domenica 11 ottobre 2015

Ricreato in provetta un cervello invecchiato.


Il tessuto del cervello invecchiato riprodotto in laboratorio (fonte: Salk Institute)

Da neuroni ottenuti riprogrammando cellule della pelle.


Ricreato in provetta un 'cervello' invecchiato. Per la prima volta si è riusciti a coltivare e invecchiare in laboratorio dei neuroni umani ricavati dalla pelle. Il risultato, merito del lavoro dei ricercatori del Salk Institute e descritto sulla rivista Cell Stem Cell, è un eccezionale banco di prova per studiare malattie neurodegenerative legate all'invecchiamento, come Alzheimer e Parkinson, e per sperimentare farmaci. 

La particolarità di questa tecnica è che i neuroni ricavati hanno caratteristiche genetiche che riflettono l'età del paziente. ''Per la prima volta abbiamo dimostrato che non solo l'identità genetica specifica di una persona, ma anche i segni legati all'invecchiamento possono essere studiati in laboratorio su neuroni umani viventi'', osserva Fred Gage, coordinatore dello studio. Finora infatti chi si è occupato di invecchiamento si è affidato a moscerini, vermi e topi. 
Più recentemente si è riusciti a prendere delle cellule dai pazienti e a riprogrammarle, trasformandole in cellule staminali pluripotenti (ipsc), che possono essere propagate per generare cellule cerebrali in numero sufficiente per sperimentazioni. Ma il problema di queste cellule è che somigliano a quelle caratteristiche primi stadi dello sviluppo embrionale, e quindi l'età vera del paziente viene azzerata, lasciando dei neuroni ringiovaniti. 

In questo caso invece i ricercatori hanno prelevato le cellule della pelle di 19 persone di età compresa fra 1 a 89 anni e le hanno riprogrammate per trasformarle in neuroni. Quindi hanno confrontato i neuroni così ottenuti con quelli prelevati da autopsie. Il confronto ha permesso di individuare le caratteristiche dei neuroni delle persone più anziane. La stessa tecnica, secondo i ricercatori, potrebbe essere utilizzata per studiare i cambiamenti indotti dall'invecchiamento in altri tessuti, come quelli di fegato e cuore.


http://www.ansa.it/scienza/notizie/rubriche/biotech/2015/10/09/ricreato-in-provetta-un-cervello-invecchiato_727ce3fc-f616-49df-aa4f-198406755bfe.html?idPhoto=1

Chi porta i figli dei vegani?



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Nell'ospedale dove iniziò il chirurgo Marino: "Così chiudemmo ogni rapporto". - Corrado Zunino

Nell'ospedale dove iniziò il chirurgo Marino: "Così chiudemmo ogni rapporto"

Parlano i medici del centro universitario di Pittsburgh in cui lavorò il sindaco: "Ha cominciato a operare con noi, gli abbiamo affidato il centro di Palermo. Poi abbiamo scoperto le doppie note spese e i suoi rapporti con altri ospedali americani". Tra le fatture, la ricarica per una stilografica: otto euro, chiesti due volte.

PITTSBURGH. Al 600 di Grant street dicono che quel nome - Ignazio Marino - vogliono solo dimenticarlo. "Era un chirurgo, trapiantava organi. Non era indispensabile, ci ha creato tanti problemi". Davanti alla fontana che spruzza acqua rosa, sotto la sede distribuita su venti piani, parlano due dirigenti del Medical center universitario di Pittsburgh, l'Upmc che gestisce venti ospedali nella Pennsylvania dell'Ovest e trentotto centri oncologici negli Stati Uniti: "Il dottor Marino si è formato da noi, ha iniziato a operare con noi, gli abbiamo affidato il centro di Palermo, una frontiera in Europa. Poi abbiamo scoperto le doppie note spese, i suoi rapporti con altri ospedali americani. Gli abbiamo imposto le dimissioni dall'Ismett di Palermo e non avremmo voluto più occuparci di quella storia, né del medico italiano. Avremmo solo sperato nel silenzio".

Invece quel medico italiano, 650 trapianti in carriera, 213 pubblicazioni, ambizioso non solo come clinico, a 51 anni è stato fatto senatore, a 54 si è candidato alla guida del Partito democratico  (perdendo) e a 58 si è lanciato nella campagna per diventare sindaco di Roma, mayor come dicono qui. E ha vinto. "Eravamo sorpresi che della storia degli ottomila dollari contestati non si fosse detto più nulla, ma noi non avevamo alcun interesse a sollevare un caso", dicono ancora gli amministrativi subito dopo aver chiesto di non essere citati.

L'Upmc aveva chiuso ogni rapporto con il dottor Marino come tante volte succede, e invece a tredici anni di distanza "siamo di nuovo qui". A riprendere in mano vecchi dossier, rileggere audit interni che rimandano a scontrini fiscali. "Sì, dopo tredici anni confermiamo: il dottor Marino aveva creato una doppia contabilità per le spese di trasferta. Una richiesta di rimborso la consegnava al suo centro di Palermo, l'Ismett appunto, e una alla nostra sede. Avevamo prove evidenti che la cosa fosse andata avanti per mesi e che fosse una scelta consapevole, non un caso, tanto meno un errore. Abbiamo agito subito, allora. Il 6 settembre 2002 inviammo un fax all'ospedale di Palermo e il dottor Marino nell'arco di mezza giornata controfirmò tutte le nostre condizioni. Aveva chiesto lui di dimettersi alcune settimane prima, il sei settembre abbiamo accettato senza esitazioni. Abbiamo chiuso lì ogni rapporto: uno dei nostri quattromila medici aveva perso la nostra fiducia, ma la carriera politica del dottor Marino non ci ha mai permesso di abbandonare quel dossier".

E' qui, dove la confluenza di Allegheny e Monongahela forma il fiume Ohio, non lontano dal Canada, che Ignazio Marino ha conosciuto i primi guai con le ricevute per le cene, qui che ha subito un oltraggio alla sua carriera e al consolidato orgoglio. Cresciuto sfiorando un nume tutelare della trapiantologia moderna, Thomas Starzl, che nel 1963 innestò il primo fegato su un bimbo di tre anni, nel 1997 Marino riuscì a farsi affidare da Jeffrey A. Romoff la direzione dell'Istituto Mediterraneo per trapianti e terapie ad alta specializzazione, ottanta posti letto voluti a Palermo dal governatore Cuffaro e inaugurati due anni dopo.

In quelle stagioni siciliane, oltre ad operare in sala, il dottor Marino iniziò a sperimentare l'arte dell'amministrazione pubblica, palestra per una futura politica già avvistata. "Gestivo venti milioni l'anno", ha raccontato. Ma è sulle minuzie che arrivano le contestazioni. Un precedente che tornerà negli anni da sindaco, una coazione a ripetere che taglierà le gambe prima a un chirurgo scalatore e poi a un intraprendente politico. Ottomila dollari contestati in nove mesi (in attesa di controllare a ritroso i cinque anni precedenti). Una piccola cresta. Messa così, nero su bianco il 6 settembre 2002, dal superpresidente Romoff: "Riteniamo di aver scoperto una serie di irregolarità intenzionali e deliberate con note scritte da lei a mano e sebbene le ricevute siano per gli stessi enti, i nomi delle persone indicate sulle ricevute presentate a Pittsburgh non sono gli stessi di quelli presentati all'Upmc di Palermo". Dozzine di ricevute duplicate, scrisse il presidente. Irregolarità intenzionali e deliberate, sottolineò. Dimissioni immediate, da controfirmare seduta stante. "Come restituzione dei rimborsi spese doppi da lei ricevuti accetta di rinunciare a qualsiasi pagamento erogato dall'Upmc ai quali avrebbe altrimenti diritto, compreso lo stipendio per il mese di settembre 2002". Ci sono anche le ferie pagate, eventuali malattie accumulate. Nulla da pretendere per il futuro da parte del direttore Ismett per rientrare degli 8.000 dollari.

A Marino fu concessa una settimana per liberare l'ufficio di Palermo, gli venne indicato nome e cognome della persona a cui lasciare auto, chiavi dell'auto e dell'appartamento, telefonino, cercapersone, computer portatili, carte di credito aziendali, gli fu anche intimato di non fare ritorno a Pittsburgh. "Tutti i libri e i giornali acquistati da noi dovranno restare nell'ufficio di Palermo", scrisse Romoff, "e se lei deciderà di trattenerne qualcuno potrà acquistarli a un prezzo ragionevole".

Oltre alle cene, si scopre oggi, il dottor Marino chirurgo di trapianti aveva l'abitudine - secondo gli accertamenti dell'audit dell'Upmc - di mettere in doppia contabilità tutte le spese personali. "C'è una fattura, rimborsata sia a Pittsburgh che a Palermo, sulla ricarica d'inchiostro per la penna stilografica del medico". Otto euro e quaranta, richiesti due volte.

Ignazio Marino successivamente avrebbe detto che, in realtà, quei fogli erano solo un fax di presa visione, che l'università di Pittsburgh gli era diventata ostile perché lui si era accordato per un nuovo incarico direttivo con l'ospedale Thomas Jefferson di Philadelphia, che era stata una sua scelta quella di dimettersi da Palermo quando aveva scoperto che in una gara d'appalto c'era un'azienda in odor di mafia e in corsia le pressioni per favorire alcuni clinici erano diventate opprimenti. Oggi i dirigenti dell'Upmc, qui a Pittsburgh, ribadiscono: "Nel 2002 il dottor Marino controfirmò una lettera di dimissioni immediate e quelle dimissioni dipesero soltanto dalla sua condotta contabile, non c'entrano Palermo né Philadelphia. Non è neppure vero che i controlli erano partiti dopo una segnalazione del medico, fu un'iniziativa del nostro audit di fronte a conti che non tornavano. Dopo quella lettera, sottolineaiamo, non c'è stata alcuna transazione e, d'altro canto, il dottor Marino non ci hai mai querelato né per falso né per danni subiti". Querela che, pure, il medico aveva promesso.

Il chirurgo romano riottenne, con la mediazione dell'avvocato Vittorio Angiolini, il pc utilizzato all'Ismett, alcune pubblicazioni e studi in archivio a Palermo. Tre anni dopo il senatore sarebbe riuscito a prendere 90 mila euro di risarcimento da parte di quattro giornali italiani e tredici giornalisti. Il Tribunale civile di Milano aveva riconosciuto un danno alla sua carriera nei modi in cui l'offesa di Pittsburgh era stata raccontata.


http://www.repubblica.it/politica/2015/10/09/news/nell_ospedale_dove_inizio_il_chirurgo_marino_ci_ha_creato_tanti_problemi_-124730271/

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sabato 10 ottobre 2015

In risposta all'articolo su "l'amaca" di Michele Serra.




Rispondiamo, punto per punto, al post di Michele Serra.

- No, caro Michele, la faccenda di Marino non si ferma alla semplice bottiglia di vino, peraltro costosina. 

- Per quanto riguarda la Panda rossa, io ravviserei nella faccenda l'atteggiamento inaccettabile e fastidiosissimo di chi usa sentirsi al di sopra delle leggi e degli altri e che , pertanto, è solito adottare con troppa nonchalance la formula del "lei non sa chi sono io".

- L'essere onesti, inoltre, non comprende utilizzare la carta di credito aziendale, vedi Pittsburgh e comune di Roma, per spese personali, non comporta neanche utilizzare soldi provenienti da persone di dubbia fama come Buzzi, per finanziare la propria campagna elettorale.

- La vorrei anche rendere edotto del fatto che i grillini, che lei definisce poco propensi a capire, non hanno alcuna intenzione di allinearsi a persone che adottano concetti come quelli più sopra menzionati: accettare e praticare anche solo una parte di essi significa essere come quelli che hanno governato e male l'intero paese, e quindi, essere già sulla buona strada per esserne divorati integralmente.

Con buona pace della sua discutibile concezione dell'onestà.

Cetta — perplessa.

Il mondo che va al contrario.





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