Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
giovedì 13 maggio 2021
QUESTA UDIENZA NON S'HA DA FARE. - Rino Ingarozza
Acqua sporca. - Marco Travaglio
Fa discutere, ma anche ridere, l’ideona dell’Ue di annacquare il vino contro l’abuso di alcol. Ma nessuno si accorge che quella trovata demenziale è alla base della sentenza della Consulta sull’ergastolo “ostativo” e delle cosiddette riforme della Giustizia escogitate dalla Cartabia. Dice la Corte che pure gli ergastolani possono uscire anzitempo dal carcere anche se hanno commesso stragi e collaborano con la giustizia. E allora che ci sta a fare l’ergastolo, che per definizione è “fine pena mai”? E che deve fare un criminale per restare dentro sino alla fine, se non bastano neppure le stragi e il mancato pentimento? Invece di abolirlo, hanno inventato l’ergastolo annacquato. Cioè finto. Stesso discorso per le tre presunte riforme della giustizia. La prima è la pretesa incostituzionale di abolire l’appello, ma solo sulle assoluzioni: le condanne resterebbero appellabili. Come se gli errori giudiziari da correggere non fossero anche le assoluzioni dei colpevoli. Anziché abolire l’appello tout court, si aggiunge un po’ d’acqua e morta lì. La seconda è il Parlamento che decide quali reati le Procure devono perseguire e quali tralasciare: invece di depenalizzare quelli inutili, i politici li tengono nel Codice penale ma decidono di lasciarli impuniti (intanto ne sfornano di nuovi, vedi legge Zan). Un po’ d’acqua per allungare il brodo e il gioco è fatto.
La terza è la prescrizione che, cacciata dalla porta con il dl Bonafede, rientra dalla finestra con questo geniale marchingegno: si fissa per legge la durata massima dei processi e poi, se uno dura anche un giorno di più, la prescrizione torna a galoppare. L’idea di sveltire i processi fissandone la durata per legge è roba da menti malate: un conto è chiamare i giudici a rispondere dei ritardi (dovuti spesso alla loro pigrizia, più spesso a carenze di personale e procedure farraginose, ancor più sovente a manovre dilatorie degli avvocati); un altro è scrivere che i processi devono durare di meno per farli durare di meno. E, se durano di più, premiare con la prescrizione gli imputati che li han fatti durare di più. Così i colpevoli avranno tutta la convenienza a farli durare di più, in barba alla tabella di marcia della ministra. È la blocca-prescrizione diluita con acqua (sporca). Poi, naturalmente, tutti a strillare perché i terroristi Di Marzio e Bergamini non possono più essere estradati dalla Francia perché sono riusciti a restare latitanti quanto basta a far scattare la prescrizione (non del reato, ma della pena). Il bello è che l’estradizione, dopo Bonafede, l’ha chiesta la Cartabia. E i più indignati sono i partiti e i giornali di destra: gli stessi che rivogliono la prescrizione per tutti. Ma quelli l’acqua ce l’hanno al posto del cervello.
IlFQ
Covid, miliardari sempre più ricchi con la pandemia. Ecco come fanno i soldi. - Milena Gabanelli e Fabrizio Massaro
Se c’è una cosa che il Covid-19 non ha
fermato, è la crescita della ricchezza dei miliardari. Solo negli Stati Uniti,
dal 18 marzo al 15 settembre la ricchezza di 643 persone è cresciuta complessivamente di 845 miliardi
di dollari. Contemporaneamente 50 milioni di lavoratori perdevano il
lavoro (14 milioni sono ancora disoccupati) e ottenevano sussidi dal governo.
È una crescita di ricchezza che non si ferma. Il patrimonio personale di Jeff Bezos venerdì 16 ottobre è arrivato a 192 miliardi di dollari, (+69,9% da marzo), Elon Musk a 91,9 miliardi (+273,8%), Mark Zuckerberg a 97,9 miliardi, (+78,6%), solo per citare i più famosi. Oltre ai boom di Amazon, Tesla, Facebook, Microsoft, il lockdown è stata una benedizione anche per il fondatore e ceo di Zoom, Eric Yuan, passato da 5,5 a 24,7 miliardi di dollari (+349%) grazie alle videoconferenze cui siamo stati obbligati a ricorrere. Ed è entrato in classifica il creatore del videogioco Fortnite, Tim Sweeny, che oggi possiede 5,3 miliardi di dollari.
Anche la peste suina crea ricchezza.
Dopo gli Stati Uniti, al secondo posto
c’è la Cina con 456 miliardari in elenco. A
aprile il maggior incremento di ricchezza se l’era aggiudicato Qin
Yinglin, l’allevatore di maiali più grande del mondo: è passato dai 4,3 miliardi di dollari del 2019 ai 23,4 miliardi attuali
perché un’altra epidemia – la peste suina – ha fatto schizzare alle stelle il
prezzo della carne. Il Covid ha modificato anche in Cina la classifica. In
testa non c’è più Jack Ma: il creatore
del colosso dell’e-commerce Alibaba, oggi a quota 53 miliardi, è sceso al terzo
posto. E’ stato superato da Ma Huateng,
presidente e ceo di Tencent, super holding che controlla fra l’altro WeChat: a
marzo possedeva 38 miliardi, oggi ha superato i 61,6 miliardi. Al secondo posto è schizzato da poche settimane Zheng
Shanshan: da 1,9 a 55,9 miliardi di dollari in
sei mesi grazie alla quotazione in Borsa di due suoi gruppi, le acque minerali
Nongfu Spring e la Wantai Biological Pharmacy.
I miliardari italiani.
In Italia Forbes ne segnala 40 (erano 36 ad aprile). Al
primo posto Giovanni Ferrero con 26,5 miliardi di dollari, seguito da Leonardo
Del Vecchio con 20,8, la
famiglia Aleotti (Menarini Industrie Farmaceutiche)
con 10,2 miliardi (1 miliardo di evasione scudati), Giorgio
Armani passato dai 5,4 di inizio aprile agli
8,5 di oggi, Stefano Pessina con 8 miliardi e Silvio Berlusconi con 6,4 miliardi. Ma c’è anche il meno noto Gustavo
Denegri (5,9 miliardi), presidente e primo
azionista del gruppo di biotech Diasorin.
Da dove arriva questa ricchezza?
Tanti soldi si concentrano sempre di più
in poche mani, ma la gran parte non per meriti propri. Da un terzo al 60% dei
super-ricchi (a seconda di come viene classificata l’origine delle fortune) ha
ereditato i miliardi che possiede, a cominciare dalla new entry Mackenzie
Scott con 62 miliardi di dollari (erano 36 ad
aprile): la sua fortuna è quella di essere stata la
moglie di Bezos. Otto delle prime dieci donne più
ricche al mondo sono in classifica grazie al padre o al marito miliardario. Le
restanti due sono self-made women cinesi.
Idrocarburi,
olio di palma, casinò.
Un altro terzo almeno è composto da protagonisti del capitalismo di
relazione, ovvero fanno affari grazie all’appoggio dei governi con
leggi a favore, occhi chiusi della autorità antitrust, lobbying sui parlamenti,
brevetti ed esclusive estremamente estese che creano monopoli di fatto o di
diritto. Per esempio il messicano Carlos
Slim (53,1 miliardi di dollari) è
l’uomo dei telefoni in Messico. In Russia i primi dieci miliardari si occupano
tutti di materie prime e idrocarburi: Vladimir
Potanin (22,9 miliardi) possiede la maggioranza
di Nornickel (palladio e nichel); Vladimin
Lisin (22,6 miliardi) è il re
dell’acciaio. Leonid Mikhelson (20,7 miliardi), produttore di gas naturale, Roman
Abramovich (12,6 miliardi) grazie soprattutto a
carbone, nichel e palladio. Il filippino Enrique
Razon Jr. (4,8 miliardi) è la terza
generazione della dinastia che controlla i porti nel Paese asiatico. Il
malese Robert Kuok, 11,1 miliardi di dollari, ha fatto fortuna con l’olio di palma. Le
coltivazioni comportano l’abbattimento di intere foreste pluviali contribuendo
pesantemente ai mutamenti climatici; l’olio utilizzato come combustibile
fossile è inquinante, mentre il palmisto, impiegato nell’industria alimentare,
è fra i più pericolosi grassi saturi. Ben 21
miliardari che valgono complessivamente 100 miliardi di dollari sono nel
business dei casinò.
L’ingegneria fiscale.
Quando hai tanti soldi, puoi anche
permetterti i migliori esperti fiscali per creare trust, scatole cinesi,
veicoli offshore e spostando la residenza fiscale dove è più conveniente. Lo fa
la maggior parte delle multinazionali. Solo per fare un esempio, in
Italia, la famiglia Rocca controlla Tenaris attraverso un sistema di scatole che hanno al vertice una
fondazione olandese. Secondo una recente analisi di Mediobanca i giganti del web hanno versato
46 miliardi di dollari di tasse in meno, solo negli ultimi 5 anni.
Microsoft ha così risparmiato 14,2 miliardi; Alphabet (Google) 11,6; Facebook
7,5. Tra i giganti del web, Microsoft
è quella che ha pagato meno in tasse: appena il
10% degli utili nel 2019. Inoltre circa l’80% della loro liquidità - 638
miliardi a fine 2019, secondo Moody’s - è tenuta in paradisi fiscali per
sottrarla al Fisco dei paesi di provenienza.
Contratti infami ai dipendenti di ultimo livello.
I soldi si fanno risparmiando poi sul
lavoro. La gran parte delle multinazionali
applica contratti indegni ai dipendenti che stanno in fondo alla filiera, o
ricorre subfornitori che a loro volta usano lavoratori sottopagati. Noti marchi
del lusso italiani hanno obbligato sotto Covid i loro artigiani ad applicare
uno sconto del 2% sugli ordini già concordati. Bezos,
che è l’uomo più ricco del pianeta e ceo di Amazon, paga in Italia un co.co.co
sì e no 700 euro al mese. Non ha sborsato un euro per i
mille tamponi fatti dalla Regione Emilia Romagna ai dipendenti del centro
logistico Amazon di Castelsangiovanni. Ferrari e Ducati li pagano invece di
tasca loro.
In 2153 hanno
più soldi di 4,6 miliardi di persone
Secondo la ong Oxfam i 2.153 miliardari
del mondo detengono il 60% della ricchezza globale, ovvero hanno più soldi di quanti ne possiedono tutti insieme 4, 6
miliardi abitanti della Terra. Come contrastare questa ricchezza che si
concentra sempre di più nelle mani di pochi, mentre il livello di
disuguaglianza continua ad allargarsi? Le proposte di economisti e politici
sono tante: da eliminare le protezioni legali agli oligopolisti per aumentare
la concorrenza ad alzare le tasse di successione per i grandi patrimoni o di
introdurle lì dove non ci sono. Ma si fermano sui tavoli dei convegni.
Le fondazioni filantropiche e Bill Gates.
Il dibattito sulle tasse è molto acceso
in Usa dove, tra il 1980 e il 2018, le tasse pagate dai
miliardari, in rapporto alla ricchezza, sono diminuite del 79%. Una proposta è quella di tassare le fondazioni nelle quali i
mega-miliardari conferiscono le loro ricchezze con il solo obbligo di donare
appena il 5% l’anno del loro patrimonio. Scegliendo come e dove intervenire le
fondazioni filantropiche di fatto privatizzano le politiche di welfare. Il
miliardo che arriva al bilancio dell’Oms dalla Gates Foundation e Gavi Alliance
consente di fatto a Bill Gates, in qualità di maggior contribuente, di
orientarne le decisioni di politica sanitaria globale. Si sta accreditando come il maggior benefattore dell’umanità e oggi
chiede agli Stati di aumentare la tassazione ai più ricchi del pianeta. Gliene
siamo grati. Non dice una parola però contro il turismo fiscale di colossi come
Microsoft, grazie al quale ha fatto (e continua a macinare) miliardi.
Usa: le
apparenze e i fatti.
La sinistra americana nelle elezioni in
corso ci ha provato con Bernie Sanders a proporre un’imposta del 60% sui
guadagni realizzati dai miliardari durante la pandemia per sostenere le spese
sanitarie. Diversi miliardari sono pure d’accordo, a cominciare dal
finanziere Warren Buffett, 80,2 miliardi di dollari, quarto uomo più ricco al mondo. Ma oggi il
candidato democratico è un altro, Joe Biden. E dall’altra parte c’è Donald
Trump, posto 1.092 nella classifica mondiale
con 2,5 miliardi di dollari. Per 15
anni ha pagato zero dollari di tasse, grazie ad
ottimi (dal suo punto di vista) consulenti fiscali. Da aprile a settembre,
mentre in America il Covid fermava il Paese, la sua ricchezza è cresciuta del
20%.
Quanto
togliere ai ricchi per creare posti di lavoro.
Secondo il calcolo di Oxfam un
aumento dello 0,5% della tassazione a carico dell’1% più ricco del mondo, consentirebbe in dieci anni di
pagare 117 milioni di posti di lavoro nella scuola e nell’assistenza e cura di
anziani e malati. Maggior peso fiscale sui ricchi,
inoltre, toglierebbe un po’ di peso dalle tasse sul lavoro.
dataroom@rcs.it
CorrieredellaSera
Servizi: Draghi nomina Elisabetta Belloni a capo del Dis.
Ambasciatrice sostituisce Vecchione. Sequi nuovo segretario generale della Farnesina; Parente prorogato alla direzione dell'Aisi.
Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha nominato l'ambasciatore Elisabetta Belloni Direttore generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, in sostituzione dell'attuale Direttore generale, prefetto Gennaro Vecchione. Il Presidente Mario Draghi ha preventivamente informato della propria intenzione il Presidente del Copasir, Raffaele Volpi, e ha ringraziato il prefetto Vecchione per il lavoro svolto a garanzia della sicurezza dello Stato e delle istituzioni.
La nomina è disposta sentito il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica.
L'ambasciatore Ettore Sequi, attualmente capo di gabinetto del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, è il nuovo segretario generale della Farnesina dopo la nomina di Elisabetta Belloni al Dis. Lo apprende l'ANSA da fonti informate.
Il direttore del Dis Mario Parente è stato prorogato alla guida dell'Agenzia di sicurezza interna. Sarebbe scaduto a giugno.
"Rivolgo i miei sentiti e sinceri complimenti all'ambasciatore Elisabetta Belloni per il nuovo incarico alla direzione del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis). La vasta esperienza professionale ed il profilo umano sono doti che consentiranno un contributo saldo e costante alla sicurezza nazionale. Al Prefetto Mario Parente confermato alla guida dell'Aisi ribadisco la mia stima certo che possa dare continuità all'ottimo lavoro che sta svolgendo. A tutti e due i migliori auguri di buon lavoro nel comune supremo interesse della nostra Italia" Così il presidente del Copasir Raffaele Volpi.
"Buon lavoro a Elisabetta Belloni, donna di valore nominata ai vertici del DIS, e buona prosecuzione al generale Mario Parente". Così il leader della Lega, Matteo Salvini, su twitter.
Soddisfazione per la nomina di Elisabetta Belloni e per la conferma del Generale Mario Parente. Per la Lega sono buone notizie perché, come successo per Domenico Arcuri, sono l'ennesimo segnale di discontinuità rispetto alle scelte di Conte e dei 5Stelle. E' quanto fanno sapere fonti della Lega.
"La nomina di Elisabetta Belloni alla guida del DIS è un'ottima scelta per le Istituzioni italiane. E il fatto che si commissari ANPAL, rimandando in Mississippi il padre del reddito di cittadinanza e dei navigator è un'ottima notizia. Due passi in avanti". Lo scrive sui social il leder di Iv, Matteo Renzi, commentando le nomine del governo.
ANSA
Covid, Figliuolo alle Regioni: dal 17/5 aprire ai vaccini per gli over 40.
Dall'accordo sui vacanzieri a open day come si muovono le Regioni sui vaccini.
In una lettera inviata alle Regioni, Figliuolo raccomanda comunque ai governatori "l'assoluta necessità di continuare a mantenere particolare attenzione per i soggetti fragili, classi di età over 60, cittadini che presentano comorbidità, fino a garantirne la massima copertura". Per questo l'inizio delle somministrazioni per i più giovani non partiranno contemporaneamente in tutta Italia, ma solo nelle regioni che sono già pronte e che hanno già completato la vaccinazione di gran parte delle categorie citate dal commissario. Nel frattempo, con l'avvicinarsi delle vacanze, il governo sta pensando alla possibilità di consentire le vaccinazioni anche ai turisti in visita in regioni diverse da quella di residenza. L'accordo sembra essere vicino, come ha anticipato l'assessore alla Salute della Regione Lazio, Alessio D'Amato. "Il commissario Figliuolo è determinato - ha detto -, c'è un tema di sistemi informativi da mettere in comunicazione tra di loro, ma attraverso l'anagrafe vaccinale nazionale io credo che ci si arriverà in breve tempo". Le regioni hanno utilizzato il 91% delle dosi a loro disposizione, con Puglia, Lombardia e Sardegna tra le più virtuose. E proprio oggi è cominciata la distribuzione di altre 2,1 milioni di dosi, alle quali - entro il fine settimana - si aggiungeranno le restanti dei previsti 3 milioni. Nel Lazio si punta ad arrivare all'immunità di gregge già ad agosto. In Campania, invece, con l'arrivo di altre 215 mila dosi è ripartita la campagna che aveva subito un piccolo rallentamento.
Inusuale, poi, il caso di San Marino che proprio da lunedì aprirà al cosiddetto "turismo vaccinale". La doppia dose costerà 50 euro, con prenotazione alberghiera 7 giorni prima del soggiorno che dovrà essere di almeno tre notti per due volte in 21 giorni. L'iniziativa è aperta a tutti, tranne che agli italiani per via del mancato accordo ancora con il governo. Sul fronte Pfizer, infine, l'Ema mette la parola fine alla disputa sui 42 giorni del richiamo. "Non è una deviazione rispetto alla raccomandazione", spiega l'Agenzia europea spiegando che nei test clinici la somministrazione della seconda dose era prevista fino a 42 giorni. Informazioni, tra l'altro, presenti anche nel bugiardino del vaccino.
Vaccini, il flop di Johnson&Johnson: la metà delle dosi ancora inutilizzata. - Riccardo Ferrazza
I punti chiave
- Basilicata, Molise e Bolzano: mai usato J&J
- Medici di base e farmacisti
- Lazio: dal medico J&J per chi ha meno di 50 anni
È il quarto vaccino anti-Covid,
ultimo a essere approvato e ad arrivare alle Regioni ma finora con un ruolo
marginale nella campagna di vaccinazione, nonostante abbia il
vantaggio di essere monodose: non serve il richiamo. Di Janssen,
vaccino Johnson&Johnson a vettore virale (come
AstraZeneca), sono state consegnate 342.800 dosi, pari all’1,25% dei
vaccini distribuiti in Italia. Il piano vaccinale anti-Covid presentato dal
commissario Paolo Figliuolo prevede per questo prodotto
approvvigionamenti nel secondo trimestre del 2021 (quindi entro il 30 giugno)
per 7,31 milioni di dosi. Al momento siamo al 4,7%.
Percentuale destinata a salire - anche se di poco - da giovedì 13 maggio,
quando è previsto l’arrivo di oltre 170mila dosi di Janssen all’hub nazionale
vaccini della Difesa.
Basilicata, Molise e Bolzano: mai usato
J&J.
Finora sono state iniettate 195mila dosi di Janssen,
il 57% di quanto disponibile. Benché in leggero aumento nelle ultime ore, resta
di gran lunga la percentuale più bassa tra i quattro vaccini (Pfizer è al 88%,
AstraZeneca all’82%, Moderna al 79%). La Basilicata, il Molise e la provincia
autonoma di Bolzano non hanno usato neanche una dose Johnson&Johnson di
quelle ricevute: nel complesso una scorta di 7.600 ancora intatta. Ma anche la
Calabria si è limitata a utilizzare appena il 10% delle 10.500 dosi a sua
disposizione. Di contro la Puglia e la Toscana hanno quasi esaurito le proprie
scorte (sono entrambe al 95% di utilizzo).
Partenza ritardata.
Per il vaccino Janssen il ministero della Salute ha raccomandato
le stesse condizioni di utilizzo di AstraZeneca: da somministrare
«preferenzialmente» a persone di età superiore ai 60 anni. Una comunicazione
arrivata dopo la pausa imposta al vaccino monodose dalle autorità statunitense
a seguito dei casi di sei donne che hanno sviluppato una malattia rara che
coinvolge coaguli di sangue nelle due settimane successive alla vaccinazione
(una delle sei è morta dopo il vaccino). Il 12 maggio la Norvegia ha annunciato
la sospensione dell’uso del vaccino Johnson&Johnson nella propria campagna
di immunizzazione (e AstraZeneca è stato escluso).
La distribuzione in Italia è cominciata il 21 aprile
con le prime 184mila dosi. Il giorno successivo il commissario per l’emergenza
coronavirus Figliuolo assicurò: «Ho appena parlato con il presidente di
Johnson&Johnson che mi ha assicurato che entro fine aprile arriverà una
fornitura di altre 380mila dosi». Alla vigilia di nuovi arrivi il totale al
momento è fermo a quota 342.800. Appena 188mila quelle utilizzate. La media è
stata di 9.900 iniezioni al giorno. Un esordio non fologrante per l’unico
preparato monodose disponibile per la vaccinazione.
L’utilizzo nella prima fase.
Finora Johnson&Johnson è stato destinato
all’immunizzazione della popolazione carceraria, alla copertura vaccinale delle
isole minori (per esempio l’arcipelago toscano) e a quella a domicilio (come in
Emilia-Romagna, 38% di sfruttamento). In altri casi, per esempio il Veneto
(dosi usate al 68%), come scorta per compensare eventuali ritardi di forniture
di altri vaccini.
I nuovi vaccinatori: medici di base e
farmacisti.
La situazione dovrebbe cambiare con la nuova fase
della campagna vaccinale che vedrà farmacie e medici di base partire con la
somministrazione del vaccino anti-covid. Un esercito di 46mila vaccinatori:
circa 70mila farmacisti, per un totale di oltre 11mila farmacie in tutta
Italia, e oltre 35mila medici di famiglia. Il Lazio ha annunciato che dalla
fine del mese di maggio potranno vaccinarsi sfruttando questo canale le persone
nella fascia d’eta under 50. A loro verrà destinato solo AstraZeneca e
Johnson&Johnson. L’alternativa è attendere l’apertura della vaccinazione
alla propria fascia di età. L’assessore laziale alla Sanità D’Amato aveva già
fatto sapere che Johnson&Johnson verrà destinato «in maniera massiva» a
medici e farmacisti sfruttando la sua caratteristica di vaccino monodose che
«agevola le operazioni organizzative». Il Lazio ha utilizzato il 73% delle
proprie scorte di J&J.
La stessa possibilità si avrà in Molise: a partire da
lunedì 10 maggio alcuni medici di medicina generale possono procedere alle
vaccinazioni per i loro pazienti over 60 con il vaccino Johnson&Johnson. La
Regione non ha somministrato nessuna dose di questo vaccino.
IlSole24Ore