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martedì 6 febbraio 2018

Madia, dottorato con 4 mila parole copiate nella tesi. - Laura Margottini


Sul sito – Sul fattoquotidiano.it tutte le 50 slide

Nella ricerca finale del 2008 all’Imt la futura ministra prese ampi brani da testi altrui senza indicare la citazione.

La tesi di dottorato di Marianna Madia, ministro per la Semplificazione e Pubblica amministrazione nei governi Gentiloni e Renzi, non pare essere tutta frutto della sua creatività. In 35 di 94 pagine della tesi (al netto di bibliografia, figure e tabelle) – titolo: “Essays on the Effects of Flexibility on Labour Market Outcome” – ci sono passaggi pressoché identici a quelli presenti in altre pubblicazioni. La fonte di quei passaggi non risulta citata laddove il ministro li riporta nella sua tesi. Col risultato che spesso non è possibile distinguere le parole originali della Madia da quelle di altri autori. Da un’indagine del Fatto, risultano essere circa 4mila le parole senza chiara attribuzione nei tre capitoli della tesi.
A fine 2008, la Madia (già parlamentare Pd) ha conseguito il titolo di dottorato alla Scuola Imt di Alti Studi di Lucca. Fabio Pammolli, allora rettore dello stesso Imt, e Giorgio Rodano, già professore di ordinario di Economia all’Università Sapienza, erano i relatori della tesi. Che dovrebbero essere garanti della sua originalità e della conformità alle regole che l’accademia si dà per preservare’ l’integrità della ricerca.
Nell’analisi, il Fatto ha escluso dal conteggio tutte le frasi che ha riconosciuto di uso comune nell’ambito delle scienze economiche e anche i passaggi che appaiono identici in altre pubblicazioni, ma attribuite tra parentesi dalla Madia alla fonte originale, nel punto in cui sono riportate. Tali passaggi sono stati esclusi dal conteggio anche quando ripresi parola per parola, ma senza virgolette (le regole accademiche impongono di virgolettare se le frasi sono riprese letteralmente). La tesi della Madia è sul sito dell’Imt.
Nel lavoro del ministro passaggi anche di centinaia di parole risultano identici ad altri già apparsi in pubblicazioni scientifiche peer reviewed (cioè certificate dal controllo della comunità scientifica), o in articoli che nel 2008 erano ancora in progress, in rapporti della Commissione europea, del Fondo monetario internazionale e di centri di ricerca (come l’Istituto Iza per l’Economia del Lavoro di Bonn, in Germania, o il National Bureau of Economic Research di Cambridge (Nber), Massachusetts, negli Usa). “Anche articoli in progress, working paper, o i rapporti di istituzioni vanno assolutamente citati,” spiega Gerhard Dannemann, direttore del Centro di Studi britannici a Berlino, membro del VroniPlag, il gruppo di accademici che ha analizzato le tesi di dottorato di decine di politici e professori tedeschi.
La pratica di riprendere interi passaggi senza citare la fonte all’interno del proprio testo è giudicata molto severamente nel mondo accademico. Anche il codice etico che Imt si è dato, con Pammolli rettore, definisce come plagio accademico “la presentazione delle parole o idee di altri come proprie”. E questo “può assumere varie forme” come “appropriarsi deliberatamente del lavoro di altri o non citare correttamente le fonti all’interno del proprio lavoro accademico.” Dal 2011 Imt ha messo a disposizione dei docenti un software anti-plagio, in grado di smascherare le parti copiate nelle tesi degli studenti.
In tre sottocapitoli della tesi del ministro, la quantità di passaggi che risultano originariamente presenti in articoli di altri autori non citati dove appaiono nella tesi, è rispettivamente del 40%, del 56% e del 79%. E in sette pagine su 95 si va dal 56% all’89% di testo identico a quello di altri autori, senza virgolette né attribuzione della fonte. In alcuni casi, si cita in parentesi il lavoro di un autore, ma si riprendono intere parti da un altro lavoro del medesimo autore, che però non è citato dove i passaggi sono riportati. Alcune pagine appaiono come collage di più articoli di diversi autori, senza fonte né virgolette, inframezzate da frasi scritte dall’autrice della tesi. Oppure, in una serie di frasi riprese verbatim (senza fonti né virgolette) vengono cambiate solo alcune parole: “question” nella fonte originale diventa “issue” nella tesi, “step” diventa “stage“, “those” diventa “these”. “In generale, segnali di questo tipo possono indicare l’intenzionalità da parte dell’autore di non citare correttamente”, spiega Dannemann al Fatto. È una tecnica nota come “shake and paste”, mescola e incolla.
Un altro modus operandi riscontrato è quello chiamato pawn sacrifice, “l’arte del concedere poco, per nascondere molto”. Si cita la fonte all’inizio di un passaggio, ma nel testo che segue — anche per centinaia di parole nel caso della tesi della Madia — non si specifica che si tratta di un testo tratto dalla medesima pubblicazione, né si utilizzano virgolette. E questo rende impossibile riconoscere le frasi scritte dal ministro da quelle di altri autori. Le pubblicazioni da cui sono ripresi i passaggi senza attribuzione tra parentesi e senza virgolette sono elencati nella bibliografia della tesi. Ma non sono citate nel punto esatto in cui vi si attinge.
La mancanza di correttezza nel citare le fonti può spingere le università a revocare il titolo di dottorato o le riviste scientifiche alla revocare la pubblicazione di un articolo qualora si riscontri che la mancata attribuzione sia deliberata. In Italia, la legge 475 punisce con pene fino a 3 anni di reclusione chi “in esami o concorsi, prescritti o richiesti da autorità o pubbliche amministrazioni per il conferimento di lauree o di ogni altro grado (…) presenta, come propri, dissertazioni, studi, pubblicazioni, progetti tecnici e, in genere, lavori che siano opera di altri”.
Alcune delle criticità riscontrate dal Fatto nel caso Madia sono analoghe a quelle trovate nella tesi di dottorato di Karl-Theodor zu Guttenberg, ex ministro della Difesa tedesco che si è dimesso e ha rinunciato al dottorato dopo le accuse di plagio nel 2011. A questo primo scandalo, rivelato dalla Süddeutsche Zeitung, ne seguirono altri, riguardanti ministri del governo Merkel e una decina di politici. Fu aperta un’inchiesta dall’Università di Bayreuth, dove Zu Guttenberg aveva conseguito il dottorato, e dalla magistratura, che finì con un patteggiamento e un ammenda.
Tre settimane fa in Francia L’Express ha scovato una decina di passaggi copiati da autori celebri, ma non citati neanche in bibliografia, nell’ultimo libro di Etienne Klein, fisico, filosofo e divulgatore francese. Due mesi prima Klein era diventato presidente dell’Istituto di Alti Studi Scientifici e Tecnologici francese che vuole rafforzare la fiducia dei cittadini nell’impresa scientifica. Sul caso Klein, il ministero della Ricerca francese ha aperto un’inchiesta.

venerdì 31 marzo 2017

Il ministro Madia deve dimettersi.



Un'inchiesta del "Fatto Quotidiano" ha documentato che la tesi di dottorato del ministro Marianna Madia contiene intere frasi plagiate da opere di altri autori. Comunque si vogliano conteggiare le percentuali di testo non originale è un fatto molto grave, ed è gravissimo che i grandi giornali italiani non se ne stiano occupando.
Perché qui non si tratta di quantità: si tratta di qualità, si tratta di etica.
Il plagio, anche di una sola pagina, non è consentito dalle regole della comunità scientifica internazionale. Il ministro tedesco dell'istruzione, Annette Schavan, aveva plagiato parti della sua tesi di dottorato: il titolo le è stato revocato dall'università di Düsseldorf dove lo aveva conseguito, e il ministro ha presentato subito le proprie dimissioni.
Anche il codice etico dello stesso IMT di Lucca, dove la Madia ha conseguito il dottorato, correttamente definisce come plagio "la presentazione delle parole o idee di altri come proprie", specificando che rientra in questo comportamento anche l'"appropriarsi deliberatamente del lavoro di altri o non citare correttamente le fonti all'interno del proprio lavoro accademico". Per questo appaiono sconcertanti le dichiarazioni del prof. Pietro Pietrini, direttore dell'IMT, per il quale si tratterebbe della dimenticanza di "quattro parentesi" e di critiche dettate da una "ossessione delle citazioni". Altro che ossessione! Lo strumento della rete è stato usato dalla dottoranda in modo intellettualmente scorretto e inconciliabile con l'etica della ricerca.
Ora, questo comportamento – in sé grave e censurabile – diventa gravissimo quando riguarda chi ora è un ministro della Repubblica. Ed è politicamente insostenibile quando riguarda un ministro che ha proposto una riforma della Pubblica Amministrazione che brandisce il vessillo della "meritocrazia" e si propone la caccia ai "furbetti".
Ora la ministra Marianna Madia ha la possibilità di migliorare davvero la Pubblica Amministrazione: dimettendosi.
Il consiglio di Presidenza di Libertà e Giustizia
Sandra Bonsanti, Lorenza Carlassare, Roberta De Monticelli, Paul Ginsborg, Tomaso Montanari, Valentina Pazè, Elisabetta Rubini, Salvatore Settis, Nadia Urbinati, Gustavo Zagrebelsky

sabato 27 luglio 2013

Tesi, discorsi e programmi copiati: esiste il software anti plagio. - Loredana Di Cesare

Studenti Università


Il programma dal nome Turing è stato reso operativo all'università Bocconi di Milano nel 2011 e permette di verificare che l'autenticità delle tesi di laurea. Un sistema che se applicato anche per i politici rivelerebbe i numerosi "prestiti".

Se uno studente copia la tesi, rischia la sospensione dall’università. Se un ministro copia un discorso o una relazione programmatica, invece, nessun problema: Governo e Parlamento non hanno nulla da rimproverargli. Nessuna sanzione, nessuna censura. Eppure il software anti plagio – il suo nome è Turing – è stato reso operativo, nell’università Bocconi di Milano, dal 2011: nello stesso anno, il suo ex rettore, Mario Monti, che lasciò l’ateneo milanese per assumere la guida del Governo, copiò alcuni passaggi del programma fiscale dalle relazioni di Bankitalia, senza citarne la fonte. Un retroscena rivelato dal quotidiano Libero che non ci risulta sia stato smentito.
Ciò accadeva mentre la sua Bocconi – dov’è rientrato da un mese in qualità di presidente del consiglio di amministrazione dell’Università – sperimentava gli effetti pratici del software “Turing” sugli studenti. Risultato della sperimentazione: negli ultimi 18 mesi, un laureando è stato sospeso e allontanato dall’università perché aveva copiato la tesi di un suo collega. Tra i comportamenti sanzionabili – si legge nel codice etico (honor code) dell’istituto milanese – c’è appunto quello di “appropriarsi di idee, concetti, presentazioni, dati e di ogni altra informazione elaborata o riportata in scritti o in interventi orali altrui senza espressamente e correttamente indicarne le fonti”.
Ma da quando è stato “lanciato il programma anti plagio, e gli studenti sono a conoscenza della possibilità di essere scoperti, si è messo in moto un meccanismo virtuoso e un regime di deterrenza per cui ogni possibilità di plagio è impedita sul nascere – precisa Roberto Grassi, dirigente responsabile divisione didattica e componente della commissione disciplinare della Bocconi. Infatti, un solo caso di copiatura, in un anno e mezzo, è stato scoperto. “Nel momento in cui viene individuato un plagio – spiega Grassi – la tesi è annullata, lo studente deve riscriverla, è sottoposto a un provvedimento disciplinare e scatta la sanzione, legata a quelle previste dal ministero dell’Istruzione: sospensione da sei mesi a tre anni e allontanamento dalla vita universitaria”. In sintesi, a uno studente che copia, viene bloccata la carriera eritardato l’accesso nel mondo del lavoro. “Possiamo soltanto sospendere e non espellere lo studente – dice Grassi – fatto che avviene per esempio negli Stati uniti, perché l’espulsione non è prevista dalla normativa italiana”. Ai 13 mila bocconiani, l’università manda ogni anno una lettera con tutte le tipologie di provvedimenti disciplinari con equivalente sanzione.
“Ciò che ci caratterizza – continua Grassi – è che noi abbiamo inserito questo software anti plagio in automatico, quindi tutti i lavori di laurea, una volta completati, passano al vaglio del sistema Turing. Il docente, dunque, riceve insieme alla copia della tesi anche la copia del report anti plagio”. Insomma, la chiave del successo, è un prodotto made in Bocconi, che verifica l’autenticità di un elaborato, in pochi minuti, incrociando le informazioni pubblicate sul web e quelle presenti nella base dati della Bocconi.
Usato in chiave politica, il software sarebbe stato utile per scoprire che l’ex premier Monti era stato “ispirato” dal giuslavorista Pietro Ichino per esprimere le idee della sua agenda. Nessuna smentita dal professore e Ichino intervistato da Radio 24 ha dichiarato che il suo documento era online da mesi. Bastava confrontare l’agenda Monti sulla rete e il saccheggio sarebbe stato scoperto. Invece nessuno ha fiatato. Il Turing avrebbe funzionato anche per la neo ministra della Salute Beatrice Lorenzin che, al primo esordio ufficiale a un congresso di medici, ha presentato un programma con parti interamente copiate dal Libro bianco dell’ex ministro, Maurizio Sacconi. Anche in questo caso, la fonte non è stata indicata. Tutt’altra storia in Germania dove, per il copia e incolla della tesi di dottorato, il ministro della Difesa, Karl Theodor zu Guttemberg, nel 2011, ha dovuto dimettersi. E pensare che non c’è stato neanche bisogno del sistema elaborato dalla Bocconi.