sabato 18 agosto 2018

Perché le convenzioni autostradali sono segrete. - Maurizio Caprino

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Qual è la legge che impone allo Stato di tenere segrete le convenzioni con cui assegna le concessioni autostradali? Nessuna: la segretezza è solo una prassi. 
Iniziata già ai tempi in cui gli accordi con i gestori li firmava l’Anas per conto dello Stato e gelosamente conservata quando l’ufficio competente è stato incorporato nel ministero delle Infrastrutture. Dunque, nulla poté nemmeno la furia mostrata nel 2006 da Antonio Di Pietro nei panni di ministro delle Infrastrutture nel fermare la prima operazione Autostrade-Abertis attaccando i privilegi dei concessionari.

All’epoca, Di Pietro creò l’Ivca (l’Ispettorato di vigilanza concessioni autostradali, poi diventato struttura Svca dopo il passaggio al ministero), che fece apparire come un ufficio di superispettori. Ma nell’estate 2013, di fronte alla morte di 40 persone sul bus precipitato da un viadotto dell’A16 presso Avellino, non fece una piega.

Per tutti questi anni qualcuno – anche all’interno del ministero - si è reso conto che rendere pubbliche le convenzioni sarebbe stato opportuno. Ma la risposta era che occorreva tutelare la riservatezza del percorso seguito nella procedura che ha portato ad assegnare le concessioni.
Una motivazione probabilmente in contrasto anche con il principio stabilito dalla Ue, secondo il quale le concessioni vanno assegnate con una gara pubblica, per tutelare la concorrenza. La quale normalmente richiede trasparenza.

Ma tant’è. Né si poteva pretendere la desecretazione in base a una norma specifica. 
Anzi. 
Giuridicamente le convenzioni hanno natura di contratti di diritto privato, tra due parti libere di accordarsi tra loro, tenute a registrare l’accordo dal notaio ma non a renderlo pubblico. Per la legge, poco importa se una di esse è lo Stato e l’altra una società importante.
Le clausole non certo penalizzanti per i concessionari forse spiegano perché si è lasciato che non ci fosse un obbligo di pubblicazione. Ma questa è un’altra storia.


PS.
A luglio del 2016 Di Pietro divenne Presidente della società autostradale Pedemontana.

venerdì 17 agosto 2018

Alcuni degli incredibili acquedotti navigabili.

Gli acquedotti navigabili (a volte chiamati ponti d'acqua) sono strutture di ponti che trasportano canali navigabili su altri fiumi, valli, ferrovie o strade. Si distinguono principalmente per le loro dimensioni, trasportando una sezione più ampia di acqua rispetto alla maggior parte degli acquedotti di approvvigionamento idrico. Sebbene gli acquedotti romani fossero a volte utilizzati per il trasporto, gli acquedotti non erano generalmente utilizzati fino al 17 ° secolo quando i problemi dei canali a livello sommitale erano stati risolti e i moderni sistemi di canali iniziarono ad apparire.
1. Acquedotto di Pontcysyllte, Regno Unito. L'acquedotto di Pontcysyllte è un acquedotto navigabile che trasporta il Canale Llangollen sulla valle del fiume Dee nel distretto di Wrexham nel nord-est del Galles. Completato nel 1805, è l'acquedotto più lungo e più alto della Gran Bretagna, un edificio classificato di I grado e un sito del patrimonio mondiale. Costruito da Thomas Telford e William Jessop, è 307 m. (1,007 piedi) di lunghezza, 3,4 m. (11 piedi) di larghezza e 1,6 m. (5,25 piedi) profondità.
2. Acquedotto di Håverud, Svezia. 
L'Acquedotto di Håverud è considerato uno dei più grandi successi ingegneristici del suo tempo. A metà degli anni Sessanta divenne chiaro che questa sezione del Canale di Dalsland non poteva essere completata usando una serratura tradizionale a causa delle condizioni del suolo locale. Di conseguenza fu costruito uno scivolo di metallo lungo trenta metri che attraversava la cascata di Dalsland.
3. Magdeburg Water Bridge, Germania. 
I tedeschi impiegarono più di 80 anni per costruire questo ponte di 918 m (3.000 piedi) sul fiume Elba vicino alla città di Magdeburgo. Gli ingegneri del canale avevano concepito per la prima volta di unire i due corsi d'acqua già nel 1919, e nel 1938 erano presenti le ancore di sollevamento e di ponti di Rothensee, ma la costruzione fu rinviata durante la seconda guerra mondiale. Dopo che la guerra fredda ha diviso la Germania, il progetto è stato sospeso indefinitamente dal governo della Germania Est.

Con la riunificazione della Germania e l'istituzione di importanti rotte di trasporto dell'acqua, il Ponte sull'Acqua è diventato di nuovo una priorità. I lavori sono iniziati nel 1997, con la costruzione che impiega sei anni e costa € 500 milioni. Il ponte sull'acqua collega ora la rete portuale di Berlino con i porti lungo il fiume Reno. La struttura della depressione dell'acquedotto incorpora 24.000 tonnellate di acciaio e 68.000 metri cubi di calcestruzzo. Il ponte sull'acqua di Magdeburgo è stato inaugurato nel 2003.
4. Acquedotto Ringvaart Haarlemmermeer, Paesi Bassi. 
Vicino a Roelofarendsveen (una città nei Paesi Bassi occidentali), il canale Ringvaart attraversa l'autostrada A4 per mezzo di un acquedotto. Fu costruito nel 1961, rendendolo il più antico acquedotto dei Paesi Bassi. Nel 2006, sono state completate due nuove porzioni: sul lato est per attraversare nuove corsie orientate verso nord per l'autostrada allargata; e sul lato ovest per la nuova ferrovia ad alta velocità HSL-Zuid. Il nuovo acquedotto è lungo 1,8 chilometri (1,1 miglia).
5. Acquedotto di Pont du Sart, Belgio. 
L'acquedotto Pont du Sart è un acquedotto navigabile che trasporta il Centrumkanaal (canale nel Belgio occidentale) all'incrocio tra la strada N55 e N535 vicino alla città di Houdeng-Goegnies. Questo edificio in cemento è lungo 498 metri e lungo 46 metri ( 150 piedi) di larghezza. L'acquedotto di Pont du Sart pesa 65.000 tonnellate ed è sostenuto da 28 colonne di cemento, tre metri (10 piedi) di diametro.
6. Acquedotto Veluwemeer, Paesi Bassi. 
Veluwemeer è acquedotto sulla strada N302 nei pressi della cittadina di Harderwijk nei Paesi Bassi orientali. Si trova sotto una piccola parte del lago Veluwemeer e allo stesso tempo collega la terraferma Paesi Bassi a Flevoland (la più grande isola artificiale del mondo).
7. Acquedotto di Briare, Francia. 
L'acquedotto di Briare porta il Canale d'acqua lungo la Loira sul fiume Loira nel suo viaggio verso la Senna in Francia. Sostituì un passaggio a livello del fiume dal canale per incontrare il canale di Briare che era pericoloso in tempi di inondazione. Tra il 1896 e il 2003 è stato il più lungo acquedotto navigabile del mondo fino all'apertura del Magdeburg Water Bridge. L'acquedotto è costruito su quattordici piloni. Questi pilastri supportano una sola trave in acciaio a supporto di un canale in acciaio che contiene più di 13.000 tonnellate di acqua, 2,2 metri (7 piedi) di profondità e 6 metri (20 piedi) di larghezza che consentono alle imbarcazioni con un pescaggio di 1,8 m di attraversare. La larghezza dell'acquedotto, le alzaie incluse, è di 11,5 metri (38 piedi) e la sua lunghezza è di 662,7 metri (2.175 piedi).

8.Naviduct Krabbersgat, Paesi Bassi. 
Il Krabbersgat- lock in Olanda è il primo "Naviduct" nel mondo. Questo straordinario mega progetto, costituito da un blocco navale con un sottopassaggio per il traffico stradale, è stato concepito per alleviare i colli di bottiglia per il traffico di veicoli e di mare. La struttura massiccia è lunga 125 metri (410 piedi) e larga 25 metri (82 piedi). Sono stati rimossi 1.450 m3 di terra per accogliere 20.000 m3 di calcestruzzo. Questo naviduct in Enkhuizen è stato aperto nel 2003.

9.Edstone Aqueduct, Regno Unito. 
L'acquedotto di Edstone è uno dei tre acquedotti su una lunghezza di 6 miglia (6 km) del canale Stratford-upon-Avon nel Warwickshire. Tutti sono insoliti in quanto le alzaie si trovano al livello del fondo del canale. A 475 piedi (145 m), Edstone è l'acquedotto più lungo d'Inghilterra. Attraversa una strada secondaria, la ferrovia Birmingham e North Warwickshire e anche il tracciato dell'ex Alcester Railway.
10.Apredotto Langdeel, Paesi Bassi. 
L'acquedotto Langdeel si trova sull'autostrada N31, vicino alla città di Leeuwarden, nel nord dei Paesi Bassi. L'acquedotto porta il canale omonimo. La costruzione iniziò nel 2004 e nel 2007 l'acquedotto fu completato e aperto al traffico. L'acquedotto era profondo 2,78 metri, largo 25 metri (82 piedi) e lungo 110 metri (360 piedi). L'acquedotto della scatola di cemento si trova sulle tre file di pilastri di cemento.
11.Ee Acquedotto, Paesi Bassi. 
L'acquedotto Ee si trova nella provincia olandese della Frisia, sulla strada provinciale N928. Questo acquedotto è stato aperto al traffico nel 2007.
(Tradotto con Google traduttore)

Caso Maugeri, via libera al sequestro di pensione e vitalizi di Formigoni: 5 milioni di euro.

Caso Maugeri, via libera al sequestro di pensione e vitalizi di Formigoni: 5 milioni di euro

Il giudice della Corte dei Conti di Milano: "Gravissimo storno di denari pubblici a fini privati".

Per il "gravissimo sistema illecito di storno di denari pubblici a fini privati" che ha trovato "ampi riscontri, oltre ogni ragionevole dubbio" nelle indagini sul caso Maugeri, è stato convalidato il sequestro disposto dalla procura della Corte dei Conti di 5 milioni di euro (compresi vitalizi, pensione, conti correnti e immobili) all'ex governatore lombardo Roberto Formigoni, di 4 milioni a Umberto Maugeri, ex presidente della Fondazione, di 4 milioni all'ex direttore finanziario Costantino Passerino e di 10 milioni a testa al faccendiere Pierangelo Daccò e all'ex assessore regionale Antonio Simone.

A dare l'ok è stato il giudice Vito Tenore con un provvedimento depositato la vigilia di Ferragosto e nel quale si accoglie la ricostruzione dei pm Antonino Grasso e Alessandro Napoli, guidati da Salvatore Pilato, che hanno contestato ai principali protagonisti della vicenda giudiziaria un danno erariale di circa 60 milioni di euro e, di conseguenza, hanno firmato provvedimenti cautelari bloccando le quote del presunto profitto realizzate da ciascuno per un totale di 30 milioni.

In sede penale per la stessa vicenda che riguarda le tangenti nella sanità, Formigoni è già stato condannato a sei anni in primo grado, il prossimo 19 settembre è attesa la sentenza d'Appello. Quando nel mese di giugno uscì la notizia del sequestro preventivo, l'ex governatore, interpellato dai giornalisti, definì la notizia una 'fake news': "Nulla posseggo - disse all'epoca - tutto quanto possedevo (poco in realtà) mi è stato già sequestrato da anni, per ordine della magistratura".

Come si legge nel provvedimento di convalida del sequestro conservativo milionario, si legge che c'è un "numero poderoso di riscontri probatori" che testimoniano un "danno erariale" dato dai "plurimi fatti corruttivi posti in essere dal 2006 al 2011 dai vertici della fondazione Maugeri (...) nei confronti di Formigoni", tramite Daccò e Simone, "per ottenere, con interferenze nel procedimento decisorio, più rilevanti finanziamenti pubblici regionali (rispetto a quelli dovuti per servizi innegabilmente resi dalla clinica Maugeri come riconosciuto anche in sede penale) e sviando inoltre poderose somme di denari pubblici - prosegue il giudice in un passaggio dell'atto datato 14 agosto - destinati ai fini di rilevante e basilare interesse sociale (cure mediche)".

Il giudice, che sposa in pieno la ricostruzione delle sentenze penali, ha ribadito che Formigoni, indicato come "pubblico ufficiale corrotto", avrebbe percepito "rilevantissime utilità, per oltre 5 milioni di euro", in viaggi, vacanze, ristoranti, alberghi, l'uso della villa in Costa Smeralda e così via, in cambio di interventi e atti amministrativi regionali "ispirati a una logica di evidente favoritismo" nei confronti della fondazione con sede a Pavia. Vicende queste che "non sono state plausibilmente smentite dal Formigoni fornendo spiegazioni alternative (...) ai fatti, specie con riguardo alle enormi ed anomale utilità ricevute".


http://milano.repubblica.it/cronaca/2018/08/16/news/maugeri_corte_conti_sequestro_5_milioni_formigoni_vitalizi_e_pensione_convalida-204256191/

La pietra di Ingà e la distruzione di Atlantide



La “Pedra do Ingá” è un monumento archeologico nello stato nordorientale di Paraíba, in Brasile, posto nel mezzo del fiume Ingá. Si tratta di una composizione di pietre di basalto che formano una superficie di circa 250 m² completamente ricoperta di simboli non ancora decifrati. La maggior parte dei glifi sembrano rappresentare animali, frutta, esseri umani, costellazioni e galassie, mentre altri simboli sono del tutto irriconoscibili. Chi ha inciso la Pietra di Ingá? Perchè? Ma, soprattutto, cosa rappresentano quei simboli?

È un lungo masso orizzontale ricoperto di misteriosi simboli e notevoli formazioni geometriche.

Gli indigeni Tupi che vivevano in questa zona la chiamavano “Itacoatiara”, che nella loro lingua significava semplicemente “la pietra”.

È lunga 26 metri e alta 4 e si trova nel bel mezzo del fiume Ingá, nei pressi dell’omonima cittadina a circa 96 km da João Pessoa, nello stato di Paraíba, a nordest del Brasile.

Il monolite di Ingá è completamente inciso con simboli e figure in bassorilievo che sembrano rappresentare animali, frutta, esseri umani e costellazioni come Orione e galassie come la Via Lattea. Altri simboli, invece, sono del tutto irriconoscibili.

Chi ha scolpito questo antico monolite ? Cosa voleva descrivere o significare? E’ possibile che i glifi incisi sulla roccia rappresentano un’antica lingua terrestre sconosciuta? Nonostante l’interessamento degli archeologi, ad oggi la Pietra di Ingá rimane ancora un enigma. Sono state avanzate molte teorie sull’origine e il significato dei misteriosi simboli, ma finora nessuno studioso è stato in grado di risolvere il mistero di Ingá.

Alcuni studiosi credono che si tratta di antichi simboli sacri scolpiti da antiche culture sudamericane; altri hanno ipotizzato che rappresenti la scrittura utilizzata da una antica civiltà sconosciuta che ha abitato la regione; altri, infine, spingendosi in ipotesi più eretiche, propongono addirittura che si tratti di un messaggio in codice lasciato da una civiltà extraterrestre.

In totale, la roccia conta circa 450 glifi. La questione è capire se quanto inciso sul monolite sia un’antica lingua. La maggior parte delle figure, infatti, sembra a prima vista astratta, ma i ricercatori ritengono che la Pietra di Ingá nasconda un antico messaggio cifrato. Il problema principale è che mancano paralleli su cui operare un confronto ed eventualmente tentare una traduzione.



Il ricercatore italo-brasiliano Gabriele D’Annunzio Baraldi, grande studioso di lingue antiche che ha trascorso buona parte della sua vita allo studio della Pietra di Ingá, sostiene che i glifi di Ingá sono simili in forma e dimensione a quelli delle culture mesopotamiche primordiali.

Per di più, a suo parere, la lingua Tupi – Guarani, parlata da molti gruppi etnici sudamericani, sembra avere una lontana origine comune con la lingua ittita, antico popolo indoeuropeo fiorito in Anatolia 3800 anni fa.

Come è possibile che due culture tanto lontane possano aver condiviso la comune origine del linguaggio e della scrittura? Baraldi trova in questa comunanza una prova dell’esistenza di una grande civiltà globale esistita più di 10 mila anni, nota più comunemente con il nome di Atlantide.

D’annunzio Baraldi, ricercatore indipendente e esploratore, è infatti considerato uno degli ultimi grandi atlantologi. Nella sua visione, alcuni gruppi umani originari del mitico continente sarebbero sopravvissuti alla catastrofico cataclisma avvenuto nel 9500 a.C., dirigendosi verso est, in Europa, e verso sud-ovest, in Brasile. Baraldi sostiene che i glifi della Pietra di Ingá raccontino proprio della grande catastrofe globale che causo la distruzione della civiltà atlantidea.

Se la tesi di Baraldi è corretta, significa che la Pietra di Ingá rappresenta un messaggio che gli antichi superstiti di Atlantide vollero lasciare ai posteri, come memoria del passato e come monito per il futuro. E ciò significa che non possono essere stati i nativi americani ad incidere i glifi sul monolite. 

La scrittura dell’Isola di Pasqua.
A sostegno dell’ipotesi atlantidea ci sarebbe la somiglianza dei glifi della Pietra di Ingá con la scrittura utilizzata dagli antichi abitanti della remota Isola di Pasqua, il Rongorongo. L’Isola di Pasqua (in lingua nativa Rapa Nui, letteralmente “grande isola/roccia”) si trova nell’Oceano Pacifico meridionale.

Si tratta di una scrittura con andamento bustrofedico e che, al momento, è stata solo parzialmente decifrata. L’isola di Pasqua è l’unica nell’area del Sud Pacifico ad aver sviluppato nella propria storia una scrittura propria. Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare non si tratta di una scrittura che utilizza geroglifici. La scrittura rongorongo non fu mai decifrata completamente e per molti decenni rimase incompresa.

Fu quindi solo grazie agli studi condotti dal tedesco Thomas Barthel e alla scoperta di una tavoletta che riportava un calendario lunare (oggi conservata nell’archivio dei SS Cuori a Grottaferrata nei pressi di Roma), la cosiddetta tavoletta Mamari, che si poté parzialmente decifrare alcuni simboli. Al momento (2009) in tutto il mondo esistono soltanto 26 tavolette, in buone condizioni ed autentiche al di là di ogni dubbio, scritte in rongorongo.



Alcuni intravedono una forte somiglianza tra l’alfabeto rongorongo e i simboli della Pietra di Ingá. È possibile che questa somiglianza avvalori l’ipotesi che gli abitanti primordiali del Brasile, della Mesopotamia e dell’Isola di Rapa Nui discendessero tutti da un’unica cultura globale spazzata via da un cataclisma?

La Pietra di Ingá rimane uno dei reperti archeologici più importanti degli ultimi tempi e il suo studio, e la sua eventuale traduzione, potrebbero svelare un passato molto diverso del nostro pianeta, raccontandoci di un tempo in cui i nostri antenati vivevano in un grande villaggio globale chiamato Atlantide.



https://camminanelsole.com/la-pietra-di-inga-e-la-distruzione-di-atlantide/

giovedì 16 agosto 2018

Arabia Saudita, il mistero dei 400 “cancelli” in mezzo al deserto. Si vedono da Google Earth

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RIYAD – Rivelate le immagini aeree delle misteriose strutture in pietra tra gli sperduti terreni vulcanici dell’Arabia Saudita, una serie di 400 curiosi “cancelli” o “porte” presenti nella sperduta regione di Harrat Khaybar.
Dai primi anni ’50, le restrizioni nel Paese hanno impedito ulteriori ricerche sulle strane forme geometriche, che gli esperti ritengono possano risalire fino a 7 mila anni. Con l’aumento delle immagini satellitari e di Google Earth, sono stati rivelati una serie notevole di nuovi scatti, che offrono nuovi sviluppi alla ricerca.
Un archeologo, David Kennedy, ha ottenuto un permesso speciale per sorvolare i desolati campi di lava della regione di Harrat Khaybar, fornendo immagini ancora più nitide delle misteriose “porte” o “cancelli”.
Kennedy, dell’University of Western Australia, ha trascorso quasi 20 anni a studiare le “opere degli antichi uomini”, e ipotizzato che i cancelli siano stati costruiti tra i duemila e i novemila anni fa da popolazioni nomadi e antiche tribù dell’area.
Non c’è una spiegazione chiara del motivo per cui siano stati costruiti i misteriosi recinti che comprendono varie forme, come cancello, aquiloni, pendenti e serrature. In molti casi, sono così grandi che la loro forma può essere vista soltanto dall’alto, ma gli esperti ritengono che le nuove fotografie dall’aereo combinate a un’analisi più attenta sul terreno, in un prossimo futuro potrebbero portare a una svolta.
Kennedy e i colleghi hanno utilizzato Google Maps per individuare i siti che erano più interessati a visitare; hanno poi trascorso 15 ore a bordo di un elicottero della Saudi Royal Commission, scattando 6.000 foto circa di 200 siti.
Su LiveScience, Kennedy ha scritto: “Il numero di “finestre” ad alta risoluzione su Google Earth è cresciuto rapidamente, soprattutto dal lancio del satellite Landsat l’8 febbraio 2013″. “Mancano tuttavia i dettagli e alcuni siti sono invisibili, le immagini possono risalire a mesi o anche anni e quindi meno utili”.
Realizzate su campi di lava, alcune di queste misteriose costruzioni artificiali sono 4 volte più lunghe di un campo di calcio. Alcune pareti in pietra sono state definite “cancelli” poiché dall’alto sembrano come delle porte in un campo.
Alcune sono lunghe fino a 518 mt, le più piccole misurano 13 mt ma tutte formano dei rettangoli con orientamenti diversi e senza una logica precisa, scrive il Daily Mail. In Medio Oriente, nel corso di precedenti ricerche, sono state trovate migliaia di strutture in pietra che formano modelli geometrici, incluse due a forma di ruota risalenti a 8.500 anni fa.
Alcune strutture si trovano nell’Oasi di Azraq, in Giordania, e sembrano avere un significato astronomico, allineate con il sole, secondo LiveScience. Si è pensato che alcune strutture in pietra a forma di “aquilone” fossero trappole per animali, altre forse adibite a riti funebri.

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Il gigante di Atacama.

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Il Gigante di Atacama è un grande geoglifo antropomorfo che si trova in Cile nel deserto di Atacama e rappresenta la figura di un guerriero stilizzato lunga circa 119 metri. È posizionato sulla parete nord-est del colle Unita, a circa 15 km dal paesino di Huara, situato nella Provincia del Tamarugal della Regione di Tarapacá. Nei dintorni sono presenti altri geoglifi.
La raffigurazione è probabilmente il risultato dell'opera di varie culture precolombiane che si sono succedute nella zona tra l'800 e il 1500, in particolare le culture Tiahuanaco e Inca. Queste rappresentazioni, di cui si sono scoperti negli ultimi tre decenni oltre 5000 geoglifi nel deserto di Atacama, avevano in generale funzioni rituali.
Il Gigante di Atacama è la più grande raffigurazione antropomorfa precolombiana finora conosciuta. L'interpretazione è ancora oggetto di dibattito; da alcuni studiosi viene ritenuta la rappresentazione di una divinità precolombiana locale.

Perché le autostrade italiane sono le più care d’Europa. - Milena Gabanelli e Ferruccio Pinotti



Neanche fossero un tappeto da biliardo! Le nostre autostrade sono le più care d’Europa. In Germania, Olanda e Belgio le autostrade sono gratuite. In Austria l’abbonamento annuale alla rete autostradale costa 87,30 euro l’anno per gli automobilisti e 34,70 per i motociclisti. In Italia con 34 euro si percorrono 400 chilometri. In Svizzera l’abbonamento costa 40 franchi l’anno, circa 38,12 euro. In Francia il sistema di pedaggi è simile al nostro, ma meno caro: Parigi-Lione sono più o meno 450 chilometri, €19,80 in moto, €33,30 in auto. In Italia la tratta Ventimiglia-Bologna, chilometraggio equivalente, costa 40,50 euro. In Spagna le autostrade si chiamano Autovie e sono gratuite; solo per le Autopistas si paga. In Slovenia il costo dell’abbonamento annuale è di 55 euro per i motociclisti, di 110 per gli automobilisti. In Italia con questa cifra si può percorrere una volta la Milano-Napoli andata e ritorno.



Efficienza.
La rete italiana (e quella francese che però vanta una rete di oltre 9.100 chilometri contro i nostri quasi 7.000) ha scelto un sistema di pedaggi basato sui caselli. Un sistema che in molti Paesi europei è giudicato antiquato e oneroso in termini di costi di progettazione, costruzione, personale per la riscossione (dove non sono automatici) e assistenza. Inoltre i caselli consumano corrente e producono incolonnamenti quando il traffico è intenso.

Concessioni.

Oltre ai mille chilometri gestiti da Anas, per gli altri seimila chilometri le concessioni sono 26, ma quasi il 70% se lo spartiscono da anni due gruppi. Si tratta del Gruppo Atlantia (Benetton), che controlla Autostrade per l’Italia e che gestisce oltre 3.000 chilometri, e del Gruppo Gavio, che gestisce oltre 1.200 chilometri. Insieme coprono i tre quarti circa del mercato. Gli altri 1.650 chilometri sono gestiti da società controllate da enti pubblici locali e da alcuni concessionari minori.

https://www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli/autostrade-italiane-care-europa-perche/66621512-6b1a-11e8-9458-812edbd9a164-va.shtml