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venerdì 15 marzo 2019

Ai vertici dell'antimafia un condannato per la "macelleria messicana" alla scuola Diaz. - Marco Preve

Ai vertici dell'antimafia un condannato per la "macelleria messicana" alla scuola Diaz

Gilberto Caldarozzi, 3 anni e 8 mesi per i falsi del G8, è il numero 2 della Dia. Per i giudici ha "gettato discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero".

Più che la rabbia della vittima c’è il senso di sconfitta del cittadino di fronte al Potere, negli occhi di uno degli ex ragazzi che nel luglio del 2001 attraversarono le notti della macelleria messicana della Diaz e del carcere cileno di Bolzaneto.

Gilberto Caldarozzi, condannato in via definitiva a tre anni e otto mesi per falso, ovvero per aver partecipato alla creazione di false prove finalizzate ad accusare ingiustamente chi venne pestato senza pietà da agenti rimasti impuniti, è oggi il numero 2 – Vice direttore tecnico operativo-  della Direzione Investigativa Antimafia, ovvero il fiore all’occhiello delle forze investigative italiane, la struttura alla quale è affidata la lotta al cancro criminale.
La nomina, decisa dal ministro dell’Interno Marco Minniti, passata quasi in sordina ed ignorata dalla politica, risale a poche settimane fa.
Se ne sono accorti, quasi casualmente nei giorni scorsi i reduci del Comitato Verità e Giustizia per Genova, un gruppo formato da ex arrestati della Diaz e di Bolzaneto e dai loro famigliari.
“Molti dei ragazzi tedeschi, vittime della polizia nel luglio 2001 – racconta un membro del Comitato – spiegano di avere provato paura quando, ritornati in Italia per i processi o per le vacanze hanno incontrato agenti in divisa. Mi chiedo come si possa dire a queste persone che l’Italia è cambiata se uno dei massimi dirigenti del nostro apparato di sicurezza è oggi proprio colui che ieri fece di tutto per accusarli ingiustamente e coprì gli autori materiali dei pestaggi e delle torture”.



Ai vertici dell'antimafia un condannato per la "macelleria messicana" alla scuola Diaz
Una ragazza pestata alla scuola Diaz nel 2001

Caldarozzi, ex capo dello Sco, la Sezione criminalità organizzata, considerato un “cacciatore di mafiosi”, per la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo è invece uno dei responsabili dei comportamenti di quella notte del 2001 e dei successivi comportamenti degli apparati di Stato, che sono valsi al nostro paese due condanne per violazione alle norme sulla tortura. Scrissero i giudici della Cassazione per Caldarozzi e gli altri condannati: “hanno gettato discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero”. Non esattamente una medaglia da inserire nel proprio curriculum.
D’altra parte, a luglio di quest’anno sono scaduti i cinque anni di interdizione dai pubblici uffici e i dirigenti condannati per la Diaz che non erano andati in pensione sono rientrati in polizia.
In un intervento sulle sentenze della Cedu, pubblicato sul sito Questione Giustizia di Magistratura Democratica, il pm del processo Diaz Enrico Zucca affronta il caso Caldarozzi: “L’ultimo dei rientri, che si fa fatica a conciliare con quanto espresso nei confronti del condannato in sede di giudizio di Cassazione, è quello che riguarda l’attuale vice-capo della Dia, che vanta così nel suo curriculum il  “trascurabile”  episodio  della  scuola  Diaz”.
Il capo della polizia, il prefetto Franco Gabrielli, in un’intervista a Repubblica dell'estate ha voluto finalmente affrontare il tema G8 senza tabù, dichiarando che lui al posto di “Gianni De Gennaro (allora capo della polizia oggi presidente di Finmeccanica, ndr) si sarebbe dimesso”. A quanto si sa, i funzionari rientrati in polizia sarebbero stati destinati a ruoli non di primo piano. Ma Caldarozzi è sfuggito a questa logica. Essendo la Dia una struttura che dipende direttamente dal Ministero, per lui, che vanta con Minniti e con il gruppo De Gennaro un’antica amicizia, si sono spalancate le porte dei piani alti.
Il suo esilio, per altro non è stato quello di un appestato. Gli anni di interdizione li ha trascorsi lavorando come consulente della sicurezza per le banche e poi come consulente per la Finmeccanica dell’ex capo De Gennaro. Si parlò anche di  “collaborazioni” con il Sisde, i servizi segreti, proprio come, sempre a stare alle voci, si racconta intrattenga oggi il anche pensionato Franco Gratteri, ex capo della Direzione centrale anticrimine, il più alto in grado fra i condannati della Diaz.
Nonostante l’Italia, tra molte contestazioni e distinguo, si sia dotata da qualche mese di una legge sulla tortura, sembra essere completamente inevaso uno degli aspetti più volte ricordati dai giudici europei. Quello che riguarda non gli autori materiali delle torture bensì tutta la scala gerarchica e i regolamenti interni che non provvedono a isolare i torturatori e chi li ha coperti nelle fase preliminare delle indagini, e che poi non provvede, se non a radiarli, perlomeno a bloccare le progressioni di carriera, o in estremo subordine ad assegnarli ad incarichi non operativi. Diciassette anni dopo aver disonorato – lo dicono, per sempre, i giudici della Cassazione, anche se molti poliziotti e altrettanti politici non hanno mai accettato questa sentenza - la polizia italiana, Gilberto Caldarozzi viene premiato con una delle poltrone più importanti della lotta al crimine. La “macelleria messicana” è stata archiviata dallo Stato.


Questi sono i motivi che mi inducono a dissentire dal comportamento di chi ci governava e  prendere le distanze da chi ha permesso che fatti così esecrabili accadessero.
Cetta.

venerdì 23 giugno 2017

G8: Italia nuovamente condannata da Strasburgo per violenze Diaz.

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La Corte ha anche condannato il Paese per non aver punito in modo adeguato i responsabili.

Le leggi italiane sono inadeguate a punire e quindi prevenire gli atti di tortura commessi dalle forze dell'ordine. L'ha stabilito la Corte europea dei diritti umani che ha condannato ancora una volta l'Italia per gli atti di tortura perpetrati dalle forze dell' ordine nella notte tra il 20 e 21 luglio 2001 nella scuola Diaz, ai margini del G8 di Genova, ai danni di diverse persone. La Corte ha anche condannato l'Italia per non aver punito in modo adeguato i responsabili di quanto accaduto a Genova.
Ieri il Consiglio d'Europa ha invitato la Camera dei Deputati a modificare il testo della legge contro la tortura che sta discutendo e che dovrebbe andare in Aula il 29 perché nella sua forma attuale contiene una definizione del reato e diversi elementi in disaccordo con quanto prescritto dagli standard internazionali
E' quanto sostiene Nils Miuznieks, commissario dei diritti umani del Consiglio d'Europa, in una lettera inviata tra gli altri ai Presidenti dei due rami del Parlamento, Laura Boldrini e Pietro Grasso. Il commissario punta il dito in particolare sul fatto che la legge prevede che affinché si possa accusare qualcuno di tortura occorre che la persona abbia compiuto gli atti di grave violenza, o minacce o crudeltà diverse volte, o abbia sottoposto la vittima a trattamenti inumani e degradanti. Inoltre, scrive Muiznieks, la legge prevede che la tortura psicologica esista solo nei casi in cui si possa stabilire che la vittima ha subito un trauma psicologico. "Osservando che il testo sembra divergere dalla definizione contenuta nella Convenzione contro la tortura delle Nazioni Unite, anche sotto altri aspetti", il commissario afferma di essere preoccupato che se la legge sarà approvata così com'è, certi casi di tortura o trattamenti o punizioni degradanti o inumani non potranno essere perseguiti "creando quindi delle potenziali scappatoie per l'impunità". Il commissario evidenzia inoltre l'importanza di assicurare che "l'ampia definizione di tortura, che ricomprende gli atti commessi da privati cittadini, non si traduca in un indebolimento della protezione contro la tortura commessa da funzionari dello Stato, data la particolare gravità di questa violazione dei diritti umani".

martedì 2 ottobre 2012

Diaz, la Cassazione: «La condotta della polizia ha screditato l'Italia in tutto il mondo».




Depositate le motivazioni della sentenza che ha decapitato gli ex vertici della polizia per le violenze durante il G8 di Genova.

Sono parole dure quelle che si leggono nella motivazione della sentenza che il 5 luglio scorso ha confermato le condanne per gli ex vertici della polizia coinvolti nell'assalto alla scuola Diaz, dove alloggiavano i no-global e dichiarato prescritti i reati di lesioni gravi nei confronti di alcuni agenti imputati durante il G8 di Genova nel 2001. La condotta violenta della polizia nell'irruzione alla scuola Diaz ha «gettato discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero». A sottolinearlo sono i giudici della quinta sezione penale della Cassazione, nelle motivazioni della sentenza con cui. La sentenza (n. 38085) è stata depositata ed è lunga 186 pagine. Le violenze della polizia e gli immotivati arresti di massa dei no-global inerti e innocenti, hanno «gettato discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero».
LA MACELLERIA MESSICANA - Ma non solo. La Cassazione ha sottolineato che l'irruzione alla scuola Diaz di Genova fu «un puro esercizio di violenza» da parte della polizia, «di una gravità inusitata». E ancora:. «L'assoluta gravità - si legge nella sentenza numero 38085 - sta nel fatto che le violenze, generalizzate in tutti gli ambienti della scuola, si sono scatenate contro persone all'evidenza inermi, alcune dormienti, altre già in atteggiamento di sottomissione con le mani alzate e, spesso, con la loro posizione seduta in manifesta attesa di disposizioni, così da potersi dire che s'era trattato di violenza non giustificata e punitiva, vendicativa e diretta all'umiliazione e alla sofferenza fisica e mentale delle vittime». «Tutta l'operazione si è caratterizzata per il sistematico e ingiustificato uso della forza da parte di tutti gli operatori che hanno fatto irruzione nella scuola Diaz e la mancata indicazione, per via gerarchica (da Canterini a Fournier e da questi ai capi squadra, fino agli operatori), di ordini cui attenersi»
RISCATTO DI IMMAGINE - Secondo la Cassazione poi gli arresti sono stati condotti dalla polizia per riscattare la propria immagine «L'immagine della polizia doveva essere riscattata, essendo apparsa inerte di fronte ai gravissimi fatti di devastazione e saccheggio che avevano riguardato la città di Genova, e il riscatto sarebbe dovuto avvenire mediante l'effettuazione di arresti, ovviamente dove sussistenti i presupposti di legge». Questo, secondo la ricostruzione della Cassazione, il motivo per cui si decise l'irruzione alla scuola Diaz, avvenuta nella notte tra il 21 e il 22 luglio 2001.