Nuovo colpo di scena ieri nella vicenda “Camici regalati” dalla Dama spa: il direttore generale di Aria spa, la centrale acquisti della Regione Lombardia, Filippo Bongiovanni, ha rassegnato le proprie dimissioni. Si tratta di uno dei due indagati, insieme con il cognato del presidente Attilio Fontana, Andrea Dini, amministratore della Dama: finiti nel fascicolo della procura di Milano nell’indagine per turbata scelta del contraente per l’affidamento da 513mila euro concesso alla società dei familiari di Fontana.
Secondo il Pirellone Bongiovanni avrebbe chiesto di essere assegnato ad un altro incarico. Fonti vicine a Bongiovanni confermano che si tratta di vere e proprie dimissioni, sebbene tecnicamente si tratti di “richiesta di altro incarico”. Le stesse fonti poi ribadiscono il massimo rispetto per il lavoro degli inquirenti da parte dell’ex direttore, che attende con fiducia di chiarire i fatti.
E l’avvocato ed ex finanziere, fino a poche ore fa a capo dell’ente regionale finito nella bufera non solo per i camici, ma anche per le mascherine Fippi, probabilmente sarà una preziosa fonte di informazione per i magistrati.
Ed è chiaro che il suo addio – non del tutto inaspettato, visti i mai celati attriti col presidente di Aria, il forzista Francesco Ferri – lascia presagire nuovi sviluppi in una vicenda che si sta rivelando sempre più imbarazzante per il governatore lombardo. Nonostante il rifiuto di Fontana di presentarsi in Consiglio regionale per spiegare, l’inchiesta sta proseguendo spedita su tre filoni: la mancata sottoscrizione del patto di integrità (con la relativa dichiarazione di conflitto di interessi); il presunto “ruolo attivo” del governatore (che non è indagato), il quale si sarebbe adoperato per trasformare la vendita dei camici in donazione, dopo l’intervista a Report su Rai3; il mancato perfezionamento della fornitura – a quel punto “regalata” – con 2 mila camici mancanti.
Ma Bongiovanni, da dg di Aria, ha seguito anche molti degli acquisti effettuati dalla controllata regionale durante l’intera crisi Covid. Un oceano di affidamenti diretti, fatti in emergenza, rimasto a lungo oscuro, visto anche il continuo rifiuto dei vertici di Aria di riferire in commissione bilancio sulla propria attività. Ma il Fatto Quotidiano ha avuto la possibilità di consultare in esclusiva il rendiconto generale dei contratti stipulati da Aria tra il 23 febbraio e il 18 giugno. Si tratta di 344 appalti in totale, che vanno dalle mascherine, ai camici, dai test, ai tamponi, passando per le visiere. Una gigantesca lista della spesa dal valore di centinaia di milioni di euro.
Tra i fornitori, i grandi di Big Pharma, come Roche (16 affidamenti tra il 30 marzo e il 2 giugno per complessivi 2.746.233 euro), Arrow (16 affidamenti per 3.212.719 euro), Diasorin (quattro affidamenti, per complessivi 2.486.000), a sconosciuti che si accontentano di poche centinaia di euro, come Farmac-Zabban spa che per 40 mila cuffie copricapo fattura 1.152 euro. Nell’elenco degli acquisti della centrale lombarda figura anche il colosso multinazionale Amazon: sulla piattaforma, infatti, Aria spa diretta da Bongiovanni acquista altri camici, guanti, cuffie e mascherine per 795.647 euro.