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venerdì 2 luglio 2021

M5s: Crimi avvia il voto per il direttivo su Sky Vote.

 

A Roma 4 consiglieri lasciano M5s.


Quattro consiglieri capitolini M5s lasciano il Movimento. Ad annunciarlo è stata Donatella Iorio durante l'intervento in Assemblea: "Ho appena protocollato la mia richiesta di uscita dal M5S.

Mi sono anche disiscritta dal Movimento", ha detto la Consigliera. A dimettersi sono, oltre a Donatella Iorio, Marco Terranova, Enrico Stefano ed Angelo Sturni. La sindaca Virginia Raggi perderebbe così la maggioranza in Campidoglio. I 4 consiglieri hanno inoltre annunciato la nascita di un nuovo gruppo: 'Il piano di Roma'.

Il capo politico del Movimento 5 Stelle Vito Crimi ha, attraverso una mail, comunicato al garante Beppe Grillo di aver avviato tutti gli adempimenti prodromici allo svolgimento delle votazioni per il comitato direttivo, individuando modalità e tempistiche per la presentazione delle candidature, per le verifiche dei requisiti e per lo svolgimento della votazione, ribadendo che si procederà al voto utilizzando lo strumento di voto messo a disposizione da SkyVote. Lo fanno sapere fonti del Movimento 5 Stelle.

Intanto l'assemblea dei deputati del MoVimento 5 Stelle ha avanzato la richiesta di conoscere i contenuti della bozza di statuto e 'carta dei valori' oggetto di discussione degli ultimi giorni. Il capogruppo Davide Crippa sta portando avanti la richiesta emersa dall'assemblea verificando nel contempo la possibilità di incontrare il garante, Beppe Grillo, e la possibilità di un incontro con Giuseppe Conte. Lo rende noto il gruppo parlamentare Movimento 5 Stelle Camera.

Il ministro Luigi Di Maio si è recato a casa di Giuseppe Conte nel centro di Roma per incontrare l'ex premier. All'uscita, non ha rilasciato dichiarazioni. Nello scontro interno al M5s Conte non retrocede: 'Il mio progetto politico va avanti, non resterà nel cassetto per la contrarietà di una persona sola', ha detto ieri. Intanto i senatori del M5s chiedono di esaminare il nuovo statuto elaborato dall'ex premier.  

ANSA

giovedì 18 febbraio 2021

M5s, Crimi espelle i 15 senatori del No a Draghi. Lezzi si oppone e si candida al direttivo. Grillo rilancia: “Unità e patto verde l’unica strada.”

 

Il post del capo politico dopo lo strappo dei 15 eletti a Palazzo Madama: "Non potranno più far parte del gruppo parlamentare del MoVimento al Senato. Ho dunque invitato il capogruppo a comunicare il loro allontanamento, ai sensi dello Statuto e del regolamento del gruppo."

Chi nel M5s ha votato No alla fiducia al governo di Mario Draghi, sarà espulso dal Movimento. Ad annunciarlo ufficialmente è stato il capo politico Vito Crimi con un post su Facebook, rivolto ai 15 senatori che ieri sera hanno deciso di votare contro il nuovo esecutivo e di fatto sono andati contro l’indicazione degli iscritti. Ma la decisione è destinata a provocare un terremoto, soprattutto in vista del voto a Montecitorio dove i numeri potrebbero essere simili (si parla di una forbice di 15-30 deputati che sarebbero pronti a seguire i dissidenti). I neo espulsi però contestano la decisione e promettono battaglia tra ricorsi e proteste. La senatrice Barbara Lezzi, forte di una vicinanza con Davide Casaleggio e Alessandro Di Battista, ha replicato dicendo che non è stata espulsa. E anzi ha rilanciato: “Mi candido al comitato direttivo”. Questa è solo l’ultima puntata di una lunga serie di scontri: solo ieri infatti, gli iscritti hanno dato il via libera alla modifica dello Statuto e quindi all’abolizione del ruolo di capo politico. Un voto che secondo Lezzi (e Casaleggio) avrebbe dovuto essere applicato immediatamente, procedendo all’elezione dei 5. E solo l’intervento di Beppe Grillo, arrivato ieri in serata, ha frenato la corsa: è un momento troppo delicato per procedere al rinnovo della leadership, per ora resta Crimi.

Beppe Grillo rilancia il patto verde – Proprio nel pieno delle polemiche interne. Il garante del Movimento 5 stelle ha rilanciato sul sul Blog un post della senatrice Patty L’Abbate che parla della “transizione ecologica”: “Siamo nell’era della resilienza, dell’antropocene, e dobbiamo necessariamente effettuare un salto quantico, passare da un regime di equilibrio (che realmente non lo è più) a un altro e l’unità, il patto verde, è l’unica strada. La transizione ecologica è proprio questo, un processo necessario di trasformazione a livello tecnologico, economico, ecologico, socio-culturale e istituzionale, scale che si influenzano e si rafforzano vicendevolmente, è un processo sistemico che tiene conto della complessità della natura, e che deve concentrarsi sulle interazioni e le interconnessioni tra il sistema economia ecologico e sociale”.

L’annuncio di Vito Crimi -“I 15 senatori che hanno votato No alla fiducia saranno espulsi”, ha scritto su Facebook Vito Crimi. “Ieri al Senato il M5s ha votato Sì. Non lo ha fatto a cuor leggero, è evidente. Ma lo ha fatto con coerenza, nel rispetto dell’orientamento emerso in seguito all’ultima consultazione, dove la maggioranza dei nostri iscritti si è espressa a favore. E lo ha fatto con coraggio, assumendosi la responsabilità di una scelta che non guarda all’interesse esclusivo del Movimento o al facile consenso, bensì agli interessi di tutti i cittadini italiani e della nostra comunità nazionale. Quello di chi ha votato sì è un voto unitario, una responsabilità collettiva, non del singolo”. Continua Crimi: “I compromessi con sé stessi, con i propri credo, convinzioni e valori, sono quelli più difficili”, si legge. “Riuscire ad affrontarli e sostenerli per il bene di un Paese che sta vivendo il momento più difficile della sua storia recente non è una sconfitta, è un valore aggiunto in termini di etica e dignità. I 15 senatori che hanno votato no sono venuti meno all’impegno del portavoce del Movimento che deve rispettare le indicazioni di voto provenienti dagli iscritti”, continua il capo politico ad interim. “Tra l’altro, il voto sul nascente Governo non è un voto come un altro. È il voto dal quale prendono forma la maggioranza che sostiene l’esecutivo e l’opposizione. Ed ora i 15 senatori che hanno votato no si collocano, nei fatti, all’opposizione”, si legge ancora nel post. “Per tale motivo non potranno più far parte del gruppo parlamentare del MoVimento al Senato. Ho dunque invitato il capogruppo a comunicare il loro allontanamento, ai sensi dello Statuto e del regolamento del gruppo. Sono consapevole che questa decisione non piacerà a qualcuno, ma se si pretende rispetto per chi la pensa diversamente, lo stesso rispetto si deve a chi mette da parte le proprie posizioni personali e contribuisce al lavoro di un gruppo che non ha altro obiettivo che quello di servire i cittadini e il Paese”.

Chi ha votato contro – Ieri tra i 40 voti contrari al governo Draghi, 15 sono arrivati da senatori del M5s. Voti che arrivano anche da alcuni big come l’ex ministra per il Sud, Barbara Lezzi, e il presidente della commissione Antimafia Nicola Morra. A loro si sono uniti Rosa Abate, Luisa Angrisani, Margherita Corrado, Mattia Crucioli, Fabio De Micco, Silvana Giannuzzi, Bianca Laura Granato, Virginia La Mura, Elio Lannutti, Matteo Mantero, Vilma Moronese, Cataldo Mininno e Fabrizio Ortis. Un numero più alto rispetto a quello anticipato alla vigilia, ma che si ferma a metà rispetto alle previsioni di poco meno di una settimana fa quando ci si aspettava uno strappo di quasi 30 persone. Sicuramente a cambiare gli equilibri ha contribuito l’adesione di nomi della prima guardia come Morra, che fino all’ultimo sembrava invece orientato all’astensione.

Lezzi, poco dopo l’annuncio ha rilanciato: “Ho appena letto il post del reggente perpetuo in cui comunica l’espulsione dal gruppo parlamentare dei 15 senatori, tra cui ci sono anche io, che ieri non hanno dato la fiducia al governo Draghi. Ho preso la decisione. Mi candido a far parte del comitato direttivo del M5s (da cui non sono espulsa)”, ha scritto su Facebook. “Credo che il 41% degli iscritti contrari ad allearsi con tutti, compresi Berlusconi, Salvini e Renzi, debbano essere rappresentati. Sono convinta, inoltre, che se il quesito fosse stato riproposto, come lo statuto prevede, quel 41% sarebbe stato più alto. Auspico, quindi, la massima serietà nel percorso che porta alle candidature e l’urgenza necessaria a sbloccare l’azione del M5s. Coraggio”.

“Penso di aver fatto qualcosa che certamente non mi mette a mio agio, però ci sono situazioni in cui bisogna anche rimanere soli. Se sono pronto all’espulsione? Adesso vedremo, io mi sento M5s fino al midollo. Non ci sono problemi, bisogna andare avanti e avere il massimo rispetto delle posizioni di tutti”, ha detto in mattinata il presidente dell’Antimafia. “Non rilascio dichiarazioni, ma le dico con chiarezza che faremo ricorso”, spiega invece Elio Lannutti. Secondo l’agenzia Adnkronos alcuni dei senatori espulsi stanno valutando di adire le vie legali, ricorrere al giudice contro quella che reputano un’ingiustizia. Che potrebbe indurli, tra le altre cose, a chiedere un risarcimento per danno di immagine. “C’è il quesito ‘truffaldino’ che è stato sottoposto alla base -dice uno dei senatori -ma anche una serie di altre questioni. Per dirne una: il nostro Statuto mette nero su bianco che il voto di fiducia va dato a un premier espressione del Movimento, vi sembra che Draghi lo sia?”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/02/18/m5s-crimi-espulsi-i-15-senatori-che-hanno-votato-no-a-draghi-lezzi-cacciati-dal-reggente-perpetuo-mi-candido-al-comitato-direttivo/6105417/

venerdì 25 settembre 2020

M5s, i tre scenari che Crimi ha presentato ai parlamentari: dal voto online per la leadership al percorso per gli Stati generali.

 

La riunione congiunta di deputati e senatori è stata convocata per parlare di riorganizzazione del Movimento, alla luce della sconfitta alle Regionali e in vista del rinnovo della carica di capo politico. La maggioranza dei presenti ha scartato l'opzione di ricorrere alla piattaforma Rousseau e chiesto l'avvio di un percorso di condivisione dei temi con i territori. Nei prossimi giorni gli eletti saranno consultati via mail sulla road map da seguire.

Votare subito online per una nuova leadership, che sia un singolo leader o un organo collegiale, oppure iniziare un percorso di avvicinamento agli Stati generali. E’ stato il capo politico Vito Crimi, aprendo l’assemblea dei parlamentari del Movimento 5 stelle, a illustrare i tre scenari possibili per il futuro del M5s. “Su questi vi chiedo di riflettere”, il suo esordio. La strada preferita dal gruppo è anche quella che chiedono da mesi: l’avvio di una fase congressuale. Crimi ha chiesto comunque un dibattito e annunciato che, nei prossimi giorni, saranno raccolti via mail i contributi dei portavoce. Una consultazione e non un voto. “Anziché”, ha spiegato, “decidere autonomamente, come prevede lo Statuto ho avviato un percorso di confronto con tutte le realtà“. “Il metodo è quello del coinvolgimento della nostra assemblea degli iscritti, da cui non si può prescindere”.

Il confronto, arrivato dopo la sconfitta alle Regionali, è stato reso necessario anche dai forti malumori dei gruppi verso i vertici del Movimento. “Vi chiedo di fare in fretta, perché mi sento delegittimato”, è il concetto espresso dal leader che sostituisce Luigi Di Maio da sette mesi. Ad emergere è stata soprattutto la necessità di tornare sui territori e confrontarsi con tutti i portavoce, evitando “i soliti caminetti”. Si è chiesta una soluzione “politica” e non solo tecnica. E ancora una volta si è evidenziata la necessità di far tornare la piattaforma Rousseau al Movimento. Intanto lunedì prossimo Crimi vedrà prima i rappresentanti regionali del M5s e poi la squadra di governo. La road map, insomma, che dovrebbe portare al primo vero congresso del Movimento 5 stelle è iniziata.

I tre scenari previsti da Crimi: “Se Stati generali, il percorso deve iniziare entro il 15 ottobre” – L’assemblea è stata convocata da Crimi poche ore dopo i risultati dell’election day e aveva come obiettivo prioritario quello di sbloccare una situazione di impasse che dura da troppi mesi. Il capo politico, con tanto di slide, ha spiegato cosa potrebbe succedere ora e chiesto ai parlamentari di esprimere osservazioni. Il primo scenario prevede il voto su Rousseau sul capo politico; il secondo prevede “una votazione esclusivamente sul tema governance con due step: governance monocratica o collegiale”. E se collegiale, dovrà essere scelto il modello. Infine il terzo scenario, prevede che “entro il 15 ottobre” siano convocate “assemblee regionali o provinciali con l’obiettivo di proporre un documento sintetico con l’indicazione delle questioni su cui il M5s deve interrogarsi. Nello stesso termine” ci sarà la “costituzione di una commissione composta da 10 persone, da individuare tra i portavoce Camera, Senato, Europa, regionali, comunali e membri del governo, scelti direttamente dalle singole realtà”. La commissione entro 10 giorni, utilizzando il lavoro già svolto nelle varie assemblee regionali, i documenti pervenuti, “predisporrà un compendio delle questioni su cui l’assemblea degli iscritti del Movimento si ritiene debba esprimersi: questioni organizzative; eventuali questioni che necessitano di argomento e studio”. Le questioni oggetto di votazione “saranno sottoposte al capo politico” che predisporrà una consultazione online.

Chiedevate un percorso dal basso“, ha detto Crimi nel suo intervento, “ed è quello che sta avvenendo. Non state vedendo un post direttamente sul Blog con una decisione”. Ma, Crimi ha anche ricordato l’importanza della comunità di iscritti della piattaforma Rousseau per il Movimento: “Noi possiamo dare degli indirizzi, ma c’è, ricordiamocelo, l’assemblea degli iscritti è la nostra linea vitale e che ha l’intelligenza, collettiva, di capire e valutare cosa sta succedendo e dove andare. Anche a ferragosto ci sono stati quasi 50 mila votanti, abbiamo una forza potentissima”. E, ha concluso: “Questo dibattito è necessario”, però “vorrei ricordare anche che fuori il Paese ci chiede altro“. Quindi, “la stessa veemenza con cui dibattiamo tra di noi usiamola per parlare di come dovremo spendere i 209 miliardi del Recovery Fund”.

Il dibattito in assemblea – Subito dopo l’intervento di Crimi, si è aperto il dibattito. In generale, raccontano a ilfattoquotidiano.it alcuni dei presenti, i parlamentari si sono schierati per l’avvio degli Stati generali e contro il voto subito sulla leadership. Tra i primi a intervenire c’è stata la deputata Dalila Nesci che si è presentata come esponente della corrente Parole guerriere (di questa fanno parte tra gli altri Giuseppe Brescia e Luigi Gallo). Nesci ha definito “irricevibili” le proposte di voto online: la gestione della piattaforma Rousseau nelle mani di Davide Casaleggio è uno dei nodi che una parte dei parlamentari chiede di risolvere al più presto. Si chiede un confronto che coinvolga in maniera attiva i territori e i portavoce.

Un concetto condiviso anche dai senatori Emanuele Dessì Primo Di Nicola. “Non è il momento della rissa… diamoci il tempo necessario per parlare alla nostra gente, i contenuti hanno bisogno di mesi”, ha detto Di Nicola. Le perplessità, espresse da alcuni dei parlamentari, riguardano il rischio che a un problema “politico si dia una risposta tecnica”. Per questo è stato chiesto che gli Stati generali inizino “il prima possibile” e che siano in un certo senso “permanenti”. “Se il tema”, ha detto ancora Di Nicola, “è la mancanza di identità, l’identità non te la dai facendo gli Stati generali in tre giorni”. Il gruppo ha quindi chiesto una “riflessione” su quanto fatto finora, sui successi e gli insuccessi. Una autoanalisi che, in maniera assembleare, non è mai stata fatta finora. Tra gli altri ha preso poi la parola il senatore Nicola Morra: ha parlato di “un tradimento degli ideali M5s con il metodo verticistico” e ha chiesto di rivitalizzare i Meetup.

All’assemblea non hanno partecipato molti dei big del Movimento. Non c’erano ad esempio Luigi Di Maio e Roberto Fico. Tra i pochi ministri presenti Fabiana Dadone e Federico D’Incà. E pure Lucia Azzolina che uscendo, ha commentato: “È una discussione complessa, è normale che sia così. Il Movimento ne ha bisogno”.

I malumori e le tensioni delle ultime settimane, Buffagni: “Basta fare gli struzzi” – Negli ultimi giorni l’impressione dentro e fuori il Movimento è che si sia arrivati a un punto di non ritorno: non è più possibile evitare una riorganizzazione e per farlo bisogna fare i conti con problemi troppe volte ignorati. Anche per questo, nei soli ultimi quattro giorni, molti dei principali esponenti si sono esposti più volte per chiedere un cambio di passo. Oggi lo ha ribadito Roberto Fico: “Basta con le battaglie intestine, dobbiamo avere una collegialità maggiore, perché alcuni problemi ancora vivi nel M5S derivano da verticismo troppo spinto che c’è stato”. E quelle parole, in molti, le hanno lette come un attacco all’ex capo politico (ancora molto presente) Luigi Di Maio. Un’altra riflessione che oggi ha fatto molto discutere è quella di Stefano Buffagni, viceministro M5s: “Io continuo la mia lotta”, ha scritto su Facebook, “anche se spesso è sfiancante e demotivante: l’inadeguatezza di certe scelte, di talune persone, e dei toni nel Movimento 5 stelle è alla base della situazione che stiamo affrontando. Spero finiremo di fare gli struzzi, capendo nei modi e nelle sedi giuste come cambiare, cacciando anche ‘i mercanti dal tempio'”.

Conte: “Io leader M5s? L’impegno di governo è assorbente”. E Zingaretti auspica una soluzione – In questi delicati equilibri interni, si inserisce la figura di Giuseppe Conte. Che oggi, intervistato da la Stampa, ha risposto a una domanda sulla possibilità che sia lui a guidare il Movimento. “Parliamo di una straordinaria esperienza che ha profondamente innovato la politica italiana e che ora è chiamata a compiere un salto che auspico avvenga all’esito di un confronto franco e sereno fra le varie anime. Per quanto mi riguarda, l’impegno di governo è assorbente e richiede la mia massima concentrazione”. Insomma, diventare guida del Movimento non è nei suoi piani imminenti, ma non esclude categoricamente di poter avere un ruolo (anche in vista della prossima legislatura). La principale preoccupazione dalle parti del governo è che, le dinamiche interne del Movimento, possano avere una cattiva influenza sulla maggioranza. Tanto che oggi in merito si è espresso anche il segretario Pd Nicola Zingaretti: “Non voglio fuggire alle domande”, ha detto, “ma non è corretto che sia io a mettere bocca, nel Movimento c’è dibattito ed è confermato che M5s è composito, non è un monolite da regalare alla destra di Salvini. Mi auguro che l’esito del confronto interno porti a capire che ora abbiamo una missione comune, abbiamo salvato l’Italia, ora abbiamo la missione di rilanciare l’economia, rimettere in campo un progetto, creare lavoro e combattere disuguaglianze”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/09/24/m5s-i-tre-scenari-che-crimi-ha-presentato-ai-parlamentari-dal-voto-online-per-la-leadership-al-percorso-per-gli-stati-generali/5942479/

M5S, tre exit strategy: capo politico, organo collegiale o avvio stati generali. - Dario Borriello

 



Divisioni interne. Crimi descrive i possibili scenari.

Sono tre le carte sul tavolo che il Movimento Cinque stelle può giocarsi per assicurarsi un futuro e dare il via ad un percorso che faccia compiere il salto definitivo al M5S, soprattutto a livello territoriale. E' Vito Crimi, attuale capo politico, a descrivere i possibili scenari dopo l'assemblea congiunta dei parlamentari: mantenere lo status quo eleggendo un nuovo leader tramite la piattaforma Rousseau; virare verso un cambio dello Statuto e selezionare, sempre online, un organo collegiale e infine, la terza via verso gli Stati Generali, ovvero nominare un comitato composto da 19 persone, da scegliere tra gli eletti di Camera, Senato, Europarlamento, Consigli regionali e Consigli comunali, per avviare un percorso 'congressuale' entro il 15 ottobre, coinvolgendo anche i territori.

La 'parola magica', dunque, è stata pronunciata. Perché è proprio dal livello locale che diversi big hanno indicato di ripartire. Primo tra tutti Luigi Di Maio, che da settimane sta girando le piazze, soprattutto del Sud, per riprendere il contatto con attivisti, elettori e simpatizzanti. Peraltro riscontrando un buon livello di partecipazione, cosa non affatto scontata dopo due anni di governo e un traumatico cambio di maggioranza.

Prima, però, bisogna sciogliere i nodi più difficili. Perché in questa partita il M5S rischia di giocarsi l'osso del collo. Le truppe, infatti, sono divise, anche se esistono almeno quattro 'macro-aree'. Quella più popolata vede ancora in Di Maio il leader giusto, oltre che una garanzia di tenuta del governo. Ma c'è anche chi guarda a Roberto Fico come guida politica, come la capogruppo in Consiglio regionale del Lazio, Roberta Lombardi, che apertamente sceglie il presidente della Camera nella contesa tra Di Maio e Alessandro Di Battista. La terza carica dello Stato, però, è orientato verso una leadership collegiale, condivisa e larga e non crede a un'ipotetica scissione del Movimento.

Poi c'è 'l'area Dibba', anche se al momento è la più debole numericamente. I rumors interni raccontano che l'ex deputato 'pasionario' stia tentando un riavvicinamento a Beppe Grillo (l'altra 'area vasta' dei Cinquestelle, anche se concava e convessa con tutte le altre), ma l'operazione presenta più intoppi del previsto. Di sicuro un raffreddamento con Davide Casaleggio c'è stato, dopo un lungo periodo in cui sembravano viaggiare sulla stessa lunghezza d'onda, soprattutto nella 'crisi di rigetto' all'alleanza con il Pd. I due non hanno ancora cambiato idea sul tema, ma prima di avviare una campagna di cannoneggiamento aspettano di capire come andranno i ballottaggi alle comunali e se l'asse con i dem funzionerà sui territori.

Così si torna al punto di partenza, perché tra i vertici è ormai chiaro a chiunque il bisogno di attivare una struttura capillare, per cambiare la condizione del Movimento, un 'gigante dai piedi di argilla' capace di ottimi risultati a livello nazionale e flop assoluti nei voti locali. L'anno prossimo, infatti, si voterà in Comuni chiave come Napoli, Milano, Bologna, Roma e Torino. Le contromisure vanno prese prima che sia troppo tardi. Già agli stati generali, anche se, al di là delle parole, una data non c'è e nemmeno l'accordo sul futuro del simbolo, ancora di fatto nelle mani di Grillo.

https://www.lapresse.it/politica/m5s_tre_exit_strategy_capo_politico_organo_collegiale_o_avvio_stati_generali-2995826/news/2020-09-25/

domenica 9 novembre 2014

NON SCRIVETE MENZOGNE - Vito Crimi - Voglio essere chiaro e semplice. - Roberto Fico


NON SCRIVETE MENZOGNE - Vito Crimi

A tutti i giornalai che titolano e dedicano prime pagine a presunti assi, accordi, intese e via farneticando. Tutte balle.

Non c'è nessun “accordo” M5S-PD.
Non c'è nessun “asse” M5S-PD.
Non c'è nessuna “intesa” M5S-PD.
Non c'è nessuna “sintonia” M5S-PD.
Non c’è nessun “scambio di voti” M5S-PD.

L'elezione del giudice della Corte Costituzionale ha solo dimostrato ciò che da sempre sosteniamo e dichiariamo: ogni volta che una parte politica - Partito Democratico, Forza Italia, Ncd, Sel, Lega, ecc. - avanza una proposta di buon senso, noi siamo pronti a votarla favorevolmente. Senza pretendere merce in cambio, senza staccare promesse di sorta.

Non è cambiato niente.

Il Partito Democratico rimane per noi il partito delle lobby e degli affari.
Il partito che vota in massa 35 fiducie ad altrettanti provvedimenti in poco più di un anno, annientando il dibattito democratico in aula e isolando i dissidenti al suo interno.
Il partito che non ha battuto ciglio nel vedere il proprio premier defenestrato e sostituito con un piazzista prezzolato senza passare dal voto, anzi avallando la scelta nell’assemblea del partito.
Il partito che a braccetto con Berlusconi ha fatto scempio dell’assetto istituzionale del Paese in pieno agosto, con i cittadini in vacanza.
Il partito che con una mano da dei mafiosi agli altri e con l’altra vota per abbassare le pene del voto di scambio politico-mafioso.
Il partito che l’altro giorno ha votato sì alla ciclopica porcata dello SfasciaItalia, e ci sta somministrando una legge di stabilità altrettanto infame.
Il partito dei berlusconiani travestiti da renziani.

A concepire la politica come un mercato delle vacche sono altri. La nostra è semplice coerenza, quella di chi con fatica cerca di mantenere le promesse.

Oramai l’abbiamo compreso. È la nostra semplicità a sconvolgervi. Il buon senso, la normalità. Il nostro essere persone normali che parlano a persone normali. In un Paese anormale la normalità è sempre rivoluzionaria. Per questo dovete nasconderla, sopprimerla. Non sia mai che i cittadini scorgano l’abisso che esiste fra il Movimento e i partiti, e ci prendano in simpatia. Ma è solo questione di tempo.

"Il risultato non è la meta ma il percorso" #arivederlestelle




Voglio essere chiaro e semplice. - Roberto Fico

Non c'è nessuna intesa con il Pd. 
Per fortuna abbiamo ancora sale in zucca e non siamo ancora diventati schizofrenici. 
La coerenza per una forza politica rimane il valore principale. 
Il concetto di coerenza nel nostro Paese è stato sacrificato con l'idea di realpolitik che alla fine significa semplicemente inciucio perenne ai danni dei cittadini. 
È dal primo giorno in parlamento che cerchiamo di dialogare nei luoghi preposti per portare un enorme contributo nell'interesse esclusivo dei cittadini. 
Purtroppo quasi sempre dall'altro lato gli interessi sono altri e quindi si interrompe il dialogo. 
La nostra vittoria politica per l'elezione di un giudice della corte costituzionale e di un membro del consiglio superiore della magistratura è frutto esclusivo della nostra caparbietà, serietà e trasparenza. Questo e solo questo è il nostro modello di lavoro, il nostro vivere le istituzioni, il nostro rispetto per tutti i cittadini. 
La stampa italiana oggi cerca di ricondurci allo schema abituale: accordi, alleanze, compromessi, monete di scambio. 
Noi ragioniamo in un altro modo e la stampa ormai dovrebbe saperlo. 
Ciò che vorrei che venisse raccontato è la diversa visione del mondo che ben si legge nel loro sfascia Italia rispetto al nostro attiva Italia. 
Petrolio contrapposto alle energie rinnovabili, inceneritori contrapposti ad impianti di compostaggio, acqua privata contrapposta all'acqua pubblica. 
I nostri mondi sono diversi, la visione del futuro e dello sviluppo del Paese sono profondamente diversi. Il resto sono chiacchiere. 
Oggi Chiamparino su "il fatto" dice:"che se il movimento cinque stelle vuole io al Quirinale ci vado". 
Dico a Chiamparino che piuttosto che votarlo mi taglierei le mani e con me tutto il movimento cinque stelle. 
Mi chiedo solo come gli possa essere venuta in mente una cosa del genere! 
Per ora è tutto, passo e chiudo.