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lunedì 18 maggio 2020

Perchè altrimenti siamo fottuti. - Roger Hallam

Extinction Rebellion. Settimana di ribellione internazionale ...

Il fondatore del movimento per salvare il pianeta “Extinction Rebellion”: il virus ci insegna che dipendiamo dalla natura tanto quanto la natura dipende da noi. Perciò va preservata.

Ho scritto questo libro sulla crisi climatica e l’inerente bisogno di una disobbedienza civile di massa prima che esplodesse la tragica pandemia del coronavirus. In occasione della sua pubblicazione in Italia, sento il dovere di anteporvi questa breve premessa, conscio di quanto ora più che mai sia impossibile affrontare un discorso sulla catastrofe del clima senza menzionare le terribili sofferenze che l’attuale emergenza sta infliggendo alla popolazione italiana e a milioni di altri cittadini in tutto il mondo. La diffusione del contagio ci ricorda che non siamo avulsi dall’ambiente naturale, bensì a esso interconnessi per molteplici aspetti quotidiani che spaziano dal bisogno di respirare a quello di assumere cibo. Dipendiamo dalla natura tanto quanto la natura dipende da noi. Il virus ci ha messo ancora una volta di fronte a un dato di fatto: siamo tutti mortali e inermi di fronte a determinate manifestazioni del cosmo. Siamo ormai tutti consapevoli di quanto il nostro pianeta si regga su un equilibrio ecologico estremamente fragile che, quando viene alterato, tende a ricercare un nuovo assetto condannando all’estinzione un gran numero di specie viventi. Ci basti osservare il ritmo con cui aumentano le epidemie man mano che proseguiamo nella distruzione indiscriminata della biodiversità. Ecco perché, se non ridurremo l’emissione di gas serra nell’atmosfera, condanneremo le prossime generazioni a livelli inimmaginabili di sofferenza. Dopo tre decenni di grida d’allarme inascoltate da parte della scienza, la nostra inerzia ci ha condotti sull’orlo del baratro. La crisi ecologica è a un punto di non ritorno, pari a quello che ha portato alla diffusione incontrollata del coronavirus. Non è una corrente politica o l’opinione di una minoranza ad affermarlo. È la scienza nuda e cruda. (…) È ORA DI APRIRE GLI OCCHI e guardare in faccia la realtà. Esistono fatti immutabili e incontrovertibili, tra cui le leggi della fisica: se la temperatura aumenta, i ghiacci si sciolgono; in condizioni di siccità i raccolti muoiono; gli incendi distruggono le foreste. Sono tutti fenomeni reali, e questo è solo un assaggio di ciò che ci aspetta. All’orizzonte si profila il collasso ecologico. L’estinzione o la sopravvivenza della specie umana dipenderà in larga parte dalla capacità delle nostre società di attuare, nei prossimi dieci anni, cambiamenti rivoluzionari. Qui l’ideologia non c’entra. Si tratta di pura matematica e fisica. Secondo le Nazioni unite, per contenere l’innalzamento delle temperature entro la soglia di sicurezza di 1,5°C, entro il 2030 dovremmo dimezzare le emissioni di anidride carbonica. La stima rischia di essere ottimistica, visto che, stando agli ultimi rilevamenti, il permafrost si sta sciogliendo con novant’anni di anticipo e i ghiacciai dell’Himalaya stanno scomparendo due volte più in fretta del previsto. Anche senza tener conto di ulteriori incrementi della temperatura provocati dalle emissioni antropiche, nel giro di dieci anni basteranno gli effetti di feedback e l’attuale ciclo di riscaldamento a determinare un aumento della temperatura di 2 °C. In breve, siamo fottuti. Resta solo da capire fino a che punto e quanto tempo ci rimane. DOBBIAMO RASSEGNARCI a questa fatalità? Secondo me no. In molti ormai, superando la debolezza umana di coprirsi gli occhi di fronte alle verità sgradevoli, sono arrivati ad accettare i fatti a cui la scienza ci mette di fronte già da un pezzo. Tuttavia non ne hanno ancora elaborato le implicazioni politiche e sociali. (…) Serve un’immediata inversione di rotta, che non potrà essere attuata senza una rivolta e una trasformazione radicale delle nostre società e della nostra politica. E non parlo di semplici avvicendamenti tra partiti ai vertici del potere. Quello che serve è uno stravolgimento della struttura stessa delle nostre società. Proprio come le specie viventi, le istituzioni non sono capaci di evolversi in maniera repentina. Affinché il cambiamento avvenga in tempo utile, bisogna rimpiazzarle con nuovi sistemi politici, sociali e culturali. (…) Si tratta di agire sul senso comune. Nel 1776, Thomas Paine scrisse un pamphlet intitolato proprio Common Sense per dire ai cittadini delle colonie americane ciò che in cuor loro sapevano già ma non osavano esprimere apertamente: bisognava dichiarare l’indipendenza dalla Corona britannica. Quel testo fu letto soltanto dal 10% della popolazione, eppure gli si riconosce il merito di aver infuso a molti americani il coraggio di fare quel salto verso l’ignoto. Lo scopo del mio libro è identico. La verità che comunica la conosciamo già: così non si può andare avanti. Ormai può salvarci solo una rivoluzione della società e degli Stati, un tuffo nell’ignoto come quello sollecitato da Paine. (...) Da un punto di vista prettamente sociale, è un dato di fatto che la cultura riformista, di sinistra come di destra, tipica dell’at - tuale società neoliberista non sia adatta allo scopo. Detto fuori dai denti, le Ong, i partiti e i movimenti politici che ci hanno portati al disastro degli ultimi trent’anni – dal 1990 le emissioni globali di CO2 sono aumentate del 60% – rappresentano l’intralcio più grosso al cambiamento. Si ostinano a proporre soluzioni graduali, spacciandole per efficaci. (...) Il nuovo paradigma impone di passare dalle parole all’azione, dalle proteste alla violazione in massa della legge attraverso la disobbedienza civile nonviolenta, dall’esclusivismo elitista alla mobilitazione democratica popolare. (…) Bisogna agire subito, in prima persona e senza aspettare l’intervento delle caste al potere. Già oggi esiste un movimento di transizione. È essenziale ampliarlo in maniera massiccia e integrarlo con la ribellione. È degli ultimi mesi del 2019 la notizia paradossale secondo cui nel mondo vengono investiti circa 1,9 trilioni di dollari nel gas e nel carbone, proprio mentre l’elettricità prodotta dai pannelli solari e dalle turbine eoliche è sul punto di diventare meno costosa dei combustibili fossili a livello globale, e in molti Paesi lo è già. Non c’è tempo da perdere. Bisogna agire. Sarà una bella avventura.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/05/17/perche-altrimenti-siam-fottuti/5804260/

giovedì 25 settembre 2014

Ban Ki-moon riceve 6 milioni di firme per salvare l’Artico!

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Una nostra delegazione ha incontrato ieri il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, per consegnare tutte le firme raccolte per la difesa dell’Artico. Non eravamo soli, con noi c’erano 6 milioni di persone: VOI!

Non era scontato portare le vostre firme “così lontano”, ma ce l’abbiamo fatta: Ban Ki-moon ha ricevuto le firme ad un anno esatto dall’arresto dei nostri 30 attivisti nelle acque della Russia Artica.

"Ricevo queste firme come un impegno comune verso il nostro futuro, per proteggere il nostro ambiente, non solo nell'Artico, ma in tutto il mondo", ci ha detto il segretario generale delle Nazioni Unite.

Ban Ki-moon ha poi detto che prenderà in considerazione la convocazione di un vertice internazionale per discutere la questione della protezione del Polo Nord …ed ha anche espresso il desiderio di viaggiare nella regione artica a bordo di una delle nostre navi!

All’incontro con il segretario generale ONU, insieme a Kumi Naidoo, il direttore esecutivo di Greenpeace International, Margareta Malmgren-Köller, che ha convinto ben 80 leaders mondiali a firmare l’Arctic Declaration, l’attivista per i diritti delle popolazioni artiche, Josefina Skerk, e Neil Hamilton, consulente politico di Greenpeace International.
“L'Artico –ha detto Kumi Naidoo - rappresenta una prova determinante per i partecipanti al vertice a New York la prossima settimana. I leader potranno sicuramente pronunciare discorsi eleganti che esprimono grave preoccupazione per il rapido riscaldamento del nostro mondo…ma purtroppo molti di questi stessi dirigenti stanno valutando il modo migliore per spartirsi l'Artico per l'estrazione di petrolio. E 'semplicemente assurdo tenere queste posizioni – contrarie fra loro- allo stesso tempo”!
Sei milioni di difensori artici sono stati rappresentati oggi ed è incoraggiante sapere che la nostra voce può farsi sentire fino alle Nazioni Unite.
Non dimenticheremo di certo l’importanza di questo incontro, il suo significato per la nostra battaglia e le parole, inaspettate, di Ban Ki-moon, quando ci ha detto “Non siete solo impegnati, siete coraggiosi…e siete degli eroi”.