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martedì 7 febbraio 2023

Case economiche e attente all’ambiente: è possibile?

   Fonte:Shutterstock

La crisi climatica sta diventando sempre più pressante e richiede soluzioni innovative per limitare le emissioni di gas serra e migliorare la qualità della vita delle persone. Una delle sfide più grandi in questo senso è la creazione di abitazioni accessibili e sostenibili, che rispettino l’ambiente e soddisfino le esigenze delle famiglie.

È impossibile creare abitazioni sostenibili a prezzi accessibili?

L’edilizia sostenibile, che utilizza materiali eco-compatibili e tecnologie efficienti in termini di energia, può essere una soluzione a questo problema. Tuttavia, spesso questo tipo di abitazioni sono costose e non accessibili a tutti. Ma è davvero impossibile creare abitazioni sostenibili a prezzi accessibili? La risposta è no. Con l’adozione di tecnologie avanzate e l’utilizzo di materiali a basso costo, è possibile costruire case sostenibili a prezzi accessibili. Ad esempio, l’utilizzo di pannelli solari per produrre energia pulita può ridurre i costi energetici e aumentare l’efficienza energetica dell’abitazione. Anche l’utilizzo di materiali riciclati o di fonti rinnovabili può contribuire a ridurre i costi e migliorare la sostenibilità ambientale.

Gli edifici sono dunque enormi inquinanti. Il loro riscaldamento, l’elettricità e le costruzioni in generale producono circa 10 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno in tutto il mondo. In media, si tratta di circa 1,3 tonnellate di anidride carbonica per persona ogni anno. Nel 2021, il settore degli edifici e delle costruzioni è stato responsabile del 37% delle emissioni di CO2 legate all’energia, superando il settore dei trasporti (22%), secondo uno studio delle Nazioni Unite. Quindi, come possiamo ridurre queste emissioni? E quali misure possiamo adottare per garantire una vita sostenibile, economica e confortevole?

Una popolazione in crescita ha bisogno di più abitazioni.

La popolazione mondiale è cresciuta in modo significativo negli ultimi 100 anni, così come il fabbisogno abitativo. E, poiché i livelli di reddito sono aumentati, c’è stato un aumento del numero di persone che vivono da sole. Ma in tutto il mondo ci sono enormi variazioni nella quantità di spazio vitale. Una persona in Nigeria, ad esempio, utilizza in media 6 metri quadrati di spazio vitale. Quel numero sale a 18 in Turchia, 24 in Brasile, 30 in Cina, 38 nell’Unione Europea e 75 metri quadrati negli Stati Uniti.

In Italia, lo spazio abitativo medio per persona è aumentato negli ultimi decenni ⁠— arrivando fino a 67 metri quadri per cittadino, secondo i dati dell’Agenzia delle Entrate. Più appartamenti e case ci sono, più energia è necessaria per il riscaldamento e l’elettricità e più CO2 viene prodotta da questi nuovi edifici. Gli edifici più vecchi necessitano di una quantità particolarmente elevata di energia per il riscaldamento, che può diventare costosa. Ma possono risparmiare fino al 90% di energia con l’isolamento e i moderni sistemi di ventilazione. E anche i costi di riscaldamento possono diminuire se si utilizza meno spazio.

Come riscaldare in modo economico e climaticamente neutro.

Biogas, legno o pellet di legno sono alcune alternative rispettose del clima ai combustibili fossili. Ma queste risorse stanno diventando sempre più scarse e costose, quindi gli esperti consigliano anche le pompe di calore. Questi traggono calore dal terreno o dall’aria e sono alimentati con l’elettricità. Possono generare fino a 7 chilowattora (kWh) di energia termica da 1 kWh di elettricità. Le pompe di calore non producono particolato nocivo e, se si utilizza elettricità verde, nessuna CO2. In Scandinavia gli edifici vengono da tempo riscaldati con pompe di calore e il teleriscaldamento viene gestito con pompe di grandi dimensioni. In combinazione con l’energia solare termica, la biomassa e l’energia geotermica, alcune di queste reti sono quasi neutre dal punto di vista climatico.

Pompe di calore, frigoriferi e LED ad alta efficienza energetica possono anche ridurre il consumo energetico degli edifici. Con tetti e facciate fotovoltaici è possibile generare elettricità a prezzi accessibili anche in casa. In Germania, ad esempio, i pannelli solari per il tetto possono generare energia solare per meno di 0,10 € per kWh. Non è nemmeno un quarto del prezzo che si pagherebbe normalmente per l’elettricità dalla rete: una media di 0,40€ per kWh. I pannelli solari si ripagano da soli in 5-15 anni, dopodiché generano elettricità gratuita per circa due decenni.

Materiale rinnovabile al posto di cemento, acciaio e plastica.

Durante la costruzione degli edifici viene emessa molta CO2, da 0,5 a 0,8 tonnellate per metro quadrato di superficie abitabile. Si tratta di circa 50-80 tonnellate di CO2 per la costruzione di un nuovo appartamento di 100 metri quadrati. In confronto, l’India emette 2 tonnellate di CO2 pro capite all’anno. Le emissioni sono causate principalmente dalla produzione di cemento, calce e gesso (25%), dall’edilizia stessa (10%) e dalla produzione di materiali da costruzione come isolanti (8%) e metalli (8%). Materiali da costruzione alternativi come il legno e opzioni isolanti rinnovabili, come la paglia, possono ridurre drasticamente le emissioni di CO2 dai cantieri.

La ristrutturazione delle case più vecchie, invece di costruirne di nuove, consente inoltre di risparmiare CO2 e ridurre le spese. La ristrutturazione di solito costa circa un quarto in meno rispetto alla costruzione di un nuovo edificio, il che significa che le emissioni derivanti dalla costruzione e dal funzionamento possono essere più che dimezzate. Ecco perché architetti, scienziati e associazioni ambientaliste chiedono agli urbanisti e ai costruttori di ripensare i loro progetti. Sostengono che la demolizione e la nuova costruzione dovrebbero essere evitate dove possibile, e la ristrutturazione degli edifici più vecchi dovrebbe diventare la norma.

Una sfida possibile.

In generale, è importante che le politiche pubbliche sostengano le abitazioni sostenibili a basso costo. Ad esempio, incentivi fiscali per l’utilizzo di tecnologie sostenibili e finanziamenti per progetti di edilizia sociale possono aiutare a rendere queste abitazioni accessibili a un numero maggiore di persone. Inoltre, è fondamentale che le aziende del settore immobiliare lavorino insieme alle autorità locali e ai gruppi ambientalisti per creare soluzioni sostenibili a lungo termine. In definitiva, la creazione di abitazioni sostenibili a prezzi accessibili è una sfida importante, ma non è impossibile. Con l’adozione di tecnologie avanzate, la collaborazione tra il settore immobiliare e le autorità locali, si può fare.

https://quifinanza.it/green/case-economiche-attente-allambiente/690545/

martedì 2 novembre 2021

Cop26, “così andiamo verso il disastro”. Ma i leader arrivano con 400 aerei. - Virginia Della Sala

 

GLASGOW - I 120 big litigano sulla data della “neutralità carbonica”. L’India: “Noi nel 2070”. Pechino attacca gli Stati Uniti.

Al termine della prima giornata della Cop26 di Glasgow, la conferenza sul clima delle Nazioni Unite durante la quale tradizionalmente i Paesi assumono impegni formali (e a volte vincolanti) sul fronte delle politiche climatiche e ambientali, forse le parole che inquadrano meglio la situazione di partenza sono del segretario generale dell’Onu, António Guterres: “C’è un deficit di credibilità – ha detto quasi ammonendo i partecipanti – e un eccesso di confusione sulla riduzione delle emissioni e sugli obiettivi di zero netto, con significati e metriche diverse”. Sono punti fermi da cui partire per interpretare quello che accadrà nei prossimi undici giorni, fino alla conclusione del 12 novembre, e anche per comprendere la situazione attuale.

Il G20 di Roma, che si è concluso domenica e che aveva sul clima un focus rilevante, ha infatti consegnato un comunicato su un traguardo molto debole perché già previsto nell’accordo di Parigi del 2015, ovvero il riconoscimento da parte di tutti del contenimento del riscaldamento globale a 1,5 gradi centigradi entro la fine del secolo invece degli iniziali 2 gradi con vocazione a fare “ogni sforzo possibile” per arrivare a 1,5. La “neutralità carbonica”, ossia il saldo zero tra le emissioni inquinanti emesse e quelle eliminate, si dovrà invece raggiungere “intorno alla metà del secolo”, senza una data precisa. E così, nel suo discorso di apertura, il premier britannico Boris Johnson si rifà alle parole dell’attivista Greta Thunberg e spiega che dal 2015 il mondo ha fatto troppo “bla bla bla” e che il flop di questo summit potrebbe scatenare la “furia del mondo”. Certo l’inizio non è dei migliori.

I leader radunati a Glasgow sono 120 e sono arrivati portandosi dietro di sicuro 52 jet solo nella giornata di domenica, almeno 400 jet totali secondo le stime della stampa anglosassone che potrebbero generare “13mila tonnellate di emissioni di CO2, l’equivalente di quella prodotta da 1.600 inglesi in un anno” dice il Daily Mail. Anche il rientro di Johnson a Londra è previsto in aereo e il premier si è dovuto giustificare con esigenze istituzionali e il fatto che il suo jet charter utilizza una speciale miscela di carburante per aviazione “sostenibile” ed è uno degli aerei più efficienti in termini di emissioni. Pesano, poi, le assenza rilevanti del presidente cinese Xi Jinping (che a Roma si è collegato in videoconferenza mentre in Scozia ha mandato un messaggio scritto), del presidente brasiliano Jair Bolsonaro e del presidente russo Vladimir Putin. E soprattutto, pesa l’assenza di qualsiasi buona notizia: se la Cina non sembra in alcun modo intenzionata a modificare il percorso stabilito (massime emissioni entro il 2030 e poi zero al 2060) e ha puntato il dito contro gli Stati Uniti accusandoli di avere “minato la fiducia globale in anni recenti nella lotta contro i cambiamenti climatici”, per la mancata ratifica del Protocollo di Kyoto, e il ritiro dagli accordi di Parigi del 2015 con Donald Trump, l’India è riuscita a sorprendere in negativo. Il primo ministro Narendra Modi, da cui ci si aspettava annunci ambiziosi, ha comunicato un obiettivo di “zero netto” entro il 2070, dieci anni dopo Cina e Russia, venti dopo gli Usa. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha invece sollecitato un’azione più severa sulle emissioni, ma non ha annunciato alcuna nuova mossa rispetto all’impegno d’inizio mandato (taglio del 52% delle emissioni entro il 2030).

Non resta che l’obiettivo minimo dei soldi, i famosi 100 miliardi all’anno che, sempre dal 2015, gli Stati si sono impegnati a destinare alla transizione energetica dei Paesi in via di sviluppo e oggi fermi a 82 miliardi. La proposta del premier Mario Draghi, ieri, è stata di colmare la differenza con i diritti speciali di prelievo del Fondo monetario internazionale (una forma di liquidità garantita dal fondo). Spendere anziché agire: magari su questo si arriverà a una quadra.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/11/02/cosi-andiamo-verso-il-disastro-ma-i-leader-arrivano-con-400-jet/6376116/

giovedì 22 aprile 2021

SINDACATI E POLITICA/ Così il Recovery può aiutare l’occupazione in Italia. - Angelo Colombini

 

Ieri c’è stato un incontro tra i sindacati e il Premier riguarda il Piano nazionale di ripresa e resilienza che il Governo sta approntando. 

L’Italia, tra tutti gli Stati membri colpiti dal virus, è il maggior beneficiario degli aiuti inediti che sono stati resi disponibili dall’Unione europea e che arriveranno tramite il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). La profondità e l’ampiezza della crisi economica determinata dalle conseguenze della pandemia su occupazione, Pil, attività produttive, entrate fiscali, incremento del deficit e del debito ha comportato un dispiegamento di risorse addirittura maggiori di quelle erogate dal “Piano Marshall” nel dopoguerra. 

In Italia la crisi si è innestata e ha ampliato contraddizioni, fragilità, ineguaglianze e divari propri del nostro sistema “Paese” e si spera che possano essere in parte recuperati intercettando e soprattutto finalizzando gli aiuti del Pnrr. “Finalizzando” perché l’Italia, come capacità di spendere i fondi europei, è nella parte bassa della classifica europea. 

Per questo motivo, data la natura della crisi, i sostegni europei, lo scostamento di bilancio e il Recovery Plan, le risorse devono essere impegnate nel più breve tempo possibile, definendo procedure che facciano superare i burocratismi e gli schemi comuni a cui siamo abituati. Se vogliamo recuperare i ritardi italiani che hanno depresso l’innovazione e gli investimenti, aumentato le diseguaglianze e scaricato il costo prevalente della fiscalità generale sui redditi da lavoro dipendente e sulle pensioni, non possiamo permetterci di sprecare neanche un euro.

Il Pnrr non è la panacea di tutti i mali, ma è una grande opportunità per invertire la tendenza, tornare sulla strada della crescita stabile, disinnescare le oltre 120 crisi aziendali, creare lavoro dignitoso, di qualità e sostenibile, ridurre le disuguaglianze, investire sulle questioni ambientali e di contrasto al cambiamento climatico.

Questa opportunità per diventare tangibile e concreta deve partire dalla verifica delle ricadute economiche e occupazionali, dalla presenza delle parti sociali nella governance ed essere accompagnata dalla costituzione di un patto tra gli attori coinvolti per seguire l’attuazione del piano complessivo – e non dei singoli progetti – e di tutte le riforme, imprescindibili, ad esso connesse, com’è emerso ieri dall’incontro tra i Segretari generali di Cgil, Cisl e Uil e il Premier Draghi.

La ricaduta a valle di quanto previsto nel Pnrr deve andare oltre la semplice informativa, deve essere strutturata, programmata e monitorata dettagliatamente al fine di valutarne l’impatto economico e occupazionale, per raccordarla con le urgenti e necessarie riforme strutturali che riguardano i temi del lavoro e dell’occupazione, della sanità e della Pubblica amministrazione, delle politiche industriali, energetiche e delle infrastrutture, della scuola e della giustizia, del fisco, delle politiche sociali e dell’ambiente.

Per noi della Cisl è importante che venga recuperato, in un cambiamento di questa portata, il confronto e la concertazione con le parti sociali in tutte le fasi del Piano, dalla progettazione, alla realizzazione e infine al monitoraggio, sia dei tempi che di corrispondenza agli indicatori definiti. Ma per fare ciò bisogna andare oltre gli slogan e accantonare le posizioni ideologiche.

Nel corso dell’ultimo anno, e da quando l’Europa ha pensato al Next Generation Eu (Ngeu) abbiamo elaborato proposte, documenti, osservazioni ed emendamenti volti innanzitutto alla tutela, alla salvaguardia e alla valorizzazione delle lavoratrici e dei lavoratori. Per rendere il nostro Paese più vivibile, giusto e innovativo, utilizzando le opportunità e gli strumenti che l’Europa ci mette a disposizione, abbiamo declinato nella nostra azione sindacale a tutti i livelli, da quello internazionale a quello locale, la cosiddetta Giusta Transizione: nessuno deve essere lasciato indietro.

E in questa roadmap verso l’uscita dalla crisi che implica diverse transizioni, tra cui quella energetica, non si può fare a meno dell’utilizzo del gas, nella misura in cui le altre fonti alternative e rinnovabili non sono ancora in grado di rispondere al totale fabbisogno energetico. 

Siamo i primi ad avere coscienza e ad affermare che il lavoro si tutela anche tramite il perseguimento dell’innovazione organizzativa e tecnologica, e chiediamo, ancor di più oggi, che si velocizzino con il massimo impegno le due transizioni gemelle (ecologica e digitale) prevedendo anche, tra gli obiettivi prioritari, un ripensamento del sistema dell’istruzione che sia legato alle emergenti e nuove competenze che accompagni le persone. Solo definendo opportuni percorsi di formazione e riqualificazione professionale, adeguati ammortizzatori sociali, efficaci politiche attive, informazioni trasparenti con il diretto coinvolgimento e partecipazione di tutti, si potrà avere il necessario consenso per raggiungere gli obiettivi di ripresa del Pnrr che non prescindono da quelli di decarbonizzazione e di lotta ai cambiamenti climatici.

IlSussidiario.net

mercoledì 10 febbraio 2021

Governo: M5s, 'Voto su Rousseau temporaneamente sospeso'. Grillo, 'Serve super ministero per transizione ecologica'.

 

Crimi sul blog: 'Nuovi orari saranno successivamente comunicati'.


"Un super ministero per la transizione ecologica lo hanno Francia, Spagna, Svizzera, Costarica e altri paesi. Presto lo dovranno avere tutti.

Non lo dico io. Ce lo gridano la natura, l'economia, la società". Così Beppe Grillo in un tweet.
"Un Super-Ministero per la transizione ecologica - afferma Grillo sul blog - fonde le competenze per lo sviluppo economico, l'energia e l'ambiente. Capiamolo, una volta per tutte: è l'economia che rovina l'ambiente, non il contrario. Lo dico da vent'anni negli spettacoli: 'Il vero ministero dell'ambiente è quello dell'economia, dell'energia, delle finanze'. Un Super-Ministero per la transizione ecologica è la coordinazione per trasformare la società - non solo dell'economia. E' uno strumento fondamentale, come ci sembrarono fondamentali i primi ministeri dell'ambiente negli anni '70. Qualcuno allora faceva ironie. Ma oggi il ministero dell'ambiente lo hanno tutti gli Stati". "Solo un Super-Ministero - afferma il fondatore M5S - per la transizione ecologica può affrontare le crisi che in cinquant'anni di economia patogena abbiamo fatto diventare emergenze: il clima, la biodiversità, le disuguaglianze, il lavoro, le migrazioni. Questa è una pand-economia micidiale. In mezzo secolo, ha fatto più morti che il Covid in un anno".

Via libera su Rousseau da parte degli iscritti M5S alla nuova governance composta da 5 membri che archivia la stagione del capo politico. Il secondo quesito, che introduce il nuovo organo, ha visto prevalere i sì con l'83,5% (24.340 voti) contro il 16,5% (4.793) dei no. A votare sono stati 29.133 iscritti.
Per la modifica dello Statuto M5s "poiché non ha partecipato alle votazioni almeno la maggioranza assoluta degli iscritti, così come previsto dall'articolo 6 dello Statuto del MoVimento 5 Stelle, si procederà con la seconda convocazione dell'Assemblea degli iscritti dalle ore 12 di martedì 16 febbraio 2021 fino alle ore 12 di mercoledì 17 febbraio 202". Lo annuncia il Movimento sul blog delle Stelle.

'Il voto sul governo previsto dalle ore 13.00 di oggi è temporaneamente sospeso. I nuovi orari di inizio e termine votazione saranno successivamente comunicati". È quanto afferma il capo politico M5S Vito Crimi in un post sul blog delle Stelle.
Colpo di scena sulla sorte del governo Draghi. Lo scontro tra i Cinque Stelle costringe Grillo a rinviare il voto degli iscritti su Rousseau per evitare una spaccatura che può essere fatale al tentativo dell'ex presidente della Bce. 'Aspettiamo a votare che Draghi abbia le idee chiare, un po' di pazienza. Ho detto no alla Lega e lui mi ha risposto... non lo so, vediamo...', dice Grillo nel video in cui definisce Draghi 'un grillino'. Arriva la replica di Salvini: 'Incredibile Grillo. Noi confermiamo il nostro atteggiamento costruttivo, responsabile, positivo e che ci porta a non parlare di ministeri e a non mettere veti'.

Stop Grillo a voto Rousseau, "Draghi uno di noi" - IL VIDEO - "Pensavo fosse un banchiere di Dio invece è un grillino". A tarda sera arriva, atteso come se fosse una benedizione da buona parte del M5S, l'endorsement di Beppe Grillo a Mario Draghi e lo stop al voto degli iscritti. Il Garante del M5S, dopo la decisione di mettere su Rousseau la votazione sul governo guidato dall'ex governatore della Bce, è costretto a tornare a Roma e, a sorpresa, a partecipare nuovamente alle consultazioni con Draghi. Serve l'impronta del fondatore sul sì del Movimento al nuovo governo per piegare la trincea dei "contras", folta al Senato e foltissima tra gli attivisti. Con al conseguenza che, un no della base a Draghi, porterebbe ad una sicura scissione nei gruppi pentastellati. La decisione di affidarsi al voto agli iscritti scatena una guerra fratricida nel Movimento che, secondo fonti parlamentari qualificate, innesca una tensione altissima tra Grillo e Davide Casaleggio, sebbene dall'Associazione Rousseau neghino qualsiasi attrito. E perfino il post con cui il capo politico annuncia, poco dopo ora di pranzo, che il M5S chiederà a Draghi quale sia il perimetro politico della maggioranza, finisce sotto attacco da parte dell'ala pro-governo del Movimento, la più numerosa alla Camera e, probabilmente, anche al Senato. "Se vince il no su Rousseau qui facciamo la scissione al contrario", spiega nel pomeriggio un big del gruppo a Montecitorio facendo capire che i pro-Draghi potrebbero anche non rispettare il voto "dell'intelligenza collettiva". Serve che Grillo ritorni in campo. E l'ex comico lo fa. In un video sottolinea alla base come Draghi abbia detto sì al reddito di cittadinanza e all'ambiente come pilastro del nuovo governo. Ma per votare su Rousseau chiede di aspettare. Serve insomma un altro segnale da parte del premier incaricato, che eviti la spaccatura del M5S. E un segnale potrebbe avvenire, secondo un'interpretazione che circola nel Movimento, quando Draghi parlerà al Quirinale dopo il giuramento. E, soprattutto, dopo che avrà stilato la lista dei ministri del nuovo governo. Un governo nel quale Grillo e i vertici del M5S puntano dritti ai temi della transizione ecologica. Nel frattempo, impazza la campagna dei parlamentari a favore o contro il governo. In serata i "contras" si vedono via Zoom al V-Day contro Draghi, per sfogarsi e contarsi, anticipati dall'intervista ad Andrea Scanzi con cui Alessandro Di Battista, proprio mentre Grillo è nella Sala dei Busti con Draghi, ribadisce il suo "no" al professore e al governo con FI e Lega, assicurando che continuerà la battaglia dentro il Movimento. La tensione è altissima. Neppure la mediazione del voto di astensione, proposta dallo stesso Di Battista e da Barbara Lezzi, è una exit strategy. Anche perché, l'ala governista, nell'esecutivo Draghi, ci vuole entrare eccome. E poi ci sono i pontieri, i mediatori e gli indecisi che vogliono prima vederci chiaro proprio sulla natura politica del governo. "Basta protagonismi", avverte Luigi Iovino. "Questa campagna elettorale interna è uno spettacolo indegno", incalza Fabio Castaldo. In mezzo a questa tempesta, nel pomeriggio, torna a Roma Beppe Grillo. Agli uffici della Camera, questa volta, l'ex comico si fa più leader e meno showman. Parla soprattutto ai gruppi, in una riunione in cui mancano sia Luigi Di Maio che Giuseppe Conte. Da lì gira il video con cui congela il voto su Rousseau. Chiedendo "pazienza" ma, volutamente, senza precisare la nuova data della votazione. E' un modo, implicitamente, anche per "far sbollire" l'ala "dibattistiana". Con conseguenze al momento avvolte nella nebbia: ma, stando alle ultime indiscrezioni, la votazione su Rousseau potrebbe essere indetta dopo che Draghi scioglierà la riserva e prima che andrà in parlamento a chiedere la fiducia. Quando, insomma, al M5S sarà più chiaro quanto di pentastellato entrerà nel programma e magari anche nella squadra di governo.

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2021/02/10/annuncio-m5s-voto-temporaneamente-sospeso-_3e18b2d2-0314-4b4b-9f52-10da826a03b0.html

domenica 6 dicembre 2020

Il fiume Panaro rompe gli argini, evacuazioni nel Modenese. Pericolo valanghe molto forte sulle Dolomiti di Sesto.

 

Il fiume Panaro rompe gli argini, evacuazioni nel Modenese. Pericolo valanghe molto forte sulle Dolomiti di Sesto.

Già caduti 140 cm di neve, attesi altri 110 cm. Il maltempo provoca l'interruzione della ferrovia del Brennero. Allagamenti e frane in Sicilia, Eolie isolate.

Italia flagellata dal maltempo da Nord a Sud. La pioggia non smette di battere, facendo esondare i fiumi nel modenese dove sono state evacuate 60 famiglie. "A causa del rischio di frane e valanghe provocato dal maltempo di queste ore invito tutti i cittadini ad evitare di dirigersi verso il bellunese".

Lo dice all'ANSA il presidente del Veneto, Luca Zaia, sulla scorta degli aggiornamenti sulla situazione nella provincia di Belluno, dove collegamenti e viabilità sono in crisi per le piogge, le nevicate e i conseguenti smottamenti.

Sulle Dolomiti di Sesto, come anche sulle Dolomiti tra la Marmolada e Fiera di Primiero il pericolo valanghe è "molto forte" (grado 5 di 5). Nel resto dell'Alto Adige, ad esclusione della val d'Adige, è invece "forte" (grado 4 di 4). Nelle regioni più colpite sono caduti da 80 a 140 cm di neve. In molte regioni domenica cadranno da 60 a 110 cm di neve, localmente anche di più. A rendere ancora più difficile la situazione il forte vento da sud che causa accumuli di neve. 

La rottura dell'argine del fiume Panaro che ha prodotto una copiosa uscita d'acqua è avvenuta nel territorio comunale di Castelfranco Emilia, a poca distanza da Nonantola e da Modena. Sono state predisposte, nel rispetto della normativa vigente relativa all'emergenza covid, tre strutture dedicate all'accoglienza di eventuali sfollati: il PalaReggiani, la Palestra delle Scuole Guinizelli e la Palestra delle Scuole "Rosse". E' chiuso un tratto della ferrovia tra Castelfranco e Modena e sono state chiuse alcune strade: via Bonvino, via Viazza e via Tronco, che sono sott'acqua. Sul posto vigili del fuoco e protezione civile per assistere la popolazione. Aipo sta intervenendo sull'argine.

Da 48 ore i vigili del fuoco sono impegnati nel Centro-Nord in interventi di soccorso dovuti al maltempo che sta colpendo Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Piemonte, Lombardia e Toscana. Oltre 2.200 gli interventi effettuati.

Un piccolo ponte su un torrente è crollato ieri sera a causa del maltempo nella zona di Belluno, facendo precipitare nel greto un mezzo dei vigili del fuoco, vuoto perché i tre occupanti si erano già messi al sicuro. E' accaduto ieri sera a Gosaldo, ma si è appreso stamane. Il ponte collega la frazione di Rent - rimasta isolata - ad un altro abitato di Gosaldo. Da ieri sera i pompieri hanno compiuto 130 interventi per il maltempo nel bellunese, 50 le squadre al lavoro.

Il fiume Panaro rompe gli argini, evacuazioni nel Modenese - Sono in corso le evacuazioni di abitanti nella zona tra Gaggio e Nonantola, nel Modenese, per la rottura dell'argine del fiume Panaro. Lo annunciano i vigili del fuoco, spiegando che sul posto sono state inviate sezioni operative dalla Toscana e dal Piemonte.

Interrotta ferrovia del Brennero - Per motivi di sicurezza la linea ferroviaria del Brennero è interrotta tra Bolzano e il confine di stato. Da ieri sera sono anche bloccate l'autostrada A22 in direzione nord tra Vipiteno e Brennero e la statale in entrambe le direzioni tra Colle Isarco e il confine di Stato. L'Austria per questo motivo attualmente non è raggiungibile tramite il valico. Numerose le località isolate in Alto Adige.

Allagamenti e frane in Sicilia, Eolie isolate - Due frane si son verificate nel Palermitano, sulle statali Palermo-Sciacca e Termini Imerese-Caccamo. La prima ha interessato il tratto nei pressi di Ponte Balletto, tra San Cipirello e Camporeale. Numerosi gli allagamenti a Palermo: a Mondello (nella zona di piazza Valdesi, viale Regina Elena e principe di Scalea), a Partanna Mondello, in via Messina Marine (nei pressi dell'ospedale Buccheri La Ferla). Chiusa al traffico via Imera. A Messina e provincia strade allagate e frane a Terme Vigliatore, a Basicò, Novara di Sicilia e Tripi. Fermi da ieri pomeriggio i collegamenti con le Eolie a causa del forte vento di Scirocco. Nella città dello Stretto l'amministrazione comunale ha disposto la chiusura dei cimiteri e delle ville comunali, dato che anche per oggi c'è un grado di allerta arancione. Rinviata la campagna di screening Covid-19 per gli studenti, prevista oggi e rimandata a domani. Sempre per il maltempo, a Messina, di nuovo chiuso il porto di Tremestieri. Le navi sono dirottate al porto storico e alla rada San Francesco, di conseguenza i tir attraversano il centro città. A Messina frane e allagamenti, evacuate alcune abitazioni.

A Roma disposta la chiusura degli accessi alle banchine del Tevere - "La Protezione Civile di Roma Capitale ha disposto la chiusura degli accessi alle banchine del Tevere, sulla base dell'informativa del Centro Funzionale Regionale, emessa alle 4:05 del 6 dicembre, con la quale viene comunicato che, a seguito delle piogge che hanno interessato e interessano il bacino del fiume Tevere e dei suoi principali affluenti, si prevede che dal pomeriggio/sera di domenica 6 dicembre 2020 i livelli idrici del Tevere potranno interessare parzialmente le banchine del tratto urbano nelle zone più depresse. La quota iniziale di allagamento delle banchine del tratto urbano presso la stazione idrometrica di Ripetta è stata individuata a m. 7,00". Lo comunica il profilo Twitter ufficiale del Comune di Roma.

https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2020/12/06/pericolo-valanghe-molto-forte-sulle-dolomiti-di-sesto_d69c0d10-289e-4a15-bc17-8497cf39659e.html

giovedì 24 settembre 2020

Fridays For Future: le finte svolte green dell’Europa e dei governi dell’Unione. - Fridays For Future Italia

 












Dalla Merkel, a Macron, a Conte, per non parlare dell'Europa di Von der Leyen. Tutti sposano programmi per l'ambiente, ma incrementano le centrali inquinanti e l'estrazione di gas e petrolio.

Come la politica continua ad ignorare il clima.

Il 2019 è stato l’anno del clima. Milioni di giovani in tutti i continenti sono scesi per la prima volta in piazza al grido di “non c’è più tempo” e “giustizia climatica”, mentre Greta Thunberg è diventata un simbolo delle lotte ambientaliste a livello globale. Politici di destra e di sinistra hanno cercato di cavalcare l’onda, proponendosi come interlocutori della scienza e dei nuovi movimenti. È il caso della Von der Leyen e del suo European Green Deal, del Klima Paket di Angela Merkel, della Commissione per il Clima di Emmanuel Macron, del Decreto Clima voluto dal nostro premier Giuseppe Conte. La battaglia, dicono alcuni, sembra ormai avviata verso una felice conclusione: le istituzioni hanno ascoltato gli esperti e, finalmente, agiscono.

La realtà, però, è più complessa.

Tutti i piani sopra elencati – pur presentati in pompa magna – sono lacunosi, insufficienti, talvolta persino dannosi. Si distingue in negativo, poi, il governo italiano, timido fino al ridicolo nell’affrontare la questione. E così la Von der Leyen promette un Europa a zero emissioni in trent’anni ma intanto continua a finanziare il gas fossile; Angela Merkel incontra Greta ma apre nuove centrali a carbone; Macron promette grandi cose e intanto si contende i pozzi petroliferi del Nord Africa.

Al risveglio della popolazione non sono – ancora – seguite reazioni sufficienti. Ma protestare ha portato ad un’attenzione mai vista sul tema e atti – stop ai sussidi al fossile in Spagna, massiccio disinvestimento da gas&oil nelle Borse mondiali, impennata delle rinnovabili – comunque senza precedenti. La sfida, insomma, procede, ma bisogna giocarla fino in fondo.

Arriviamo, dunque, alla cronaca. Approfittando cinicamente dell’attenzione rivolta al covid, alcuni leader cercano di fare precipitosi passi indietro sui temi ambientali. Eccone alcuni esempi.

Trump nega l’evidenza.

La costa est degli Stati Uniti brucia ormai da settimane, vittima di incendi resi sempre più violenti e incontrollabili dalla crisi climatica. In questo contesto il Presidente Trump – in piena campagna elettorale – si è detto convinto che le “temperature globali, invece di aumentare, diminuiranno”. Una tesi, inutile dirlo, che non trova riscontro in nessuno studio scientifico e men che meno nell’esperienza degli americani accerchiati dal fuoco. “Le prove osservate parlano da sole: il cambiamento climatico è reale e ha aggravato gli incendi” gli ha risposto uno sconsolato governatore della California, lo stato più colpito dalle fiamme.

L’Unione Europea gioca col gas.

“L’European Green Deal sarà il nostro uomo sulla Luna” aveva detto una gongolante Ursula Von Der Leyen presentando il suo piano per la transizione ecologica. Già allora, in realtà, denunciammo l’inconsistenza del progetto, e oggi abbiamo l’ennesimo riscontro: il Parlamento Europeo ha ammesso tra gli investimenti verdi anche quelli sul gas, combustibile fossile responsabile della crisi climatica. E’ come se si raccomandassero baci e abbracci in un decreto anti-Covid.

I petrolieri italiani all’attacco.

Il Ministero dell’Ambiente italiano sta lavorando da mesi ad un piano di parziale riconversione dei SAD (sussidi ambientalmente dannosi) in sussidi favorevoli a clima, natura e salute. Un progetto in verità tutt’altro che rivoluzionario, criticato per la sua timidezza, ma già troppo per i petrolieri italiani. Secondo alcune indiscrezioni di stampa, l’Unione Petrolifera Italiana si starebbe opponendo al provvedimento, spingendo affinché tutto rimanga com’è. Saprà il nostro governo resistere a queste pressioni?

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/09/22/fridays-for-future-le-finte-svolte-green-delleuropa-e-dei-governi-dellunione/5938096/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=fatto-for-future&utm_term=2020-09-22

giovedì 27 agosto 2020

Ambiente, profondo rosso: tra 24 ore la Terra è in debito. -

Ambiente, profondo rosso: tra 24 ore la Terra è in debito
Overshoot Day
Il 22 agosto è il giorno del sovrasfruttamento delle risorse terrestri da parte dell’Umanità (Overshoot Day). Non è una data fissa, celebrativa, come la giornata mondiale dell’ambiente o della gioventù, ma è come una spia rossa che si accende sul cruscotto dell’auto e ti dice che sei in riserva perché hai premuto troppo sull’acceleratore. Nel 1970, con una Terra popolata da 3,7 miliardi di umani – meno della metà di quanti siamo oggi – quella data cadeva il 29 dicembre: era una buona cosa, dovevamo viaggiare in riserva solo per un paio di giorni, poi con il primo gennaio dell’anno nuovo, come con gli interessi di un conto in banca sano, si poteva fare rifornimento di risorse naturali che il capitale terrestre era in grado di rigenerare. Ma anno dopo anno, cresciuta la popolazione, cresciuti i consumi e cresciuto l’inquinamento, la data della riserva ha cominciato ad anticipare sempre più, nel 2000 era arrivata al 23 settembre e nel 2019 al 29 luglio, la più precoce di sempre.
“In riserva” carbone&C.: mangiare la biodiversità.
Nel caso del nostro pianeta viaggiare in riserva vuol dire che ti mangi il capitale cioè impoverisci la biodiversità, estingui specie pescando troppo pesce negli oceani, deforestando l’Amazzonia, scavando miniere, cementificando il suolo, bruciando petrolio e carbone, cambiando il clima, spargendo plastica e altri rifiuti, accrescendo la popolazione di circa 80 milioni di persone all’anno. Giocando a spendere più di quanto ci sia sul conto per cinque mesi su dodici, contraiamo un debito molto più importante di quello monetario: il debito ecologico, detenuto non da banche o governi, ma dalle inesorabili leggi fisiche che governano l’universo.
Un debito che non si potrà estinguere con decreti o recovery funds, perché è misurato in tonnellate di CO2, in concentrazioni di mercurio nelle acque, in microplastiche nel cibo, in mancanza di suolo fertile, in minore produttività agraria, in riduzione dell’acqua dolce e così via. Cioè basato sulle grandezze fisico-chimiche e biologiche che fanno funzionare la nostra vita e che non si comprano con la carta di credito. Quest’anno però è successo qualcosa di inatteso: invece di anticipare, la data del sovrasfruttamento ha riguadagnato 24 giorni, riportandosi ai livelli del 2005.
Non è l’effetto di un’improvvisa politica ambientalista planetaria, non è il frutto dell’Accordo di Parigi sul clima, ma semplicemente la riduzione dei consumi e dei trasporti dovuta al confinamento sanitario da coronavirus. Per qualche mese vari paesi del mondo hanno chiuso in casa la popolazione, la gente non ha più utilizzato aerei e automobili, ha sostituito i viaggi con le teleconferenze, ha ridotto lo shopping all’indispensabile, e magicamente le emissioni di CO2 sono diminuite e in parte anche l’uso di alcune materie prime non indispensabili. Ma con il rientro a una vita normale dopo l’emergenza, tutto sta tornando come prima o peggio di prima. Il terrore del collasso economico, che purtroppo è sempre, e a torto, maggiore di quello del collasso ecologico, spinge verso una ripresa dei consumi. La svolta verde è ancora lontana e carbone, petrolio, deforestazione e rifiuti continuano a essere il motore della crescita economica. Il rinculo della data del sovrasfruttamento 2020 potrebbe dunque essere un fenomeno del tutto transitorio, annullato nei prossimi mesi dal ripristino del modello dissipativo business-as-usual. Ma potrebbe anche rappresentare un eccellente esperimento positivo, la prova che se si vuole, si può ridurre in tempi brevissimi il nostro impatto sulle risorse planetarie.
Non invocando un nuovo lockdown, ma agendo sulle abitudini quotidiane, riducendo i viaggi inutili, soprattutto quelli aerei e il pendolarismo automobilistico facilmente sostituibile dal telelavoro, limitando i consumi di oggetti inutili, rallentando la frenetica attività produttiva voluta dalla competitività e dalla finanza. Ovvio che per rendere strutturali queste modifiche bisognerebbe cambiare il modello economico: da un capitalismo estrattivo basato sul dogma – fisicamente irrealizzabile – della crescita infinita in un mondo finito, a una società demograficamente ed economicamente stazionaria che possa essere più sobria nei consumi, rispettando i limiti planetari e sfruttando al meglio la tecnologia per ridurre gli sprechi, non per indurne di nuovi!
Domani o cambiamo o nessuno ci farà credito.
Se ciò verrà fatto, potremmo sperare di riportare la data della riserva verso dicembre, consegnando alle generazioni future un bilancio ecologico relativamente sano, un pacchetto di risorse naturali ancora passabile, un clima non troppo sregolato, un accumulo di rifiuti bonificabile. Se non lo faremo, la data, quando il problema Covid sarà risolto, tornerà ad anticipare, approfondendo sempre più il debito ecologico globale fino all’invivibilità di buona parte del pianeta. Come dire che a un certo punto la vera banca da cui dipendiamo tutti noi, quella ambientale, chiuderà il nostro conto in rosso e ci pignorerà ogni avere, saremo una specie sfrattata dal pianeta e nessuno ci farà credito. Sarà quello il giorno della bancarotta ecologica.
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venerdì 21 agosto 2020

Ambiente, profondo rosso: tra 24 ore la Terra è in debito. - Luca Mercalli

Ambiente, profondo rosso: tra 24 ore la Terra è in debito

Il 22 agosto è il giorno del sovrasfruttamento delle risorse terrestri da parte dell’Umanità (Overshoot Day). Non è una data fissa, celebrativa, come la giornata mondiale dell’ambiente o della gioventù, ma è come una spia rossa che si accende sul cruscotto dell’auto e ti dice che sei in riserva perché hai premuto troppo sull’acceleratore. Nel 1970, con una Terra popolata da 3,7 miliardi di umani – meno della metà di quanti siamo oggi – quella data cadeva il 29 dicembre: era una buona cosa, dovevamo viaggiare in riserva solo per un paio di giorni, poi con il primo gennaio dell’anno nuovo, come con gli interessi di un conto in banca sano, si poteva fare rifornimento di risorse naturali che il capitale terrestre era in grado di rigenerare. Ma anno dopo anno, cresciuta la popolazione, cresciuti i consumi e cresciuto l’inquinamento, la data della riserva ha cominciato ad anticipare sempre più, nel 2000 era arrivata al 23 settembre e nel 2019 al 29 luglio, la più precoce di sempre.
“In riserva” carbone&C.: mangiare la biodiversità
Nel caso del nostro pianeta viaggiare in riserva vuol dire che ti mangi il capitale cioè impoverisci la biodiversità, estingui specie pescando troppo pesce negli oceani, deforestando l’Amazzonia, scavando miniere, cementificando il suolo, bruciando petrolio e carbone, cambiando il clima, spargendo plastica e altri rifiuti, accrescendo la popolazione di circa 80 milioni di persone all’anno. Giocando a spendere più di quanto ci sia sul conto per cinque mesi su dodici, contraiamo un debito molto più importante di quello monetario: il debito ecologico, detenuto non da banche o governi, ma dalle inesorabili leggi fisiche che governano l’universo.
Un debito che non si potrà estinguere con decreti o recovery funds, perché è misurato in tonnellate di CO2, in concentrazioni di mercurio nelle acque, in microplastiche nel cibo, in mancanza di suolo fertile, in minore produttività agraria, in riduzione dell’acqua dolce e così via. Cioè basato sulle grandezze fisico-chimiche e biologiche che fanno funzionare la nostra vita e che non si comprano con la carta di credito. Quest’anno però è successo qualcosa di inatteso: invece di anticipare, la data del sovrasfruttamento ha riguadagnato 24 giorni, riportandosi ai livelli del 2005.
Non è l’effetto di un’improvvisa politica ambientalista planetaria, non è il frutto dell’Accordo di Parigi sul clima, ma semplicemente la riduzione dei consumi e dei trasporti dovuta al confinamento sanitario da coronavirus. Per qualche mese vari paesi del mondo hanno chiuso in casa la popolazione, la gente non ha più utilizzato aerei e automobili, ha sostituito i viaggi con le teleconferenze, ha ridotto lo shopping all’indispensabile, e magicamente le emissioni di CO2 sono diminuite e in parte anche l’uso di alcune materie prime non indispensabili. Ma con il rientro a una vita normale dopo l’emergenza, tutto sta tornando come prima o peggio di prima. Il terrore del collasso economico, che purtroppo è sempre, e a torto, maggiore di quello del collasso ecologico, spinge verso una ripresa dei consumi. La svolta verde è ancora lontana e carbone, petrolio, deforestazione e rifiuti continuano a essere il motore della crescita economica. Il rinculo della data del sovrasfruttamento 2020 potrebbe dunque essere un fenomeno del tutto transitorio, annullato nei prossimi mesi dal ripristino del modello dissipativo business-as-usual. Ma potrebbe anche rappresentare un eccellente esperimento positivo, la prova che se si vuole, si può ridurre in tempi brevissimi il nostro impatto sulle risorse planetarie.
Non invocando un nuovo lockdown, ma agendo sulle abitudini quotidiane, riducendo i viaggi inutili, soprattutto quelli aerei e il pendolarismo automobilistico facilmente sostituibile dal telelavoro, limitando i consumi di oggetti inutili, rallentando la frenetica attività produttiva voluta dalla competitività e dalla finanza. Ovvio che per rendere strutturali queste modifiche bisognerebbe cambiare il modello economico: da un capitalismo estrattivo basato sul dogma – fisicamente irrealizzabile – della crescita infinita in un mondo finito, a una società demograficamente ed economicamente stazionaria che possa essere più sobria nei consumi, rispettando i limiti planetari e sfruttando al meglio la tecnologia per ridurre gli sprechi, non per indurne di nuovi!
Domani o cambiamo o nessuno ci farà credito.
Se ciò verrà fatto, potremmo sperare di riportare la data della riserva verso dicembre, consegnando alle generazioni future un bilancio ecologico relativamente sano, un pacchetto di risorse naturali ancora passabile, un clima non troppo sregolato, un accumulo di rifiuti bonificabile. Se non lo faremo, la data, quando il problema Covid sarà risolto, tornerà ad anticipare, approfondendo sempre più il debito ecologico globale fino all’invivibilità di buona parte del pianeta. Come dire che a un certo punto la vera banca da cui dipendiamo tutti noi, quella ambientale, chiuderà il nostro conto in rosso e ci pignorerà ogni avere, saremo una specie sfrattata dal pianeta e nessuno ci farà credito. Sarà quello il giorno della bancarotta ecologica.

martedì 28 luglio 2020

Per la salute e per l’ambiente: il progetto per riciclare le mascherine anti-covid. - Giacomo Salvini

Per la salute e per l’ambiente: il  progetto per riciclare le mascherine anti-covid

Smaltire miliardi di dispositivi di protezione sarà un problema per l'ecosistema. Una cooperativa sociale bolognese ha ideato un sistema per il lavaggio certificato delle mascherine.
Guanti, mascherine e protezioni per i medici in corsia. L’emergenza covid-19, in un attimo, ha fatto scomparire dall’agenda i messaggi e gli allarmi ambientalisti lanciati nei mesi scorsi dai ragazzi di Fridays for Future. Questione di priorità, si dice: la salute delle persone viene prima della crisi ambientale del Pianeta e della produzione “usa e getta” di rifiuti non riciclabili. Eppure, oggi che l’emergenza covid-19 in Italia sembra essersi attenuata, gli ambientalisti si leccano le ferite dopo quattro mesi di produzione e utilizzo di prodotti monouso come mascherine e guanti per proteggersi dal virus.
Ma visto che ormai i dispositivi di protezione individuale sono entrati a far parte della nostra quotidianità e lo resteranno ancora per un po’ (probabilmente fino a quando sarà trovato il vaccino ma gli scienziati sono già lì a preconizzare future epidemie), qualcuno ha già ideato dei rimedi per far convivere l’esigenza di protezione sanitaria con quella ambientale. La cooperativa sociale bolognese “Eta Beta, diversamente professionali”, che dà lavoro a ragazzi svantaggiati e molto attiva in Emilia per le operazioni di sanificazione delle ambulanze, nelle ultime settimane ha stretto un accordo con “Zero Waste Italy” per un progetto innovativo: il lavaggio delle mascherine certificate DM e un processo che porti al noleggio delle stesse portando così a una riduzione, fino al minimo indispensabile, della produzione di nuovi dispositivi di protezione individuale. È l’economia circolare delle mascherine.
Il progetto è nato a fine giugno grazie alla collaborazione con “Zero Waste Italy” e “Zero Waste Europe” – la rete italiana dei rifiuti zero – ed è stato presentato durante un incontro con una delegazione di imprenditori e sindaci del settore del tessile di Prato interessati all’economia circolare. Alla riunione erano presenti anche Matteo Francesconi, assessore all’Ambiente del Comune di Capannori (Lucca), all’avanguardia in Italia per la raccolta differenziata, e il sindaco di Carmignano (nel pratese), Edoardo Prestanti. Oltre alla collaborazione tra comuni, la Regione Emilia Romagna ha firmato un protocollo per far sì che questo progetto si moltiplichi il più possibile, prima a tutto il territorio regionale e poi anche in altre parti d’Italia.
L’obiettivo del progetto di “Eta Beta” è quello di azzerare le mascherine usa e getta. Ognuno avrà il proprio dispositivo e, quando vuole, potrà portarlo a lavare se usato o sporco. Poi sarà la cooperativa sociale a organizzare la consegna e il ritiro dei dispositivi. Il sistema funziona così: dopo aver acquistato mascherine certificate con marchio CE, la cooperativa “Eta Beta” si fa carico del processo del lavaggio industriale – certificato – che avviene con detersivi ecolabel e senza l’uso di cloro prima di garantire il ritiro delle mascherine usate e la riconsegna dei dispositivi sanificati.
Il tutto avviene all’interno di un container nella sede bolognese della cooperativa – con tanto di lavatrice incorporata – in cui viene gestito il processo certificato di lavaggio e detergenza delle mascherine. Il vero “business” della cooperativa però non si basa tanto sul lavaggio, quanto sulla gestione del ritiro e della consegna dei dispositivi individuali. L’obiettivo di “Eta Beta” però non si fermerà solo alle singole mascherine perché una volta che il processo sarà pienamente attivo ­– e quindi la produzione ridotta al minimo – il tutto potrà essere applicato per sanificare gli altri dispositivi di protezione individuale usati dai lavoratori sanitari durante l’emergenza covid: i camici, gli scafandri, le cuffie e tutti gli altri prodotti usa e getta. Anche perché, facendo i dovuti scongiuri, questi dispositivi potrebbero essere molto richiesti in futuro nel settore sanitario.
La cooperativa individua tre vantaggi del progetto: in primo luogo quello ambientale “evitando il consumo di dispositivi monouso e il loro difficile smaltimento”, quello economico “incentivando un considerevole risparmio per le aziende e per le famiglie” e infine l’aspetto educativo in quanto “ci deve interessare quello che usiamo e buttiamo”.