Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
sabato 25 maggio 2013
venerdì 24 maggio 2013
Ezio Greggio, un tapiro per il conduttore: lo stipendio pagato all’estero. - Luigi Franco
Mediaset in quattro anni ha sborsato 23 milioni di euro per il volto di Striscia: vanno tutti in Irlanda e a Montecarlo. Quasi 15 milioni sono stati versati a lui, residente nel Principato. Altri 8 milioni sono finiti a una società con sede a Dublino.
Di ramanzine a personaggi più o meno noti, Ezio Greggio ne ha fatte un bel po’. Maghi truffaldini, terapeuti imbroglioni, politici beccati in fuori onda imbarazzanti. Il prossimo Tapiro d’oro, però, potrebbe meritarselo proprio lui, dopo 25 anni passati alla conduzione di Striscia la notizia. Perché il suo caso è tra quelli che stanno suscitando l’interesse dell’Agenzia delle entrate. Per aggiudicarsi le sue battute e le sue frecciate irriverenti, Mediaset ha speso negli ultimi quattro anni più di 23 milioni di euro, parte dei quali sono finiti a una società con base in Irlanda. E da valutare, per l’agenzia, c’è soprattutto la residenza dello showman, che non si trova a Milano o nelle vicinanze di Cologno Monzese, ma in uno dei paradisi fiscali più prossimi a casa nostra, il principato di Monaco.
Vicino sì, ma da Montecarlo agli studi tv della famiglia Berlusconi – ragionano gli ispettori del Fisco – sono sempre più di 300 chilometri ad andare e altrettanti a tornare. Un bel viaggio da fare per ognuna delle oltre 160 puntate all’anno che Greggio conduce a Striscia. Insomma, di tempo nei dintorni di Milano, deve passarne parecchio, soprattutto nei mesi in cui il tg satirico è affidato a lui. Ci sono poi da fare i promo, le riunioni con gli autori e con la produzione, ogni tanto pure qualche prova. Il contratto con Mediaset, poi, oltre a Striscia comprende anche le ospitate a Paperissima, una fiction e trasmissioni serali come Veline, andata in onda l’estate scorsa.
Per ogni partecipazione di Greggio a Striscia, la società Rti del gruppo Mediaset spende intorno ai 24mila euro. La cifra va moltiplicata per tutte le puntate di un anno e poi vanno aggiunte le altre presenze sullo schermo. Così nelle quattro stagioni che vanno dal 2009 al 2013 Greggio è costato a Rti oltre 23 milioni di euro. Di questi, più di 12 milioni sono stati versati direttamente a lui per le trasmissioni e quasi 2,5 per l’esclusiva. Mentre altri 8 milioni sono finiti alla Wolf Pictures Ltd, una società con sede a Dublino, in Irlanda, in cui in passato ha lavorato anche Leonardo Recalcati, una vecchia conoscenza con cui Greggio ha collaborato nel 2011 per produrre ‘Box Office 3D – Il film dei film’, la sua ultima fatica cinematografica da regista.
Alla Wolf Pictures Ltd Greggio ha ceduto tutti i diritti di sfruttamento economico della sua immagine, che poi sono stati venduti a Mediaset. Un triangolo su cui l’Agenzia delle entrate vuole vederci più chiaro. Come sulla residenza a Monaco, grazie a cui Greggio può cavarsela con una ritenuta alla fonte del 30 per cento su quanto ricevuto da Mediaset, invece di versare nel nostro Paese imposte con aliquote che per importi così elevati superano il 40 per cento. La residenza monegasca, tra l’altro, non vale a Greggio solo vantaggi fiscali. È capitato infatti che per partecipare a una puntata di Paperissima, ai 60mila euro di cachet ne siano stati aggiunti 25mila per le spese di viaggio da Monaco, 600 chilometri davvero ben pagati.
Greggio non è il primo vip che attira l’attenzione del Fisco. Tra gli altri, nel 2008 Valentino Rossi ha dovuto firmare un accordo da 35 milioni di euro per chiudere il contenzioso con l’Agenzia delle entrate che gli contestava la residenza londinese. Luciano Pavarotti invece ha sostenuto di essere residente a Montecarlo, finché nel 2000 ha dovuto rimborsare all’Erario 24 miliardi delle vecchie lire. Da Greggio, per ora, nessun commento: il suo cellulare ieri ha suonato a vuoto per tutto il giorno, né gli sms hanno avuto risposta. È all’estero, fanno sapere dalla Greggio Comunicazione di Milano, l’agenzia della sorella Paola. In ogni caso, nulla dovrebbe accadere a Mediaset, che nel contratto si è fatta garantire dall’artista una manleva nel caso di sanzioni fiscali per sue dichiarazioni false. Ma il Gabibbo, di certo, una bella predica non la risparmierebbe. Quella, del resto, è pur sempre l’azienda di chi per anni ha governato il Paese.
Ilva, sigilli al tesoro dei Riva sequestrati 8,1 miliardi di euro. - MARIO DILIBERTO e GIULIANO FOSCHINI
Sequestro da oltre otto miliardi di euro all'Ilva. I militari della guardia di Finanza di Taranto hanno avviato questa mattina il provvedimento di sequestro per equivalente disposto dal gip Patrizia Todisco su richiesta del pool titolare dell'inchiesta per disastro ambientale, guidato dal procuratore capo Franco Sebastio. La procura ha ottenuto il sequestro di beni riconducibili alla famiglia Riva e in particolare alla società Rivafire spa.
LEGGI / "Così hanno nascosto i soldi"
Il provvedimento si inquadra nell'indagine che ha messo sulla graticola la grande fabbrica per l'inquinamento killer sprigionato dagli impianti delle acciaierie sulla città. Il sequestro record è scaturito proprio dal mancato risanamento dei reparti dell'area a caldo, indicati come la fonte dei veleni industriali ritenuti causa di malattia e morte. In pratica i consulenti dei pubblici ministeri hanno quantificato la somma che Ilva avrebbe dovuto investire negli anni per abbattere l'impatto ambientale della fabbrica.
Gli investimenti non eseguiti si sono tradotti in un guadagno per la proprietà ritenuto però fonte di reato. Di qui i sigilli per un valore di otto miliardi e centomila euro. L'inchiesta per disastro ambientale è scattata nel luglio dello scorso anno con l'arresto di Emilio Riva, l'anziano patron dell'Ilva, finito ai domiciliari, e il contestuale sequestro degli impianti inquinanti. Da allora l'inchiesta ha fatto registrare numerose e violente sterzate. A novembre scorso un altro blitz della Finanza ha portato in carcere alcuni dirigenti, ma alla retata sfuggì Fabio Riva, figlio di Emilio, attualmente latitante a Londra. Solo due giorni fa la procura di Milano aveva disposto il sequestro preventivo di circa 1,2 miliardi a carico di Emilio e Adriano Riva per truffa allo Stato.Oggi il nuovo colpo di scena con il sequestro record.
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Il provvedimento si inquadra nell'indagine che ha messo sulla graticola la grande fabbrica per l'inquinamento killer sprigionato dagli impianti delle acciaierie sulla città. Il sequestro record è scaturito proprio dal mancato risanamento dei reparti dell'area a caldo, indicati come la fonte dei veleni industriali ritenuti causa di malattia e morte. In pratica i consulenti dei pubblici ministeri hanno quantificato la somma che Ilva avrebbe dovuto investire negli anni per abbattere l'impatto ambientale della fabbrica.
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Mediaset, i giudici su Berlusconi: “Vi è la prova che abbia gestito enorme evasione”.
Frode fiscale anche da capo del governo. E’ questa la riflessione in sintesi dei giudici della d’appello di Milano che l’8 maggio scorso hanno confermato la condanna a 4 anni e l’interdizione dai pubblici uffici per Silvio Berlusconi nel processo Mediaset. Nelle motivazioni della sentenza si parla di “un sistema portato avanti per molti anni” dall’ex premier e “proseguito nonostante i ruoli pubblici assunti. E condotto in posizione di assoluto vertice”. Il leader del Pdl è considerato quindi tra i “responsabili di vertice di tale illecita complessiva operazione”.
Se Cassazione confermerà sarà il Senato a decidere il destino del Cavaliere. Il verdetto e le motivazioni aprono adesso la strada verso quello che sarà il giudizio definitivo in Cassazione. Quello che teme il Cavaliere non è la condanna a 4 anni (3 anni sono stati indultati), ma la pena accessoria ovvero l’interdizione dei pubblici uffici che comporterebbe la decadenza dalla sua carica di senatore come prevede la legge. Ebbene, e non è un dato di poco rilievo, la perdita del pubblico ufficio a causa di una sentenza definitiva deve comunque essere votata dalla Camera di appartenenza. Quindi se e quando gli ermellini dovessero confermare in terzo grado questo verdetto comunque sarà la politica e non la legge a decidere se “espellere” il Cavaliere dalle istituzioni. Una possibilità che, in considerazione del “matrimonio di interesse” tar Pd e Pdl, sembra molto più che lontana.
Spetterebbe quindi alla Giunta delle elezioni e dell’immunità (il cui presidente non è stato ancora eletto, ndr) avviare la “Procedura di contestazione dell’elezione”. Quasi un altro giudizio che nel caso di Berlusconi prevederebbe un relatore della Regione Molise il collegio elettorale scelto dal leader del Pdl. Il parere della giunta poi dovrebbe ricevere il definitivo e vincolante via libera dall’aula di Palazzo Madama. Quello che potrebbe cambiare lo scenario sarà un eventuale verdetto di condanna nel processo Ruby, ma la nuova legge sulla corruzione-concussione potrebbe riservare qualche sorpresa di carattere procedurale e si è ancora in attesa della decisione delle sezioni Unite della Cassazione sulla questione.
Per i giudici di secondo grado la gestione dei diritti faceva capo al leader del Pdl. La gestione dei diritti televisivi e cinematografici faceva capo al leader del Pdl. “Era assolutamente ovvio – scrivono – che la gestione dei diritti, il principale costo sostenuto dal gruppo, fosse una questione strategica e quindi fosse di interesse della proprietà, di una proprietà che, appunto, rimaneva interessata e coinvolta nelle scelte gestionali, pur abbandonando l’operatività giornaliera”. I giudici, presieduti da Alessandra Galli, sottolineano che “almeno fino al 1998 e, quindi, fino a quando ai vertici della gestione dell’acquisto dei diritti vi era stato Bernasconi, vi erano state anche le riunioni per decidere le strategie del gruppo, riunioni con il proprietario del gruppo, con Berlusconi”. E ancora i magistrati ragionano spiegando che: “Ad agire era una ristrettissima cerchia di persone che non erano affatto collocate nella lontana periferia del gruppo ma che erano vicine, tanto da frequentarlo tutti (da Bernasconi ad Agrama, da Cuomo a Lorenzano) personalmente, al sostanziale proprietario (rimasto certamente tale in tutti quegli anni) del medesimo, l’odierno imputato Berlusconi. Un imputato – continuano – un imprenditore che pertanto avrebbe dovuto essere così sprovveduto da non avvedersi del fatto che avrebbe potuto notevolmente ridurre il budget di quello che era il maggior costo per le sue aziende e che tutti questi personaggi, che a lui facevano diretto riferimento, non solo gli occultavano tale fondamentale opportunità ma che, su questo, lucravano ingenti somme, sostanzialmente a lui, oltre che a Mediaset, sottraendole”. In base alle testimonianze rese in aula nel processo di primo grado, secondo il giudice d’appello “Berlusconi rimane infatti al vertice della gestione dei diritti, posto che (…) Bernasconi rispondeva a Berlusconi senza nemmeno passare per il cda”. Inoltre, si legge nelle motivazioni, tra il Cavaliere e l’ex manager morto nel 2001 non c’era “altro soggetto con poteri decisionali nel settore dei diritti, neppure dopo la quotazione in borsa e la cosidetta ‘discesa in campo’, nella politica, di Berlusconi”.
I magistrati: “Impossibile concedere le attenuanti a Berlusconi”. Negli anni Mediaset si è resa protagonista di una gestione dei diritti tv secondo i giudici di secondo grado ”del tutto incomprensibile dal punto di vista societario”. Il collegio evidenzia che ”non aveva alcun senso acquistare ad un determinato prezzo quel che si era già individuato acquistabile ed effettivamente acquistato ad un prezzo molto minore”. Il riferimento e’ alle numerose societa’ schermo che – stando all’ipotesi accusatoria – sarebbero servite a Berlusconi per far lievitare il prezzo dei diritti televisivi e cinematografici acquistati da Mediaset presso le principali majors statunitensi e, percio’, a creare fondi neri all’estero per frodare il fisco italiano. La Corte d’Appello di Milano ha ritenuto che ”in relazione alla oggettiva gravità del reato, è ben chiara l’impossibilità di concedere le attenuanti generiche”.
“Prova orale e documentale che Berlusconi abbia gestito fase iniziale dell’enorme evasione fiscale”. Nelle carte del processo d’appello sui diritti tv di Mediaset ”vi è la prova, orale e documentale, che Silvio Berlusconi abbia direttamente gestito la fase iniziale dell‘enorme evasione fiscale realizzata con le società off shore … Era riferibile a Berlusconi – puntualizzano i giudici – l’ideazione, la creazione e lo sviluppo del sistema che consentiva la disponibilità di denaro separato da Fininvest ed occulto al fine di mantenere ed alimentare illecitamente disponibilità patrimoniali estere presso conti correnti intestati a varie società che erano a loro volta amministrate da fiduciari di Berlusconi”. Così il sistema dei diritti tv di Mediaset ”si scrive in un contesto più generale di ricorso a società off shore anche non ufficiali ideate e realizzate da Berlusconi avvalendosi di strettissimi e fidati collaboratori”. Invece “non vi è prova sufficiente” che il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri (assolto), “fosse realmente consapevole” del sistema “illecito” creato per la compravendita dei diritti tv. Operazione di cui “non gli si poteva attribuire un adeguata conoscenza (…) al punto da sovvertire quei bilanci” delle società.
I giudici della Corte d’appello di Milano, insomma, non hanno dubbi sulle responsabilità dirette di Berlusconi: ”Non è verosimile – scrivono a questo proposito nelle motivazioni – che qualche dirigente di Fininvest o Mediaset abbia organizzato un sistema come quello accertato e, soprattutto, che la società abbia subito per 20 anni truffe per milioni di euro senza accorgersene”. Il sistema delle società off shore è stato ideato ”per il duplice fine di realizzaer un’imponente evasione fiscale e di consentire la fuoriuscita di denaro dal patrimonio di Fininvest e Mediaset a beneficio di Berlusconi”. Identico ragionamento utilizzato dai giudici di primo grado per motivare la pena inflitta al leader del Pdl: in quelle motivazioni i magistrati definivano l’imprenditore “dominus assoluto” di una “evasione notevolissima”.
I legali Niccolò Ghedini e Piero Longo: “Ricorso in Cassazione”. “Si deve sottolineare come nella motivazione depositata quest’oggi le argomentazioni utilizzate siano del tutto erronee e sconnesse rispetto alla realtà fattuale e processuale” affermano, in una nota, Niccolò Ghedini e Piero Longo, legali di Silvio Berlusconi e annunciano ricorso. “Saranno oggetto di impugnazione nella certezza di una ben diversa decisione nel prosieguo del processo che riconoscerà l’insussistenza del fatto e l’estraneita’ del presidente Berlusconi”, scrivono.
Il "Delinquolo" per eccellenza non vuole saperne di pagare il dovuto o di agire in conformità alle leggi. La stessa parola "legalità" gli procura l'orticaria.
I suoi avvocati dovrebbero, anzicchè fare ricorso in cassazione, consigliargli di uscire dalla scena politica e di dedicarsi al suo privato.
giovedì 23 maggio 2013
Fukushima. 3’000 kamikaze lavorano per ripulire il sito nucleare.
Sono oltre 3’000 gli uomini che lavorano per ripulire il sito di Fukushima Dai Ichi, la centrale nucleare giapponese distrutta dal gigantesco tsunami dell’11 marzo 2011.
Due anni dopo la catastrofe, in Giappone non si placano le polemiche sulle condizioni di lavoro di questi uomini. Il 22 aprile, l’Asia Pacific Journal pubblicava un editoriale di Sumi Hasegawa, ricercatrice presso la McGill University di Montreal, che metteva in evidenza le penose incombenze affidate a questi operai.
L’editoriale è una lettera aperta al primo ministro giapponese e al ministro giapponese della sanità, oltre che ai vertici della Tepco, la compagnia elettrica che gestiva la centrale.
Gli operai che lavorano fra le macerie della centrale nucleare di Fukushima ricevono dosi massicce di radioattività ogni giorno e malgrado siano ben oltre i limiti accettabili per l’organismo proseguono il loro lavoro. Alcuni media parlano di loro chiamandoli “ i kamikaze di Fukushima”.
L’editoriale è una lettera aperta al primo ministro giapponese e al ministro giapponese della sanità, oltre che ai vertici della Tepco, la compagnia elettrica che gestiva la centrale.
Gli operai che lavorano fra le macerie della centrale nucleare di Fukushima ricevono dosi massicce di radioattività ogni giorno e malgrado siano ben oltre i limiti accettabili per l’organismo proseguono il loro lavoro. Alcuni media parlano di loro chiamandoli “ i kamikaze di Fukushima”.
La metà degli operai che opera alla centrale non sono impiegati regolarmente : la compagnia per cui lavorano e quella che versa loro il salario sono diverse.
La Tepco approfitta della confusione giuridica e smentisce il degrado delle condizioni di lavoro e il calo dei salari. Per i dirigenti “questi operai sono ingaggiati da subappaltanti e non sappiamo quali siano le loro condizioni contrattuali e salariali. Non possiamo parlare del funzionamento di compagnie con cui non abbiamo stipulato un contratto.”
Il volume di lavoro è aumentato, mentre i salari sono diminuiti. Poco dopo la catastrofe, la Tepco aveva annunciato un calo del 20% dei salari e la soppressione delle gratifiche per far fronte ai costi esorbitanti della catastrofe. Oggi il 5% degli operai dichiara di guadagnare meno dell’equivalente di 6 euro all’ora, una somma inferiore al salario minimo in vigore a Tokyo. La maggior parte ha un salario poco più elevato per compiti ad alto rischio e dannosi per la salute.
La Tepco approfitta della confusione giuridica e smentisce il degrado delle condizioni di lavoro e il calo dei salari. Per i dirigenti “questi operai sono ingaggiati da subappaltanti e non sappiamo quali siano le loro condizioni contrattuali e salariali. Non possiamo parlare del funzionamento di compagnie con cui non abbiamo stipulato un contratto.”
Il volume di lavoro è aumentato, mentre i salari sono diminuiti. Poco dopo la catastrofe, la Tepco aveva annunciato un calo del 20% dei salari e la soppressione delle gratifiche per far fronte ai costi esorbitanti della catastrofe. Oggi il 5% degli operai dichiara di guadagnare meno dell’equivalente di 6 euro all’ora, una somma inferiore al salario minimo in vigore a Tokyo. La maggior parte ha un salario poco più elevato per compiti ad alto rischio e dannosi per la salute.
Per “ripulire” la centrale, viene cercata manodopera soprattutto tra i freeters, un neologismo che indica i lavoratori a tempo parziale o i disoccupati di età compresa fra 15 e 34 anni, giovani precari che guadagnano di che vivere facendo lavori che non richiedono competenze specifiche e che sono mal pagati.
Per attirare i più giovani, spesso gli annunci di lavoro restano su termini vaghi. In generale il testo indica unicamente il luogo di lavoro, gli orari e il salario. Nessun accenno ai rischi e chi viene ingaggiato ignora i rischi ai quali va incontro, anche perché non ha alcuna esperienza del genere.
Questi lavoratori precari non sono iscritti ad alcun sindacato, non hanno uno statuto ufficiale e sono sfruttati da compagnie senza scrupoli.
I poteri pubblici e la Rengo, la principale confederazione sindacale giapponese, li ignorano. Le associazioni indipendenti Citizens Nuclears Information Center e il Japan Occupational Safety and Health Resource Center sono le uniche che difendono questa manodopera invisibile.
Per attirare i più giovani, spesso gli annunci di lavoro restano su termini vaghi. In generale il testo indica unicamente il luogo di lavoro, gli orari e il salario. Nessun accenno ai rischi e chi viene ingaggiato ignora i rischi ai quali va incontro, anche perché non ha alcuna esperienza del genere.
Questi lavoratori precari non sono iscritti ad alcun sindacato, non hanno uno statuto ufficiale e sono sfruttati da compagnie senza scrupoli.
I poteri pubblici e la Rengo, la principale confederazione sindacale giapponese, li ignorano. Le associazioni indipendenti Citizens Nuclears Information Center e il Japan Occupational Safety and Health Resource Center sono le uniche che difendono questa manodopera invisibile.
mercoledì 22 maggio 2013
Morto don Gallo.
Don Andrea Gallo, 84 anni, e' morto. Lo ha reso noto a Genova il portavoce della Comunita' di San Benedetto al Porto, Domenico Chionetti.
Le condizioni di salute del religioso si erano notevolmente aggravate negli ultimi giorni.
Uno degli ultimi baluardi della libertà di pensiero è volato via.
Resterà per sempre nei nostri cuori.
E’ in atto un piano di riconversione dall’industria manifatturiera al gioco d’azzardo. Ecco i nomi dei finanzieri, delle aziende, delle persone coinvolte. - Sergio Di Cori Modigliani
“Ciascuno di noi è l’artefice del suo destino, spetta a noi crearci le cause della felicità. E’ in gioco la nostra responsabilità e quella di nessun altro.”
XIV Dalai Lama
Dopo il danno anche la beffa. Un paese davvero faticoso, questo.
Negli ultimi giorni è esploso in rete, e soprattutto su facebook, un vero ginepraio di indignazione, scatenato da una scoperta considerata dal grande pubblico scandalosa: si racconta come siano stati scoperti dei lobbisti (in rappresentanza di anonime nonché potenti multinazionali) che si aggirano tra i corridoi di Montecitorio, i quali se ne vanno tra i vari gruppi politici e pagano –udite udite- 1000 se non addirittura 2000 euro al mese a dei parlamentari, per usufruire di un appoggio al fine di favorire l’accesso e l’approvazione di regole e concessioni legate alla diffusione del gioco d’azzardo, video slot in testa. La gente ha protestato a tal punto da spingere il presidente del Senato, Piero Grasso, a dichiarare “siamo in presenza di un fatto gravissimo, fuori i nomi, chi sa parli”.
Se non si trattasse di un’autentica tragedia, ci sarebbe davvero da ridere.
Non ho la più pallida idea di chi sia stato a far circolare questa voce spiritosa.
Tutto ciò, nella mente delle persone fa coniugare la seguente equazione: siamo alle solite, ecco là che si aggirano mafiosi che cercano di inserirsi in questo business per inquinarlo, approfittando della perdurante illegalità. Intendiamoci, in parte è così ma davvero in minima parte, questo è il punto. Il business delle video slot e del gioco d’azzardo, in Italia, è legale, in tutti i sensi. E il giro di affari che ruota intorno a queste macchinette davvero infernali ruota –secondo stime al ribasso- intorno ai 200/300 miliardi di euro, pari al 20% del nostro pil. Perché a gestirlo non sono quattro camorristi o un gruppo di arrembanti pirati, bensì la crema della finanza internazionale. E, ad avere in pugno la situazione non sono società ombra legate a loschi affari, bensì la crema dell’editoria italiana che si è gettata in questo segmento di mercato. Dice Jean Paul, analista finanziario con venti anni di esperienza sul campo, presso il Credit Suisse, una delle più grandi banche del pianeta, presso la sezione “wealth management” (gestione di grandi patrimoni): “La maggior parte dei miliardari, oggi, investono nelle video slot: è diventato il trend trainante dell’economia finanziaria italiana perché hanno costruito un sistema di speculazione sui derivati moltiplicandone i guadagni per cinque, dieci, anche venti volte il valore dei fondi di investimento. Sa, il povero disgraziato che infila la moneta di un euro dentro la feritoia della macchinetta ignora che quell’euro, in quel preciso istante, sta producendo profitto equivalente a circa dieci euro, che finisce nelle tasche di miliardari lontani migliaia di chilometri, magari in visita nei Caraibi dove si dedicano alla beneficenza”. Ci facciamo spiegare come funziona il meccanismo. Ci facciamo dare i nomi, i cognomi, le cifre. Ma prima di presentare la situazione per quella che essa è, è bene riassumere i fatti:
1). Il gioco d’azzardo in Italia è diventata la terza industria trainante e si avvia, dati alla mano, a diventare la seconda entro il 2013 e –se tutto va bene (sigh)- nel 2015 dovrebbe diventare la prima industria nazionale, soppiantando quella manifatturiera. Attualmente i giocatori d’azzardo sono circa 14 milioni ma (è sempre Jean Paul a fornirci i dati) “con una previsione di aumento entro la fine dell’anno di un 100% e per giugno del 2014 un incremento del 150%, raggiungendo la cifra di 30 milioni di utenti, pari al 50% della popolazione nazionale: hanno trovato il sistema di farsi dare ogni giorno dall’intera massa dei cittadini italiani milioni e milioni di euro cash che poi investono in derivati speculativi ad alto rischio. A gestire questo business sono case editrici e grosse banche”.
2). Nel 2007, un cocciuto magistrato ligure, Marco Smiroldo, dopo una battaglia condotta per quasi cinque anni, grazie alla solida collaborazione di alti ufficiali della Guardia di Finanza, riesce a inchiodare legalmente le società concessionarie al pagamento delle tasse dovute. Ecco come un giornalista de Il Secolo XIX di Genova relazionava l’evento sul suo quotidiano, nell’ottobre del 2010, quando, finalmente, si era giunti alla requisitoria finale in attesa della sentenza. Neanche a dirlo, il tutto si è verificato nella più totale indifferenza dei media:
27 ottobre 2010, scritto da marco menduni, pubblicato su “il secolo xix di Genova”
Linea dura contro le dieci concessionarie, il pm chiede i 98 miliardi evasi
ROMA. Il processo alla Corte dei Conti per le maxisanzioni a dieci concessionarie di slot machine è arrivato al capolinea malgrado le pressioni e gli interessi in gioco. Il pm Marco Smiroldo ha chiesto il pagamento dei 98 miliardi di euro dovuti ma non ha escluso altre soluzioni, purché i concessionari paghino il danno erariale.
Respinte le richieste di un nuovo rinvio.
dal nostro inviato
MARCO MENDUNI
ROMA 27 ottobre 2010.
In pochi, all’inizio di questa inchiesta, avrebbero giocato un soldo bucato sulla possibilità che il processo arrivasse alle sue conclusioni. Troppi gli interessi in gioco, troppa la pressione politica, troppe le lobby che si sono mosse per cercare di stopparlo. Invece si è concluso ieri, alla seconda udienza, con le richieste del pubblico ministero e le arringhe dei difensori. E il processo per le maxisanzioni chieste dalla Corte dei Conti alle dieci concessionarie, in Italia, delle slot machine. Il processo della supermulta da 98 miliardi di curo, diventato ormai il simbolo delle distorsioni del sistema-giochi nel nostro Paese. Ultimo atto prima delle sentenza. Quando arriverà? I giudici hanno ora due mesi di tempo per arrivare alle conclusioni, per decidere sul caso più clamoroso di danno alle casse dello Stato che dei magistrati italiani abbiano mai dovuto affrontare. Una sentenza sulla quale è impossibile tentare qualsiasi azzardo. L’aria tesa ha però contraddistinto tutta la giornata, nell’aula della Corte dei conti nella capitale, in una sala troppo piccola per contenere il pubblico di addetti ai lavori, politici e semplici curiosi arrivati per assistere a quest’ultimo atto pubblico prima della sentenza. Il pm Marco Smiroldo, in prima battuta, ha chiesto la conferma della penale chiesta originariamente, ed eravamo nel 2007. Quei 98 miliardi che, hanno ribattuto i legali delle società nel mirino, «corrispondono al Pil di un Paese industrializzato, a sei manovre finanziarie». Risultato: «Una somma impossibile da pagare», se non si vuole mandare a gambe all’aria il sistema. Ed è su questa contrapposizione che si sono giocate le quasi otto ore di battaglia processuale, Durissimo l’attacco del pm. Non soltanto tecnico. Le slot machine, ha spiegato Smiroldo, prima del 2002 erano illegalie terreno di conquista della criminalità organizzata. Poi si volle regolamentare il settore, rendendo legale, in Italia, questa forma di gioco d’azzardo. Ma con un imperativo categorico; ogni macchinetta doveva essere collegata a un sistema telematico di controllo. Doveva inviare al cervellone della Sogei, la società informatica del ministero dell’Economia, i dati di ogni singola giocata. Perché fossero applicate le tasse e ci fosse un controllo dello Stato su tutto il business. Così non è avvenuto. Il sistema di controllo ha fatto cilecca per anni. Le macchinette, che venivano ”interrogate” a distanza dal cervellone del ministero, non rispondevano. Conclusione di Smiroldo: il gioco d’azzardo sarebbe stato legale solo se controllato dallo Stato. Era proprio la verifica informatica a garantire i cittadini giocatori. Ma questo non è accaduto e la defaillance delle concessionarie ha trascinato lo Stato diventare biscazziere. Questa, secondo il pm, la più grave delle colpe. Tanto da fargli chiedere anche il risarcimento per la campagna promozionale dei Monopoli di Stato, quella sul ”gioco legale”. «E’ stata - ha detto Smiroldo una pubblicità ingannevole. Perché il gioco, mancando il primo requisito, quello delle verifica, non era legale». Conclusione? Gli italiani che hanno infilato le loro monete nelle macchine sono stati ingannati. Poi le richieste. Novantotto miliardi,ha ribadito ancora una volta il pm. Ma a questo punto non è questione di cifre. Si può anche scendere, ha spie gato ancora Smiroldo, ma l’importante è che il danno erariale causato dai dieci concessionari della rete new slot, soprattutto quello incentrato nel periodo 2004-2007, sia riconosciuto dalla corte. Corte assolutamente poco disposta a dare spazio a manovre dilatorie. I legali delle concessionarie hanno chiesto ancora un rinvio, ma il presidente Salvatore Nottola ha risposto di no e anche sbrigativamente. D’altronde, il processo è rimasto fermo quasi due anni perché la Cassazione potesse decidere sulle obiezioni degli avvocati dopo la prima udienza. E allora via a tappe forzate. Prima il pm, poi i 13 avvocati: dieci per le società, tre per i funzionari dei Monopoli di Stato accusati di non aver vigilato. L’ex numero uno Giorgio Tino, poi Antonio Tagliaferri (ancora oggi direttore dei giochi dei Monopoli) e Anna Maria Barbarito. Il pm ha formulato una richiesta principale e tre subordinate. Cosa vuol dire? Ha chiesto la conferma della sanzione da 98 miliardi. Ma ha anche esposto alla corte i documenti arrivati negli ultimi mesi alla procura. Tutti si sono mossi per cercare di ridurre la multa ai concessionari. Il Consiglio di Stato. E anche un comitato, voluto dal ministero dell’Economia e presieduto dall’ex Ragioniere generale dello Stato Andrea Monorchio. Il secondo metodo di calcolo fa scendere la cifra a 2,7 miliardi. Il terzo arriva agli 800 milioni stimati dalla ”commissione Monorchio”. L’ultima richiesta del pm lascia la discrezionalità della multa nelle mani dei giudici. Ma per le società concessionarie è ancora troppo. All’agenzia specializzata Agipronews confidano anche come vorrebbero chiudere la partita: 500 milioni tutto compreso, invece dei 98 miliardi. E non se ne parli più. menduni@ilsecoloxix.it
La sentenza arriva impietosa dopo qualche giorno: approvata la richiesta del pm: “Devono pagare allo Stato la cifra di 98,3 miliardi di euro” e vengono condannati per frode fiscale. Va da sé che si va in appello. La sentenza definitiva arriva nella primavera del 2012 su intervento della Corte dei Conti che accetta la richiesta di riduzione e la applica per una aliquota del 96%. Cifra definitiva da pagare: 2,5 miliardi di euro da versare entro 90 giorni. Da allora non è stata versato neppure un euro e tutte le società coinvolte, nonostante condannate in via definitiva per frode fiscale, seguitano a operare sul mercato. Il colonnello della Finanza che aveva avviato le indagini, Umberto Rapetto, si dimette dal suo incarico e si ritira a vita privata “disgustato dagli eventi”. Da specificare che prima del 2002 le slot machine (o videopoker) erano illegali e facevano gola alla criminalità organizzata che se l’è vista brutta quando lo Stato ha giustamente deciso di regolarizzare il settore. Lo ha fatto obbligando i gestori a collegare ogni macchina al sistema telematico di controllo della Sogei, società di Information and Communication Technology del Ministero dell’Economia e delle Finanze. In questo modo non può sfuggire nessuna giocata al controllo e l’entrata delle tasse è garantita. Ma a quanto pare le società non hanno provveduto. Di chi è la colpa? Naturalmente delle società concessionarie. Questo è stato uno dei temi del procedimento a loro carico. Di certo il mancato allacciamento ha permesso loro di risparmiare, e molto, sulle tasse. Le società concessionarie, a leggere la sentenza, si erano impegnate perché tutto funzionasse a puntino ed è per questo che parte cospicua della sanzione, oltre ai sospetti di evasione, è costituita da quelle che vengono definite “inadempienze contrattuali”.
Ecco l’elenco delle cifre dovute e il nome delle società che non è mai stato divulgato:
LE CIFRE CONTESTATE
ATLANTIS WORLD 31,3 MILIARDI È la società leader indiscussa, vale da sola il 30% dell’intero mercato. Fondata dalla famiglia Corallo, fino alla primavera del 2008 aveva come rappresentante legale il deputato del partito PDL Amedeo Laboccetta ed era difeso dallo studio legale Bongiorno, di cui era titolare l’on. Bongiorno di FLI.
SNAI 8,1 MILIARDI Con un punto Snai ogni 10 mila abitanti, si conferma come principale operatore del mercato italiano delle scommesse. Fondata nel 1990, oggi è guidata da Maurizo Ughi, presidente e amministratore delegato.
HBG 7 MILIARDI Il Gruppo gestisce 20 tra le migliori sale Bingo presenti sul mercato italiano. Il management è di formazione spagnola. Antonio Porsia ha la doppia veste di presidente e amministratore delegato.
CIRSA 7 MILIARDI È un gruppo internazionale, fondato in Spagna nel 1978, leader nel settore del gioco e del divertimento. Cirsa Italia è nata nel 1996. Manuel Lao è il presidente, mentre il ruolo di ad è affidato a Osvaldo Mattion.
CODERE 6,8 MILIARDI È una società spagnola che gestisce più di 43.000 slot machines tra Europa e America Latina. L’amministratore delegato è Alejandro Pascual, mentre Massimo Ruta è il country manager Italia.GAMENET 2,8 MILIARDI È nata ufficialmente nell’ottobre del 2006. Le New Slot rappresentano il core business dell’azienda (con una rete telematica che ne gestisce oltre 57.000). Vitaliano Casalone è il presidente; Ezio Filippone l’ad.
COGETECH 9,3 MILIARDI Fondata nel 2004, è uno dei 4 operatori più importanti nel mercato italiano delle slot machines. La società possiede più di 38.000 slot in 15.000 punti vendita. L’attuale amministratore delegato è Fabio Schiavolin.
SISAL 4,4 MILIARDI È l’azienda italiana che ha inventato il mondo dei giochi in Italia. Si avvale di una rete di 20.000 punti vendita informatizzati. Augusto Fantozzi (nella foto) è il presidente, Emilio Petrone l’ad.
LOTTOMATICA 7,6 MILIARDI Il gruppo opera in oltre 50 Paesi, occupa 7.500 persone, nel 2009 ha registrato ricavi per 2.177 milioni. Presidente è Lorenzo Pelliccioli (nella foto), ad Marco Sala e direttore generale Renato Ascoli.
GMATICA 3,1 MILIARDI Nata nel 2004, con sede principale a Roma, Gmatica ha 60 dipendenti e opera nel settore delle slot machines. Matteo Marini è il presidente; amministratore delegato della società è Luca Contiello.
Andando però a spulciare dentro queste società si viene a scoprire (grazie all’aiuto di Jean Paul) qualcosa di strano e curioso: tutte queste società, in realtà, appartengono ad altre aziende che le possiedono. Prendiamone ad esempio due: Gamenet e Lottomatica, le due più importanti come ragione sociale.
Ecco come si presenta ufficialmente Gamenet:
© Tutti i diritti riservati © 2009 – 2012
Sede Legale
Gamenet S.p.A.
Corso d’Italia, 6
00198 – Roma
P.Iva 09160031002
Conc. AAMS Sport 15126
Corso d’Italia, 6
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P.Iva 09160031002
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Contatti
Tel: +39 06 89 86 51
Fax: +39 06 89 86 559
Mail: info@gamenet.it
Scommesse:
scommesse@gamenet.it
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Mail: info@gamenet.it
Scommesse:
scommesse@gamenet.it
Del gruppo Gamenet fanno parte Gamenet Scommesse, per le scommesse sportive e ippiche, poker e giochi on line,Gamenet Arcades e Gamenet Entertainment, per la gestione diretta delle sale da gioco, Verve, nuovo progetto per location di alto profilo in grado di coniugare gli aspetti più accattivanti del divertimento: Food&Beverage, intrattenimento e gioco. Del gruppo fa anche parte Eurispea, società specializzata nella formazione di operatori e aziende del settore.
La proprietà è dell’operatore di private equity Trilantic Capital Partners.
Quindi è la Trilantic, la vera proprietaria, la quale –guarda caso- ha come socio di maggioranza il signor Corallo, ricercato dall’interpol per associazione a delinquere. Questa società è gestita attualmente da una persona che in Italia gode del massimo rispetto, un certo Giacinto D’Onofrio (promosso di recente al rango di partner associato) finanziere con un notevole curriculum vitae. E’ stato, infatti, per dieci anni il direttore generale dei servizi operativi marketing europei della Lehman Brothers, e nel marzo del 2009 ha mandato a picco la borsa di Milano con un crack di circa 4 miliardi di euro in seguito all’esplosione della bolla immobiliare statunitense alla quale era legato. Ma l’Italia è il paese delle meraviglie. E così, dal settore immobiliare passa alle video slot e fonda la sua azienda. Ecco come nel sito specializzato in attività di gioco d’azzardo lecitowww.jamma.it lui parla della sua attività, in tempi recenti, tre mesi fa:
Giacinto d’Onofrio (Partner di Trilantic Capital Partners): resteremo ancora a lungo azionisti di Gamenet per le opportunità di crescita che vediamo
In: Personaggi
25 gennaio 2013 – 15:36
(Jamma) – “Siamo molto soddisfatti dell’investimento in Gamenet per molteplici ragioni– afferma il dott. Giacinto d’Onofrio in una intervista a Jamma.it . “La società ha generato brillanti risultati economico-finanziari: negli ultimi 2 anni, i ricavi sono cresciuti del 63% annuo e il margine operativo è cresciuto del 118% annuo”. Gamenet ha di fronte a sé nove anni di concessione, gli apparecchi da intrattenimento Newslot e Videolottery rappresentano il core business del concessionario che, grazie alla propria rete telematica, collega oggi oltre 60 mila apparecchi in più di 20 mila esercizi pubblici e sale da gioco di tutta Italia. Inoltre grazie all’acquisizione delle concessioni sportive e ippiche, sia terrestri, sia a distanza, Gamenet è attiva anche nel settore delle scommesse sportive e dei giochi on line. Tra i prodotti offerti negli oltre 100 negozi e corner Gamenet presenti in tutta Italia figurano le scommesse a quota fissa sul calcio, sull’automobilismo e su tutti i gli eventi sportivi nazionali e internazionali previsti dal palinsesto AAMS. “Mi auguro – dichiara d’Onofrio – che le opportunità di crescita non si limitino a quelle già note. Con la nascita di Gamenet Entertainment, è stata lanciata l’attività di gestione diretta delle sale da gioco, che punta a creare una catena di punti dedicati al gioco a marchio Gamenet. La società deve completare il lancio della sua offerta on line, che a differenza del passato cercherà di sfruttare maggiormente le sinergie esistenti fra la rete fisica e il mondo dell’on line. Gamenet potrà mettere in campo la sua forza finanziaria nell’aiutare i suoi clienti ad effettuare gli investimenti richiesti. Oggi possiamo dire di avere quasi completato il primo passo del piano che, assieme al management, ci eravamo prefissati. Nel 2013 stiamo avviando la seconda fase, e per raggiungere questo obiettivo si è deciso di procedere gradualmente, pertanto ritengo che ci vogliano almeno tre anni per poter beneficiare dei primi risultati”.
Non basta. Il nostro D’Onofrio è davvero un grande finanziere. Nel 2009, non appena la Lehman Brothers fallisce, lui che cosa fa? Semplice: si converte insieme a un certo Pinotti e mette su il più grosso sistema di fondi incrociati (per un valore iniziale nominale di svariati miliardi di euro) sostenuti da Unicredit, Intesa San Paolo, Mps e altri istituti che finiranno poi per essere il polmone finanziario dell’investimento in Gamenet, cioè nelle video slot. Ecco come il corriere della sera presentava l’intera vicenda in data 27 marzo 2009 in un succoso articolo firmato Mariarosaria Marchesano:
PRIMO PIANO FONDI CHIUSI I NUMERI E I PIANI DEL NUOVO POLO EX LEHMAN
Pignatti & Rupert a caccia di pmi
Una raccolta di 3,5 miliardi di dollari, per metà ancora da investire. Anche in Italia
Il nome è ancora top secret per via delle verifiche legali sul copyright, ma ne è stato scelto uno che sottolinea la vocazione internazionale dell’ investment company che si muoverà tra Londra e New York senza dimenticare il Sud Africa, Paese d’ origine del suo azionista di minoranza. Per il resto è tutto pronto per il decollo della società erede dei fondi di merchant banking di Lehman Brothers. Grazie a un management buy out realizzato da cinque ex vertici della banca d’ affari americana fallita lo scorso settembre, tra i quali c’ è l’ italiano Vittorio Pignatti Morano, sta per nascere, infatti, un nuovo protagonista della finanza, con al suo attivo risorse per circa 1,3 miliardi di euro da spendere per nuovi investimenti nei prossimi tre anni. Pignatti & C (gli altri soci protagonisti del management buy out sono Joe Cohen, Javier Banon, Charlie Ayers e Daniel James) detengono il 51% della nuova compagnia di cui il 49% è nelle mani del miliardario sudafricano Johann Rupert attraverso la sua Reinet quotata in Lussemburgo e a Johannesburg. Proprio in questi giorni si sono concluse le operazioni di consultazione tra gli investitori dei tre fondi, 300 in tutto tra Europa e Stati Uniti, che hanno votato la fiducia alla nuova compagine e confermato l’ investimento nei veicoli (Fondo III, Fondo IV Europe, nel quale figurano anche Mediobanca e Unicredit, e Fondo IV Global che vede, tra gli altri, la presenza dei fondi pensione del Comune di New York). Il management team della nuova società gestirà in tutto circa 3,5 miliardi di dollari di cui la metà è già investita in un portafoglio di 17 società tra le quali figura l’ italiana Spumador. “Disponiamo di risorse per 594 milioni di euro da investire nelle imprese europee e circa 700 milioni di euro in quelle americane entro aprile 2012″, spiega Pignatti, che nella nuova compagnia è uno dei responsabili per gli investimenti in Europa, “il profilo che ci interessa è quello di realtà di medie dimensioni con un business solido”. Pignatti spera “in un miglioramento del quadro congiunturale anche perché in questa fase il livello di rischio è elevato per un operatore finanziario che vuole andare con i piedi di piombo”. Prima di partire all’ attacco, dunque, “sarà fatta una selezione molto scrupolosa dei dossier e probabilmente non ci saranno operazioni prima del 2010″, dichiara Pignatti. Dunque, il paradosso di fronte al quale si potrebbe trovare la nuova investment company è quello di disporre di un’ ingente liquidità di denaro a fronte di un quadro macroeconomico talmente instabile da scoraggiare eventuali acquisizioni. Il calo della domanda, la stretta creditizia e il crollo di alcune economie emergenti come i Paesi Baltici sono i fattori che stanno spingendo molte imprese sull’ orlo del collasso. E in alcuni casi la situazione delle aziende precipita proprio a causa di operazioni spregiudicate di private equity di cui sono state oggetto caricandole di debiti nel momento sbagliato del ciclo economico. Insomma, se in circolazione ci sono dossier tossici è anche un po’ per colpa delle cosiddette locuste. “Non è il nostro approccio”, sostiene Giacinto d’ Onofrio, che lavorerà accanto a Pignatti come responsabile degli investimenti per l’ Italia (ha lavorato in Lehman negli ultimi dieci anni), “l’ uso eccessivo della leva è lontano dai nostri parametri e ne è una dimostrazione quanto fatto dal Fondo IV Europe”. D’ Onofrio racconta che tra aprile 2007 e aprile 2008 sono stati esaminati oltre cento dossier e non è stata conclusa alcuna operazione. Uno dei motivi è stato proprio l’ aver notato che molte imprese sul mercato avevano lo stesso livello di indebitamento di quando erano state acquisite da investitori del private equity. “Era un periodo in cui l’ indebitamento delle aziende arrivava a superare sette volte l’ ebitda. La media delle 17 aziende nei nostri portafogli è di 2,5 volte, il che dimostra un rapporto equilibrato tra debito ed equity”, conclude il manager. La nuova realtà ha già stretto una partnership con Nomura per l’ accesso ai database con le opportunità di investimento della banca giapponese. ***** Che cosa c’ è nel portafoglio usa? Società del settore Data Fondo Antero Risorse nat./Energia gen 03 Fund III Phoenix Brands Consumer gen 04 Fund III Enduring Resources Risorse nat./Energia dic 04 Fund III Evergreen Copyrights Media nov 05 Fund III Flagstone Reinsurance Servizi finanziari dic 05 Fund III Cross group Risorse nat./Energia mag 06 Fund III Delos Insurance Servizi finanziari ago 06 Fund III Mediterranean Resources Risorse nat./Energia apr 07 Fund III Angelica Healthcare ago 08 Fund IV Sram Consumer set 08 Fund IV In questa tabella, il portafoglio americano della società erede dei fondi di merchant banking di Lehman Brothers
Marchesano Mariarosaria 27 marzo 2009 pubblicato sul corriere della sera.
Hanno spostato i soldi, quindi, dal settore immobiliare esploso -dopo aver affondato l’economia mondiale- con una gigantesca bolla speculativa e hanno cominciato a investirli (sempre le stesse persone) in quello del gioco d’azzardo legalizzato. Il 17 marzo del 2011 presentano ufficialmente al pubblico italiano il consorzio denominato Acadi (Associazione Italiana Aziende Concessionarie Apparecchi da Intrattenimento) –chiamarle video slot suona brutto- nel corso di una manifestazione che si è svolta a Rimini dove viene spiegata l’importanza filosofica del gioco e viene ufficializzato anche l’ingresso dell’alta editoria in questo segmento di mercato. Ecco i nomi dei partecipanti di allora come viene raccontato nel loro sito (con annesso video): www.acadi.it/3 (www.youtube.com/watch?v=waPqfO09fa8 ) sostenuto dall’on. Maurizio Lupi. Ecco per intero il resoconto rilasciato dall’ufficio stampa che potete trovare formalizzato sul loro sito:
“GIOCARE PER GIOCO”: PRESENTATI AL MEETING DI RIMINI 2011 I PRIMI RISULTATI DEL PROGETTO DI RICERCA
Rimini, 23 agosto 2011 – Nell’ambito del Meeting di Rimini 2011 sono stati presentati ieri, durante il Convegno “Gioco: responsabilità e comunicazione”, i risultati della prima fase del progetto di ricerca “Giocare per Gioco”. La ricerca è stata commissionata dalle Associazioni ACADI (Associazione Concessionari Apparecchi da Intrattenimento) e GiochieSocietà, oltre che da Lottomatica Group e Sisal e sviluppata in linea con le indicazioni di AAMS – Amministrazione Autonoma Monopoli di Stato in tema di gioco pubblico. Al convegno, moderato da Sergio Luciano, hanno partecipato l’On. Maurizio Lupi – Vicepresidente della Camera dei Deputati, Giovanni Emilio Maggi – Presidente Acadi e Direttore Relazioni Istituzionali Sisal, il Prof. Giancarlo Rovati – Ordinario di Sociologia Generale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ed il Prof. Marco Pedroni – Sociologo all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Centro di Ricerca ModaCult. La ricerca, condotta dalla Fondazione per la Sussidiarietà con la collaborazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e del suo Centro per lo studio della moda e della produzione culturale (ModaCult), avrà una durata di tre anni con l’obiettivo di monitorare in modo continuativo la percezione, le tendenze evolutive e la considerazione sociale del gioco pubblico in particolare da parte del mondo giovanile. “La scelta di svolgere questa ricerca è maturata fra tutti i committenti un anno fa proprio qui a Rimini – ha dichiarato Giovanni Emilio Maggi - Presidente ACADI e Direttore Relazioni Istituzionali Sisal - per studiare un modo nuovo e socialmente corretto di mettere in relazione il settore del gioco con il pubblico, in particolare quello dei giovani adulti. Ritengo che i primi risultati siano assolutamente interessanti e ci consentano di leggere il settore in un modo certamente diverso dall’abituale, fatto che ci carica ulteriormente di aspettative per le fasi successive della ricerca. L’appuntamento sarà di nuovo al Meeting fra 12 mesi.” A prendere la parola dopo Maggi, è stato Maurizio Lupi – Vicepresidente della Camera dei Deputati - “Ho accettato molto volentieri di portare un saluto al primo step di questa ricerca perché eravamo insieme a cena, lo scorso anno, quando è nata questa ipotesi. L’idea era quella di mettersi in gioco non nel fare impresa, ma nel mettersi in discussione da un punto di vista sociologico, cercando di andare a conoscere anche quello che deriva dall’offerta del gioco. La sfida è rendere possibile perseguire i fini aziendali, quindi di profitto e di sviluppo, e al tempo stesso quelli di responsabilità sociale e nei confronti della collettività, che è un po’ quello che sono chiamati a fare i concessionari. Per questo è importante questo progetto di ricerca attraverso il quale si può conoscere il proprio pubblico, potendo così comunicare in modo corretto e responsabile. In tal senso, il blog sarà uno strumento utilissimo”.
LA RICERCA
Avviata nel dicembre del 2010, sta producendo i suoi primi risultati su tre temi di grande rilevanza:
La struttura della ricerca ha preso le mosse dall’analisi della letteratura esistente sul mondo del gioco, per passare, poi, ad una approfondita indagine sulle modalità di comunicazione dei diversi players, per concludersi con focus group di approfondimento delle tematiche di comunicazione. E’ stata condotta un’indagine qualitativa con l’obiettivo di rilevare la percezione, le reazioni e i valori associati al gioco e ai suoi protagonisti, attraverso alcuni focus group che hanno coinvolto giovani di età compresa tra i 18 e i 28 anni. Questi gruppi hanno permesso di far emergere e mettere a confronto differenti punti di vista, di individuare le tematiche relative al gioco responsabile ritenute più rilevanti e necessarie di approfondimento, ma soprattutto hanno consentito di individuare un’interessante serie di archetipi che allargano la visione spesso stereotipata del comportamento dei giocatori. La seconda parte della ricerca, ad oggi nella sua fase iniziale, tende ad aprirsi a canali di partecipazione più interattivi attraverso un blog, che ha già superato i 300 interventi, al fine di recepire in maniera più dinamica ed efficace le ipotesi creative ed i contributi allo sviluppo dei valori della responsabilità, sia nella pratica che nella comunicazione dei giochi. Nelle fasi successive della ricerca verranno anche osservate le modalità di approccio e partecipazione dei giocatori in alcuni luoghi emblematici del gioco-scommessa e sarà coinvolto un panel di esperti, rappresentativi di diversi mondi economici e culturali italiani. “La multidimensionalità del gioco-scommessa è spesso trascurata a favore di una rappresentazione stereotipata, spesso incentrata solo su comportamenti problematici che hanno messo in ombra il legame profondo tra gioco e società moderna, anche nelle sue dimensioni tecnologiche, economiche, finanziarie, imprenditoriali, organizzative” - ha commentato il Professor Giancarlo Rovati,Ordinario di Sociologia Generale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano – “La ricerca, che durerà tre anni, ci permetterà di monitorare l’evoluzione sociale del gioco, restituendogli la centralità che gli è propria e la capacità di riassumere in sé molteplici dimensioni: convivialità, apprendimento, rischio-azzardo, divertimento ma anche dipendenza.” “La ricerca utilizza metodi tradizionali come i focus group e strumenti innovativi quali il blog con l’obiettivo di individuare le molteplici sfaccettature del gioco-scommessa nella percezione dei giovani.” – dichiara Marco Pedroni, Sociologo all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Centro di Ricerca ModaCult – “La prima fase della rilevazione ha già permesso di evidenziare un ampio spettro di significati che i giovani, target estremamente consapevole ed esigente, attribuiscono al gioco-scommessa. Non esiste un profilo unico del giovane giocatore, ma una pluralità di atteggiamenti definiti dalla frequenza delle pratiche ludiche e dai significati positivi o negativi attribuiti al gioco.” I risultati della ricerca saranno resi noti con cadenza annuale in linea con il metodo del monitoraggio e dell’apprendimento in itinere.
Report Finale I° Anno
Ufficio Stampa ACADI |
Ecco i principali nomi dei manager che controllano il settore:
Cirsa srl- GIOVANNI EMILIO MAGGI (PRESIDENTE) Giovanni Emilio Maggi nato a Milano e laureato all’Università Bocconi in Economia Aziendale, è il Direttore Relazioni Istituzionali del Gruppo Sisal e, come tale, interlocutore diretto di AAMS – Amministrazione Autonoma Monopoli di Stato – delle Istituzioni, del Parlamento e degli altri organi ed enti regolatori, nazionali ed internazionali. Nel 2006 è stato uno dei fondatori di A.C.A.D.I. (Associazione Concessionari Apparecchi da Intrattenimento), divenendone Presidente nel 2007. Dopo una decennale e consolidata esperienza nel marketing in diverse prestigiose multinazionali del largo consumo, inizia la carriera nel Gruppo Sisal nel 1991 in qualità di Direttore Marketing, per poi occupare crescenti responsabilità come Direttore del Marketing Strategico e, successivamente, della Pianificazione Strategica e Business Development, ricoprendo anche incarichi in attività estere, sia nell’area del business che delle relazioni istituzionali. Giovanni Emilio Maggi è inoltre Consigliere d’Amministrazione di Sisal Slot, membro dell’Executive Committee di European Lotteries, consigliere dell’ Associazione “Giochi&Società” e componente del Comitato Aerea Giochi di Confindustria Servizi Innovativi.
FABIO SCHIAVOLIN (VICEPRESIDENTE)
Fabio Schiavolin dal 2004 riveste l’incarico di Amministratore Delegato e Direttore Generale della Cogetech Spa di Milano. Ha contribuito allo start up della Società partecipando a varie gare indette da AAMS ed ha gestito l’apertura del capitale ai fondi di Private Equity nel 2009. Nel maggio 2010 ha acquisito la filiale italiana di Ladbrokes Italia.
Precedentemente, nel 2006 è stato Amministratore Delegato di Cogemat spa Milano, Società della quale ha curato lo start up e successivamente si è occupato del fund raising e di attivare una joint venture con Gtech Corporation per la gestione dell’acquisto della partecipazione della società americana.
Dal 2002 al 2004, ha ricoperto il medesimo ruolo per BDC srl occupandosi dello start up di un progetto franchising nell’ambito della ristorazione. Ancor prima, per 6 anni ha ricoperto vari ruoli fino ad arrivare alla posizione di Direttore di Divisione di Cirsa Business Corporation.
Il dott. Schiavolin ha frequentato la Johnson Graduate School of Management alla Cornell University a Ithaca New York (USA) nel 1999 ed ha conseguito la Laurea in Economia Aziendale presso l’Università degli Studi di Bologna nel 1996.
LUCA CONTIELLO
Luca Contiello è nato nel 1949 a Napoli, dove si è laureato in ingegneria elettronica.
Luca Contiello è nato nel 1949 a Napoli, dove si è laureato in ingegneria elettronica.
Ha iniziato la propria carriera professionale nel 1978 presso la Società Generale di Informatica (SOGEI) di Roma.
Dal 1981 al 1992 ha maturato molteplici esperienze nel mondo dell’Information Technology in qualità di responsabile Sistemi e Reti della Società IC Soft di Napoli.
Dal 1992 al 2004 svolta la sua attività in Lottomatica, prima come responsabile Sistemi e Reti, successivamente in qualità di CTO.
Dal 2004 al 2007 ha ricoperto l’incarico di Amministratore Delegato della Inspired Leisure Link Italia SpA e di Consigliere d’Amministrazione di G.Matica.
Di quest’ultima è Amministratore Delegato dal 2008.
Di quest’ultima è Amministratore Delegato dal 2008.
OSVALDO MATTION
Osvaldo Mattion è l’Amministatore Delegato e Direttore Generale del Gruppo Cirsa in Italia.
Nato a Treviso nel 1953, ma milanese da sempre, ha costruito la sua carriera professionale operando in alcuni dei gruppi multinazionali più rappresentativi del panorama industriale italiano e internazionale, occupando ruoli dirigenziali fin dal 1984.
Inizialmente in Rockwell Automation, per 7 anni contribuisce allo start-up e alla crescita della società in Italia nel settore dell’automazione di fabbrica.
Successivamente per 13 anni in General Electric, ricopre incarichi di crescente responsabilità, approdando al ruolo di Direttore Commerciale Nazionale, dopo essere stato Direttore Vendite e Direttore Marketing. E’ anche nominato Presidente del Commercial Directors Council del Gruppo General Electric.
Più recentemente, per 6 anni opera per Pirelli Cavi e Sistemi, espandendo le sue responsabilità dal ruolo di Direttore Generale della Divisione Energia all’incarico di Regional Director, occupandosi di gestire tutte le attività dell’azienda nelle regioni Africa, Middle-East e South-Asia. In tale periodo l’Associazione Nazionale Produttori Cavi lo nomina alla guida del Gruppo Media Tensione e membro del Consiglio Direttivo.
In seguito, prima di passare al timone di Cirsa Italia, per 5 anni si impegna nell’attività di Amministratore Delegato e Direttore Generale di Fast&Fluid (controllata dalla multinazionale americana IDEX).
MASSIMO RUTA
Massimo Maria Giuseppe Ruta riveste, da aprile 2009, l’incarico di Country Manager di Codere Italia.
Massimo Maria Giuseppe Ruta riveste, da aprile 2009, l’incarico di Country Manager di Codere Italia.
In precedenza ha ricoperto lo stesso ruolo nella j.v. William Hill Codere Italia. Prima di approdare a Codere Italia, l’ing. Ruta ha gestito l’inizio delle attività di Intralot nei Caraibi.
Dal 1999 al 2007 è stato Country Manager di Gtech in Italia, rappresentando l’azienda nella j.v. Cogetech e supportando Gtech nel passaggio all’interno del Gruppo Lottomatica, con due anni di interruzione: 2002 (alla guida di un franchisor della catena Marriott in Italia) e 2003 (a capo di una società di software, con una compagine di 700 persone, a Roma).
Dal 1984 al 1999 ha ricoperto differenti ruoli in Olivetti Italia, divenendo infine il Responsabile dei Servizi per la Pubblica Amministrazione.
L’ing. Ruta ha conseguito la laurea in Ingegneria Elettrotecnica presso l’Università di Catania.
L’Italia è l’unico paese al mondo, che io sappia, in cui l’editoria ha scelto negli ultimi anni di disinvestire dai libri e spostare i capitali, invece, nel gioco d’azzardo. Se andate a vedere sul sito della più antica casa editrice italiana ancora in attività, la De Agostini, fondata nel secolo XIX, trovate che Il Gruppo De Agostini (www.gruppodeagostini.it) è una multinazionale italiana che ha le sue origini nel settore dell’editoria. Nel 2011 ha compiuto 110 anni di attività e oggi si presenta come una Holding di partecipazioni presente in diversi settori industriali e nel settore finanziario.
De Agostini Editore
Edita in 13 lingue e 30 Paesi: le sue attività sono focalizzate sull’organizzazione e sulla divulgazione della conoscenza. La Società ha responsabilità di coordinamento e di gestione strategica e operativa, in Italia e nel mondo, di tutte le realtà operative del Gruppo nel settore editoriale, organizzato come segue: De Agostini Publishing, De Agostini Libri, Editions Atlas France/Suisse e Digital De Agostini.
www.deagostini.it
www.deagostini.it
De Agostini Communications
Il settore “media e communication” comprende gli interessi del Gruppo nelle attività di content production, broadcasting e distribuzione di contenuti per la televisione, i nuovi media e il cinema. Zodiak Media è una società leader, tra le più innovative e creative al mondo, nella produzione e distribuzione di contenuti di alta qualità per la televisione e i nuovi media. ATRESMEDIA, gruppo radio-televisivo spagnolo quotato alla Borsa di Madrid, di cui è detenuta una quota di rilevanza strategica in partnership con il socio spagnolo Planeta Corporation, è co-leader del mercato televisivo Spagnolo ed è attivo nei seguenti settori: ATRESMEDIA TELEVISIÓN, ATRESMEDIA RADIO, ATRESMEDIA DIGITAL, ATRESMEDIA PUBLICIDAD e ATRESMEDIA CINE.
www.zodiakmedia.com
www.antena3.com
www.zodiakmedia.com
www.antena3.com
Lottomatica Group. Società leader del mercato dei giochi e servizi, quotata alla borsa di Milano. De Agostini S.p.A. controlla Lottomatica Group con una quota di maggioranza assoluta. Lottomatica Group è la società operativa concessionaria dello Stato Italiano per la gestione del Lotto ed altri giochi pubblici (p.es. il Gratta e Vinci), dispone inoltre di un elevato know-how per l’elaborazione di sistemi e prodotti per giochi, nonché di sistemi per l’accettazione dei giochi e delle scommesse sportive, attraverso la fornitura di terminali e sistemi hardware e software. Con l’acquisizione di GTech, Lottomatica Group è diventata il più grande player mondiale nel settore delle lotterie, dei giochi e dei servizi.
Quindi, Lottomatica, un’azienda che gestisce il gioco d’azzardo, che è 5 volte più grossa della Fiat, 12 volte più grande di Mediaset e 100 volte più grande di Mps, ed è l’unica azienda presente in borsa che dal 2010 a oggi seguita ad andare su al rialzo, è posseduta da una casa editrice. Quando a Berlusconi glielo spiegano, nell’autunno del 2011, fa un salto sulla sedia e da bravo imprenditore capisce che quello è il settore in cui investire. Costituisce una joint venture con la Gaming e costruisce la “Glaming” sintesi di Glamour e gioco d’azzardo, per lanciare il gossip dei suoi settimanali leggeri mescolandolo alle video slot su internet. Ma il suo governo salta. Quindi, niente concessione. Ci penserà, in extremis, Mario Monti, come ho già detto in un recente articolo. In data 21 dicembre 2012 alle ore 22.30, già dimissionario, infatti, sceglie di far applicare un decreto che attribuisce diverse nuove licenze di concessione per la distribuzione di video slot nel territorio nazionale, prima tra tutte la neonata società Glaming nella quale si sono fuse la “Gaming” e la “Arnoldo Mondadori Editore”. E così, anche Berlusconi irrompe in questo scenario. Due anni fa erano 240.000 macchinette. A gennaio del 2012 erano 290.000. A gennaio del 2013 erano 380.000. Sono previste per giugno del 2013 circa 450.000 e un milione entro la fine del 2014.
Big Business.
Intendiamoci: l’aspetto saliente di questo post consiste nel fatto che non contiene nessuna forma di denuncia. E’ tutto lecito. E’ tutto a posto come si deve. E’ tutto come vuole la Legge. La ragione per cui mi sono sobbarcato l’onere di fare questa lunga ricerca da offrire a tutti voi, sta proprio in questo. Ogni persona summenzionata, ogni azienda, ogni gruppo coinvolto è legale, è perfettamente a norma, e rispetta gli attuali dispositivi vigenti. Sono finiti i tempi delle denunce. E’ troppo tardi, ormai. Il dispendioso lavoro di Milena Gabanelli è completamente inutile. Siamo in una nuova fase completamente diversa, ed è bene e saggio per tutti comprenderlo fino in fondo per equipaggiarsi a dovere. Hanno varato norme e leggi che sono oscene e hanno fatto della “oscenità” la Norma Vigente, mentre il popolo si era fatto irretire e abbindolare pensando che la quotidiana oscenità pecoreccia offerta gratis dalla cupola mediatica, sia quella cartacea che quella telesionata, fosse un divertissement un po’ sporcaccione e niente più di questo. Non era così. Era semplicemente la punta dell’iceberg. Come ben sapevano tutti i sostenitori della necessità di rilanciare, invece, la Cultura. Nel 1973, la metalmeccanica era la prima industria del paese, quella agricola la seconda, il cinema era la terza industria nazionale, seconda nel pianeta; Cinecittà veniva subito dopo Hollywood. Il turismo alberghiero era la quarta industria e la cultura il quinto. Oggi il cinema è al 48esimo posto al mondo, la cultura al 27esimo posto tra le nazioni dell’Unione Europea, che sono 27. Il turismo d’arte è crollato dal primo posto in Europa al settimo, veniamo addirittura dopo la Scozia, il che è tutto dire, con rispetto parlando degli scozzesi che meritano rispetto per la loro abilità manageriale nel riuscire a vendere molto bene quell’unico quadro che hanno da qualche parte vicino a Glasgow. La tendenza è quella di de-industrializzare l’Italia e far sì che nel 2015 (cioè dopodomani) sia una nazione in cui il gioco d’azzardo è la prima industria del paese, leader nel mondo.
Da capitani d’industria a biscazzieri: questa è la trasformazione in atto, è bene saperlo.
Da sottolineare il fatto che nessuna di queste società produce nè lavoro, nè occupazione nè mercato. Muovono i soldi vostri, fanno soltanto questo. Alcuni non hanno neppure un ufficio. Prendono spiccioli alla massa di disperati e li moltiplicano per cinque, dieci, venti volte. Indignarsi non serve, così come è inutile –oltre che perdente- denunciare qualcosa che è legale. E’ un controsenso. Bisogna far propria (e incorporarla) l’idea della “Oscenità divenuta Legale”. Siamo finiti tutti dentro un film porno, mettetela così. Lo scoramento dei miei concittadini è pari a quello che potrebbe provare un giovane in una melanconica e piovosa domenica autunnale, quando passeggia per strada sperando di vivere un incontro sentimentale che lo riempia di emozioni passionali e di vibrazioni indimenticabili, e gli capita di incontrare una bella ragazza che lo guarda e gli proprone “vuoi che ti faccia vedere il culo?”. Noi italiani viviamo dentro questo film. Tutto ciò per rimarcare che non se ne esce facendo cortei o denunciando lobbisti che non esistono per far credere che esistano scenari diversi da quelli reali.
Si cambia soltanto cambiando le Leggi. E se non verrà fatto, si andrà avanti così. Diventiamo tutti partecipanti, magari a nostra insaputa. Ci hanno infilato dentro il paradosso della oscenità legalizzata. Se non lo si capisce, allora ci si condanna a tenersi le video slot e bisogna pure stare zitti. Bisogna elaborare la giusta opposizione all’oscenità legalizzata. Hanno reso osceno perfino il calcio. Chi lo segue ha visto con i propri occhi come il Milan abbia vinto alla Fiorentina il posto in Champions League in maniera legale: grazie a un rigore fantasma, secondo me inesistente, perché sul campo l’arbitro è, appunto, la Legge. Ventidue giorni fa, dopo una burrascosa riunione a Milano di carattere finanziario, dopo l’uscita dal consiglio di amministrazione di Mediobanca, Berlusconi deve avergliela giurata a Diego Della Valle. Non ho idea di quale strategia politica debba essere attuata. Non posso che fare ciò che ritengo sia mio dovere nel rispetto della cittadinanza: allertare su questa nuova fase e prendere atto che finirà per oscurare le nostre vite oscenizzando le nostre esistenze.
Chi sta in parlamento, qualunque sia il gruppo politico di appartenenza, o apre una gigantesca vertenza, subito, a salvaguardia degli interessi della collettività contro l’ingordigia sciacalla di finanzieri e loro accomunati, oppure ne diventa complice.
Altro che lobbisti, qui la situazione va cambiata a furor di popolo.
Come diceva Eduardo De Filippo “a da passà a nuttata”.
Ma è necessario attivare una furibonda passione civica individuale.
Ormai, se lo decidono, possono fare, legalmente, ciò che vogliono, come vogliono e quando lo vogliono.
Bisogna ritrovare il coraggio di scandalizzarsi ancora.
Ogni giorno. Tutti i giorni.
Scandalizzatevi! E scandagliate il vostro sdegno dovunque e comunque.
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