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giovedì 11 dicembre 2014

Galatolo, vertice tra procure sul ruolo di “Faccia da mostro”. - Giuseppe Pipitone e Sandra Rizza



Alla riunione, convocata martedì pomeriggio dalla Dna, i magistrati di Palermo, Caltanissetta, Catania e Reggio Calabria per uno scambio di informazioni sulle rivelazioni del neo-pentito dell’Acquasanta. Sul tavolo, anche le indagini sul killer dal volto sfigurato che avrebbe partecipato ad alcuni tra i più efferati delitti di Cosa nostra.

Un vertice investigativo tra i magistrati della procura di Palermo, Catania, Caltanissetta e Reggio Calabria per discutere delle ultime rivelazioni del pentito Vito Galatolo, il picciotto dell’Acquasanta che ha svelato il piano di morte per Nino Di Matteo. All’incontro, convocato martedì pomeriggio dalla Procura nazionale antimafia, erano presenti per la prima volta i magistrati della Dda reggina competente sul tratto di mare in fondo al quale giace il mercantile ‘’Laura Cosulich’’, affondato durante la seconda guerra mondiale al largo delle Saline Joniche: una parte del tritolo che doveva essere utilizzato a Palermo per eliminare Di Matteo potrebbe, infatti, provenire dalle stive del relitto, dal quale già nel maggio scorso i sommozzatori della polizia recuperarono 24 chili di esplosivo.
Sul tavolo del vertice organizzato per il periodico scambio di informazioni tra gli organi inquirenti, c’erano anche le rivelazioni che Galatolo avrebbe reso ai pm di Palermo e Caltanissetta su ‘’Faccia da Mostro’’, il killer dal volto sfigurato, con in tasca la tessera da 007, che avrebbe partecipato ad alcuni dei delitti più eclatanti di Cosa nostra, tra gli anni Ottanta e Novanta. L’uomo è stato identificato in Giovanni Aiello, dirigente della polizia in servizio a Palermo negli anni Settanta, attualmente in pensione e residente nel comune di Montauro, in provincia di Catanzaro, per mesi indagato da tutte e quattro e procure.
‘’E’ lui. E’ l’uomo che veniva utilizzato come sicario in affari che dovevano restare ‘’riservati’’ – ha detto nel giugno scorso Giovanna Galatolo, la sorella di Vito, pentita da circa un anno, riconoscendo l’ex poliziotto in un confronto all’americana- tutti i miei parenti lo chiamavano lo sfregiato, sapevo che viaggiava sempre tra Palermo e Milano, si incontrava sempre in vicolo Pipitone, con mio padre, con mio cugino Angelo e con Francesco e Nino Madonia’’.
Una testimonianza, quella della donna, che in un primo momento era stata accolta con prudenza dagli inquirenti ma che ora, dopo le nuove rivelazioni del fratello, potrebbe trovare un ulteriore riscontro. Secondo alcune indiscrezioni, infatti, Vito (figlio del boss dell’Acquasanta Vincenzo Galatolo) avrebbe raccontato nei giorni scorsi ai pm siciliani alcuni particolari sulle attività di ‘’Faccia da Mostro’’, appresi dal padre. Tra queste, il ruolo che il killer avrebbe avuto nel fallito attentato all’Addaura, sulla scogliera davanti alla villetta di Giovanni Falcone, nel giugno dell’89, e nell’omicidio del poliziotto Nino Agostino, ucciso a Palermo il 5 agosto dello stesso anno. Tra l’altro, il padre dell’agente assassinato, Vincenzo Agostino, durante una puntata della trasmissione ‘’Servizio Pubblico’’, riconobbe in Aiello il sicario a cavallo tra Stato e mafia che si era recato in casa sua due giorni prima dell’agguato, a chiedere informazioni sulla vittima.
A tirare in ballo ‘’Faccia da Mostro’’, non sono soltanto i Galatolo, ma anche un boss come Nino Lo Giudice, detto il ‘’Nano’’, capo di una cosca calabrese ritenuta da sempre in contatto con i servizi, che prima di ritrattare quanto aveva raccontato agli inquirenti da collaboratore di giustizia, aveva indicato Aiello come un killer spesso in azione al fianco di una donna, una certa Antonella, chiamata ‘’la segretaria’’. ‘’Tutti e due – aveva detto Lo Giudice – facevano parte dei servizi deviati dello Stato e la donna era stata ad Alghero in una base militare dove la fecero addestrare per commettere attentati e omicidi’’. Versione confermata da Giuseppe Maria Di Giacomo, esperto killer del clan catanese dei Laudani, collaboratore di giustizia il cui nome figura nell’elenco degli otto mafiosi detenuti contenuto nell’appunto denominato ‘’Farfalla’’Di Giacomo, insieme a boss di prima grandezza come lo stragista Fifetto Cannella, sarebbe stato il destinatario di un’offerta di denaro in cambio di informazioni riservate, nell’ambito del patto stilato nel 2003 tra il Sisde di Mario Mori e il Dap di Gianni Tinebra, oggetto del processo sulla Trattativa Stato-mafia.

Anche Luigi Ilardo, il boss mafioso che il colonnello Michele Riccio aveva infiltrato tra i fedelissimi di Bernardo Provenzano, prima di finire ucciso il 10 maggio 1996, aveva fatto cenno ad uno 007 col volto sfigurato: ‘’Noi – aveva detto- sapevamo che c’era un agente a Palermo che faceva cose strane e si trovava sempre in posti strani. Aveva la faccia da mostro, siamo venuti a sapere che era anche nei pressi di Villagrazia quando uccisero il poliziotto Agostino’’.

giovedì 13 settembre 2012

VOCE DEL VERBO VIOLARE. - Marco Travaglio


Mancino, Violante, Cossiga

Premesso che il Fatto non ha mai chiesto le dimissioni del capo dello Stato, né fa parte di “blocchi” di “populismo giuridico” per “abbattere il Quirinale”, ma ha soltanto scritto che Napolitano ha sbagliato – venendo meno alla sua imparzialità – ad assecondare le pressioni di Mancino contro la Procura di Palermo e sarebbe ora che tutti lo ammettessero, segnaliamo all’opinione pubblica il caso di un uomo politico di centrosinistra che ha più volte tentato di abbattere il Quirinale.

Questo politico ha firmato un’interrogazione parlamentare al governo contro l’inquilino del Colle – peraltro irresponsabile per ogni suo atto, secondo la tesi dello stesso politico – a proposito di alcune esternazioni contro i magistrati, domandando “come il governo ritenga di conciliare queste affermazioni, se vere, con il tragico record che l’Italia ha, nel mondo occidentale, del più alto numero di magistrati uccisi, per fedeltà alla Repubblica, da terrorismo e mafia” (Ansa, 8 maggio).

Poi il politico ha chiesto al governo di “presentarsi alle Camere e di esprimere le proprie posizioni sulle questioni sollevate dal Presidente” sulla giustizia e di dire “quali iniziative ha adottato o intende adottare per favorire le indagini”, “rimuovendo ogni segreto” (Ansa, 16 maggio).

Inoltre il politico in questione ha definito “inaccettabili molte posizioni del Capo dello Stato”, “arrogante” perché “attacca i giudici e dice ‘dimentichiamo il passato’” (Ansa, 19 ottobre). 

Il politico ha poi minacciato: “Stiamo studiando se ci sono gli estremi per la messa in stato d’accusa del presidente della Repubblica per attentato alla Costituzione”, che ormai “dilaga con ottiche presidenziali di fatto” (Ansa, 23 novembre). 

Qualche giorno dopo, il nostro politico ha invitato “il Tribunale dei ministri a esaminare subito la posizione del capo dello Stato” e i pm a proseguire le indagini, perché “qualsiasi sospensione o blocco che derivasse dall’iniziativa del Presidente della Repubblica costituirebbe un nuovo arbitrio in una situazione istituzionale già assai gravemente deteriorata a causa dei comportamenti del Presidente” (Ansa, 28 novembre). 

Una settimana dopo il politico di cui sopra ha annunciato la richiesta del suo partito per la “messa in stato d’accusa del presidente della Repubblica, che in sostanza si è comportato non come soggetto imparziale, ma come capo di un partito. Se vuole fare il capo di un partito, si dimetta da presidente e faccia come tutti gli altri. La nostra denuncia è già stata inviata al comitato parlamentare per i procedimenti d’accusa. Se archivia subito, si pone il problema se raccogliere le firme per discutere a Camere riunite. Se invece si aprono le indagini, si porrà un problema di incompatibilità politica tra il presidente della Repubblica rappresentante dell’unità nazionale e il presidente della Repubblica imputato” (Ansa, 6 dicembre). 

In ogni caso il politico ha ribadito “la necessità che il Presidente lasci il Quirinale al più presto” perché “non può rappresentare degnamente le elevate funzioni di capo dello Stato chi si assume le funzioni dell’ufficio legislativo della presidenza del Consiglio” (Ansa, 8 febbraio). 

Oltretutto, ha aggiunto, è “un ricattatore” e “un mentitore spudorato” (9 febbraio). 

Contro il capo dello Stato è intervenuta anche Magistratura democratica: “Al riparo della irresponsabilità assicuratagli dalla sua carica, il Presidente della Repubblica prosegue nell’ormai sistematica campagna di delegittimazione della magistratura e dei giudici. La risposta dei magistrati democratici dovrà essere come di consueto il massimo rigore nella propria attività unito al più fermo rispetto delle regole. I cittadini valuteranno chi difende le istituzioni e chi concorre a screditarle” (Ansa, 9 luglio). 

Il nostro politico è il participio presente del verbo Violare, il Presidente si chiamava Cossiga, le date dei dispacci Ansa si riferiscono agli anni 1991-'92.

Come passa il tempo.