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mercoledì 8 settembre 2021

Madia “copiona” perde la causa col Fatto: “Cronaca d’inchiesta”.

 

La sentenza: respinta la citazione della ex ministra.

Marianna Madia perde la causa civile contro il Fatto Quotidiano relativa alla sua tesi “copiata”. La dottoressa Damiana Colla del Tribunale di Roma ha infatti respinto la sua citazione contro il nostro giornale e i giornalisti Laura Margottini e Stefano Feltri sulla base di una sentenza che fa onore al lavoro giornalistico. Oltre a rigettare la domanda, il giudice condanna Madia al risarcimento delle spese nella misura di 6.183 euro “per compensi, oltre spese generali ed accessori come per legge”.

Il caso passa quindi il vaglio del Tribunale. I nostri articoli riferivano di una sostanziale copiatura da parte di Marianna Madia di parte della sua tesi di dottorato in Economia del Lavoro con la quale aveva conseguito nel 2008 il titolo presso la Scuola Imt di Lucca. Altra accusa è stata anche la sua mancata presenza presso l’Università olandese di Tilburg per svolgere un esperimento riportato nella medesima tesi di laurea, tale da determinare la contestazione circa la paternità dell’esperimento stesso.

A fronte di articoli documentati Madia ha deciso di citare il Fatto per diffamazione in una causa civile con richiesta di risarcimento “nella somma ritenuta per giustizia” e quindi non quantificata. L’accusa ai nostri giornalisti è stata, con molta sicurezza, quella di aver dato una notizia “falsa”.

E invece il Tribunale non solo conferma che la notizia non era falsa, ma dà atto a Margottini e Feltri di aver svolto un lavoro che rientra “pienamente nel giornalismo investigativo” portato avanti in modo “accurato con notizie rese con approfondimento e precisione”. Tra le prove di accuratezza c’è anche il fatto che Laura Margottini si è “premurata di acquisire il parere di un esperto in materia di plagio nel settore accademico (Gerhard Dannemann, componente del VroniPlag, ‘il gruppo di accademici che ha analizzato le tesi di dottorato di decine di politici e professori tedeschi’), il cui scambio di email è allegato in atti e il cui parere è riportato nel brano in esame”.

La documentazione prodotta ha dunque “confermato il fondamento dell’indagine e la sua finalità di ingenerare il sospetto di illeciti”.

“Quanto alla verità, prosegue la sentenza, nei limiti in cui tale requisito è applicabile al diritto di critica, deve appena rilevarsi che le frasi pronunciate dall’attrice sono da ritenersi riferite a notizia vera nel suo nucleo essenziale, considerato che proprio nella specie la testata convenuta e i suoi giornalisti hanno svolto attività di inchiesta nei confronti dell’attrice, finalizzata peraltro a ingenerare sospetti di plagio e a denunciare irregolarità nel percorso post universitario della Madia”.

“Non appaiono dunque condivisibili, in conclusione, le doglianze dell’attrice relative al preteso difetto di verità della notizia contenuta nei quattro articoli in contestazione”.

La copiatura è un fatto, tutto il resto chiacchiera.

ILFQ

martedì 6 febbraio 2018

Madia, dottorato con 4 mila parole copiate nella tesi. - Laura Margottini


Sul sito – Sul fattoquotidiano.it tutte le 50 slide

Nella ricerca finale del 2008 all’Imt la futura ministra prese ampi brani da testi altrui senza indicare la citazione.

La tesi di dottorato di Marianna Madia, ministro per la Semplificazione e Pubblica amministrazione nei governi Gentiloni e Renzi, non pare essere tutta frutto della sua creatività. In 35 di 94 pagine della tesi (al netto di bibliografia, figure e tabelle) – titolo: “Essays on the Effects of Flexibility on Labour Market Outcome” – ci sono passaggi pressoché identici a quelli presenti in altre pubblicazioni. La fonte di quei passaggi non risulta citata laddove il ministro li riporta nella sua tesi. Col risultato che spesso non è possibile distinguere le parole originali della Madia da quelle di altri autori. Da un’indagine del Fatto, risultano essere circa 4mila le parole senza chiara attribuzione nei tre capitoli della tesi.
A fine 2008, la Madia (già parlamentare Pd) ha conseguito il titolo di dottorato alla Scuola Imt di Alti Studi di Lucca. Fabio Pammolli, allora rettore dello stesso Imt, e Giorgio Rodano, già professore di ordinario di Economia all’Università Sapienza, erano i relatori della tesi. Che dovrebbero essere garanti della sua originalità e della conformità alle regole che l’accademia si dà per preservare’ l’integrità della ricerca.
Nell’analisi, il Fatto ha escluso dal conteggio tutte le frasi che ha riconosciuto di uso comune nell’ambito delle scienze economiche e anche i passaggi che appaiono identici in altre pubblicazioni, ma attribuite tra parentesi dalla Madia alla fonte originale, nel punto in cui sono riportate. Tali passaggi sono stati esclusi dal conteggio anche quando ripresi parola per parola, ma senza virgolette (le regole accademiche impongono di virgolettare se le frasi sono riprese letteralmente). La tesi della Madia è sul sito dell’Imt.
Nel lavoro del ministro passaggi anche di centinaia di parole risultano identici ad altri già apparsi in pubblicazioni scientifiche peer reviewed (cioè certificate dal controllo della comunità scientifica), o in articoli che nel 2008 erano ancora in progress, in rapporti della Commissione europea, del Fondo monetario internazionale e di centri di ricerca (come l’Istituto Iza per l’Economia del Lavoro di Bonn, in Germania, o il National Bureau of Economic Research di Cambridge (Nber), Massachusetts, negli Usa). “Anche articoli in progress, working paper, o i rapporti di istituzioni vanno assolutamente citati,” spiega Gerhard Dannemann, direttore del Centro di Studi britannici a Berlino, membro del VroniPlag, il gruppo di accademici che ha analizzato le tesi di dottorato di decine di politici e professori tedeschi.
La pratica di riprendere interi passaggi senza citare la fonte all’interno del proprio testo è giudicata molto severamente nel mondo accademico. Anche il codice etico che Imt si è dato, con Pammolli rettore, definisce come plagio accademico “la presentazione delle parole o idee di altri come proprie”. E questo “può assumere varie forme” come “appropriarsi deliberatamente del lavoro di altri o non citare correttamente le fonti all’interno del proprio lavoro accademico.” Dal 2011 Imt ha messo a disposizione dei docenti un software anti-plagio, in grado di smascherare le parti copiate nelle tesi degli studenti.
In tre sottocapitoli della tesi del ministro, la quantità di passaggi che risultano originariamente presenti in articoli di altri autori non citati dove appaiono nella tesi, è rispettivamente del 40%, del 56% e del 79%. E in sette pagine su 95 si va dal 56% all’89% di testo identico a quello di altri autori, senza virgolette né attribuzione della fonte. In alcuni casi, si cita in parentesi il lavoro di un autore, ma si riprendono intere parti da un altro lavoro del medesimo autore, che però non è citato dove i passaggi sono riportati. Alcune pagine appaiono come collage di più articoli di diversi autori, senza fonte né virgolette, inframezzate da frasi scritte dall’autrice della tesi. Oppure, in una serie di frasi riprese verbatim (senza fonti né virgolette) vengono cambiate solo alcune parole: “question” nella fonte originale diventa “issue” nella tesi, “step” diventa “stage“, “those” diventa “these”. “In generale, segnali di questo tipo possono indicare l’intenzionalità da parte dell’autore di non citare correttamente”, spiega Dannemann al Fatto. È una tecnica nota come “shake and paste”, mescola e incolla.
Un altro modus operandi riscontrato è quello chiamato pawn sacrifice, “l’arte del concedere poco, per nascondere molto”. Si cita la fonte all’inizio di un passaggio, ma nel testo che segue — anche per centinaia di parole nel caso della tesi della Madia — non si specifica che si tratta di un testo tratto dalla medesima pubblicazione, né si utilizzano virgolette. E questo rende impossibile riconoscere le frasi scritte dal ministro da quelle di altri autori. Le pubblicazioni da cui sono ripresi i passaggi senza attribuzione tra parentesi e senza virgolette sono elencati nella bibliografia della tesi. Ma non sono citate nel punto esatto in cui vi si attinge.
La mancanza di correttezza nel citare le fonti può spingere le università a revocare il titolo di dottorato o le riviste scientifiche alla revocare la pubblicazione di un articolo qualora si riscontri che la mancata attribuzione sia deliberata. In Italia, la legge 475 punisce con pene fino a 3 anni di reclusione chi “in esami o concorsi, prescritti o richiesti da autorità o pubbliche amministrazioni per il conferimento di lauree o di ogni altro grado (…) presenta, come propri, dissertazioni, studi, pubblicazioni, progetti tecnici e, in genere, lavori che siano opera di altri”.
Alcune delle criticità riscontrate dal Fatto nel caso Madia sono analoghe a quelle trovate nella tesi di dottorato di Karl-Theodor zu Guttenberg, ex ministro della Difesa tedesco che si è dimesso e ha rinunciato al dottorato dopo le accuse di plagio nel 2011. A questo primo scandalo, rivelato dalla Süddeutsche Zeitung, ne seguirono altri, riguardanti ministri del governo Merkel e una decina di politici. Fu aperta un’inchiesta dall’Università di Bayreuth, dove Zu Guttenberg aveva conseguito il dottorato, e dalla magistratura, che finì con un patteggiamento e un ammenda.
Tre settimane fa in Francia L’Express ha scovato una decina di passaggi copiati da autori celebri, ma non citati neanche in bibliografia, nell’ultimo libro di Etienne Klein, fisico, filosofo e divulgatore francese. Due mesi prima Klein era diventato presidente dell’Istituto di Alti Studi Scientifici e Tecnologici francese che vuole rafforzare la fiducia dei cittadini nell’impresa scientifica. Sul caso Klein, il ministero della Ricerca francese ha aperto un’inchiesta.

venerdì 31 marzo 2017

Il ministro Madia deve dimettersi.



Un'inchiesta del "Fatto Quotidiano" ha documentato che la tesi di dottorato del ministro Marianna Madia contiene intere frasi plagiate da opere di altri autori. Comunque si vogliano conteggiare le percentuali di testo non originale è un fatto molto grave, ed è gravissimo che i grandi giornali italiani non se ne stiano occupando.
Perché qui non si tratta di quantità: si tratta di qualità, si tratta di etica.
Il plagio, anche di una sola pagina, non è consentito dalle regole della comunità scientifica internazionale. Il ministro tedesco dell'istruzione, Annette Schavan, aveva plagiato parti della sua tesi di dottorato: il titolo le è stato revocato dall'università di Düsseldorf dove lo aveva conseguito, e il ministro ha presentato subito le proprie dimissioni.
Anche il codice etico dello stesso IMT di Lucca, dove la Madia ha conseguito il dottorato, correttamente definisce come plagio "la presentazione delle parole o idee di altri come proprie", specificando che rientra in questo comportamento anche l'"appropriarsi deliberatamente del lavoro di altri o non citare correttamente le fonti all'interno del proprio lavoro accademico". Per questo appaiono sconcertanti le dichiarazioni del prof. Pietro Pietrini, direttore dell'IMT, per il quale si tratterebbe della dimenticanza di "quattro parentesi" e di critiche dettate da una "ossessione delle citazioni". Altro che ossessione! Lo strumento della rete è stato usato dalla dottoranda in modo intellettualmente scorretto e inconciliabile con l'etica della ricerca.
Ora, questo comportamento – in sé grave e censurabile – diventa gravissimo quando riguarda chi ora è un ministro della Repubblica. Ed è politicamente insostenibile quando riguarda un ministro che ha proposto una riforma della Pubblica Amministrazione che brandisce il vessillo della "meritocrazia" e si propone la caccia ai "furbetti".
Ora la ministra Marianna Madia ha la possibilità di migliorare davvero la Pubblica Amministrazione: dimettendosi.
Il consiglio di Presidenza di Libertà e Giustizia
Sandra Bonsanti, Lorenza Carlassare, Roberta De Monticelli, Paul Ginsborg, Tomaso Montanari, Valentina Pazè, Elisabetta Rubini, Salvatore Settis, Nadia Urbinati, Gustavo Zagrebelsky