martedì 20 ottobre 2020

Che andassero tutti a fare in mes. - Tommaso Merlo

 

Ricominciano a menarla con sto stramaledetto mes. Che andassero tutti a fare in mes. Non se ne può più. Ormai è un’ossessione. Conte ha dovuto ribadire il no a reti unificate e si è scatenata la solita rottura di mes. Comunicate le nuove misure restrittive, Conte si è beccato come prima domanda il mes tanto per cambiare. Ormai lo perseguitano sti scassa mes. Conte ha dovuto ripetere per la milionesima volta che il mes non serve in questa fase, che non è lo strumento adatto e che non conviene nemmeno più. Che giramento di mes. Conte ha dovuto anche ricordare che nessun altro paese europeo ha richiesto il mes e delle due cose l’una: o sono delle teste di mes tutti gli altri stati membri, oppure sono delle teste di mes tutti coloro che in Italia insistono a chiederlo nonostante la caterva di soldi piovuti da Bruxelles e nonostante le mutate condizioni del mercato finanziario che non lo rendono nemmeno più vantaggioso. Davvero, due mes così. Conte ha poi avvertito sull’effetto stigma e cioè il primo che accede al mes se lo becca dritto nel mes. Questo perché il mes è uno strumento che serve per i paesi che finanziariamente non valgono più un mes di nulla. Già, vi accede chi è nel mes fino al collo e gli speculatori non aspettano altro di sapere di chi si tratta per scatenarsi. Poi c’è la condizionalità, tutti gli stati membri stanno alla larga dal mes perché chi lo prende poi si trova la Troika in casa che ti fa un mes così. Basta vedere la Grecia che se l’è preso nel mes lungo un metro e ancora piange. Facile fare gli statisti col mes degli altri. Ma le nostrane teste di mes non si danno per vinte neanche se gli spiattelli gli articoli dei trattati sotto al naso. Che teste di mes. L’unico vero motivo per cui rompono il mes è politico. Il Movimento non ha mai voluto prenderselo nel mes e i rompi mes vorrebbero costringerlo a rimangiarsi la parola in modo da indebolirlo, in modo da compromettergli ulteriormente la reputazione e fargli perdere voti. I rompi mes accusano il Movimento di avere una posizione ideologica mentre in realtà la lista delle ragioni per non prenderselo nel mes si allunga di giorno in giorno e sono tutte più che valide. Al contrario, il loro tirarsi giù le braghe non ha nessuna spiegazione perché di soldi per la sanità oggi ce ne sono fin troppi e si tratta di spenderli bene e nel caso ne servissero di più vi sono alternative più intelligenti per reperirli. Già, sono i rompi mes ad essersi imputanti ideologicamente. Vorrebbero tirare Conte dalla loro parte come se loro fossero quelli responsabili mentre quelli del Movimento irragionevoli populisti da correggere. La solita rottura di mes. Ma ai cittadini del mes non frega un mes di niente. Vogliono solo uscire da questo incubo pandemico altro che venire presi per il mes. La verità è che i rompi mes cercano solo di nascondere la loro cronica mancanza di idee con un’ossessione che ormai ha solo rotto il mes a tutti. Davvero, che andassero tutti a fare in mes una volta per tutte.

Tommaso Merlo

https://repubblicaeuropea.com/2020/10/19/che-andassero-tutti-a-fare-in-mes/

Calenda e la stampa che piace. - Gaetano Pedullà

 

In un Paese dove si va continuamente a votare, e migliaia di candidati non hanno neppure un minuto sulle tv locali per presentarsi, il trattamento riservato a Carlo Calenda dice tutto su quanto e come sia schierata la stampa italiana. Anticipato da pagine e pagine di giornali, l’ex ragazzo dei Parioli, ma anche ex collaboratore di Montezemolo, ex candidato alle politiche con Mario Monti, ex ministro di Renzi e Gentiloni, ex europarlamentare del Pd ed ex molto altro ancora, ha avuto il privilegio di ufficializzare la sua discesa in campo per il Campidoglio in diretta da Fabio Fazio, rilanciato il giorno seguente da un mucchio di trasmissioni e interviste generalmente in ginocchio, come sanno fare bene i giornalisti che piacciono alla gente che piace, e a cui naturalmente piace Calenda.

E dire che questo signore – di cui si ricordano i dossier Ilva e Alitalia (insieme ad altri 100 e passa) lasciati disastrosamente aperti dopo quasi cinque anni da ministro delle Attività produttive – è accreditato di uno scarso 2 virgola cocci a livello nazionale, e alle ultime regionali è pressoché evaporato. Esprimiamo perciò una doverosa solidarietà a Radicali, Potere al Popolo, Verdi e gli altri ectoplasmi elettorali che con le stesse percentuali, e pure qualcosa in più, non se li fila nessuno nemmeno se si impiccano al cavallo della Rai.

Calenda ha dalla sua che è simpatico come sa esserlo quel generone romano immortalato dai film dei Vanzina, tanto fumo e niente arrosto. E simpaticamente si è auto-nominato padrone del Pd romano, imponendo una candidatura che – sia chiaro – non si può nemmeno pensare di mettere in discussione con le primarie. Facile prevedere che si ritirerà o andrà al macello, in questo caso facendo pure un favore alla Raggi, perché indebolendo i dem spedirà la sindaca uscente ancora più certamente al probabile ballottaggio con la destra.

Ma di questo ai giornali adoranti interessa poco. Pur di togliersi di mezzo una prima cittadina con tre peccati gravissimi – è dei 5 Stelle, ha chiuso la mangiatoia di Roma e di nuovo è dei 5 Stelle – va bene tutto. Pure quel simpatico ex ragazzo di Calenda, anche se non ne ha mai combinata una giusta, nemmeno con questa candidatura.

https://www.lanotiziagiornale.it/editoriale/calenda-e-la-stampa-che-piace/

La stampella, - Massimo Erbetti

 

Siete la stampella del PD…ma lo sapete cosa è una stampella? A cosa serve una stampella? La stampella è un ausilio per la mobilità utilizzato per contrastare una difficoltà motoria o un infortunio che limita la capacità di camminare…capito? Essere stampella, come dite voi non è essere sottomessi, ma aiutare qualcuno a muoversi, a camminare…altrimenti senza di noi, senza la stampella, quel qualcuno non potrebbe andare da nessuna parte…è chiaro? E poi, ma stampella di che? Che hanno fatto loro, che noi abbiamo subito? Quali atti? Quali leggi? Dai su forza, elencatene almeno due…aspetto con ansia…non vi vengono in mente vero? E certo che non vi vengono in mente, perché non ci sono, non esistono. L'agenda è la nostra, se non ci fossimo stati noi al governo, a quest'ora già stavate piangendo per il MES…come dite? Il MES lo abbiamo già firmato almeno 5 volte? Ma chi ve lo ha detto? Salvini? Ma Salvini quale? Quello che ieri sera al TG1 inveiva contro il governo per le nuove strette delle misure anti covid e le chiusure alle 24 degli esercizi di somministrazione? Ma lo stesso Salvini che è il leader dello stesso partito di Fontana che nel servizio successivo dello stesso TG, implorava il governo di chiudere tutto perché altrimenti il virus non si contiene?
E noi saremmo la stampella di qualcuno? E voi cosa siete? I boccaloni che credono a tutto e non capiscono nemmeno che il capo va in giro con la mascherina con su scritto Trump facendo finta di essere suo amico e non più di 2 anni fa pagava 50 dollari per farci una foto insieme? Lo stesso Salvini che accusa il governo di non aver fatto nulla contro il virus e se ne andato in giro tutta l'estate senza rispettare una sola regola e dicendo che il virus non c'era più? Ma se non c'era, cosa avremmo dovuto fare? Ma ringraziate l'universo che al governo ci stiamo noi, perché se ci fosse stato il vostro capo, non avreste certo avuto il tempo di pensare alle stampelle, avreste avuto ben altre cose a cui pensare. La stampella? Beh sappiate che se si toglie la stampella ad uno che ne ha bisogno, quello cade a terra…praticamente la fine che avete fatto voi dopo quel giorno di agosto…ah dimenticavo, a voi non c'è stato nemmeno di togliere la stampella…è bastato un mojto di troppo.
E poi ricordate che l'etimologia della parola stampella è: "strumento che lascia un'impronta nel terreno"...noi lasceremo il segno. 

https://www.facebook.com/photo?fbid=10218561517214798&set=a.2888902147289

Prima noi. - Rino Ingarozza

 

Certo che la Lega è in continua evoluzione.

È partita con "Prima la Lombardia"
poi è passata a "Prima il Nord/est"
Subito dopo ....."ma si, aggiungiamo anche il Nord/ovest" e quindi "Prima il nord .... ma nord nord"
Ma quasi quasi ....aggiungiamo anche la Toscana, l'Emilia Romagna e la Liguria. E allora.... "Prima il nord nord, ma anche il nord un po' meno nord".
Passano gli anni e ...... ma si, facciamo pace con Roma ladrona e mettiamoci anche le Marche e l'Umbria.
E allora ......"Prima il nord nord, il nord un po' meno nord, e il centro"
Poi arriva Salvini e ......"Ma io ho sempre amato Napoli, il suo dialetto, Peppino di Capri, le canzoni classiche e i neomelodici. "🎶🎶..Dicitencellu a sta cumpagna vosta...🎶🎶🎶🎶".
E Matera? Amo i sassi. Anche se prima me li tiravano addosso.
E Crotone? Il bel mare di Crotone, la sua storia, Pitagora.
E Poi Bari, quella vecchia e quella nuova. E Palermo? Mamma mia Mondello ....
E Cagliari? Ajo'......E Campobasso, con i suoi musei.
Insomma tutto il sud.
E quindi ....."Prima il nord nord, il nord un po' meno nord, il centro, il sud e le isole".
Si narra che qualcuno lo avvicino' e gli sussurro' in un orecchio "Segretario, si chiama Italia. Quello che ha detto prima va bene, lo ha studiato bene. Anche la canzoncina ha imparato a memoria. Ora mi raccomando, non sbagli il nome".
Ok, disse lui, e allora Prima l'Itaglia.
"Italia, segretario, Italia. Senza la "G" gli suggerirono ancora.
E allora fu ......Prima l'Italia e prima gli itagliani. "Italiani ....segrata' italiani ........e che caxxo".
Il testimone passò di mano in mano.
Prima Bossi, poi Maroni e, infine, Salvini.......il grande, irreprensibile Matteo Salvini. Non sapevo facesse politica (direbbe Aldo di Aldo, Giovanni e Giacomo). Di male in peggio.
Pian piano, però, iniziarono a venir fuori molte magagne della Lega.
Il suo fondatore, Umberto Bossi, venne addirittura condannato, in maniera definitiva, a otto mesi di reclusione, per violazione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti.
In pratica i soldi che noi tutti, con le nostre tasse, donavamo al suo partito, lui li usava per cose personali. Si ristrutturo' il palazzo dove viveva. Pago' la laurea all'estero del figliolo prediletto, detto "'il trota" e tante altre porcherie.
Voi vi chiederete se Bossi abbia scontato la pena. Certo, assolutamente, anzi la sta ancora scontando e sapete dove? A San Vittore? No..... Acqua .....dai, sforzatevi .....vi arrendete? Ma certo ... a palazzo Madama, sede del Senato italiano. Lo hanno premiato. Tu rubi? Sei idoneo per fare il Senatore. "Logica Lega" credo si chiami. Ma mica c'è solo lui, in parlamento, ce ne sono tanti. Indagati e anche condannati.
Poi arriva l'era Maroni. Resta poco come segretario del carroccio. Viene subito candidato ed eletto come Presidente della regione Lombardia.
Anche lui, per non essere da meno, del suo predecessore, anzi, dei predecessori (e cioè Bossi come leader della Lega e Formigoni come ex Governatore della Lombardia) si becca la sua bella condanna ad un anno, per aver favorito l'assunzione di due sue ex collaboratrici.
"Non potevo essere da meno" avrà pensato il buon Maroni. "Mica sono più fesso di loro". E si, hai proprio ragione ......qui nessuno è fesso.
In mezzo a queste porcate, altre storie losche, come quelle del loro tesoriere (tale Belsito) che aveva addirittura fatto sparire "la cassa" della Lega, usandola per uso personale, per pagare le multe del figlio di Bossi e addirittura investendo in diamanti. Sarà in galera, direte voi. No, è stato salvato dalla prescrizione.
Non sarà per questo motivo, che tutti i partiti, non vogliono allungare i tempi della prescrizione, come chiesto dal movimento 5 stelle? A pensar male si fa peccato ma spesso si indovina, diceva Andreotti (e lui se ne intendeva).
E Cota? Di Cota, presidente della regione Piemonte, ne vogliamo parlare? Questo con i soldi nostri si comprava, tra l'altro, le mutande.
Rigorosamente verdi. ....🎶🎶🎶 Mi ricordo mutande verdi...🎶🎶🎶
Poi arriva la ciliegina ....... i 49 milioni. Di questo si sa tutto e non mi dilungo. Dico solo ....immaginate se tutti quelli che ricevono una cartella esattoriale, dall'ufficio delle entrate e riscossioni, chiedessero una dilazione di pagamento in 80 anni?
Infine arrivano i camici di Fontana, scoperti dal miglior programma della televisione italiana (Report) e i suoi conti all'estero. In qualsiasi paese del mondo, chiunque fosse stato trovato con le mani nella marmellata, come è stato trovato lui, si sarebbe dimesso. Lui no, è ancora lì. Con la scusa della presunzione di innocenza. Ma de che.... se è talmente evidente quello che è successo. Hanno persino raddoppiato gli incarichi alla figlia avvocato. Con tanti avvocati disponili, la regione Lombardia dà incarichi alla figlia del suo Presidente. Questi si credono padroni delle istituzioni. E poi (notizia fresca fresca) la gestione "abusiva" di un maneggio, a Varese da parte della moglie e della cognata di Giorgetti (numero due della Lega), così, tanto per non farsi mancare niente. 🎶🎶 Oh oh cavallo. Oh oh cavallo, oh oh 🎶🎶 . Anche questa cosa, scoperta da Report. Per non parlare di centinaia di indagati in tutta Italia.
Certo, lo so, c'è anche Salvini indagato per sequestro di persona, ma per questo aspettiamo l'esito del processo (se mai si celebrerà). La vicenda dei rubli russi e la vivenda dei commercialisti ..di cui Salvini ...."Nenti sacciu".
Anche questa storia, vedremo come andrà a finire.
Non c'è che dire. Nel corso di tutti questi anni ne hanno fatte di cotte e di crude. Questa è la Lega che si candida a guidare il nostro paese. Questo è il partito che dovrebbe scrivere le regole, imporre le leggi agli altri. Sarebbe come affidare la cassa a Diabolik o a Arsenio Lupin.
C'è da dire, però, che sono stati coerenti. Si sono evoluti. Sono passati da prima il nord nord, il nord un po' meno nord, il centro, il sud e le isole a quello che era sempre il loro progetto, la loro idea di Stato, il loro motto originario, e cioè:
Prima noi.

Economia o salute: la scelta più difficile. - Maria Rita Gismondi*

 

Può arrivare un momento nel quale la scienza deve riconoscere i suoi limiti e deve avere il coraggio di rivedere i propri percorsi. Non sempre un esperimento progettualmente perfetto porta a risultati ottimali. Mi riferisco al momento in cui ci troviamo. Siamo in un punto di stallo, ma non sappiamo qual è il precipizio che ci attende. Forse per la prima volta nella storia dell’uomo ci troviamo a dover scegliere tra la sconfitta di un virus e la distruzione dell’economia con quello che ne deriva: “Se non c’è salute non c’è economia”. Certamente, ma è altrettanto vero che “se non c’è economia, non c’è salute”. Le due affermazioni non hanno bisogno di spiegazione ma di una decisione non facile. Una dichiarazione è stata redatta e firmata a Great Barrington, negli Stati Uniti d’America il 4 ottobre 2020, da parte del dottor Martin Kulldorff, professore di Medicina all’Università di Harvard, biostatistico ed epidemiologo con esperienza nell’individuazione e nel monitoraggio delle epidemie di malattie infettive e nella valutazione della sicurezza dei vaccini, il dottor Sunetra Gupta, professore all’Università di Oxford, epidemiologo con esperienza in immunologia, sviluppo di vaccini e modellazione matematica delle malattie infettive e il dottor Jay Bhattacharya, professore alla Stanford University Medical School, medico, epidemiologo, economista sanitario ed esperto di politica sanitaria pubblica, con particolare attenzione alle malattie infettive e alle popolazioni vulnerabili. In breve sostengono che è arrivato il momento di tutelare i fragili (anziani e malati cronici) ma di aprire ogni attività al resto della popolazione. Dall’altra parte, a maggio, uno studio pubblicato da Nature sosteneva che senza lockdown, fino al 4 maggio, in Italia ci sarebbero stati 600.000 decessi. C’è però da aggiungere che questi dati erano calcolati su tutta la popolazione, compresa la fascia “critica”. Nessuno ha pubblicato proiezioni e modalità per applicare il modello ipotizzato negli Usa. In una situazione nuova per tutti, nessuna ipotesi può essere esclusa, né si può cedere a condizionamenti ideologici. Ciò che è certo è che il vaccino non c’è ancora, che il virus circola, malgrado ogni nostro sforzo, che l’economia agonizza. Dobbiamo rispondere alla domanda: “Cosa fare se lo scenario permane così e potrebbe esserlo per anni?”.

*Maria Rita Gismondo Direttore microbiologia clinica e virologia del “Sacco” di Milano.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/10/20/economia-o-salute-la-scelta-piu-difficile/5972513/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=commenti&utm_term=2020-10-20

Se i numeri sono approssimativi, anche le misure sanitarie lo saranno. - Maria Rita Gismondo

 

In questa fase che alcuni chiamano seconda, altri onda dell’unica fase, si continuano a ripetere molti degli errori del primo periodo pandemico e che abbiamo più volte evidenziato. Oggi, però, stressati come siamo, fragili psicologicamente, ogni dato ha un valore amplificato e bisogna davvero controllare che sia corrispondente a realtà. Se tutto è approssimativo, anche le deduzioni scientifiche e le misure sanitarie lo saranno. Mi riferisco ai numeri che sin da marzo ci hanno accompagnati, ai quali abbiamo affidato il nostro umore, le nostre azioni quotidiane. Indimenticabile la conferenza stampa di Borrelli, appuntamento cui tutti gli italiani, costretti a casa, affidavano le speranze di essere liberati. Certo abbiamo bisogno di avere dati, ma se questi sono sbagliati, il rischio è che siano fuorvianti. Cominciamo con il numero di casi positivi. Ogni giorno ci comunicano quanti risultati positivi siano stati prodotti dai laboratori che hanno processato i tamponi rinofaringei dei vari soggetti. Dalla somma di questi positivi scaturirà la totalità dall’inizio della pandemia. Ebbene, se si sommano i singoli dati giornalieri, risultano essere almeno un 15% in più rispetto ai soggetti saggiati. Perché? Il motivo sta nelle stesse normative. Il soggetto risultato positivo dovrà ripetere almeno per 2 volte il tampone, alla fine del suo isolamento. A ciò si aggiunga che un buon numero di tali soggetti non si negativizza per lunghi periodi e continua a sottoporsi a tamponi. Altri, poi, in momenti diversi, hanno fatto un tampone. Dall’esame dei test eseguiti nel nostro laboratorio arriva la conferma. A fine settembre, i test eseguiti su tampone rinofaringeo erano 73115, i soggetti esaminati 61.850. E’ evidente che solamente da uno dei laboratori attivi, seppur uno dei più produttivi in numero di test effettuati, l’errore che ne deriva è pari al 15,5%. Se questo dato di calcola su tutti i tamponi eseguiti, risulta che i soggetti positivi ad oggi, non sarebbero 402. 536, bensì 340.203.

Questo per quanto riguarda i numeri. Ma i positivi sono solo quelli? In realtà no. Molti di più. Si calcola che almeno il 5% della popolazione oggi sia positiva. È la percentuale rilevata con lo studio di sieroprevalenza. Un’altra precisazione va data quando viene annunciato quanti “sono stati i positivi oggi”. Il dato temporale è quanto mai vario in Italia. È come se avessimo di fronte una foto con alcune zone con fuochi diversi. Sappiamo che i tempi di consegna dei risultati di un tampone sono molto diversi tra le regioni. Pertanto in alcune regioni si danno i risultati corrispondenti ai soggetti analizzati 24 ore prima, in altre si arriva fino a 7 giorni prima. È evidente che il panorama non è omogeneo e che il dato si riferisce a giorni diversi, non riuscendo a dare un’idea esatta dell’istantanea epidemiologica che si comunica. Per quanto riguarda i decessi, sono ormai consolidate le informazioni a riguardo delle loro denunce. Ogni malato ricoverato in ospedale, con qualsiasi patologia, se risulta positivo al Covid, in caso di decesso, sarà annoverato fra i decessi per Covid. Andiamo al quadro pubblicato dalla Protezione Civile, oggi si legge Attuali Positivi 116.935 (incremento 96239), Dimessi/Guariti 249.127 (incremento 1255), Deceduti 36.474 (incremento 47) ed infine Totale casi 402.536 (incremento 10925). Quest’ultimo incremento è l’esatta somma di tutti gli altri incrementi, qualcosa non funziona.

Vago il concetto di “guarito”. In alcune regioni in questa voce si contano i dimessi, i guariti dai sintomi ricoverati in altro reparto o a casa e coloro che da positivi si sono negativizzati. Ne abbiamo parlato qualche mese fa, ma ci risiamo.

Oltre l’edicola, gli articoli di Un Fatto in più.


Il Tenero Sileri vince per sfinimento in tutti i talk-show. - Andrea Scanzi

 

C’è un uomo che, da mesi, combatte contro tutto e tutti. Il Covid non teme, anche perché l’ha già avuto. Di Giletti non ha paura, anche perché nel suo salotto ormai ci vive o quasi. E di fronte ai troppi Fusaro non trema, se non forse per il freddo.

Non viene da Gotham City, da Darkwood e neanche da Krypton. Non ha le stimmate dell’eroe, i lineamenti del guerriero impavido e neanche la dialettica di Augias: è soltanto un viceministro aduso ai salotti tivù. Eppure, nel suo piccolo, Pierpaolo Sileri vive e lotta in mezzo a noi.

Chi si nasconde dietro le placide fattezze di questo quasi cinquantenne dalla capacità non comune di incassare colpi neanche fosse Chuck Wepner? Nato a Roma nel 1972. Laurea con lode in Medicina e Chirurgia nel 1998 presso l’Università di Roma Tor Vergata, dove consegue la specializzazione in Chirurgia dell’apparato digerente e il Dottorato di ricerca in Robotica e scienze informatiche applicate alla chirurgia. Nel 2018 è eletto senatore con il Movimento 5 Stelle nel collegio uninominale Roma-Collatino. Prima presidente della 12esima Commissione permanente Igiene e Sanità del Senato, quindi membro della Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza del Senato. E poi viceministro della Salute nel Conte-2, all’ombra di Roberto Speranza.

Forse Sileri si aspettava tutta questa esposizione mediatica e più probabilmente no. Di fatto, da febbraio, sta in tivù persino più della D’Urso. Il Covid lo conosce bene. Già il 2 febbraio era partito per Wuhan come coordinatore di un team di medici e infermieri in una missione volta a consentire il rimpatrio di 56 connazionali colpiti da Coronavirus. Poi, il virus, se lo è beccato lui. Per fortuna senza gravi conseguenze.

I talk-show da febbraio sono cambiati: sempre meno politica politicante e sempre più salute. Tamponi, test sierologici. Mascherine, quarantena. Ok, si saran dette le redazioni, ma allora chi chiamiamo? Un virologo, e lì c’era (e c’è) l’imbarazzo della scelta. Qualche opinionista, ora tremendista e ora minimizzatore, così magari litigano pure sulla pandemia. Sì, d’accordo: manca però un politico. Uno che, di salute, ne sappia. Ci sarebbe Speranza, certo, ma lui è il ministro: mica può andare in tivù tutti i giorni. Servirebbe uno delle retrovie ma non troppo, un tipo mansueto da bosco e da riviera: ed ecco allora il Tenero Sileri. Di colpo, quest’omino garbato e un po’ impacciato ha cominciato a essere ovunque. Inizialmente non lo ha notato nessuno, poi si è capito che la sua ostinata “medietà” era una cifra distintiva.

Sileri si presenta come un mezzo bamboccione: nessuno punterebbe su di lui. Infatti lo chiamano anche e soprattutto quei talk che, se potessero, al governo Conte-2 darebbero fuoco. Sileri accetta ogni invito, forse per senso del dovere e forse per masochismo. Puntualmente tutti cominciano a usarlo come punching ball, e i Porro di turno gongolano. Ma è qui – a un passo dal ko – che la normalità del Tenero Sileri funziona. Lui incassa ogni colpo, rintuzza a modo suo i colpi e si fa ogni volta concavo e convesso. Non è che i dibattiti li vinca lui; più che altro, sono gli altri che mollano la presa perché ormai stanchi di attaccarlo. Il Tenero Sileri li prende tutti per sfinimento.

Non si è ancora capito se la sua sia tattica, flemma atavica o genetica attitudine alla quiete un po’ goffa. Di sicuro, quasi inspiegabilmente, quel suo buffo mix tra serietà e “non-televisività” funziona. Lo guardi, lo ascolti e ti dici: “Bah, tutto sommato di uno così io mi fido”. Per dirla con il grande Battiato, viviamo proprio strani giorni.

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