lunedì 25 marzo 2019

Mimmo Lucano, chiesto il processo anche per associazione a delinquere già esclusa dal gip di Locri

Mimmo Lucano, chiesto il processo anche per associazione a delinquere già esclusa dal gip di Locri

La richiesta riguarda altri 29 indagati nell’operazione Xenia. L’udienza preliminare davanti al gup di Locri Amelia Monteleone è fissata per il primo di aprile.

La Procura di Locri – dopo la chiusura indagini – ha chiesto il rinvio a giudizio per Domenico Lucano, sindaco sospeso di Riace. Assieme a Lucano la richiesta riguarda altri 29 indagati nell’operazione Xenia. L’udienza preliminare davanti al gup di Locri Amelia Monteleone è fissata per il primo di aprile. La Procura di Locri contesta a Lucano e agli altri indagati, sulla base delle indagini condotte dalla Guardia di finanza, il reato di associazione per delinquere per avere, tra l’altro, orientato “l’esercizio della funzione pubblica degli uffici del Ministero dell’Interno e della Prefettura di Reggio Calabria, preposti alla gestione dell’accoglienza dei rifugiati nell’ambito dei progetti Sprar, Cas e Msna e per l’affidamento dei progetti da esplicare nell’ambito del Comune di Riace”. In tal senso, il Ministero e la Prefettura reggina potrebbero costituirsi parte civile. A Lucano viene contestato anche il reato di abuso d’ufficio per avere procurato ad alcune associazioni “un ingiusto vantaggio patrimoniale, pari a 2.300.615 euro”.

Il reato associativo e quello di abuso d’ufficio non avevano superato il vaglio del gip, che all’epoca aveva disposto gli arresti domiciliari per Lucano solo per i reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e fraudolento affidamento diretto del servizio di raccolta rifiuti. Intanto è stata annullata la misura cautelare dell’obbligo di firma a Tesfahun Lemlem, la compagna di Mimmo Lucano, coinvolta nell’inchiesta su Riace. La sesta sezione penale della Cassazione ha accolto il ricorso della difesa, gli avvocati Lorenzo Trucco e Andrea Daqua, e dichiarato cessata l’efficacia della misura. Alla donna, di origine etiope, vengono contestati gli stessi reati del sindaco sospeso di Riace, tra cui il favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, in particolare per aver cercato di far venire in Italia il fratello combinando un falso matrimonio. Inizialmente le era stato imposto il divieto di dimora, trasformato nell’ottobre scorso dal tribunale del riesame in obbligo di firma.

domenica 24 marzo 2019

Isola di Giava, Indonesia



Spesa Mattarella al Quirinale. La Presidenza ci costa 356 milioni. I dipendenti sono 745. Alla Casa Bianca solo 374. - Carmine Gazzanni



Lo stipendio più alto per i 374 dipendenti della Casa Bianca – come si legge nella relazione annuale del personale della presidenza statunitense – è pari a circa 179mila dollari, circa 158mila euro. Tanto, per fare qualche esempio, percepiscono Emmet Flood, il consigliere speciale di Donald Trump, e Lawrence Kudlow, consigliere delle politiche economiche del presidente Usa. In Italia i dipendenti della presidenza della Repubblica, pur avendo un ruolo notevole, non hanno in mano il destino di mezzo mondo. Eppure guadagnano decisamente di più, con picchi che superano i 200mila euro. Ma, soprattutto, sono decisamente di più: il personale del Quirinale conta 745 dipendenti.
Il dato emerge dal bilancio di previsione della Presidenza della Repubblica per l’anno 2019 pubblicato proprio venerdì scorso. Per carità: la politica di spending review voluta da Sergio Mattarella ha portato a qualche risultato. Basti pensare – come fa notare la relazione di accompagnamento al bilancio, con toni trionfalistici – che nel 2006 i dipendenti di ruolo erano addirittura 987. I dati, però, restano interessati: per quest’anno – esattamente come l’anno scorso ed esattamente come l’anno prossimo – la dotazione annuale per il Quirinale sarà pari a 224 milioni di euro.
Anche in questo caso i confronti sono decisamente interessanti. Prendiamo altro termine di paragone: secondo l’ultima relazione pubblicata da Buckingham Palace la “sovvenzione sovrana” per l’anno 2019 è di 82,2 milioni di sterline. Una somma che, convertita in euro, è pari a 96,1 milioni di euro. Anche qui il confronto è immediato: il Quirinale costa più del doppio del Palazzo Reale di Elisabetta II.
C’è da dire, però, che la dotazione annuale dello Stato non coprirà tutte le spese che, in totale, saranno pari a ben 356 milioni di euro, di cui 244 effettive (spese correnti). Il primo dato che salta all’occhio – come si legge nella relazione di accompagnamento – è che il 49,9% dell’intero budget corrente serve per pagare il personale. Parliamo, cioè, di 121 milioni e rotti. Ci sono poi le pensioni. “La spesa per la previdenza, che costituisce il 40,01% del totale della spesa effettiva del Segretariato Generale – spiega il Quirinale – presenta una dinamica in crescita a causa del maturare dei requisiti pensionistici da parte di numerose classi di età”, tanto da passare dai 95,5 milioni del 2019 ai 101,1 del 2021.
Ma l’elenco delle uscite è decisamente lungo, anche considerando le meravigliose proprietà in mano al Quirinale, coi suoi palazzi storici da 1200 stanze, un patrimonio da 261 arazzi (alcuni verranno riqualificati proprio quest’anno), carrozze d’epoca e così via. La sola Tenuta di Castelporziano, per dire, assorbe una buona fetta delle uscite: 344mila euro per la “locazione e gestione automezzi e mezzi agricoli”; 148mila per le “attività agro zootecniche” più altri 83 per la “gestione forestale e faunistica”. C’è, poi, la gestione dell’autoparco con annessa mobilità: altri 707mila euro preventivati.
Per immobili e impianti la spesa per il 2019 sarà di 2,5 milioni; per gli arredi altri 396mila euro. Fondamentale anche la comunicazione per cui, tra studi, ricerche, servizi fotografici e video, si conta di spendere 812mila euro. Senza dimenticare, ancora, i 218mila euro per biancheria e vestiario da lavoro. I dipendenti, dopotutto, sono coccolati nel migliore dei modi: prevista anche una spesa di 150mila per “reclutamento, formazione e aggiornamento del personale”.

Venite già mangiati. - Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 24 Marzo.

L'immagine può contenere: 4 persone, persone che sorridono

Oggi si vota in Basilicata. E qualche ingenuo poteva forse immaginare un piccolo dibattito sul rapporto della commissione parlamentare Antimafia a proposito dei candidati impresentabili in lista: due condannati in primo grado e tre imputati, spudoratamente presentati dal centrodestra e dal Pd in barba al codice di autodisciplina che tutti i partiti approvano a ogni legislatura per poi violarlo allegramente. Roba da provocare un surplus di sdegno fra gli indignati speciali che in questi giorni bivaccano in Campidoglio vibranti di sacrosanta passione civile per l’arresto del pentastellato De Vito: se si scandalizzano, e giustamente, per un politico in manette, figurarsi che dovrebbero dire delle condanne e dei rinvii a giudizio, per giunta a carico di politici mai espulsi né sospesi né esclusi dai rispettivi partiti in attesa delle sentenze definitive, ma addirittura candidati. Invece tutti tacciono. E intanto continuano a tuonare contro i 5Stelle che hanno cacciato il loro presidente dell’Assemblea capitolina al solo clic delle manette, senza neppure attendere la richiesta di rinvio a giudizio. Strano, vero? Il centrosinistra, anzi il “nuovo centrosinistra” di Nicola Zingaretti, per distinguersi da quello vecchio che aveva visto cadere la sua giunta per l’arresto del governatore Marcello Pittella, ricandida Sergio Claudio Cantiani e Massimo Maria Molinari, alla sbarra dinanzi al Tribunale di Potenza. 
Cantiani è imputato per concussione, con l’accusa – risalente a quando era candidato a sindaco di Marsicotevere – di aver “costretto” la ditta aggiudicataria dell’appalto per la raccolta rifiuti ad assumere il fratello della sua segretaria e, una volta eletto, di aver “minacciato” di revocare l’appalto in caso di licenziamento dell’operaio, “malgrado le reiterate inadempienze” di quest’ultimo. 
Molinari invece risponde di corruzione in veste di ex vicesindaco di Potenza: l’accusa è aver facilitato l’iter di una gara per la gestione di parcheggi e premuto per l’acquisto di pubblicità sul settimanale edito da un parente.
Poi c’è il centrodestra, che almeno non si spaccia per nuovo, e infatti è orgogliosamente così vecchio che più vecchio non si può. Per non farsi mancare niente e tener fede alle tradizioni nazionali, schiera anche due condannati in primo grado: Paolo Galante (Psi) e Rocco Sarli (Fratelli d’Italia). Sono stati entrambi condannati in primo grado a 3 anni e 6 mesi di reclusione per peculato nello stesso processo. Galante, già consigliere e vicepresidente del Consiglio regionale, era vicepresidente del Consorzio per lo sviluppo di Potenza, mentre Sarli sedeva nel Cda.
Il primo, consigliere uscente, fu sospeso dalla carica per 18 mesi in base alla legge Severino. Il secondo invece, consigliere entrante, lo sarà se verrà condannato anche in appello, mentre l’altro starebbe fermo altri 12 mesi. 
Vincenzo Clemente, terzo impresentabile del centrodestra, è imputato di corruzione in cambio della rateizzazione dei canoni d’affitto di una casa di riposo gestita da una società a Corleto Perticara. 
Ora, com’è noto, da tempo immemorabile tutti i partiti si sono impegnati formalmente in commissione Antimafia a non candidare indagati (e, a maggior ragione, imputati e condannati) per reati contro la Pubblica amministrazione: in primis per concussione, corruzione e peculato, che implicano tutti e tre il latrocinio di denaro pubblico. L’hanno fatto soltanto per farsi belli dinanzi agli elettori, specialmente dopo le prime denunce di Beppe Grillo nel 2006 sul suo blog contro il Parlamento degli inquisiti, prim’ancora che nascessero i 5Stelle. Poi, naturalmente, hanno sempre tradito l’impegno, prendendosela pure col presidente di turno dell’Antimafia (ieri Rosy Bindi, ora Nicola Morra) che si permette addirittura di pubblicare i nomi degli impresentabili, come previsto dalla loro legge-spot. Ora questi impuniti hanno pure il coraggio di accusare chi caccia i propri inquisiti senza neppure lo straccio di una richiesta di rinvio a giudizio di “essere come gli altri” (cioè come loro, che gli inquisiti non li cacciano nemmeno dopo il rinvio a giudizio, la condanna provvisoria e quella definitiva, anzi li candidano, li premiano e li promuovono).
Siccome c’è un limite a tutto, anche alla faccia di culo, proponiamo al presidente Morra un emendamento esplicativo e chiarificatore al Codice di autodisciplina dell’Antimafia. Un norma elementare di due soli articoli: 
“1. Chiunque venga arrestato, rinviato e giudizio, condannato in primo o secondo o terzo grado, è da ritenersi innocente per definizione e matura il diritto acquisito a essere candidato ed eletto a una carica pubblica adeguata, cioè non inferiore a quella di consigliere comunale. 
2. La regola di cui sopra vale soltanto per i politici iscritti a partiti che non hanno mai promesso ‘onestà’, anzi statutariamente rifuggono da simili turpiloqui. Chi si fosse lasciato sfuggire anche una sola volta quel termine ignominioso o suoi sinonimi, deve vergognarsi a prescindere”. 
Così finalmente verrà codificato un principio che ora si sente echeggiare sui giornali e in bocca ai politici, ma un po’ alla rinfusa: se finisce dentro un 5Stelle, si può dire subito che rubano tutti i 5Stelle (arrestano De Vito e tutti chiedono la testa della Raggi e di Frongia, forse perché De Vito è stato subito cacciato); se invece finiscono dentro decine di forzisti, pidini, leghisti, non si può dire che sono impresentabili neanche se li rinviano a giudizio e/o li condannano. Ergo, è infinitamente più grave candidare un incensurato insospettabile e poi espellerlo se lo arrestano, che candidare indagati e poi ricandidarli se li rinviano a giudizio o li condannano. Il segreto per rubare indisturbati è venire già mangiati.

https://www.facebook.com/TutticonMarcoTravaglioForever/posts/2433001146710053?__tn__=K-R0.g

Vermi congelati si svegliano dopo 40.000 anni. - Davide Lizzani

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Questa scoperta dimostra che per gli organismi multicellulari è possibile svegliarsi dal "sonno" dovuto alle bassissime temperature. Questo anche dopo migliaia di anni.

C'è un nuovo incredibile record tra gli animali che tornano in vita dopo un periodo di ibernazione. Dopo ben 42 mila anni, infatti, alcuni vermi nematodi, rimasti intrappolati nei ghiacci siberiani durante il Pleistocene, sono stati da poco scongelati da un team di scienziati russi.

Immagini dei vermi estratti dal Permafrost Siberiano
Immagini dei vermi estratti dal permafrost siberiano. | DOKLADY BIOLOGICAL SCIENCES
IL (CRIO)SONNO PIÙ LUNGO. I vermi hanno cominciato a muoversi e mangiare dopo poche settimane dal prelievo dal permafrost (suolo perennemente ghiacciato). L'estrema resistenza di questi vermi (e dei loro parenti tardigradi) alle temperature estreme era già nota. Ma è la prima volta che si osserva un ritorno alla vita dopo un periodo tanto lungo.

I ricercatori hanno pubblicato un articolo scientifico sottolineando come i nematodi del Pleistocene dimostrino di possedere meccanismi adattativi che potrebbero risultare utili in diversi campi: criomedicina, criobiologia, astrobiologia...

PRENDERE TEMPO. In altre parole, conoscendo il segreto che ha consentito a questi vermi di sopravvivere a temperature estreme, si potrebbe poi provare ad applicarlo agli esseri umani. Questo potrebbe regalare qualche speranza, per esempio, a chi ha una malattia incurabile: "mettendo in pausa" la malattia, infatti, si potrebbe sperare che, nel frattempo, venga sviluppata una cura.

I cilindri che mantengono corpi umani ad una temperatura estremamente bassa.
I cilindri che preservano corpi umani mantenendoli ad una temperatura estremamente bassa. | ALBERTO GIULIANI
La crionica, ovvero la scienza che si occupa di conservare i corpi a basse temperature, sta in effetti riscontrando un interesse sempre crescente. Molte persone danno infatti disposizione di congelare i propri corpi dopo la morte, nella speranza di venire un giorno rianimati da tecnologie ancora sconosciute. Persino la Darpa, l'agenzia della Difesa americana che si occupa di sviluppare tecnologie militari, sta studiando un sistema che consenta di "congelare" i soldati feriti per avere più tempo per soccorrerli.

CRIOSONNO O CRIOSOGNO? Prima di lasciarsi prendere da facili (e ingiustificate) illusioni, vale la pena sottolineare che, al momento, non esiste ancora la possibilità di riportare in vita un corpo umano congelato. Gli ostacoli da superare sono infatti diversi, uno fra tutti è legato al fatto che l'acqua, quando ghiaccia all'interno delle cellule, finisce per rompere la parete cellulare. Ma forse, studiando questi vermi, potremo trovare un modo per risolvere i problemi legati al... sonno criogenico. Sarebbe non solo un enorme traguardo per la medicina, ma anche un incredibile strumento da utilizzare, per esempio, nell'esplorazione spaziale verso le mete più remote.

sabato 23 marzo 2019

Nicola Zingaretti indagato per finanziamento illecito. M5S attacca, lui si difende: «Estraneo ai fatti». - Fulvio Fiano

Nicola Zingaretti

Il neosegretario del Pd nel mirino della procura di Roma per una vicenda di un anno fa che coinvolge anche l’imprenditore Fabrizio Centofanti.


Il neosegretario del Partito democratico, Nicola Zingaretti, è indagato dalla Procura di Roma per finanziamento illecito in una vicenda risalente a oltre un anno fa ma della quale si è appreso solo ora.

La posizione del presidente della Regione Lazio potrebbe presto essere archiviata mancando riscontri investigativi sugli ipotetici passaggi di denaro. La vicenda viene fuori da un interrogatorio rilanciato dal settimanale L’Espresso in cui l’avvocato Giuseppe Calafiore — arrestato nella maxi inchiesta sul giro di presunte tangenti pagate da legali di importanti aziende per ottenere sentenze favorevoli al Consiglio di Stato — riporta ai magistrati una confidenza che avrebbe ricevuto dall’imprenditore Fabrizio Centofanti, anche egli finito in carcere nel febbraio 2018, e in passato capo delle relazioni istituzionali dell’imprenditore Francesco Bellavista Caltagirone. A Calafiore, che ha patteggiato la pena e collabora con le indagini, i pm chiedono dei finanziamenti elargiti da Centofanti: «Lui — è la risposta — mi parlava solo di erogazioni verso Zingaretti. Mi disse che non aveva problemi sulla Regione Lazio perché Zingaretti era a sua disposizione».

«Una ricostruzione non credibile», secondo l’avvocato Maurizio Frasacco, che difende sia Centofanti che il segretario del Partito democratico: «Sia perché Centofanti non l’ha mai confermata, sia perché contro la Regione è ricorso al Tar». Anche due dei più stretti collaboratori di Zingaretti, l’ex capo di gabinetto, Maurizio Venafro, e il tesoriere delle sue campagne elettorali, Giuseppe Cionci, erano indagati per corruzione e finanziamento illecito per delle consulenze avute da Centofanti dopo aver lasciato gli incarichi in Regione, ma per entrambi le accuse sono già cadute, restando però quella di false fatture. Contro Zingaretti si scaglia il Movimento Cinque Stelle che parla di «pessimo inizio della sua segreteria», e di «soliti metodi del Pd», e ne chiede le dimissioni. Zingaretti si dice invece «estremamente tranquillo perché forte della certezza della mia totale estraneità ai fatti. Mai nella mia vita ho ricevuto finanziamenti in forma illecita e non mi farò intimidire dalle bassezze del Movimento Cinque Stelle».

Mare Jonio, Luca Casarini indagato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. - Antonio Massari

Mare Jonio, Luca Casarini indagato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina

Dopo otto ore d'interrogatorio come persona informata sui fatti il nome del capo missione della Ong Mediterranea è stato iscritto nel registro degli indagati. Ha condiviso operativamente le decisioni prese dal comandante della nave Mare Jonio, Pietro Marrone, quindi è anch'egli sotto indagine per le medesime accuse.

È entrato come persona informata sui fatti ed è uscito da indagato. Dopo un interrogatorio di quasi otto ore Luca Casarini esce dalla caserma della Guardia di finanza di Lampedusa con l’accusa di concorso favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
In qualità di capo missione della Ong Mediterranea Casarini ha condiviso operativamente le decisioni prese dal comandante della nave Mare JonioPietro Marrone, quindi è anch’egli sotto indagine per le medesime accuse. È accusato in concorso di aver violato anche l’articolo 1099 del codice della navigazione, ovvero di aver disobbedito all'alt impartito dal pattugliatore della gdf prima di entrare nelle acque territoriali italiane. La prossima settimana, nella nuova veste di indagato, quindi con la presenza del suo avvocato, Casarini sarà nuovamente interrogato ad Agrigento dai titolari del fascicolo Salvatore Vella e Cecilia Baravelli.
I magistrati della procura di Agrigento, che è coordinata dal procuratore Luigi Patronaggio, sono da giorni ormai sull’isola per coordinare personalmente le indagini sul caso della nave della Ong Mediterranea, avvicinatasi alla costa di Lampedusa nonostante un iniziale divieto della Guardia di finanza. La nave aveva salvato 49 migranti naufragati sulle acque di fronte alla Libia.
La notizia dell’indagine su Casarini era attesa da quando nel registro degli indagati era finito il comandante della nave. “Sono tranquillo, ho fatto il mio dovere. Avrei dovuto lasciarli morire? Rifarei tutto per salvare le persone”, il commento di Marrone. Due giorni fa i pm hanno convalidato il sequestro probatorio della nave disposto ieri dalla Guardia di Finanza. “Ovviamente nei prossimi giorni faremo ricorso. Noi non godiamo di nessuna immunità, ma siamo certi di avere operato nel rispetto del diritto e felici di avere portato in salvo 50 persone”,  ha annunciato la portavoce di Mediterranea, Alessandra Sciurba.