domenica 26 giugno 2016

Brexit, Varoufakis: “È la rivolta dei deboli contro l’establishment. Anche l’Italia vicina al collasso”. - Roberta Zunini

Brexit, Varoufakis: “È la rivolta dei deboli contro l’establishment. Anche l’Italia vicina al collasso”

Per l’ex ministro delle Finanze della Grecia, che ha fatto campagna per Remain, "non bisogna distruggere ma cambiare l'Europa perché uniti si è più forti e si pesa di più. La sua ricetta? Per contrastare "Eurocrazia", populismi e razzismo la Ue "deve diventare una federazione".


“Sono preoccupato. La situazione mi pare ormai fuori controllo. I populismi e il razzismo stanno aumentando esponenzialmente mentre le maggiori economie dell’Unione, Italia per prima, stanno collassando, nonostante ciò che dice il vostro primo ministro Renzi”. L’economista Yanis Varoufakis, ex ministro delle Finanze greco oggi leader del movimento paneuropeo DiEm da lui fondato, nonché consulente dei laburisti inglesi da quando è segretario Jeremy Corbyn, è a Roma in questa giornata che passerà alla storia e ha scelto di commentare la Brexit con Il Fatto.
Lei conosce bene il Regno Unito, ha insegnato all’Università dell’Essex: come legge questo risultato?
È una reazione contro l’establishment britannico più che europeo. Il ceto medio e la classe lavoratrice sono andati a votare contro l’ormai ex premier Cameron perché sono i più danneggiati dal progressivo taglio dello stato sociale e dall’aumento delle tasse, in linea con i diktat di Bruxelles. Non hanno rigettato l’Europa ma le modalità dell’eurocrazia. Se le cose non cambiano, vedremo il trionfo dei nazionalismi. Per questo un populista come Donald Trump festeggia.
La sinistra non ha colpe?
Non ho detto questo. La sinistra inglese ha commesso errori madornali, ma Corbyn ha cercato di far capire ai più disagiati che i loro problemi non sono causati dall’appartenere all’Unione bensì dalla politica non democratica di Bruxelles. Non è un caso che i banchieri e la City tifassero per il Remain.
E allora perché Corbyn, lei e tutti gli intellettuali come Noam Chomsky, persino il regista portavoce della classe operaia Ken Loach, peraltro tutti firmatari del manifesto del suo movimento, eravate a favore del Remain? Non è una contraddizione?
Non lo è. Se nella sua famiglia ci fossero dei problemi, sarebbe un buon motivo perché ognuno dei suoi membri se ne andasse per i fatti propri? In questi mesi sono stato spesso nel Regno Unito a fare campagna a favore del Remain nelle zone più disagiate e ho faticato molto a convincere gli abitanti che non bisogna distruggere ma cambiare l’Europa perché uniti si è più forti e si pesa di più.
E perché dunque non è riuscito a convincerli?
Perché i conservatori come Cameron e tutti i responsabili della politica sciagurata che sta rovinando l’Unione – cioè la troika, la Bce, il Fmi – erano dalla nostra parte, cioè erano contrari all’uscita del Paese dall’Unione. Se Cameron fosse andato in vacanza per un anno, oggi il risultato sarebbe probabilmente l’opposto.
Il 5 luglio di un anno fa, quando lei era ancora il ministro delle Finanze, il referendum greco sull’Ue l’ha costretta alle dimissioni. Non sarebbe meglio evitare referendum su questioni così delicate?
No. Io sono a favore dei referendum. Le ragioni di chi lo ha voluto in Gran Bretagna erano sbagliate, noi invece l’avevamo indetto non per uscire dall’Europa, bensì per renderla più giusta e coesa. Chi voleva la nostra uscita dall’Eurozona era il ministro delle Finanze tedesco Schäuble. L’unico che ha un’agenda per l’Europa. Schäuble ha fatto di tutto per fomentare i britannici a lasciare l’Unione. Vuole creare una piccola Europa basata su una permanente austerity.
La Brexit aiuterà Podemos a vincere in Spagna?
Non necessariamente. Anche se Podemos propone un modello contro l’austerity non ha un’agenda europea. Così come non ce l’hanno i suoi avversari. Questo è il cuore del problema europeo.
Non gli immigrati?
Sono diventati il capro espiatorio della crisi europea, economica e politica.
Il Leave ha prevalso, ma dalle urne emerge una Gran Bretagna divisa in due.
Tutta l’Europa è polarizzata: tutti hanno capito che, pur vivendo in paesi democratici, i loro governi non decidono più nulla.
DiEM cosa propone?
Di fortificare l’Europa, facendola diventare una federazione e indebolendo l’establishment.

Ma a noi italiani non è concesso il diritto di decidere.
Hanno creato una poltiglia informe che ha debilitato economicamente i paese più deboli ai quali non è stato lanciato un canotto di salvataggio nei momenti più critici, vedi la Grecia; da quando è entrato in vigore l'euro noi italiani abbiamo visto dimezzato il potere d'acquisto del nostro denaro, siamo stati costretti a cedere la dignità di lavoratori perchè lo imponeva la UE...se questa è l'unione che vogliono che ce lo dicano e ci diano la possibilità di decidere se accettare o meno.

venerdì 24 giugno 2016

PIDDINI IN LUTTO. - Alceste


Fonte foto - http://gazzellanera.altervista.org/gli-orgasmi-dei-piddini-vengo-dopo-il-piddi/

Di una cosa sono debitore verso le elezioni di Roma: vedere i cari compagni del PD tutti in gramaglie, silenziosi e ideologicamente tumefatti, mi ha risollevato il morale.
Si campa anche di tali esili soddisfazioni.
Ieri sera, con cinico tempismo, mi sono recato in uno dei quartierini piu sciccosetti della Capitale Immorale (il diminutivo si attaglia perfettamente al piddino): una fetta di territorio che, tre anni prima, aveva regalato percentuali bulgare al partito Quisling italiano (l’unico Municipio in cui il rappresentante sinistro era stato eletto al primo turno). Più un paesello che un quartierino: si respira un’arietta bohemienne, di rilassata nullafacenza. È abitato in maggioranza da quella parte della sinistra che amo definire high casual (attori, funzionari RAI, giornalisti, operatori del sociale, ereditieri): un generone con rassicuranti conti bancari, proprietà e rendite di varia natura. Se la passano bene, senza sudare una stilla, e la loro way of life ostenta, come detto, una sobrietà (di vestimenti, di modi, di fattezze) che è anche un indelebile marchio antropologico: jeans, magliettine, scarpe piane, foulard, pagliacciate etniche. Quarantenni e cinquantenni, di modi gentili, pacati, pur se feroci nella loro sotterranea rivendicazione di classe che, alla fin fine, viene sempre fuori.
Anche i volti e i lineamenti (il fenotipo sinistro) si sono adeguati a tale way of life: i maschi recano barbette curate (nulla di troppo), parlano a bassa voce, non hanno mai fretta, sono discretamente mingherlini (la palestra è destropopulista), e dividono con le femmine le cure dei pargoli (il maschio solitario col passeggino è panorama frequente). Le femmine, pallide e magroline anch’esse, sono struccate, avendo in orrore l’esaltazione dei loro caratteri sessuali tramite tacchi a spillo, wonderbra, minigonne: tale sfacciata volgarità la lasciano, con un sorriso storto di gentile disprezzo, alle zoccole (leggi: quelle di destra, ovvero, sino a poco tempo fa, le berlusconiane d’ordinanza). Apparentemente dimesse, vantano un nocciolo duro di esaltato femminismo.
Il quartierino è ecumenico: accogliente verso il diverso, qualunque esso sia. 

Antirazzista.
Il quartierino, sempre lui, è infatti un porto di mare: americani, finlandesi, tedeschi, danesi, francesi, ne affollano le palazzine inizio Novecento assicurando un alto tasso di cosmopolitismo. Cosmopolitismo bianco, high class. Ma questo non sorprenda. Il sinistro, infatti, quando predica l’antirazzismo lo fa solo per dare del razzista a chi non la pensa come lui. Quando, dalla teoria, il sinistro viene precipitato nella prassi quotidiana ha comportamenti un tantino diversi. Non a caso nel quartierino non si vede un negro a pagarlo oro. Forse sì, qualcuno, ma come frutto esotico da gustare in solitario per soddisfare (e sfogare in pubblico) la propria traboccante generosità. Perché il sinistro, stampatevelo bene in testa, è buono, sommamente buono: siete voi i cattivi e lui ama ricordarvelo, sempre. Martin Luther King, Malcom X, Obama, Sidney Poitier … viva il negher … seppur con cautela. Viva il negher, ma quello bello, televisivo o cinematografico … il negher ordinario, invece, l’immigrato zozzo che non spiccica una parola, ragiona il piddaruolo, è tanto folcloristico, certo e lo aiutiamo … a parole … sì, abbasso il razzismo … maledetti negrieri, i barconi che affondano, i bimbi siriani, però a casa loro,  insomma, che adesso ho da andare dal parrucchiere, ho da stilare una tesi, devo tradurre le poesie di Parva Suleimani, femminista del Bangladesh … e, da ultimo, mi tocca controllare la lettiera del gatto che, da un po’ di tempo in qua, ha il colon irritabile, povera bestia … e comunque abbasso Salvini!
Questa sequela di pensieri, apparentemente lambiccata, attraversa il cervello dei sinistri in pochi microsecondi … è la sua natura vera, inconfessata …

Antirazzista 2.
Conoscevo una tipa del quartierino che impartiva lezioni di lingua italiana a un’eritrea (o era un’etiope?). L’eritrea si alzava presto dal suo lettuccio alla periferia di Roma (una casa famiglia gestita da una coop, ça va sans dire), e, assieme al ragazzino, si recava faticosamente a questi convegni settimanali … la poverina non ci capiva un’acca di condizionali e gerundi, ma la sinistrata, in quei sessanta minuti, oltre a rinvigorire il proprio Ego e percepire un adeguato guiderdone, colmava voluttuosa il proprio aspersorio spirituale di rinnovato amore, empatia e brama d’accoglienza – aspersorio con cui, in seguito, avrebbe esorcizzato, come un Padre Merrin del politically correct, i reprobi e i malvagi (come me).
Infatti, terminata l’oretta didattico-boldriniana, l’eritrea riprendeva i suoi cenci e si dileguava nei decentrati e luridissimi suburbi romani, laddove è pianto e stridor di denti; e dove eritrei, calmucchi,  romeni e andini si contendono, a fine giornata, i pochi, sgangherati autobus con i razzisti (come me). I compagni, invece, assolto il dovere, si fanno l’happy hour fianco a fianco con la sorella dell’ambasciatore del Liechtenstein.
Un vero esercizio di doppia verità!
Hypocrite gauchiste - mon dissemblable – mon ennemi!
Ed è lo stesso in altri campi.

L’intellettuale.
Questa figura così sinistra … l’Italia non produce nulla di rilevante da quarant’anni eppure non è mai stata tanto ricca di maestri del pensiero. L’enclave bene di cui stiamo discorrendo rappresenta le Galapagos del genio sinistro: vi si incontra l’Intellettuale Postmoderno Cosmopolita della Sinistra Capitalista: allo stato puro; nella sua purezza platonica, verrebbe da dire; eccolo accanto a voi, come una tartaruga verde, un pinguino o un’iguana marina. Potete quasi toccarlo, è un figlio del popolo … discorre, ciancia, profetizza … anzi no, non potete toccarlo, è permaloso … seppur vanesio. Anche qui doppia morale: il sinistro gode di tale eletta posizione (egli legge libri! mica è un leghista, un populista, un berlusconiano!) che lo rende superiore: egli è vero democratico, vero impegnato, vero europeo, vero cittadino del mondo … ma anche qui, grattata la porporina dell’engagement, rimane poco … in tutto il quartiere, infatti, non c’è una biblioteca, una libreria, un centro culturale … solo un teatro con una programmazione di sfiancante idiozia politicamente corretta … come sopra: si predica bene e si razzola male. La forza intellettuale di questo crogiolo di geniacci ha il suo apice creativo nella celebrazione di Pasolini, che abitò nel quartiere negli anni Cinquanta e Sessanta … una celebrazione superficiale, pappagallesca, rituale, derivativa … la solita tiritera parecchio restia a entrare nel merito per timore di scoprire la propria falsa coscienza, o la coscienza che Pasolini, negli ultimi anni di vita, era il contrario di ciò che loro sono adesso: un populista sfrenato, disperatamente retrivo e conservatore … uno che se uscisse dalla tomba li prenderebbe a calci nei denti.
E però il sinistro si dà arie, va in TV, occupa posizioni culturali chiave, case editoriali, giornali, centri di italianistica, università, licei … tutto ciò che produce però è aria fritta, le sue menate hanno successo poiché operano in regime di monopolio, la rilevanza delle sue sparate a salve è pari a zero, i risultati delle sue velleitarie e vetuste battaglie culturali sottozero … eppure parla, parla, parla … mentre si ingozza di tartine e spritz esternando la sua desolazione per la fresca sconfitta … Roma è finita, dicono … i cavalli dei barbari si abbeverano alle fontanelle del quartiere … in realtà ciò di cui hanno paura è che si interrompano i comodi finanziamenti pubblici per le loro iniziative da quattro soldi, le liberatorie per spettacoli e spettacolini, i bandi col trucco … alla fine sono i danari di Pantalone l’oggetto segreto delle angosce … sono gli euro il cruccio, altro che la cultura … il che è intollerabile per questi Èmile Zola della mutua, questi Che Guevara con la paghetta e domestiche del libero pensiero.
Da questo punto di vista sono più attivi, e onesti, quelli di Casapound, che amano il duce e si satollano per qualche iniziativa teppistico-futurista.

L’antifascista.
Le lezioni non sono mai elezioni per il sinistro. Sono ordalie, giudizi divini. Loro, così democratici, fanno una fatica boia ad accettare qualsiasi altro risultato che non sia la continuazione della loro mediocrità … e questo avviene perché sono diversi: democratici … e non democratici qualunque, ma democratici di un impasto democratico vero, originario e autentico … in una parola: sono antifascisti. E chi rema contro è, con logica stringente, fascista. Col corollario che tale appellativo si porta appresso in tale epoca ordonovista: nazista, omofobo, razzista, incompetente, maschilista, sciovinista, terrorista …
Basta leggere la pagina facebook della presidentessa piddina del quartierino, fresca trombata: una bella citazione di Antonio Gramsci:
Il fascismo si è presentato come l’anti-partito, ha aperto le porte a tutti i candidati, ha dato modo a una moltitudine incomposta di coprire con una vernice di idealità politiche vaghe e nebulose lo straripare selvaggio delle passioni, degli odi, dei desideri. Il fascismo è divenuto così un fatto di costume, si è identificato con la psicologia antisociale di alcuni strati del popolo italiano”.E sotto, in esergo, a rincarare la dose, ecco il commento personale:
fa paura la storia quando minaccia di ripetersi“.
Ci sarebbe da ridere, se non ci fosse da piangere: salse lacrime. L’antifascismo senza fascisti è una specialità della casa piddina (e della sinistra europea), una forzatura portata sistematicamente oltre l’orizzonte del ridicolo più estremo … la citazione (incompleta) di Gramsci è solo un automatico e stizzito “Noli me tangere” … una lampante dimostrazione di puerilità e strafottenza … il che ci porta in carrozza alle considerazioni conclusive del nostro breve reportage post elettorale:
Cos’é un piddino?
La domanda mi assilla da tempo. Sono arrivato a diverse conclusioni, tutte provvisorie … ma che vantano, gradatamente, una sempre più soddisfacente forza di comprensione concettuale … ecco l’ultima formulazione:
Il piddino è lo stadio ultimo della degenerazione antropologica del socialista storico“.
I tratti forti del socialista (non necessariamente di sinistra: autodeterminazione, libertà dall’oppressione materiale, uguaglianza di fronte allo Stato, fraternità mondiale, pane e rose) hanno subìto un progressivo stravolgimento culminato con la trasvalutazione sessantottina: ai predetti valori si sostituirono, infatti, la libertà sfrenata, l’amoralismo godereccio, il circo, la goliardia, le rivendicazioni da debosciati.
La caduta del blocco sovietico favorì una ulteriore decadenza dai tratti primigenî, oggi irriconoscibili, tanto si sono deformati e rimpiccioliti. Da diritto universale a farsa ci son voluti cinquant’anni, o poco più. Per tale motivo il piddino è psicotico: si sdoppia continuamente. Da un lato crede, a volte in buona fede (ma sempre con arroganza incrollabile), di recare la libertà e la verità metafisica dei diritti civili (eredità sessantottina, socialismo già degenerato); dall’altro, placata in tal modo la coscienza, difende il proprio particolare suggendo la mammella del clientelismo più feroce (eredità della Bolognina, partito Quisling degli affari et cetera).
A volte i due piani, almeno negli individui più smaliziati, come si è visto, convivono in delittuosa simbiosi: mi faccio gli affari miei (la mia carriera, le mie ambizioni, la mia vita da artista, da giornalista, da maggiordomo ideologico) dietro lo schermo dei diritti: non è un caso che, proprio a Roma, rifugiati e immigrati, vittime di stalking, associazioni antiomofobia, coop sociali, case famiglia, fossero la carta argentata che celava un assistenzialismo da tangentari, in una grottesca e allucinante parodia dei valori fondanti del socialismo d’antan.
Oggi il piddino medio è in lutto. I fascisti attentano alla sua virtù democratica (nonché al portafoglio). Persino Il Re Sòla, garante del sòla dell’avvenire del Partito della Nazione, ha ammesso una qualche difficoltà … capita ai traditori … e ai fessi … e a tutte e due le categorie … ma voglio rassicurare i sinistrati: passata la buriana si riprenderà come sempre … non scoraggiatevi per qualche temporaneo rovescio … il futuro è più radioso di quanto non sembri … ammesso che un futuro per l’Italia esista e non l’abbiano già cartolarizzato per mettere insieme la paga di Giuda.

giovedì 23 giugno 2016

Scoperto un pianeta 'neonato'.

Rappresentazione artistica del baby pianeta K2-33b contro il disco della sua stella (fonte: NASA/JPL-Caltech)Rappresentazione artistica del baby pianeta K2-33b contro il disco della sua stella (fonte: NASA/JPL-Caltech)


Ha appena 5 milioni di anni e somiglia a Nettuno


Scoperto un pianeta 'neonato', si trova attorno a una stella lontana 500 anni luce, si chiama K2-33b e somiglia al nostro Nettuno, ma si è formato appena 5 o 10 milioni di anni fa. A studiare in dettaglio il baby pianeta è stato il gruppo dell'Istituto di Tecnologia della California (Caltech) coordinato da Trevor David. La ricerca, pubblicata sulla rivista Nature, potrebbe chiarire molti dettagli sul processo di formazione dei pianeti.

Scoperto grazie al telescopio spaziale Kepler, il 'cacciatore' di pianeti della Nasa,il pianeta K2-33b può essere considerato un neonato rispetto alla Terra, che ha oltre 4,5 miliardi di anni. Con i suoi 5, o al massimo 10, milioni di anni di vita, K2-33b è il più giovane pianeta mai scoperto. "Così come possiamo capire in modo più facile come si sviluppa un corpo umano - ha spiegato Sasha Hinkley, dell'università di Exeter e fra egli autori del lavoro - se abbiamo la possibilità di studiarlo sin da quando è un bambino, dall'infanzia alla vita adulta, allo stesso modo la nostra comprensione dei pianeti potrà migliorare solo imparando di più durante le prime fasi della loro esistenza". 

Quello che è emerso dai dati è che K2-33b si trova molto vicino alla sua stella, impiega appena 5 giorni per completare un intero 'anno' e che le sue dimensioni sono all'incirca una volta e mezza il nostro Nettuno. Le osservazioni potrebbero portare molti altri dati interessanti, ad esempio farci capire se i pianeti, in particolare quelli gassosi, siano capaci di migrare verso orbite differenti da quelle su cui nascono andando così a trasformare il sistema solare appena formatosi.


http://www.ansa.it/scienza/notizie/rubriche/spazioastro/2016/06/20/scoperto-un-pianeta-neonato-_b0163645-4b4a-481b-a7d7-9f21057e81f4.html

domenica 19 giugno 2016

Lo studio, i traumi si ereditano. Da genitori a figli e nipoti, fino alla terza generazione.

Lo studio, i traumi si ereditano. Da genitori a figli e nipoti, fino alla terza generazione

I ricercatori del Brain Research Institute dell'Università di Zurigo sono riusciti a identificare piccole frazioni di materiale genetico chiamato microRna. Si tratta di brevi sequenze, veicoli con cui vengono trasmesse le istruzioni per costruire le proteine ma conservano anche la memoria di eventi traumatici.

ROMA - Lasciano cicatrici indelebili, segni che si tramandano per generazioni. I traumi possono essere ereditari, le paure passare da padre in figlio. E segnare vite. Queste trasmissioni genetiche sono state studiate sui topi ma probabilmente hanno effetto anche sull'uomo. 

Il processo per il quale i traumi possono essere tramandati fino alla terza generazione. Il segreto di questa ereditarietà si nasconde nei microRna, molecole genetiche che regolano il funzionamento di cellule, organi e tessuti. Il trauma altera questi 'registi molecolari', e il difetto viene passato alla progenie attraverso i gameti. A svelare un meccanismo finora misterioso è uno studio dell'università di Zurigo, pubblicato su 'Nature Neuroscience'.

Coordinati da Isabelle Mansuy, i ricercatori del Brain Research Institute sono riusciti a identificare alcuni componenti chiave di questo processo, piccole frazioni di materiale genetico chiamato microRna. Si tratta di brevi sequenze, i veicoli con cui vengono trasmesse le istruzioni per costruire le proteine ma conservano anche la memoria di eventi traumatici. "Ci sono malattie come il disordine bipolare che si tramandano in famiglia nonostante non siano riconducibili a un particolare gene", ricorda Mansuy, docente all'Istituto federale di tecnologia (Eth) e dell'ateneo di Zurigo. 


Per identificare il meccanismo sono stati messi a confronto topi adulti che erano stati esposti a condizioni traumatiche nei primi anni di vita con altri topi, non traumatizzati. I ricercatori hanno studiato il numero e il tipo di microRna nei roditori traumatizzati e hanno scoperto che lo stress traumatico altera per eccesso o per difetto la quantità di numerosi microRna nel sangue, nel cervello e nel liquido spermatico. Modificazioni che influenzano il funzionamento delle cellule regolate da queste mini-molecole.

Gli studiosi hanno osservato che i topi traumatizzati modificavano il loro comportamento. Per esempio perdevano la naturale avversione agli spazi aperti e alla luce, e mostravano segni di depressione. Caratteristiche che tramite lo sperma venivano trasferite alla prole, anche se gli esemplari della progenie non subivano stress o traumi. Anche il metabolismo dei cuccioli di topo stressato cambiava: i livelli di insulina e di zuccheri nel sangue, ad esempio, erano inferiori rispetto a quelli dei topolini nati da genitori non traumatizzati.

"Siamo stati in grado di dimostrare per la prima volta - riassume Mansuy - che le esperienze traumatiche influenzano il metabolismo a lungo termine, che i cambiamenti indotti sono ereditari" e che gli effetti del trauma ereditato sul metabolismo e i comportamenti psicologici persistono fino alla terza generazione. "Lo squilibrio dei microRna nello sperma si è dimostrato un fattore chiave per il passaggio degli effetti del trauma da genitore a figlio".

Anche se molte questioni restano aperte e dovranno essere chiarite in studi successivi, puntualizzano gli autori, la conclusione è che "i condizionamenti ambientali lasciano tracce nel cervello, negli organi e nei gameti, e attraverso i gameti queste tracce vengono trasmesse alla generazione successiva". L'èquipe zurighese sta cercando adesso di verificare se anche nell'uomo i 'colpevoli' siano i microRna.


http://www.repubblica.it/scienze/2014/04/13/news/genitori-traumi_figli-83509020/