martedì 29 maggio 2018

Il mio voto conta.

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L’irresistibile ascesa dei rampolli Mattarella. Figlio e nipote, tra poltrone al top e salottini che contano. - Stefano Sansonetti

30 gennaio 2015
La famiglia, si sa, è importante. In questo caso non soltanto per una ragione di legami affettivi, ma anche per la rilevanza dei ruoli professionali ricoperti nella vita di tutti i giorni. All’interno della famiglia di Sergio Mattarella sembrano esserne più che consapevoli. Nella cerchia che ruota intorno al giudice costituzionale ed ex ministro Dc, ora impegnato nella difficile corsa al Colle, sono almeno due i discendenti celebri. A cominciare da uno dei 3 figli, Bernardo Giorgio Mattarella, che tra le tante poltrone occupa anche quella di capo dell’ufficio legislativo del ministro per la semplificazione, Marianna Madia. In più, al suo attivo, ha un fitta rete di contatti. Poi c’è il quasi omonimo Bernardo Mattarella, cugino del primo e nipote di Sergio, con all’attivo un incarico di capo della divisione finanza e impresa di Invitalia, società pubblica controllata al 100% dal ministero dell’economia.
LE POSIZIONI
A fare più effetto, però, è la fila indiana di incarichi inanellati nel tempo da Bernardo Giorgio, come detto figlio del candidato presidente della repubblica. Attualmente fa parte dello staff della Madia in qualità di capo dell’ufficio legislativo con un emolumento di 125.010 euro, di cui 75.600 come trattamento economico fondamentale e 49.410 come indennità di diretta collaborazione. Corposo il suo curriculum accademico, se si considera che è ordinario di diritto amministrativo all’università di Siena (in aspettativa) e professore della stessa materia alla Luiss. I suoi contatti con l’ateneo confindustriale sono certificati anche dal fatto che è direttore del master in management e politiche delle Pubbliche amministrazioni, organizzato dalla stessa università. Fitto il suo network di contatti istituzionali, dal momento che il figlio di Mattarella fa parte di Astrid, il think tank guidato dal presidente della Cassa Depositi e Prestiti, Franco Bassanini, con dentro ex giudici costituzionali come Giovanni Maria Flick,Valerio Onida ed Enzo Cheli. E proprio Cheli introdusse all’epoca un giovanissimo Bernardo Giorgio nel palazzo della Consulta, dal momento che nel 1996 lo reclutò nella veste di assistente. Lo stesso ruolo che l’illustre rampollo ha avuto con altri giudici costituzionali come Guido Neppi Modona (1997) e Sabino Cassese (2007-2009).
GLI ALTRI CONTATTI
In Astrid, peraltro, siede anche Giulio Napolitano, figlio dell’ex capo dello Stato. E il destino dei due famosi figli si incrocia pure all’interno dell’Irpa, di cui entrambi sono soci. Si tratta dell’Istituto di ricerche sulla pubblica amministrazione fondato nel 2004 dallo stesso Cassese. Tra le altre cose il figlio di Mattarella è stato dal 2008 al 2013 docente alla Scuola nazionale dell’amministrazione, un ente dove spesso e volentieri trovano una sistemazione “dorata” grand commis di Stato. Ed è stato consulente della Civit, all’epoca inutile Authority di valutazione della Pubblica amministrazione successivamente trasformata nell’attuale Autorità anticorruzione. Poi c’è il Bernardo Mattarella nipote. Il suo nome assurse agli onori della cronaca nel 2008, quando l’allora Sviluppo Italia (oggi Invitalia), allora come ora guidata da Domenico Arcuri, lo imbarcò come consulente, per poi promuoverlo a dirigente. Al punto che oggi il medesimo Bernardo Mattarella è il capo della divisione finanza della società pubblica.
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Popolo, democrazia, queste parole ormai svuotate, desuete, private di ogni fascino.

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Noi siamo il popolo, quello sovrano, lo sancisce la Costituzione nel primo articolo che recita: "L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione." "La democrazia (dal greco antico: δῆμος, démos, "popolo" e κράτος, krátos, "potere") etimologicamente significa "governo del popolo", ovvero sistema di governo in cui la sovranità è esercitata, o indirettamente, dal popolo, generalmente identificato con l'insieme dei cittadini che ricorrono ad una votazione." (wikipedia) Ciò che è successo in questi giorni in Italia è estremamente grave perché poche persone si sono arrogate il diritto di decidere, in base a chissà quali criteri, ciò che ritengono sia necessario fare per il popolo che dovrebbe essere, invece, sovrano e, quindi, decidere da chi essere governato, come essere governato e che cosa ritiene sia necessario che venga messo in pratica per la propria sopravvivenza. Chi governa, in altri termini, dovrebbe tradurre in realtà ciò che il popolo vuole. Ma in Italia, da un po' di tempo a questa parte, la parola democrazia viene liberamente interpretata e trasformata in una forma poco soft di "governo oligarchico, tecnocratico", sono in pochi, infatti, a decidere, a torto o a ragione, che cosa sia giusto fare, caricando, oltretutto, sulle spalle del popolo tutti gli oneri derivati dalla loro libera interpretazione sfociata in errori macroscopici dagli effetti devastanti. Stare o meno in Europa, in ogni caso, è una decisione che avremmo dovuto prendere noi, ma l'hanno presa loro; uscire o restare in Europa è una decisione che dovremmo prendere noi, è un nostro diritto sancito dalla Costituzione che ci definisce popolo sovrano. Ma una piccola parte delle Istituzioni, pressata da chissà chi o che cosa, ha deciso, con arroganza inaudita, che non è una nostra prerogativa scegliere un ministro a noi gradito perché di parere opposto a quello degli oligarchi di turno, ed ha invalidato il nostro sacrosanto diritto esercitato legalmente alle urne. Quello che è successo in questi giorni è gravissimo, inammissibile ed inaccettabile. Ieri ci hanno espropriato del nostro unico potere, hanno reso nullo l'ultimo diritto rimastoci: quello del voto alle urne. By Cetta

Governo, Di Maio-Salvini: “Realizziamo contratto in Parlamento”. Leader Lega: “Al voto con Forza Italia? Ci ragionerò”


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Se l'esecutivo guidato da Carlo Cottarelli nasce con quasi nessuna possibilità di ottenere la fiducia alla Camera e al Senato, i leader del Carroccio e dei 5 stelle hanno spiegato di voler trasformare in proposte di legge il programma siglato nei giorni scorsi: "Via alle commissioni. Finché non si va al voto c'è un’unica maggioranza", hanno detto dopo essersi incontrati. Dopo l'aut aut del numero uno del Carroccio, Berlusconi fa sapere che non voterà la fiducia a Cottarelli.

Prima si sono incontrati nel day after dello stop al governo M5s -Lega per decidere che l’alleanza tra le due forze politiche continuerà in Parlamento. Poi sono andati a sedersi sulla poltrona di Barbara D’Urso a pochi minuti l’uno d’altro. Se l’esecutivo guidato da Carlo Cottarelli nasce con quasi nessuna possibilità di ottenere la fiducia alla Camera e al SenatoLuigi Di Maio e Matteo Salvini hanno spiegato di voler trasformare in proposte di legge il contratto siglato nei giorni scorsi. Nessuno dei due esclude a priori un’alleanza in vista delle prossime elezioni, ma anzi il leader della Lega non conferma l’ipotesi di presentarsi in campagna elettorale in coalizione con Forza Italia: “Mi hanno insultato. Ci ragionerò“, dice.
Di Maio e Salvini: “Via a commissioni con contratto di governo” – Il primo a parlare, dopo il summit è invece Di Maio e lo per attaccare “Mattarella che al governo ha deciso di mettere dei tecnici che non hanno mai preso un voto, guidati da Carlo Cottarelli, con la sicurezza che non avranno nessuna maggioranza in Parlamento. Quindi avremo un governo non solo non votato dal popolo, ma nemmeno dal Parlamento: un vergognoso unicum nella storia della Repubblica”, ha detto il capo politico del leader del M5s. “Lavoriamo per far partire le commissioni parlamentari e iniziare a realizzare il contratto di governo dal Parlamento. Finché non si va al voto il Parlamento ha un’unica maggioranza, M5S-Lega, e un contratto di governo da realizzare. Chi sarà la maggioranza e chi l’opposizione? Ci divertiremo, perché visto che si sta stravolgendo l’assetto istituzionale quelli responsabili saremo noi”, ha aggiunto Di Maio. “È stato un incontro produttivo e costruttivo per trasformare in fatti il contratto di governo tramite le commissioni parlamentari. Quello che non può fare il governo perché nasce zoppo proveremmo a realizzarlo tramite il Parlamento”, conferma Salvini alla fine del vertice. Per domani è dunque previsto l’incontro tra i capigruppo di Lega e M5s che concorderanno come fare partire le commissioni parlamentari.
Alleanza M5s-Lega a elezioni? “Prematuro” – Quella che si delineerà sarà quindi una situazione abbastanza inedita: da una parte un nuovo esecutivo nato già sfiduciato, dall’altra una maggioranza parlamentare che lavorerà a un programma di riforme. Tutto questo in attesa di tornare alle urne. “Chiediamo di andare al voto il prima possibile“. Anche ad agosto? “Prima possibile”, dice Di Maio che non esclude un’eventuale alleanza con il Carroccio: “È prematuro parlarne, adesso ci stiamo occupando di far partire le commissioni”, spiega il capo del M5s. Non smentisce un’ipotesi simile neanche Salvini: “Non so, so che per tre settimane abbiamo lavorato seriamente ora vediamo di trasformare il contratto in due, dieci progetti di legge”.
Salvini: “Insultato da Fi. Coalizione? Ci ragionerò” – E a proposito di alleanze, lo stesso Salvini – intervistato a Pomeriggio 5 da Barbara D’Urso – è tornato a lamentarsi dell’atteggiamento di Forza Italia. “Ho letto che sono brutto, traditore, irresponsabile, razzista, e lo dicevano non da sinistra, ma i miei alleati. C’erano Tizio, Caio e Sempronio di Forza Italia che vomitavano insulti”, ha detto il leader della Lega, spiegando che sul futuro della coalizione di centrodestra “ci ragionerò”. Per la verità, in un primo momento Salvini aveva subordinato l’alleanza con Forza Italia all’eventuale fiducia votata dal partito di Berlusconi a Cottarelli. E proprio oggi l’ex cavaliere è intervenuto per annunciare che il suo partito non sosterrà il nuovo presidente del consiglio.
Di Maio: “Berlusconi buttato già dallo spread” – E riferendosi all’ultimo esecutivo di Silvio Berlusconi, invece, Di Maio – ospite poco prima di Salvini sempre di Pomeriggio 5 – ha detto: “È stato l’ultimo governo votato in Italia ed è stato butato giù dallo spread. Ora hanno usato la stessa scusa e lo spread sale ancora“. Durante la sua comparsata televisiva, poi, il capo politico del M5s ha raccontato di aver fatto al Quirinale “nomi alternativi a Paolo Savona, come Alberto Bagnai o Armando Siri, nomi della Lega peraltro, ma non andavamo bene perché nel loro passato avevano espresso posizioni critiche sull’Ue e mi è stato detto che per questo le agenzie di rating o la Germania non le gradisce”. Circostanza smentita ufficialmente dall’ufficio stampa della presidenza della Repubblica e non confermata nemmeno da Salvini: ” Non lo so, non c’ero, non ero nella stanza con Di Maio e Mattarella”. Il capo politico del M5s, però, conferma di aver fatto quei due nomi al Colle per “uscire dall’impasse sulla nomina del ministro dell’Economia del governo”.
Di Maio: “Se Lega c’è, avanti con impeachment” – Poi Di Maio è tornato a parlare di impeachment che dal suo punto di vista andrebbe esteso anche ai consiglieri del Qurinale, colpevoli di aver diffuso la notizia che Paolo Savona fosse favorevole all’uscita dall’euro. “Più che il Presidente andrebbero messi in stato di accusa i suoi consiglieri. Non credeteci. Sono balle. Un’altra bufala è quella per cui Mattarella ha tutto il diritto di scegliersi il ministro dell’Economia. Ma quando mai? Ma dove sta scritto? Quando dei ministri sono stati rifiutati c’erano dei motivi oggettivi. Gratteri era un magistrato in funzione, Previti era l’avvocato di Berlusconi (non si può trattare la cosa pubblica come un affare privato), Maroni non andò alla Giustizia perché aveva dei problemi giudiziari. Ma Savona che ha fatto? Ha scritto un libro? Esistono reati di opinione in Italia”, attacca Di Maio, prima di rilanciare la proposta di mettere in stato d’accusa il capo dello Stato. “Il governo del cambiamento era pronto ed è stata un atto ignobile non aver consentito che partisse. Siamo convinti ad andare avanti con l’impeachment, obbligheremo il Parlamento a discutere di quanto successo ma soprattutto faremo in modo che alle prossime elezioni non ci sia lo stesso Presidente“, ha detto il leader del M5s. “Se la Lega non fa passi indietro – ha aggiunto – qui parliamo di una certezza assoluta. Non facciamo questa cosa a cuor leggero ero un estimatore di Mattarella ma la scelta di ieri è stata incomprensibile”. Il numero uno del Carroccio, interpellato sul tema, usa invece toni molto più morbidi. Prima ha detto semplicemente: “Devo studiare“.  Poi, dalla D’Urso, ha spiegato: “Io faccio una cosa se ne sono convinto. Non è una guerra Salvini-Mattarella. Dico solo che il presidente della Repubblica si è preso una grossa responsabilità”.

lunedì 28 maggio 2018

Bannon: 'Italia non sovrana, disgustoso'

Bannon: 'Italia non sovrana, disgustoso'


(ANSA) - ROMA, 28 MAG - Quanto successo in Italia a livello politico nelle ultime 48 ore è "disgustoso" ma anche "fascista e antidemocratico": è l'opinione dell'ex stratega di Donald Trump Steve Bannon, intervenuto a un incontro a Roma. "Poteri, capitali e media stranieri hanno preso la sovranità dell'Italia", sostiene Bannon, che punta il dito contro "il partito globalista di Davos". Quanto al premier incaricato Cottarelli, secondo Bannon si tratta di "un altro tecnocrate dal Fmi".

https://www.msn.com/it-it/notizie/mondo/bannon-italia-non-sovrana-disgustoso/ar-AAxVzob?li=BBqfUd8

Il comunicato di Paolo Savona: «Voglio un’Europa diversa, più forte ma più equa»



Il testo integrale della lettera del professore candidato ministro dell’Economia.

Il professor Paolo Savona, indicato come ministro dell’economia del nuovo governo Lega-M5S ma sulla cui nomina si è acceso uno scontro con il Quirinale, ha diffuso una nota in cui chiarisce le sue posizioni. Il documento è comparso sul sito scenarieconomici.it. Eccone il testo integrale.

«Non sono mai intervenuto in questi giorni nella scomposta polemica che si è svolta sulle mie idee in materia di Unione Europea e, in particolare, sul tema dell’euro, perché chiaramente espresse nelle mie memorie consegnate all’Editore il 31 dicembre 2017, circolate a stampa in questi giorni, in particolare alle pagine 126-127. Per il rispetto che porto alle Istituzioni, sento il dovere di riassumerle brevemente:

– Creare una scuola europea di ogni ordine e grado per pervenire a una cultura comune che consenta l’affermarsi di consenso alla nascita di un’unione politica.
– Assegnare alla BCE le funzioni svolte dalle principali banche centrali del mondo per perseguire il duplice obiettivo della stabilità monetaria e della crescita reale.
– Attribuire al Parlamento europeo poteri legislativi sulle materie che non possono essere governate con pari efficacia a livello nazionale.
– Conferire alla Commissione Europea il potere di iniziativa legislativa sulle materie di cui all’art. 3 del Trattato di Lisbona.
– Nella fase di attuazione, prima del suo scioglimento, assegnare al Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo compiti di vigilanza sulle istituzioni europee per garantire il rispetto degli obiettivi e l’uso dei poteri stabiliti dai nuovi accordi.

Per quanto riguarda la trasposizione di questi miei convincimenti nel programma di Governo non posso che riferirmi al contenuto del paragrafo 29, pagine 53-55, del Contratto stipulato tra la Lega e il M5S, nel quale vengono specificati gli intenti che verranno perseguiti dal Governo che si va costituendo “alla luce delle problematicità emerse negli ultimi anni“; queste inducono a chiedere all’Unione Europea “la piena attuazione degli obiettivi stabiliti nel 1992 con il Trattato di Maastricht, confermati nel 2007 con il Trattato di Lisbona, individuando gli strumenti da attivare per ciascun obiettivo” che nel testo che segue vengono specificati.

Anche per le preoccupazioni espresse nel dibattito sul debito pubblico e il deficit il riferimento d’obbligo è il paragrafo 8 di pagina 17 del Contratto in cui è chiaramente detto che “L’azione del Governo sarà mirata a un programma di riduzione del debito pubblico non già per mezzo di interventi basati su tasse e austerità – politiche che si sono rivelate errate ad ottenere tale obiettivo – bensì per il tramite della crescita del PIL, da ottenersi con un rilancio della domanda interna dal lato degli investimenti ad alto moltiplicatore e politiche di sostegno del potere di acquisto delle famiglie, sia della domanda estera, creando condizioni favorevoli alle esportazioni.”

Spero di aver contribuito a chiarire quali sono le mie posizioni sul tema dibattuto e quelle del Governo che si va costituendo interpretando correttamente la volontà del Paese. Sintetizzo dicendo: Voglio un Europa diversa, più forte, ma più equa».

venerdì 25 maggio 2018

“Berlusconi ha dato 3 milioni alla moglie di Dell’Utri durante la detenzione”. La Finanza segnala versamenti ‘anomali’.

Dell'Utri con Berlusconi

Tra il novembre 2016 e il febbraio 2017, mentre il fondatore di Forza Italia era già rinchiuso nel carcere di Parma, Berlusconi ha "donato" oltre 3 milioni in pochi mesi ai familiari dell'ex senatore. La segnalazione arrivata da Bankitalia e analizzata dai finanzieri - scrive La Stampa - ha prodotto una "relazione tecnica" inviata alla procura di Milano.


Silvio Berlusconi ha “donato” oltre 3 milioni di euro alla famiglia di Marcello Dell’Utri tra il novembre 2016 e il febbraio 2017, mentre il fondatore di Forza Italia ed ex senatore era già rinchiuso nel carcere di Parma per scontare la condanna a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa“Prestiti infruttiferi”, è scritto nella causale dei versamenti analizzati dall’Ufficio informazioni finanziarie di Bankitalia e dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza che hanno segnalato “l’operatività sospetta” alla procura di Milano.
“L’anomala operatività registrata su tre conti correnti intestati a Ratti Miranda Anna“, la moglie dell’amico ed ex socio di Berlusconi, scrive La Stampa, è finita nel mirino degli investigatori durante un fascicolo aperto a carico di Dell’Utri per bancarotta, senza che quel filone portasse a iscrizioni nel registro degli indagati per i pagamenti ora nuovamente nel mirino degli inquirenti. Tre milioni e 328mila euro, a tanto ammontano, solo per il periodo in esame, le “donazioni” fatte dall’ex cavaliere alla moglie e ai tre figli del fondatore di Forza Italia. Solo il 9 dicembre 2016, la moglie di Dell’Utri ha ricevuto due bonifici da “150mila e 100mila euro”provenienti da conti di Berlusconi, che nelle scorse settimane ha “rotto” il protocollo istituzionale durante le consultazioni al Quirinale per parlare a Sergio Mattarella delle condizioni di salute del suo amico.
Quella somma, nel giro di pochi giorni, è finita sui conti di uno degli avvocati dell’ex senatore con causale “spese legali”. Nella relazione firmata dall’Uif e dai finanzieri, però, si legge che in quei mesi “la provvista sul rapporto in argomento risulta costituita da due bonifici per complessivi 2,5 milioni di euro, disposti da Berlusconi Silvio, nonché da numero sei bonifici per un importo complessivo di 828mila euro disposti dalla stessa Ratti da altro rapporto alla stessa intestata”. E tra i beneficiari – scrive La Stampa – non c’è solo la moglie, perché anche i figli di Dell’Utri hanno ricevuto corpose donazioni. Sul conto della figlia Marina vengono segnalati come “anomali” nove bonifici nel 2016 per oltre un milione di euro disposti dalla moglie di Dell’Utri nuovamente come “prestiti infruttiferi”. A loro volta, quei soldi, stando alla relazione inviata in procura, sono poi finiti per “finanziamento soci” nel conto di una società con sede operativa a Santo Domingo che “risulterebbe inattiva”.
Con un “giro” simile alla vigilia della sentenza della Cassazione, che annullò con rinvio il processo d’appello in cui Dell’Utri era stato condannato a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa, furono 15 i milioni transitati prima dal conto di Berlusconi a quello della moglie dell’allora senatore Pdl, e poco dopo gran parte di quella cifra, 11 milioni, sarebbe stata spostata da lì a un altro conto in una banca sempre a Santo Domingo. Gli investigatori rintracciarono i pagamenti nel corso di un’indagine, poi archiviata, per una presunta estorsione da parte del fondatore di Forza Italia ai danni dell’ex premier.
“Prestiti infruttiferi” come quelli concessi alla famiglia Dell’Utri furono disposti da Berlusconi anche agli ospiti delle “cene eleganti” ad Arcore e sono al centro di più indagini e processi– spacchettati in sette procure, da Torino a Siena – per corruzione in atti giudiziari che vedono coinvolto l’ex premier. E altri 27 milioni di euro arrivati da Publitalia ad Alberto Bianchi, amico di Berlusconi e Dell’Utri, sono finiti al centro di un’altra inchiesta della procura di Milano. Soldi ricevuti nell’arco di 14 anni, fino al 2013, e fatturati come provvigioni per la vendita di spazi pubblicitari per le reti del Biscione.
Grazie alle intercettazioni – svelate da FqMillenniuM di febbraio– e alle testimonianze dirette dei funzionari della concessionaria, però, l’indagine ha documentato che Bianchi non ha mai procacciato neppure un singolo cliente. Da qui è partita l’inchiesta sulla reale natura di quei pagamenti. I pm hanno chiesto l’archiviazione per Berlusconi perché non è emersa la prova che fosse lui il demiurgo dei pagamenti. Restano però le intercettazioni di Bianchi, in cui lui stesso, coetaneo del leader di Forza Italia, sostiene di avere ricevuto bonifici a sei zeri in cambio del suo silenzio sui rapporti tra Dell’Utri e la mafia. Un concetto ribadito più volte: “Sai fino a quando mi pagheranno? Fin quando c’è vivo Dell’Utri. Quando muore Dell’Utri non mi pagano più. Perché la loro paura è che io vada a cantare le canzoni di Dell’Utri e di lui con la mafia“.
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