Cari lettori, quando vedete un esponente del Pd stracciarsi le vesti per le presunte tangenti alla Lega, quella di 30mila euro di Arata&Nicastri a Siri e quella di 65 milioni di dollari dai russi a Savoini, non credetegli. É tutta commedia, sceneggiata, ammuina. L’altroieri, mentre i pidini gonfiavano le giugulari per inveire in diretta tv alla Camera e al Senato contro il vicepremier Salvini e il premier Conte che lo sbugiardava, in Giunta per le autorizzazioni a procedere i loro compagni di partito votavano lontano da occhi indiscreti a braccetto con Lega e FI per negare ai giudici di Milano il permesso di usare le intercettazioni a carico di Diego Sozzani, deputato forzista indagato per finanziamento illecito, corruzione, traffico d’influenze e turbativa d’asta.
Gli unici sì ai giudici sono arrivati dai 5Stelle. É la regola aurea della Casta, anzi della Cosca: cane non morde cane, ladro non disturba ladro. Lo scandalo Sozzani, rispetto a quelli leghisti, è illuminante perchè tutto fa pensare che il deputato forzista abbia intascato soldi illeciti, mentre Siri e Savoini pare di no: penalmente fa poca differenza, essendo reato anche la tentata corruzione. Ma politicamente chi si indigna per le mazzette promesse ma non incassate dovrebbe farlo, a maggior ragione, per chi i soldi li ha presi. Invece Sozzani è stato salvato dalle intercettazioni e quasi certamente anche dal processo, visto che le conversazioni sono la prova regina dell’accusa. Motivo: “fumus persecutionis”. E allora vediamolo, questo perseguitato dai giudici (e dal trojan).
Il 6 febbraio 2018 manca un mese alle elezioni del 4 marzo. Sozzani, ex presidente della Provincia di Novara, coordinatore piemontese di FI, consigliere regionale e candidato alla Camera, ha bisogno di soldi per la campagna elettorale. I pm dell’Antimafia di Milano lo ascoltano nell’inchiesta “Mensa dei poveri” mentre batte cassa da un imprenditore che gli sgancerà 10 mila euro in nero. É Daniele D’Alfonso, titolare di Ecol-Service srl, ora accusato di aver corrotto politici e amministratori, ma anche agevolato il clan ‘ndranghetista dei Molluso di Buccinasco: secondo il gip, è il tipico “rampante” la cui “avidità di soldi e di potere imprenditoriale lo spinge ad ampliare la sua rete di relazioni per svilupparsi ulteriormente”. Sozzani non sa che il galantuomo ha il trojan nel cellulare, che registra tutto quel che dice e fa. Per convincerlo dell’utilità della mazzetta-investimento, precisa all’imprenditore di avere “il seggio sicuro“, grazie al Rosatellum che consente ai capipartito di nominarsi i parlamentari che vogliono.
E si dice interessato ad approfondire i rapporti con Ecol-Service, dandogli il nome di Mauro Tolbar, collaboratore di Greenline Srl, la società di Sozzani e del fratello Stefano, che seguirà gli aspetti pratici della faccenda. Poi viene al dunque: “L’eventuale tuo aiuto quanto potrebbe essere? La cifra finale”. D’Alfonso risponde che glielo dirà di persona a Novara. Il 5 marzo, giorno dopo il voto, Tolbar chiama D’Afonso per il lieto annuncio: “Siamo dentro, Diego è passato!”. Eletto deputato. Il 9 marzo Tolbar gli illustra il percorso della mazzetta per il neoeletto. Cioè -scrive il gip- tramite l’amministratore della E.s.t.r.o. Ingegneria di Milano, “il quale invierà via mail una fattura per operazioni inesistenti a D’Alfonso – che quest’ultimo pagherà come concordato con bonifico bancario – al preciso fine di celare l’illecito finanziamento promesso al neo parlamentare”. La fattura è datata 8 marzo. Il 22 marzo D’Alfonso bonifica 12.688 euro: 10mila per Sozzani, 2.500 per il mediatore E.s.t.r.o e gli altri 188 “aggiunti per non indicare una cifra tonda e rendere credibile il pagamento per la fatturazione di un’operazione aziendale”. Il titolare di E.s.t.r.o “monetizza l’incasso e lo consegna, in contanti e in diverse tranche, a Tolbar che provvederà alla consegna al destinatario finale”: il neodeputato. Che, secondo il gip, ha promesso di “far ottenere alla società di D’Alfonso agevolazioni nell’ottenimento di appalti in provincia di Novara”.
Però sperava di raccattare ben di più, infatti il 12 aprile piagnucola al ristorante con Nino Caianiello, ras forzista a Varese e gran manovratore della nuova Tangentopoli lombarda: “Sto cercando i soldi perché è una fatica, credimi! 15 anni fa qualcuno veniva lui di sua sponte da me, a dirmi ‘se entri in quel partito, che posso fare?’. Adesso non si può più mettere le mani… mi inginocchio per chiedere tre lire! Tremila, cinquemila, diecimila, quando avevo bisogno centomila!”. Poi, quando scatta il blitz dell’Antimafia, giura di non aver mai saputo nulla della tangente e assicura: “Se scoprissi anche solo un’ombra mi dimetterei immediatamente da deputato”. Ma pm e gip escludono che chi parla con la sua voce sia un bravo imitatore che vuole incastrarlo. Anche perchè ritengono di aver trovato pure “un riscontro agli indizi del sistema illecito di incarichi pilotati a favore della società Greenline srl riconducibile al deputato, da parte delle società in-house operanti in provincia di Varese eterodirette da Caianiello”. Così chiedono alla Camera l’autorizzazione a usare le intercettazioni indirette di Sozzani e poi ad arrestarlo, come han già fatto per altri 43 indagati sfortunatamente senza scudo. Ma non hanno fatto i conti con Lega, Pd e FI, che a favore di telecamere se le danno di santa ragione, ma nel chiuso della giunta si salvano i rispettivi inquisiti.
No ai giudici, anche per le conversazioni registrate prima che Sozzani agguantasse il seggio e l’immunità. Vano il sì dei 5Stelle. Che hanno mille difetti, commettono mille errori e forse si sono persino scordati perchè esistono. Poi però provvedono sempre gli altri a ricordarglielo. E a ricordarcelo.
Marco Travaglio FQ 26 luglio