martedì 1 dicembre 2015

Cos'è l'angioplastica con palloncino e stent?




L'impianto di stent viene utilizzato per il trattamento delle coronaropatie da oltre dieci anni; l'inserimento di tale dispositivo per garantire la pervietà delle arterie coronarie e consentire il normale flusso sanguigno in seguito a un'angioplastica rappresenta oggi una pratica comune.
L'impianto di stent è una procedura minimamente invasiva durante la quale uno stent e un palloncino vengono utilizzati in combinazione per comprimere i depositi a placca presenti all'interno dell'arteria coronaria e risolvere o alleviare così un problema cardiaco.
Uno stent coronarico è un tubicino espandibile con una struttura a rete metallica, in lega di cobalto o in acciaio di grado medicale. Gli stent possono essere di ausilio per ridurre l'ostruzione ricorrente o il restringimento del vaso in seguito a una procedura di angioplastica. Una volta impiantato, lo stent rimarrà permanentemente in sede.

La procedura di impianto di stent.


Come in una qualsiasi angioplastica, lo stent è montato su un palloncino che viene espanso all'interno dell'arteria coronaria per comprimere la placca e ripristinare il flusso sanguigno. Dopo avere compresso la placca contro la parete del vaso, lo stent viene portato alla massima espansione all'interno dell'arteria, dove si comporterà come un'"impalcatura" in miniatura. Il palloncino viene quindi sgonfiato e rimosso, lasciando però lo stent in sede affinché il vaso rimanga pervio.Per alcuni pazienti può essere necessario posizionare più di uno stent in funzione della lunghezza del tratto interessato dall'ostruzione.
L'impianto di stent presenta un vantaggio rispetto alla sola angioplastica, in quanto gli stent forniscono un supporto strutturale permanente che riduce le eventualità di un rirestringimento dell'arteria coronaria (fenomeno noto anche come restenosi), pur non potendo impedire del tutto il suo verificarsi.

Stent a rilascio di farmaco

Oltre a fornire supporto strutturale all'arteria coronaria, alcuni stent possiedono un rivestimento medicato che aiuta a prevenire la restenosi del vaso.
Sia gli stent in metallo nudo sia quelli a rilascio di farmaco si dimostrano efficaci nel ripristinare la pervietà delle arterie coronarie.
In alcuni rari casi, l'utilizzo di stent può dare luogo alla cosiddetta trombosi da stent, termine con il quale si definisce la formazione di un coagulo di sangue in seguito all'impianto di stent. In una piccola percentuale di pazienti con stent, la viscosità del sangue può aumentare favorendo l'aggregazione di cellule ematiche e la conseguente formazione di minute masse, o coaguli. Tali coaguli possono bloccare il flusso del sangue all'interno dell'arteria e causare un infarto cardiaco o addirittura la morte. La trombosi da stent può verificarsi sia nei pazienti con stent in metallo nudo sia in quelli con stent a rilascio di farmaco.
Per evitare spiacevoli complicanze è fondamentale seguire le raccomandazioni del cardiologo e assumere i farmaci anticoagulanti prescritti, o la doppia terapia antipiastrinica (acido acetilsalicilico con clopidogrel o ticlopidina). Altrettanto importante è non sospendere l'assunzione dei farmaci di propria iniziativa.
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Ismett centro d’eccellenza siciliano. Premiato dal programma ‘Esiti’.

ismett


Risultato di eccellenza per ISMETT anche nell’edizione 2015 del Programma Nazionale Esiti (PNE), realizzato da Agenas fin dal 2010 per conto del Ministero della Salute. Il centro palermitano è ai vertici delle valutazioni fatte dall’Agenzia Nazionale per quanto riguarda l’indicatore che valuta la mortalità a 30 giorni per le procedure chirurgiche (cardiochirurgia, chirurgia addominale e chirurgia toracica).
L’ISMETT, infatti, si colloca ben al di sotto della media nazionale al primo posto fra le strutture che fanno parte del Servizio Sanitario Regionale Siciliano e fra le prime strutture in Italia. In particolar modo, ISMETT registra mortalità a 30 giorni dello 0% dopo un intervento di chirurgia per tumore al polmone, fegato e colon. Le medie nazionali sono rispettivamente di 1,3%; 2,65% e 4,07%. Nel caso di sostituzione di valvole cardiache, invece, la mortalità a 30 giorni in ISMETT è dello 0,93% contro una media nazionale del 2,84%.
“I risultati del nostro lavoro si confermano tra i migliori a livello nazionale ed internazionale e sono il prodotto dell’intensa collaborazione tra tutti i professionisti dell’istituto: medici, infermieri, tecnici e amministrativi – sottolinea Bruno Gridelli, Direttore di ISMETT – Le conoscenze e competenze che possiamo mettere a disposizione dei nostri pazienti si mantengono sempre ai livelli più alti grazie all’integrazione con UPMC. Il collegamento tra noi e i colleghi di Pittsburgh è un potente strumento di miglioramento continuo della qualità e efficienza del lavoro di ISMETT. Ci auguriamo che anche questi dati di Agenas vengano presi adeguatamente in considerazione in questa face di crescita dell’Istituto.”
ll Programma Nazionale Esiti esprime valutazioni comparative di efficacia, sicurezza, efficienza e qualità delle cure fornite dal servizio sanitario, utilizzando 146 indicatori (per questa edizione il numero di indicatori è salito, l’anno scorso erano 129), la fonte dei dati è rappresentata dai flussi informativi nazionali (Schede di dimissione ospedaliera – SDO aggiornate al 2014).

domenica 29 novembre 2015

Stella come il Sole divorata da un buco nero. - Enzo Vitale




Il fenomeno era già conosciuto, ma questa volta, la distruzione di una stella «divorata» da un buco nero, è stata anche osservata. E' accaduto che alcuni giorni fa un gruppo di ricercatori guidati dall'astrofisico Sjoert van Velzen della Johns Hopkins University, ha registrato con gli strumenti, il momento nel quale una piccola stella, più o meno delle dimensioni del nostro Sole, viene letteralmente divorata da un buco nero.

Il «mostro» in questione si trova al centro di una galassia situata a circa 300 milioni di anni luce da noi. L'evento ha poi dato origine alla formazione di un getto di materia che si è spostato a velocità prossima a quella della luce.
I risultati sono già stati riportati sulla rivista Science.

«Le nostre osservazioni hanno permesso di seguire la traiettoria della stella mentre si è spostata dalla sua orbita e che poi è stata catturata dalla gravità del buco nero supermassiccio», ha spiegato proprio van Velzen, aggiungendo che «Questi eventi sono estremamente rari».
«E’ la prima volta che assistiamo alle fasi principali che abbiamo potuto monitorare nel corso di diversi mesi, cioè dalla distruzione della stella alla formazione del getto relativistico».


http://www.ilmessaggero.it/tecnologia/scienza/spazio_stella_divorata_buco_nero-1389681.html

Si inclina un pilone anche sulla Palermo-Sciacca, interrotta la strada.

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Cedimento su un viadotto tra San Cipirello e San Giuseppe Jato, la Statale è stata chiusa dal chilometro 23 al 28.

I tecnici dell'Anas stanno verificando cosa sia successo. Le ipotesi sono che ci sia stato un cedimento strutturale della Statale nella zona del viadotto Traversa 2 o, come successo per il viadotto Himera sull'autostrada Palermo-Catania, che una frana abbia provocato l'inclinazione del pilone. Sono in corso verifiche strutturali per comprendere quanto grave sia il cedimento e se, come è successo nel viadotto Himera, vi siano altre parti del viadotto a rischio. Già a ottobre i carabinieri avevano segnalato un pericolo riguardante il pilone del viadotto Traversa 2: i tecnici dell'Anas nel corso di un sopralluogo avevano dichiarato che il tratto di strada era sicuro. Adesso, le piogge di questi giorni, come accertato nel corso di un sopralluogo dei carabinieri, hanno fatto sprofondare il terreno attorno al pilone, che si è inclinato. Si sono anche allargati i giunti di dilatazione; da qui la decisione di chiudere la strada.

Il viadotto Himera sulla Palermo-Catania è stato colpito dalla frana nello scorso aprile. I lavori di demolizione della campata sono in corso ma per la riapertura i tempi saranno ancora lunghi: il ponte a piloni verrà sostituito da una struttura in acciaio a campata unica. Nel frattempo sulla Palermo-Catania sono state aperte due strade di collegamento che aggirano il viadotto chiuso: una trazzera finanziata dai grillini dell'Ars, e una bretella realizzata dall'Anas.


http://palermo.repubblica.it/cronaca/2015/11/29/news/si_inclina_un_pilone_anche_sulla_palermo-sciacca_chiusa_la_strada-128410701/

Nefertiti, spazi segreti nella tomba di Tutankhamon.

 © AP


Ministro Antichità Egitto, "ne siamo certi al 90%".


"Le ricerche effettuate con l'uso di georadar nella tomba di Tutankhamon hanno dimostrato che dietro i muri nord e ovest si celano scoperte archeologiche, ne siamo sicuri al 90%". Lo ha detto, stando alla Mena, il ministro delle Antichità egiziano Mahmoud el Damantii a Luxor.
    L'egittologo britannico Nicholas Reeves ha aggiunto che svolgerà indagini per stabilire se la tomba di Tutankhamon contenga passaggi per una camera nascosta, tra cui forse la tomba della regina Nefertiti.


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sabato 28 novembre 2015

Fondazioni non bancarie, 6.220 enti che muovono 41 miliardi. In concorrenza con le associazioni di volontariato. - Ida Cappiello



La maggior parte sono piccole realtà territoriali che non fanno filantropia, cioè non finanziano progetti sociali, ma li gestiscono direttamente.

Tra le 2.700 fondazioni iscritte al cinque per mille 2015 c’è la Sa Sartiglia onlus di Oristano, costituita dal Comune sardo e da alcune associazioni di imprenditori locali, che ha per finalità l’organizzazione della Sartigliamanifestazione equestre molto amata dai cittadini che si svolge in città l’ultimo martedì di carnevale. Presieduta dal sindaco, l’ente ha un patrimonio di circa mezzo milione di euro e uno staff di dieci persone tra dipendenti e collaboratori a progetto. Ed è un esempio di che cosa sono le fondazioni italiane, la maggior parte almeno: piccole realtà territoriali che non fanno filantropia, cioè non finanziano progetti sociali, ma li gestiscono direttamente, “in concorrenza” con le associazioni di volontariatoLe grandi istituzioni filantropiche, tra cui quelle di origine bancaria, sono invece un’esigua minoranza.
Vediamo il settore dati alla mano. L’ultimo censimento disponibile, del 2011, fotografa le fondazioni come un settore in forte crescita: sono 6.220, circa il 2% di tutte le organizzazioni non profit. Nell’ultima rilevazione Istat del 2005 erano meno della metà. Quanti soldi muovono? Difficile stabilirlo in modo preciso. L’associazione di Bruxelles European Foundation Centre (Efc) ha stimato in 90 miliardi di euro il patrimonio totale delle fondazioni italiane, 49 miliardi dei quali fanno capo alle 88 ex bancarie. Dunque una patrimonializzazione piuttosto bassa, confermata da un’elaborazione dell’Istat per ilfattoquotidiano.it, secondo la quale il 70% delle fondazioni ha un patrimonio inferiore ai 500mila euro e solo il 5% supera i 5 milioni di euro.
tabella fondazioni non bancarie cappiello
Fonte: nono Censimento industria e servizi, Censimento delle istituzioni no profit profit.













Questa sottocapitalizzazione si spiega con il fatto che il 70% delle fondazioni italiane non sono erogative, cioè non finanziano progetti sociali, ma sono operative, svolgono quindi direttamente attività sociale, al pari delle associazioni di volontariato. “Moltissime fondazioni nate negli ultimi anni nascono dalla volontà di imprese o di famiglie abbienti di dar vita a un proprio progetto di cambiamento sociale donando parte della propria ricchezza”, spiega Carola Carazzone, segretario generale di Assifero, l’associazione nazionale degli enti di erogazione. “Questi soggetti vogliono essere coinvolti direttamente e non limitarsi a finanziare altri soggetti – aggiunge -. L’erogazione di contributi è fatta da altre realtà: solo il 13% degli enti filantropici sono fondazioni, il resto sono associazioni o comitati”.
Tornando ai dati Istat, uno sguardo ai campi di attività delle fondazioni riserva altre sorprese, nel senso che i settori più importanti sono l’istruzione e ricerca, con il 27% degli enti, e la culturasport e ricreazione con il 24%, mentre l’assistenza sociale ha solo il 19%. Moltissime scuole private, ad esempio, sono fondazioni. Centri di ricerca, museiteatri ed enti lirici sono diventati fondazioni per consentire l’ingresso di privati nella compagine sociale. Ma sono numerosi anche i circoli sportivi o ricreativi locali ad avere questa forma giuridica, spesso acquisita dopo alcuni anni di attività. Resta da capire il motivo di questa scelta, sicuramente molto più onerosa rispetto alla classica associazione di volontariato o di promozione sociale: creare una fondazione ha un costo considerevole, diverse decine di migliaia di euro, per avere un ordine di grandezza. E si tratta di un ente con personalità giuridica che richiede una struttura ben più complessa dell’associazione. Fatto sta che però le fondazioni non bancarie rappresentano oggi una parte minoritaria del terzo settore e la maggior parte sono troppo piccole per innescare cambiamenti sociali.

Lavoro, Poletti sogna il cottimo: “Penso a contratto non legato a ore ma ai risultati”.

Lavoro, Poletti sogna il cottimo: “Penso a contratto non legato a ore ma ai risultati”

Il ministro ha detto agli studenti della Luiss che "l’ora di lavoro è un attrezzo vecchio che non permette l’innovazione". Nuova picconata a quelli che secondo l'ex presidente Legacoop sono miti da sfatare. Giovedì aveva affermato che "la storia secondo cui c’è un posto dove si va a lavorare, la fabbrica, è finita".

“Dovremo immaginare un contratto di lavoro che non abbia come unico riferimento l’ora di lavoro ma la misura dell’apporto dell’opera. L’ora di lavoro è un attrezzo vecchio che non permette l’innovazione”. Dopo l’uscita sulla laurea (meglio finire l’università a 21 anni con 97 che tirarla in lungo per prendere 110 e lode) il ministro del Lavoro Giuliano Poletti è tornato alla carica per demolire quello che, a sua detta, è un altro vecchio mito da sfatare. Quello, cioè, che il lavoratore debba essere pagato in maniera proporzionale all’impegno in termini di tempo, straordinari compresi. Un capitolo chiuso, secondo il ministro. Che sembra favorevole a rispolverare il cottimo, cioè appunto la remunerazione sulla base del risultato. “Si tratta di un tema di cultura su cui dovremo lavorare. E pongo a voi il tema, che siete dei ricercatori”, ha detto Poletti agli studenti della Luiss durante un convegno sul Jobs act.
Giovedì del resto il ministro aveva anticipato una parte del ragionamento sui cambiamenti del mercato del lavoro, affermando che “la storia secondo cui c’è un posto dove si va a lavorare, la fabbrica, è finita. Il lavoro non si fa in un posto: il lavoro è un’attività umana, si fa in mille posti“. L’idea di avere un luogo di lavoro, dunque, per Poletti è superata. Così come, emerge oggi, l’orario.
Nel frattempo l’ex presidente Legacoop ha puntualizzato il suo pensiero di giovedì spiegando in una nota: “Le mie valutazioni erano riferite alla esigenza generale che la società italiana tutta, non i giovani, si chieda se il nostro modo di pensare la relazione tra l’organizzazione sociale, il sistema formativo, il lavoro e l’impresa sia adeguato ai nostri tempi e se offra ai nostri giovani le migliori opportunità per costruirsi un buon futuro. In questo contesto ho riportato, probabilmente in modo troppo crudo, le osservazioni che mi fanno quotidianamente sia le persone che si occupano di ricercare e selezionare le persone per le imprese del nostro Paese, sia molti giovani che fanno esperienze internazionali, secondo cui in Italia si esce mediamente più tardi dal sistema formativo e questo rappresenta una limitazione delle opportunità per i giovani. Tutto qui. Mi piacerebbe che anziché schierarsi, come spesso accade nel nostro Paese, tra partigiani del pro e del contro, si provasse a sviluppare un confronto utile a fare insieme un passo in avanti in direzione della modernizzazione del Paese e nell’interesse dei nostri giovani”.