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giovedì 15 aprile 2021

“Il vitalizio come il reddito di cittadinanza”. - Ilaria Proietti

 

Oggi è il grande giorno per Ottaviano Del Turco: il massimo organo politico del Senato, il Consiglio di Presidenza è convocato poco dopo mezzogiorno per decidere del suo destino. O meglio per decidere se continuare a mantenergli il vitalizio, nonostante la sua condanna per le tangenti ricevute nell’ambito della Sanitopoli abruzzese sia ormai definitiva dal 2018: da allora non ha mai smesso di percepire l’assegno nonostante la delibera che dal 2015 prevede che venga sospeso agli ex parlamentari incappati nelle maglie della giustizia per reati di non poco conto. “È gravemente ammalato” si sperticano in molti a partire dal Pd che ha invocato in suo favore ragioni umanitarie. Ché togliergli i 5.500 euro al mese del Senato (che somma alla pensione da sindacalista) significherebbe privarlo dei mezzi necessari che però lo Stato non riconosce a tutti gli altri pazienti affetti come lui dall’Alzheimer benché con la fedina penale pulita.

Senato Leghisti complici.

Ma per Del Turco non sarà nemmeno necessario fare uno strappo alle regole, perché le regole nel frattempo al Senato sono state strappate. La decisione sull’ex sindacalista, di rinvio in rinvio, con un pretesto o un altro, arriverà proprio ora che si è sbloccata la pratica di Roberto Formigoni che ha avuto la sua rivincita: poche ore fa la Commissione contenziosa di Palazzo Madama, presieduta da Giacomo Caliendo di Forza Italia ha accolto il suo ricorso per riavere il malloppo: il collegio composto oltre che da Caliendo dai due leghisti Alessandra Riccardi e Simone Pillon (affiancati dai due laici, l’avvocato Alessandro Mattoni e l’ex magistrato Cesare Martellino) gli ha restituito il diritto al vitalizio che gli era stato solo parzialmente congelato dopo la condanna per aver asservito la sua funzione di presidente della regione Lombardia agli interessi economici della Fondazione Maugeri e del San Raffaele. Ora invece tutto è perdonato, ovviamente con beffa. Perché per decidere pro Formigoni Caliendo ha invocato la legge sul reddito di cittadinanza che consente la sospensione dei trattamenti previdenziali solo ai condannati per i casi di mafia, terrorismo o per chi si sia dato alla macchia. Non il caso del Celeste che dunque può riavere l’assegno (originariamente da 7.700 euro poi ridotti per via del taglio che si applica a tutti gli ex parlamentari dal 1 gennaio 2019) perché non risponde per questi reati. E che importa se al Senato le regole erano finora tutt’altre (il congelamento dell’assegno scattava per condanne anche per reati contro la pubblica amministrazione con pene superiori ai due anni di reclusione). E che importa pure se il vitalizio non è una pensione come ha stabilito la Corte dei Conti della Lombardia che invece al Celeste ha pignorato senza colpo ferire, il vitalizio regionale che percepiva fino alla condanna.

Benefici Silvio & C.

Al Senato invece se ne sono infischiati. Facendo godere Formigoni, ma pure tutti gli altri ex con un conto aperto con la giustizia. Perché la Commissione contenziosa ha disposto l’annullamento della delibera del 2015 “erga omnes in quanto cagionante una evidente disparità di trattamento (tra gli ex senatori condannati e i cittadini che beneficiano del reddito di cittadinanza, ndr) in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione”.

E così ora attendono “giustizia” anche tutti glia altri ex inquilini di Palazzo dopo che il Celeste è riuscito a spuntarla contro “l’infamante ablazione della sua rendita pensionistica” che rischiava di ridurlo alla fame dopo i fasti da governatore. E così, tanto per restare al Senato, spera di rientrare il possesso del vitalizio l’ex patron della Fiorentina Vittorio Cecchi Gori (nei guai per una serie di reati finanziari, tra cui una bancarotta fraudolenta) e pure Franco Righetti (ex Margherita con la passione per gli affari immobiliari), Ferdinando di Orio (già rettore dell’Università di L’Aquila eletto con l’Ulivo e condannato per induzione indebita): non che ne abbia bisogno ma l’assegno senatoriale ritoccherebbe pure a Silvio Berlusconi (frode fiscale). A tener conto dei reati indicati da Caliendo come causa ostativa, a bocca asciutta dovrebbero dunque rimanere l’altro padrino fondatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, e Enzo Inzerillo (ex Dc) che si danna per la sospensione dell’assegno da tempo in ogni sede, pure alla Corte europea di Strasburgo ché, si lamenta, è stato privato del necessario sostentamento. Con i nuovi parametri non è escluso invece che il Senato debba restituire il vitalizio anche agli eredi dei condannati come Antonio Girfatti (FI), Giorgio Moschetti (Dc), Giuseppe Ciarrapico (già senatore del Popolo della Libertà) e Pasquale Squitieri (Alleanza Nazionale), nel frattempo deceduti.

Camera C’è pure Previti.

E alla Camera? Montecitorio, dopo la delibera del 2015, aveva chiuso i rubinetti a una serie di ex deputati condannati come Massimo Abbatangelo (ex deputato Msi), Robinio Costi (ex Psdi), Massimo De Carolis Gianmario Pellizzari (ex Dc), Pietro Longo (Psdi) e Gianstefano Milani (ex Psi). Ma pure a Toni Negri e Cesare Previti, Giuseppe Astone, Giuseppe Del Barone, Luigi Farace e Luigi Sidoti. I socialisti Giulio Di Donato e Raffaele Mastrantuono hanno invece fatto in tempo a ottenere la riabilitazione e dunque a riavere il vitalizio. Che invece ancora fa penare l’ex ministro della sanità Francesco De Lorenzo e l’ex sindaco di Taranto Giancarlo Cito con ricorsi agguerritissimi, stile coltello tra i denti, ancora sub iudice.

Ma a Palazzo la vera posta è un’altra: i condannati con il vitalizio sospeso sono una esigua minoranza mentre c’è un vero esercito di ex (700 senatori e 1400 deputati, da Ilona Staller a Antonio Razzi) che attende di riavere gli assegni pieno che nel 2018 sono stati tagliati da Montecitorio e Palazzo Madama per ragioni di equità sociale date le difficoltà degli italiani comuni. Ovviamente Lorsignori hanno fatto ricorso e sono in attesa di vedere come va a finire. Alla Camera non è ancora giunto il momento della decisione neppure in primo grado. E al Senato? Tutt’altra musica. Sempre la commissione Caliendo ha ridato speranza a tutti impallinando la delibera adottata nel segno dell’austerity. Ora a Palazzo Madama deciderà in via definitiva la commissione di appello presieduta dall’altro forzista Luigi Vitali che ha concluso l’istruttoria lo scorso 31 marzo.

IlFattoQuotidiano

giovedì 18 febbraio 2021

M5s, Crimi espelle i 15 senatori del No a Draghi. Lezzi si oppone e si candida al direttivo. Grillo rilancia: “Unità e patto verde l’unica strada.”

 

Il post del capo politico dopo lo strappo dei 15 eletti a Palazzo Madama: "Non potranno più far parte del gruppo parlamentare del MoVimento al Senato. Ho dunque invitato il capogruppo a comunicare il loro allontanamento, ai sensi dello Statuto e del regolamento del gruppo."

Chi nel M5s ha votato No alla fiducia al governo di Mario Draghi, sarà espulso dal Movimento. Ad annunciarlo ufficialmente è stato il capo politico Vito Crimi con un post su Facebook, rivolto ai 15 senatori che ieri sera hanno deciso di votare contro il nuovo esecutivo e di fatto sono andati contro l’indicazione degli iscritti. Ma la decisione è destinata a provocare un terremoto, soprattutto in vista del voto a Montecitorio dove i numeri potrebbero essere simili (si parla di una forbice di 15-30 deputati che sarebbero pronti a seguire i dissidenti). I neo espulsi però contestano la decisione e promettono battaglia tra ricorsi e proteste. La senatrice Barbara Lezzi, forte di una vicinanza con Davide Casaleggio e Alessandro Di Battista, ha replicato dicendo che non è stata espulsa. E anzi ha rilanciato: “Mi candido al comitato direttivo”. Questa è solo l’ultima puntata di una lunga serie di scontri: solo ieri infatti, gli iscritti hanno dato il via libera alla modifica dello Statuto e quindi all’abolizione del ruolo di capo politico. Un voto che secondo Lezzi (e Casaleggio) avrebbe dovuto essere applicato immediatamente, procedendo all’elezione dei 5. E solo l’intervento di Beppe Grillo, arrivato ieri in serata, ha frenato la corsa: è un momento troppo delicato per procedere al rinnovo della leadership, per ora resta Crimi.

Beppe Grillo rilancia il patto verde – Proprio nel pieno delle polemiche interne. Il garante del Movimento 5 stelle ha rilanciato sul sul Blog un post della senatrice Patty L’Abbate che parla della “transizione ecologica”: “Siamo nell’era della resilienza, dell’antropocene, e dobbiamo necessariamente effettuare un salto quantico, passare da un regime di equilibrio (che realmente non lo è più) a un altro e l’unità, il patto verde, è l’unica strada. La transizione ecologica è proprio questo, un processo necessario di trasformazione a livello tecnologico, economico, ecologico, socio-culturale e istituzionale, scale che si influenzano e si rafforzano vicendevolmente, è un processo sistemico che tiene conto della complessità della natura, e che deve concentrarsi sulle interazioni e le interconnessioni tra il sistema economia ecologico e sociale”.

L’annuncio di Vito Crimi -“I 15 senatori che hanno votato No alla fiducia saranno espulsi”, ha scritto su Facebook Vito Crimi. “Ieri al Senato il M5s ha votato Sì. Non lo ha fatto a cuor leggero, è evidente. Ma lo ha fatto con coerenza, nel rispetto dell’orientamento emerso in seguito all’ultima consultazione, dove la maggioranza dei nostri iscritti si è espressa a favore. E lo ha fatto con coraggio, assumendosi la responsabilità di una scelta che non guarda all’interesse esclusivo del Movimento o al facile consenso, bensì agli interessi di tutti i cittadini italiani e della nostra comunità nazionale. Quello di chi ha votato sì è un voto unitario, una responsabilità collettiva, non del singolo”. Continua Crimi: “I compromessi con sé stessi, con i propri credo, convinzioni e valori, sono quelli più difficili”, si legge. “Riuscire ad affrontarli e sostenerli per il bene di un Paese che sta vivendo il momento più difficile della sua storia recente non è una sconfitta, è un valore aggiunto in termini di etica e dignità. I 15 senatori che hanno votato no sono venuti meno all’impegno del portavoce del Movimento che deve rispettare le indicazioni di voto provenienti dagli iscritti”, continua il capo politico ad interim. “Tra l’altro, il voto sul nascente Governo non è un voto come un altro. È il voto dal quale prendono forma la maggioranza che sostiene l’esecutivo e l’opposizione. Ed ora i 15 senatori che hanno votato no si collocano, nei fatti, all’opposizione”, si legge ancora nel post. “Per tale motivo non potranno più far parte del gruppo parlamentare del MoVimento al Senato. Ho dunque invitato il capogruppo a comunicare il loro allontanamento, ai sensi dello Statuto e del regolamento del gruppo. Sono consapevole che questa decisione non piacerà a qualcuno, ma se si pretende rispetto per chi la pensa diversamente, lo stesso rispetto si deve a chi mette da parte le proprie posizioni personali e contribuisce al lavoro di un gruppo che non ha altro obiettivo che quello di servire i cittadini e il Paese”.

Chi ha votato contro – Ieri tra i 40 voti contrari al governo Draghi, 15 sono arrivati da senatori del M5s. Voti che arrivano anche da alcuni big come l’ex ministra per il Sud, Barbara Lezzi, e il presidente della commissione Antimafia Nicola Morra. A loro si sono uniti Rosa Abate, Luisa Angrisani, Margherita Corrado, Mattia Crucioli, Fabio De Micco, Silvana Giannuzzi, Bianca Laura Granato, Virginia La Mura, Elio Lannutti, Matteo Mantero, Vilma Moronese, Cataldo Mininno e Fabrizio Ortis. Un numero più alto rispetto a quello anticipato alla vigilia, ma che si ferma a metà rispetto alle previsioni di poco meno di una settimana fa quando ci si aspettava uno strappo di quasi 30 persone. Sicuramente a cambiare gli equilibri ha contribuito l’adesione di nomi della prima guardia come Morra, che fino all’ultimo sembrava invece orientato all’astensione.

Lezzi, poco dopo l’annuncio ha rilanciato: “Ho appena letto il post del reggente perpetuo in cui comunica l’espulsione dal gruppo parlamentare dei 15 senatori, tra cui ci sono anche io, che ieri non hanno dato la fiducia al governo Draghi. Ho preso la decisione. Mi candido a far parte del comitato direttivo del M5s (da cui non sono espulsa)”, ha scritto su Facebook. “Credo che il 41% degli iscritti contrari ad allearsi con tutti, compresi Berlusconi, Salvini e Renzi, debbano essere rappresentati. Sono convinta, inoltre, che se il quesito fosse stato riproposto, come lo statuto prevede, quel 41% sarebbe stato più alto. Auspico, quindi, la massima serietà nel percorso che porta alle candidature e l’urgenza necessaria a sbloccare l’azione del M5s. Coraggio”.

“Penso di aver fatto qualcosa che certamente non mi mette a mio agio, però ci sono situazioni in cui bisogna anche rimanere soli. Se sono pronto all’espulsione? Adesso vedremo, io mi sento M5s fino al midollo. Non ci sono problemi, bisogna andare avanti e avere il massimo rispetto delle posizioni di tutti”, ha detto in mattinata il presidente dell’Antimafia. “Non rilascio dichiarazioni, ma le dico con chiarezza che faremo ricorso”, spiega invece Elio Lannutti. Secondo l’agenzia Adnkronos alcuni dei senatori espulsi stanno valutando di adire le vie legali, ricorrere al giudice contro quella che reputano un’ingiustizia. Che potrebbe indurli, tra le altre cose, a chiedere un risarcimento per danno di immagine. “C’è il quesito ‘truffaldino’ che è stato sottoposto alla base -dice uno dei senatori -ma anche una serie di altre questioni. Per dirne una: il nostro Statuto mette nero su bianco che il voto di fiducia va dato a un premier espressione del Movimento, vi sembra che Draghi lo sia?”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/02/18/m5s-crimi-espulsi-i-15-senatori-che-hanno-votato-no-a-draghi-lezzi-cacciati-dal-reggente-perpetuo-mi-candido-al-comitato-direttivo/6105417/

giovedì 24 dicembre 2020

Pronto il controesodo da Italia Viva ai dem: cinque senatori in fuga. - Giacomo Salvini

 

Dopo settimane di borbottii e di critiche a mezza bocca al capo (“A volte Matteo si sveglia la mattina, legge i giornali e fa il pazzo” si è sentito dire un senatore dem da un renziano doc), il colpo di grazia ai senatori di Italia Viva lo ha dato il sondaggio Ipsos di sabato scorso. I renziani hanno notato un dato passato inosservato rispetto alla risalita del gradimento di Conte: Matteo Renzi è il leader meno amato dagli italiani, anche dietro Vito Crimi (all’11%). Poi lunedì le dichiarazioni di Dario Franceschini (“Con la crisi si va il voto e noi andiamo con Conte”) hanno fatto emergere i malumori: una pattuglia di senatori renziani, nel caso in cui la situazione precipitasse, sarebbe pronta alla scissione per entrare prima nel Misto, con un gruppo di “responsabili” per sostenere il governo e poi rientrare nel Pd.

Sui 18 senatori renziani quelli più insofferenti sono 4-5, ma qualcuno arriva addirittura a 8. I nomi che girano sono Giuseppe Cucca, Eugenio Comincini, Donatella Conzatti, Leonardo Grimani e Gelsomina Vono. I diretti interessati smentiscono ma l’insofferenza nel partito c’è e il Pd, tramite gli ex renziani di Base Riformista di Luca Lotti e Lorenzo Guerini, osserva i sommovimenti dentro IV e non gli dispiacerebbe fare lo sgambetto all’ex capo riaccogliendo molti ex compagni.

“Sono passati da Macron a Pecoraro Scanio – sogghigna un senatore Pd – e molti non ci stanno più”. I sondaggi (Swg dà il partito al 2,8%) e le simulazioni con il Rosatellum (Iv non avrebbe nemmeno un senatore) stanno creando un clima di terrore nel ventre di Italia Viva e per questo nelle ultime ore Renzi e i suoi hanno provato a chiudere il recinto: “Noi vogliamo allungare la legislatura” ha fatto sapere Renzi. Poi il capogruppo al Senato, Davide Faraone: “La battuta di Franceschini ha preoccupato tutti i gruppi, pensi a fare meglio il ministro e lasci stare il Colle”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/23/pronto-il-controesodo-da-italia-viva-ai-dem-cinque-senatori-in-fuga/6045954/

venerdì 21 aprile 2017

Compravendita senatori: prescrizione per Berlusconi a Napoli.


Silvio Berlusconi al suo ingresso nell'aula del tribunale di Napoli in una foto del 19 giungo 2014

In primo grado era stato condannato a tre anni.

La seconda sezione della Corte di Appello di Napoli ha dichiarato la prescrizione del reato di corruzione nei confronti di Silvio Berlusconi e Valter Lavitola al termine del processo per la presunta compravendita dei senatori. In primo grado entrambi erano stati condannati a tre anni.
La sentenza della seconda sezione della Corte d'Appello, presieduta da Patrizia Mirra, è stata emessa dopo tre ore e mezza di Camera di Consiglio. I giudici hanno ritenuto pertanto sussistente l'ipotesi di corruzione che aveva portato alla condanna in primo grado. I legali di Berlusconi - avvocati Niccolò Ghedini e Michele Cerabona - avevano chiesto l'assoluzione sottolineando in particolare l'insindacabilità del voto dei parlamentari prevista dalla Costituzione e ritenendo non veritiere le dichiarazioni di accusa fatte dall'ex senatore Sergio De Gregorio.
Le indagini sulla vicenda furono avviate dai pm di Napoli Henry John Woodcock e Vincenzo Piscitelli che sostennero l'accusa in primo grado. Secondo la ricostruzione che fu poi condivisa dal tribunale, De Gregorio eletto nelle file dell'Italia dei Valori avrebbe ricevuto ingenti somme di denaro, sotto forma di finanziamenti al suo movimento "Italiani nel Mondo", per cambiare schieramento e determinare la caduta del governo Prodi che si reggeva al Senato su una esigua maggioranza.
Questo losco individuo riesce a bypassare tutte le leggi, pur essendo un reato egli stesso.
La prescrizione deve essere abolita, così come debbono essere abolite le leggi che permettono agli azzeccagarbugli di riuscire a "cavillare" per allungare il brodo.

sabato 13 febbraio 2016

Così i senatori “timbrano” per la diaria e se ne vanno. - Claudio Marincola



Sono i furbetti del tesserino. I senatori che lo lasciano inserito sul loro scranno per poi tornare a prenderlo a fine seduta. O che con fare distratto se lo dimenticano. Il loro voto non risulterà ma verranno considerati presenti a tutti gli effetti. Non subiranno la decurtazione prevista per chi non partecipa almeno al 30% delle votazioni effettuate nell’arco della giornata come stabilisce il regolamento. Il trucchetto, applicato con metodo e con una certa costanza, contando magari sull’aiutino di qualche collega compiacente, può fruttare 3.503 euro al mese. La quota della diaria. In aggiunta s’intende all’indennità fissa da senatore.

PESCA MIRACOLOSA
Non sarà insomma come la brutta storia del vigile urbano di Sanremo che strisciava il badge in mutande o come i dipendenti infedeli del museo Mat a Roma, ma il risultato è lo stesso: mettersi in tasca qualche soldo in più. Per capire fino a che punto si sia diffuso il malcostume, il presidente del Senato Pietro Grasso ha incaricato il questore Antonio De Poli di fare una verifica. I controlli per la verità erano già aumentati a inizio della legislatura. Il caso però si è rivelato ben più serio di quanto si pensasse e ora ad occuparsene sarà l’intero collegio dei questori. Un’indagine interna per incrociare i dati tra presenze e votazioni.

Tutto nasce dalla necessità di garantire ai senatori la possibilità di essere ”presenti ma non votanti”. Necessità dettata dal fatto che in Senato, a differenza della Camera, l’astensione è considerata voto contrario. Nulla a che vedere dunque con i pianisti, vizietto non legato alla diaria. «Quando la seduta è finita noi giriamo tra i banchi ed è... una pesca miracolosa», racconta un commesso, ovviamente off the records. 

I tesserini “dimenticati” vengono pazientemente raccolti e riconsegnati su richiesta del legittimo proprietario alla seduta successiva. Ogni senatore ha diritto a due badge nominali senza i quali non è possibile votare. Uno dei due resta sempre a Palazzo Madama. Viene riconsegnato dagli uffici solo su richiesta del titolare, disattivando il badge principale per fare in modo che abilitato ne resti uno solo.

La stretta è partita ben prima che Giorgio Napolitano mercoledì lanciasse il suo atto d’accusa sui parlamentari «si può fare di più, lavorare 30/40 ore a settimana non basta». Grasso in più occasioni ha chiesto che le commissioni si riunissero anche il lunedì e il venerdi per aumentare la produttività. Lo chiese il giorno stesso che si insediò, lo ha ripetuto in capigruppo. Invano.

SETTE PRESENTI SU 24
Ieri, all’audizione in commissione Difesa sulla missione in Somalia, erano presenti, ad esempio, oltre al presidente La Torre 4 esponenti del M5S, 2 pd e 1 del gruppo per le autonomie. La miseria di 7 membri su 24. In compenso la diaria corre. È prevista della legge n°1261/1965, spetta a tutti i parlamentari a titolo di rimborso delle spese di soggiorno. Dal 1 gennaio 2001 è stata portata a 3.503 euro mensili. Somma che viene decurtata di 206,58 euro per ogni giorno di assenza.

PIÙ DIARIA PER TUTTI
Dal 2012 inoltre, per arrestare l’assenteismo cronico dei nostri parlamentari, viene applicata un’ulteriore detrazione fino a 500 euro mensili per le assenze dalle sedute delle giunte delle commissioni permanenti e speciali, del comitato per la legislazione, nonché delle delegazioni parlamentari presso le assemblee internazionali. Per la cronaca: la diaria spetta anche ai parlamentari romani che spese di viaggio e di affitto non dovrebbero averne. Che l’appello di Napolitano insomma sia piuttosto fondato è sotto gli occhi di tutti. 

COMMISSIONI PAUSA PRANZO
Domanda. Perché nessuno prima di Grasso ha sollevato la questione dei ”furbetti” - sotto gli occhi di tutti, si scopre adesso - nel collegio dei questori? Bisognava aspettare Napolitano per scoprire che non è serio riunire le commissioni solo nei ritagli di tempo e nelle pause-pranzo?

Qualche tempo fa Lorenzo Battista, senatore del Gruppo per le autonomie presentò un ddl in cui era prevista la decadenza degli assenteisti. Linea dura contro i fannulloni. Quel ddl è stato ripreso ma solo in parte, là dove si prevede il dovere di partecipare ai lavori assembleari, cosa per altro prevista nell’attuale regolamento. E la decadenza? Sparita. Meglio furbetti che decaduti. 


http://www.ilmessaggero.it/primopiano/politica/cos_senatori_timbrano_la_diaria_se_ne_vanno-1545290.html