato tutti i metodi possibili e immaginabili per raggiungere i loro scopi. Hanno fatto accordi per avere sconti sulle ferrovie, hanno acquistato quotidiani e si sono comprati gli editori, hanno ammazzato la concorrenza e gli imprenditori autonomi e hanno utilizzato avvocati di grido e politici famosi per sostenere i loro diritti e mettere al sicuro i loro privilegi. C’è qualcosa di demoniaco in questi signori della creazione, non è solo retorica chiamarli baroni rapinatori [robber barons].
Il capitalismo corporativo, che ha distrutto la nostra democrazia, ha dato ai super-ricchi un potere incontrollato. E, una volta capite le patologie di queste elites oligarchiche, è facile prevedere il nostro futuro. L’apparato statale controllato dai super-ricchi serve unicamente i loro interessi. Questa gente è sorda alle grida di dolore dei diseredati. Sono ai posti di comando di quelle stesse istituzioni che ci opprimono (i sistemi di sicurezza e di sorveglianza nazionali, la polizia militarizzata, la Homeland Security e l’esercito) e distruggono dall’interno o degradano quelle istituzioni o quei programmi che dovrebbero mitigare le diseguaglianze sociali, economiche e politiche, come la scuola pubblica, la sanità, la previdenza sociale, un sistema fiscale equo, i buoni pasto, il trasporto pubblico, le infrastrutture e i tribunali. I super-ricchi estraggono sempre più denaro da quelli che rendono sempre più poveri. E quando i cittadini obbiettano o resistono, li schiacciano o li uccidono.
I super-ricchi tengono in modo esagerato alla loro immagine. Sono ossessionati dall’autocompiacimento. Sono al centro del loro personale universo. Fanno di tutto e non badano a spese per crearsi personalità fittizie, stracolme di virtù e di caratteristiche inesistenti. Questo è il motivo per cui i super-ricchi si danno ad attività filantropiche molto ben pubblicizzate. La filantropia permette ai super-ricchi  uno sdoppiamento della loro morale. Possono così ignorare lo squallore etico delle loro vite, caratterizzate spesso da quel genere di degenerazione e dissolutezza che, secondo loro, costituirebbe la maledizione della povera gente, per presentarsi, attraverso piccoli atti di carità, come persone altruiste e caritatevoli. Chi sgonfia questa immagine, come aveva fatto Khashoggi con Salman, viene particolarmente disprezzato. Questo è il motivo per cui Trump, come tutti i super-ricchi, considera la stampa critica alla stregua di un nemico. Questo è il motivo per cui lo zelo con cui Trump e Kushner hanno cospirato per giustificare l’omicidio di Khashoggi è inquietante. Gli incitamenti che Trump rivolge ai propri sostenitori (che in lui vedono l’onnipotenza che a loro manca e che vorrebbero raggiungere) affinché compiano atti di violenza contro i suoi denigratori sono solo pochi passi più indietro degli sgherri del principe ereditario che smembrano Khashoggi con una sega da ossa. E, se voi pensate che Trump stia scherzando quando lascia intendere che con la stampa bisognerebbe usare la forza, allora significa non avete capito niente dei super-ricchi. Farà tutto quello per cui sarà sicuro di cavarsela, anche l’omicidio. Come la maggior parte dei super-ricchi non ha una coscienza.
I super-ricchi di più larghe vedute, quelli dell’East Hampton e dell’Upper East Side, un reame che Ivanka e Jared bazzicavano tempo fa, considerano il presidente rozzo e volgare. Ma questa è una distinzione solo di stile, non di sostanza. Donad Trump sarà anche un personaggio imbarazzante per i facoltosi laureati di Harvard e Princeton che lavorano per Goldman Sacs, ma serve diligentemente i super-ricchi, proprio come avevano fatto Barak Obama e il Partito Democratico. Questo è il motivo per cui gli Obama, come i Clinton, sono sempre stati ammessi al pantheon dei super-ricchi. Ecco perché Chelsea Clinton e Ivanka Trump sono intime amiche. Provengono dalla stessa casta.
Non esiste nessuna forza all’interno delle istituzioni di governo che possa arrestare il saccheggio dei super-ricchi ai danni della nazione e dell’ecosistema. I super-ricchi non hanno nulla da temere dai media corporativi che controllano, dai rappresentanti di governo che finanziano o dai giudici che hanno scelto. Le università sono delle patetiche appendici corporative. Esse zittiscono o bandiscono tutti gli spiriti critici che potrebbero turbare i grossi finanziatori mettendo in dubbio l’ideologia dominante del neoliberismo, formulata dai super-ricchi proprio per ripristinare il potere di classe. I super-ricchi hanno distrutto i movimenti popolari, comprese le unioni sindacali, insieme a quei meccanismi democratici per le riforme che un tempo avevano permesso alla classe lavoratrice di opporre la forza contro la forza. Il loro campo di gioco ora è il mondo.
In “The Postmodern Condition” [La condizione postmoderna] il filosofo Jean-François Lyotard aveva fatto un quadro del futuro ordine neoliberale raffigurandolo come uno un cui “il contratto temporaneo” soppianta “le istituzioni permanenti nella sfera professionale, emotiva, sessuale, culturale, familiare e internazionale, come anche in politica.” Questo rapporto temporale con le persone, le cose, le istituzioni e la natura assicura l’autodistruzione collettiva. Non c’è nulla che per i super-ricchi abbia un valore intrinseco. Gli esseri umani, le istituzioni sociali e la natura sono beni da sfruttare per ottenere un guadagno personale, fino all’esaurimento o al collasso. Il bene comune, come il consenso di che deve essere governato, è un concetto morto. Questo rapporto temporale rappresenta la patologia fondamentale dei super-ricchi.
I super-ricchi, come aveva scritto Karl Polanyi, onorano la peggior specie di libertà, la libertà di “sfruttare i propri compagni, o la libertà guadagnare in modo esorbitante senza fornire un adeguato servizio alla società, la libertà di impedire che le novità tecnologiche vengano utilizzate per il bene comune o la libertà di trarre profitto da calamità pubbliche, occultamente manipolate per ricavarne un vantaggio privato.” Allo stesso tempo, aveva fatto notare Polanyi, i super-ricchi fanno guerra alla “libertà di coscienza, alla libertà di parola, alla libertà di riunione, alla libertà di sindacale, alla libertà di scegliersi il proprio lavoro.”
Le oscure patologie dei super-ricchi, glorificate dalla cultura di massa e dai mezzi di informazione, sono diventate le nostre. Abbiamo ingerito il loro veleno. I super-ricchi ci hanno insegnato a onorare le cattive libertà e a denigrare quelle buone. Andatevi a vedere un qualsiasi comizio di Trump. Guardate uno dei tanti reality show. Esaminate lo stato del nostro pianeta. Dobbiamo rifiutare queste patologie e organizzarci, in modo da scalzare i super-ricchi dal potere, o ci trasformeranno in quello che già ci considerano, la loro servitù.
tradotto da Markus per comedonchisciotte.org
Fonte: comedonchisciotte del 23/10/2018

venerdì 20 ottobre 2017

E' pronta la rivoluzione delle misure.

Per il 2018 il chilogrammo sarà ridefinito in modo più preciso (fonte: Enrico Massa e Carlo Sasso) © Ansa

Il chilogrammo non sarà più lo stesso, da maggio 2019.

E' pronta la rivoluzione delle misure: il chilogrammo non sarà più lo stesso e con lui si preparano a rinnovarsi anche altre misure fondamentali. Il loro destino, annunciato da tempo, viene deciso nella conferenza dell'Istituto Internazionale Pesi e Misure, per avviarne la ridefinizione sulla base di costanti della fisica, anziché di definizioni astratte. Alla riunione partecipa anche il direttore scientifico Maria Luisa Rastello, dell'Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (Inrim). Questo è l'incontro preliminare prima della Conferenza generale sui pesi e le misure prevista nel novembre 2018, mentre le nuove definizioni sono attese per maggio 2019. 

Quella in corso è la più grande ridefinizione del sistema internazionale delle unità di misura, sin dalla sua fondazione, avvenuta quasi 60 anni fa: cambiano anche l'ampere, che misura la corrente elettrica, il kelvin che definisce la temperatura, e la mole che conta le molecole e gli atomi presenti in una sostanza. L'obiettivo è rimpiazzare gli attuali sistemi che definiscono le quattro unità con costanti fisiche universali e riproducibili da tutti, in modo da rendere accessibile la misurazione precisa ai laboratori di tutto il mondo, con ricadute non solo per la ricerca, ma anche per l'industria. 

''E' importante perché alcune definizioni, in particolare quella del chilogrammo, sono basate su artefatti materiali, anziché su costanti fisiche, e questi non sono affidabili su scale di tempo molto lunghe'' ha osservato Giovanni Mana, dell'Inrim, che ha contribuito alla ridefinizione del chilogrammo. Per esempio, ha aggiunto, ''è stato visto che le copie del cilindro di platino iridio conservato nell'Ufficio Internazionale dei Pesi e delle Misure di Parigi (considerato lo standard per impostare le misure che indicano il peso), non pesano più un chilogrammo ma un po' di più, e questo non permette di replicare misure fatte 100 anni fa''. 


giovedì 19 dicembre 2013

L’IMPOSSIBILE E STERILE RIVOLUZIONE CONTRO LA CASTA. - Marco Della Luna



I correnti moti di ribellione dal basso, che si aggiungono agli attacchi sul piano politico e della legittimità costituzionale portati dai partiti di opposizione, pongono la questione se un’eventuale rivoluzione violenta diretta ad abbattere il sistema di potere italiano sarebbe legittima oppure illegittima. 

La recente sentenza della Consulta che ha dichiarato l’illegittimità della legge elettorale vigente (quindi del parlamento, del capo dello Stato e dei giudici costituzionali da esso eletti, e delle leggi da esso varate) ha riconosciuto esplicitamente e formalizzato irreversibilmente la già palese illegittimità complessiva del regime (uso questa parola nel senso neutro di apparato dominante) rispetto alla Carta Costituzionale, che esso ha ampiamente e molteplicemente tradito.

Il colmo è Napolitano, che si ostina a difendere questo parlamento illegittimo e incostituzionale da chi ne reclama lo scioglimento. Ma sciogliere il parlamento e cambiare la legge elettorale non basterebbe a ricostituire la legittimità: se il sistema è illegittimo nel suo insieme, solo l’azione diretta del popolo può costituire, ex novo, un nuovo sistema costituzionale e legittimo.

Le continue scoperte giudiziarie che politici e pubblici amministratori, se appena si va a indagare, sono generalmente e spudoratamente dediti al peculato, evidenziano che in Italia generalmente si fa politica per rubare, e che la cultura dei partiti, dei loro apparati, è questa e non altra. Oramai sembra diffondersi la consapevolezza che non è possibile salvare il Paese senza eliminare la casta politica, storicamente e trasversalmente incompetente e corrotta, assieme alla casta burocratica, ancora più corrotta, inetta, potente e irresponsabile, proprio perché non elettiva e maggiormente autoreferenziale. Caste indifferenti alla sofferenza della popolazione. Caste che succhiano il sangue del lavoro, del risparmio e dell’industria, mentre sprecano gran parte delle sempre più pesanti tasse che spremono al Paese. 

 La gente manifesta crescente sfiducia nell’establishment, mentre movimenti come i grillini e i forconi richiedono sempre più fermamente ed estesamente che la casta se ne vada.

La casta però – è ovvio – non se ne andrà mai volontariamente, anzi si aggrappa ai propri privilegi, e minaccia, dall’alto delle istituzioni che essa occupa, di esercitare una dura repressione contro le ribellioni, mentre vende il Paese agli interessi stranieri per ricevere sostegno esterno al proprio regime. Inoltre controlla gli spazi e canali elettorali dello Stato, oltre alle forze dell’ordine e alle forze giudiziarie, quindi impedisce il cambiamento per le vie interne all’ordinamento dello Stato, cioè attraverso le elezioni politiche e amministrative, nonché i referendum. Conseguentemente, per abbattere la casta e salvare il Paese, ai cittadini resta solo l’opzione rivoluzionaria, il ricorso alla forza. 

Ogni sistema di potere, ogni regime statuale (uso questa parola in senso neutro, non denigratorio), dichiara di essere sempre e assolutamente legittimo, qualsiasi cosa faccia e per quanto sia corrotto. Perciò il fatto che si dichiari tale anche quello italiano, minacciando repressione dura dall’alto delle istituzioni che esso occupa, non significa nulla, non prova che sia legittimo.

Per stabilire se e in quali situazioni possa essere giusta e legittima una rivoluzione violenta che abbatta un regime statuale formalmente legittimo e riconosciuto dall’ordinamento internazionale, come è il regime italiano, occorre rifarsi alla sensibilità culturale diffusamente maturata e ai principi fondamentali del diritto come oggi riconosciuti perlomeno in ambito occidentale, ossia ai diritti dell’uomo e della società, civili e politici. In effetti, il nostro milieu culturale sente e giudica giuste e legittime le rivoluzioni violente che mirano ad abbattere regimi che sono illegittimi perché stabilmente violano i diritti fondamentali dell’uomo o i principi di democrazia e legalità. I regimi in carica giudicano infatti come giuste e legittime, appoggiandole talvolta, rivoluzioni quali quelle della primavera araba, o, per il passato, quella francese contro l’Ancien Régime, o quella americana contro il Regno Unito. Il regime italiano attuale fonda la propria esistenza non sulla continuità, bensì sulla discontinuità col precedente regime (il Regno d’Italia, o la Repubblica di Salò), anzi sulla sua radicale negazione, anzi sulla sua eliminazione fisica mediante la violenza delle armi. 

Orbene, il regime italiano, come è notorio, viola stabilmente e sistematicamente i diritti dell’uomo in una discreta misura, soprattutto in ambito giudiziario e carcerario, e pure i diritti del lavoro, del risparmio, della sicurezza sociale.

Viola altresì il principio di democrazia, perché occupa lo Stato e i suoi poteri, compresi i meccanismi elettorali, da sottrarsi alla scelta degli elettori, soprattutto per quella parte del potere, che è la più ampia, detenuta da burocrati, da funzionari non eletti e non revocabili dal popolo, quindi ancora più autocratici e incuranti delle regole. Fa addirittura leggi elettorali incostituzionali per togliere all’elettorato la possibilità di scelta politica.

Viola inoltre conclamatamente, stabilmente e sistematicamente il principio di legalità: dovunque si vada a indagare si trovano uomini politici e pubblici amministratori dediti trasversalmente al peculato e ad altri reati, ed è chiaro a tutti ormai che in politica ci si mette per rubare, e che i partiti, cioè quelle cose che sostengono i governi, sono eserciti composti principalmente di ladri. La viola anche perché ha tradito la sua Costituzione, che è la sua carta di legittimazione: la ha tradita sia non attuandone larga parte, che stravolgendone gli stessi principi fondamentali attraverso i trattati internazionali e la cessione della sovranità ad organismi esteri, non responsabili verso il popolo italiano, e che infatti non si curano di esso. 

Il regime statuale italiano è quindi con certezza illegittimo e il rovesciamento di tale regime mediante una rivoluzione di tipo francese sarebbe giusto e legittimo. Inoltre ulteriormente legittimato e necessitato dal fatto che esso da oltre vent’anni sta conducendo la politica economica e la politica europea in modo rovinoso per la nazione e non ha mai corretto tali politiche né pare capace di farlo; e altresì dal fatto, oramai percepito dalla maggioranza della nazione, che esso opera al servizio di interessi stranieri e a danno della nazione, che esso ha privato di quasi ogni ambito di indipendenza.

Tutto quanto sopra vale in teoria. Nella pratica, al contrario, una rivoluzione in Italia non è possibile e sarebbe infruttuosa, sicché non posso che ribadire il mio solito consiglio: emigrate.

Impossibile, a causa della forza poliziesca, militare e giudiziaria del regime, la cui casta comprende anche i vertici delle forze armate, delle forze dell’ordine e della giustizia; nonché del carattere storicamente remissivo, servile e codardo degli italiani, che per giunta sono inclini a dividersi, a tradirsi e a vendersi tra loro.

Infruttuosa, perché in primo luogo la casta e la cultura di regime non sono un corpo estraneo ma sono espressione della mentalità e delle aspettative della popolazione generale; in secondo luogo, perché manca una classe politica e burocratica di ricambio, che sia sana e competente; infine, perché l’Italia è troppo condizionata dall’esterno, non ha sufficiente indipendenza per sviluppare una sua politica, soprattutto in campo economico-finanziaria; quindi una rivoluzione, in essa, cambierebbe poco. Con Maastricht, Lisbona, il Fiscal Compact e il MES, in aggiunta alle circa 130 basi militari USA sul suo territorio, non ha più libertà di quanta ne ha un pezzo di ferro nel mandrino di un tornio.

Da qui la mia solita conclusione: l’Italia è spacciata, non è riformabile, l’unica opzione pratica, per chi è in grado, resta l’emigrazione: la buona, vecchia, pacifica e collaudata emigrazione.


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