sabato 4 giugno 2022

Pannelli fotovoltaici notturni: da oggi si può. L’energia ha fatto passi da gigante. - Francesca Bloise

 

Pannelli fotovoltaici notturni: la novità in arrivo promette grandi cose. Tutto è pronto a cambiare per un uso innovativo dell’energia anche a casa. Le specifiche. 

pannelli fotovoltaici diventano sempre di più la scelta fatta dagli italiani per risparmiare sulle bollette e nello stesso tempo per inquinare di meno grazie all’uso dell’energia rinnovabile.

Da un lato i costi dell’energia tradizionale sono altissimi, lo sappiamo, dall’altro i bonus e le agevolazioni in corso danno dei buoni incentivi per imprimere un cambio di rotta ed i risultati evidenti spingono a fare anche di più. Ecco perché anche in Italia si sta assistendo ad un importante passo in avanti verso una maggiore sostenibilità.

I pannelli fotovoltaici come gli impianti eolici domestici funzionano e bene. Hanno però un piccolo limite, dipendere dal sole e dal vento che non sempre sono materialmente disponibili. Oggi però si è fatto un altro passo avanti con i pannelli fotovoltaici notturni che permettono di produrre energia anche di notte. Ti spieghiamo come è possibile.

Pannelli fotovoltaici notturni: ecco come funzionano.

Energia di notte con i pannelli fotovoltaici notturni senza utilizzare batterie e sistemi di immagazzinamento. Tutto questo sarà possibile: lo ha reso noto uno studio pubblicato sulla rivista Applied Physics Letters che ha dimostrato che i pannelli solari raffreddandosi possono comunque produrre energia.

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Le quantità non sono eccessive ma di certo è un grande passo in avanti senza la necessità di andare a modificare l’impianto esistente. I ricercatori hanno dimostrato, infatti, che i pannelli funzionano anche di notte in quanto sono in grado di generare una piccola quantità di elettricità quando la temperatura del pannello aumenta.

Insomma un significativo passo in avanti per la tecnologia ma anche sul fronte della sostenibilità e dei risparmi in quanto i costi delle batterie scendono e nello stesso tempo si ha a disposizione una maggiore quantità di energia da utilizzare nell’arco di tutta la giornata.

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Questo ci fa capire che le energie rinnovabili sono davvero la strada maestra da proseguire non solo per riparare ai danni che abbiamo compiuto negli anni passati nei confronti dell’ambiente ma anche per essere finalmente indipendenti dalle energie fossili.

https://www.orizzontenergia.it/2022/05/13/pannelli-fotovoltaici-notturni-energia-passi-gigante/

Risolto in 36 microsecondi un problema da 9.000 anni.

Chip di un computer quantistico (fonte: Pete Linforth da Pixabay)

Programmando particelle di luce per un computer quantistico.

Appena 36 microsecondi per risolvere un'operazione che avrebbe richiesto almeno 9.000 anni: è il nuovo successo raggiunto dai computer quantistici ed è stato ottenuto programmando, per la prima volta, particelle di luce (fotoni).

Pubblicato sulla rivista Nature, è il primo risultato del genere ottenuto con il processore fotonico programmabile Borealis della startup canadese Xanadu grazie a una tecnica particolarmente innovativa che semplifica lo sviluppo di questi potentissimi strumenti.

"E' un lavoro interessante e che permette un importante passo in avanti nella comprensione profonda delle potenzialità offerte dal calcolo quantistico", ha commentato Simone Severini, direttore del Quantum computing di Amazon Web Services (Aws).

La nuova macchina realizzata dai ricercatori di Xanadu rientra tra i computer quantistici che sfruttano al loro interno i fotoni nel ruolo di qubit, ossia le unità di calcolo dei computer. E' una macchina piuttosto semplice rispetto a quella usata due anni fa da Google, che per prima segnò un sorpasso nei confronti dei computer tradizionali, e che si basa invece sui superconduttori e per funzionare deve essere raffreddata a temperature vicine allo zero assoluto (circa meno 270 gradi).

Il successo di Xanadu è stato quello di riuscire a battere ancora una volta un super computer tradizionale, eseguendo in 36 microsecondi un calcolo che avrebbe invece richiesto almeno 9.000 anni, ma usando ora un processore fotonico programmabile e lavorando a temperatura ambiente. Quello affrontato con i nuovi chip è "un problema davvero difficile, noto come Gaussian Boson Sampling, che richiede tantissimo tempo per essere risolto dai computer tradizionali che non si basano sulla fisica quantistica", ha aggiunto Severini. "Risolverlo - ha proseguito - permette di identificare gruppi di nodi all'interno di una rete complessa, ad esempio per studio delle reti neurali oppure per comprendere l'interazione tra le proteine". Cuore del successo del processore Borealis sviluppato da Xanadu è un nuovo metodo per coordinare l'ingresso dei fotoni all'interno del processore. In questo caso le particelle di luce vengono prodotte da un singolo generatore che realizza una sorta di treno di fotoni allineati. Inserendo i singoli fotoni in speciali anelli (loop) più o meno lunghi diventa possibile sincronizzarli, provocando un ritardo sui primi e riorganizzandone l'entrata nel chip, dove avviene l'elaborazione.

Modificarne la sincronia in forma controllata permette una sorta di riprogrammazione dei possibili momenti di interazione tra i vari fotoni e di fatto avere un nuovo tipo di chip, fatto in questo caso da catene di fibre ottiche interconnesse tra loro e programmabile in base all'operazione che si vuole svolgere. "E' un risultato davvero interessante - ha commentato Fabio Sciarrino, a capo del Quantum Lab del dipartimento di Fisica della Sapienza di Roma - perché è stata raggiunta la quantum supremacy sviluppando una piattaforma che è allo stesso tempo semplice e innovativa: si limita il numero delle componenti necessariee, in modo ingegnoso, si sviluppa di fatto il primo processore fotonico programmabile in regime di quantum supremacy. Il tutto usando fotoni con le stesse caratteristiche di quelli utilizzati nelle telecomunicazioni, e lavorando a temperatura ambiente, ad esclusione di alcune componenti finali".

https://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/fisica_matematica/2022/06/01/risolto-in-36-microsecondi-un-problema-da-9.000-anni-_df3a2af9-2317-443d-8b93-912e7e7f1469.html

Il direttore dell’Agenzia delle Entrate: “Ci sono 19 milioni di evasori. Devono lavorare fino a ripagare la collettività”.

 

A tanto ammonta il numero dei cittadini con almeno una cartella esattoriale, ha spiegato Ernesto Maria Ruffini: "Hanno fatto i maramaldi per tanti anni, usiamo strumenti che li facciano rientrare in carreggiata. Li abbiamo individuati". E sul "sistema ideale" per combattere l'evasione: "Il mio è quello in cui i cittadini sanno che chi non paga viene intercettato e l'azione viene punita. La pena detentiva non mi convince".

Diciannove milioni di italiani con almeno una cartella esattoriale: 16 milioni di persone fisiche e 3 milioni di società, ditte, partite iva. Evasori, cittadini che devono dei soldi allo Stato per tasse, contributi e multe non pagate. Persone che dovrebbero lavorare “fino a ripagare la collettività”. Numeri (e soluzione) sono detti a chiare lettere dal direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini. “Li abbiamo individuati”, ha spiegato al Festival internazionale dell’Economia il numero uno dell’agenzia fiscale ragionando attorno agli strumenti per portarli a saldare il debito e al suo “sistema ideale” per la lotta all’evasione. “Il mio è quello in cui i cittadini sanno che chi non paga viene intercettato e l’azione viene punita. Chi è poi così autolesionista da evadere?”, si è chiesto.

“La pena detentiva per chi non paga le tasse non mi ha mai convinto – ha detto – Preferisco mettere in carcere l’evasore così poi fallisce l’attività o farlo lavorare finché non ripaga la collettività? Sono 19 milioni le persone che non pagano le tasse. Li abbiamo individuati, ma a chi conviene metterli tutti in cella?”. Nel conteggio di Ruffini rientrano tutti coloro che hanno una cartella esattoriale, quindi anche persone con multe non pagate. “Hanno fatto i maramaldi per tanti anni, usiamo strumenti che li facciano rientrare in carreggiata. Li abbiamo individuati”, ha spiegato Ruffini.

“Le tasse sono uno strumento per avere uno stato democratico. Pagare le tasse non fa piacere a nessuno e farle pagare fa ancora meno piacere, ma – ha aggiunto Ruffini in un’intervista a La Stampa – è la cartina di tornasole dell’inciviltà di un Paese perché si fanno pagare le tasse ad esempio per retribuire gli stipendi ai medici che ci salvano la vita”. Lo Stato, ha detto ancora, “ha ha dovuto tagliare la spesa sanitaria perché non ci sono abbastanza risorse”. In questa situazione, “dobbiamo essere consapevoli delle nostre scelte, invece si fa finta di nulla, negli anni con la complicità della politica”, avverte.

Già negli scorsi giorni, Ruffini aveva spiegato che nel cosiddetto “magazzino” ci sono circa 1.100 miliardi di euro fra tasse, imposte e contributi da riscuotere. Una cifra monstre solo in parte davvero recuperabile: “Qualche decina di miliardi, o comunque sotto i cento. La stragrande maggioranza dei crediti in magazzino non è riscuotibile”, aveva detto a SkyTg24 specificando che tra quei 19 milioni di soggetti iscritti a ruolo “solo 3 milioni hanno aderito alle diverse rottamazioni e al saldo e stralcio da cui si sono ricavati 20 milioni di euro”.

Una lotta che negli ultimi anni, complice il Covid e il rallentamento della riscossione, ha subito un rallentamento. Ma adesso, aggiunge il numero uno delle Entrate, “la macchina fiscale è tornata alla normalità” e “siamo pienamente operativi perché il legislatore così ci ha chiesto di essere”. Nel 2020 e 2021 “abbiamo sospeso la nostra attività”, quindi “ci è stato detto di ricominciare, abbiamo rimodulato l’attività dividendo nel 2022 il pregresso, abbiamo decine di milioni di atti e stiamo procedendo”. Ora in programma “c’è l’attuazione degli istituti della rateizzazione, c’è il completamento della rottamazione in corso”.

Ruffini è soddisfatto dell’andamento delle dichiarazioni dei redditi precompilate, per l’anno fiscale 2021 ‘attive’ dagli scorsi giorni: “Procedono bene, i cittadini acquisiscono familiarità con questo strumento”. Le prossime tappe? “Stiamo già precompilando i registri dei soggetti commerciali, l’anno prossimo partirà la precompilata Iva”. Quanto alla riforma fiscale “la cosa che mi aspetto – afferma – è la riorganizzazione delle norme. La confusione è enorme”. La priorità è “fare ordine, poi si può vedere quali regole si possono cambiare”, altrimenti “si fa altra confusione”. Sul punto Ruffini era stato chiaro in autunno, quando aveva spiegato che “con 800 leggi il sistema è giungla in cui l’evasore si nasconde” e aveva quindi chiesto al governo un intervento sulla privacy.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/06/03/il-direttore-dellagenzia-delle-entrate-ci-sono-19-milioni-di-evasori-devono-lavorare-fino-a-ripagare-la-collettivita/6614273/?fbclid=IwAR1xWHCBHvlZzERdbJq7oBnM8vm2m7zXZCxZJ8VlQcRU1LiXn7cwSPrmOKI#

Rinnovabili, l’ultima frontiera arriva dagli abissi marini. Il caso del Giappone: “Qui la corrente Kuroshio potrebbe generare il 60% dell’attuale capacità del Paese”. - Luisiana Gaita

 

Non solo flussi oceanici, ma anche maree e onde: vantaggi e limiti dei progetti. Il fenomeno Tokyo: i flussi permettono al sistema “una generazione di energia del 50-70%”, secondo una ricerca di Bloomberg Net, dunque maggiore rispetto a circa il 29% dell’eolico onshore e il 15% del solare.

Una turbina sottomarina gigantesca, che assomiglia a un aeroplano, da ancorare sul fondo del mare perché sfrutti l’energia della seconda corrente più potente al mondo, quella di Kuroshio, che corre lungo la costa orientale del Giappone. Il piano è questo e l’energia prodotta dalla turbina Giant Deep Ocean, al contrario di ciò che accade oggi per altre rinnovabili come l’eolico e il solare (che dipendono dalle ore del giorno e dalle condizioni atmosferiche), sarebbe una fonte di elettricità costante e affidabile. Da più di dieci anni, la multinazionale industriale giapponese IHI Corporation ha sviluppato il prototipo Kairyu, una macchina da 330 tonnellate con due ventole a turbina controrotanti e una fusoliera centrale che ospita un sistema di regolazione dell’assetto, progettata per essere ancorata a una profondità di 30-50 metri. Nella produzione commerciale, però, le turbine ricaveranno energia dalle corrente di Kuroshio, il corrispettivo della corrente del Golfo per l’oceano Atlantico, trasportando acqua calda tropicale verso il Polo Nord.

I test e il potenziale della corrente di Kuroshio – Come raccontato da Bloomberg, a febbraio 2022 la multinazionale giapponese ha completato uno studio dimostrativo sulla tecnologia durato tre anni e mezzo e condotto insieme alla New energy and industrial technology development organization (Nedo). Il sistema è stato testato nelle acque intorno alle isole Tokara, nel sud-ovest del Giappone, agganciando Kairyu a una nave a cui è stata inviata energia. La nave è stata prima indotta a generare artificialmente una corrente, e poi le turbine sono state sospese in quella di Kuroshio. Secondo la multinazionale e Nedo, solo il prototipo potrebbe generare 100 kilowatt di potenza stabile, ma l’azienda prevede di lavorare a un sistema che arrivi a 2 megawatt e che potrebbe essere operativo dal prossimo decennio. Nedo stima che la corrente di Kuroshio potrebbe potenzialmente generare fino a 200 gigawatt, circa il 60% dell’attuale capacità del Giappone. Secondo l’Ocean Energy Systems, collaborazione intergovernativa istituita dall’Agenzia internazionale per l’energia, entro il 2050 a livello globale potrebbero essere distribuiti più di 300 gigawatt di energia oceanica. Che è solo una delle fonti di energia che arrivano dal mare, insieme a quelle ricavate da ondemaree, gradienti di salinità e di temperatura, che sfrutta la differenza di temperatura tra la superficie e le profondità dell’oceano.

Il confronto con le rinnovabili non programmabili – Soprattutto dopo l’incidente nucleare di Fukushima, anche in Giappone si è investito soprattutto in eolico e solare, tecnologia nella quale Pechino è terzo produttore mondiale. Il primo vantaggio delle correnti oceaniche, però, è la loro stabilità: si tratta di masse d’acqua che scorrono a lungo senza mescolarsi tra di loro, con una direzione e una velocità quasi costante. In termini di capacità, questo permette al sistema “una generazione di energia del 50-70%”, secondo una ricerca di Bloomberg Net, dunque maggiore rispetto a circa il 29% dell’eolico onshore e il 15% del solare. Pur investendo molto nell’eolico offshore, inoltre, il Giappone è anche meno avvantaggiato rispetto ai Paesi europei che si trovano a latitudini più elevate e sono esposti ai venti predominanti da ovest e, dunque, sta puntando molto sulla ricerca e sullo sviluppo di tecnologie che sfruttano il mare.

Il Giappone investe sul mare. E non è solo – Il gigante giapponese Mitsui OSK Lines Ltd., una delle più grandi compagnie di navigazione del mondo, ha investito in Bombora Wave Power, pluripremiata compagnia energetica fondata nel 2012 in Australia, ma che oggi ha sede nel Galles, che ha messo a punto il convertitore di energia delle onde mWave™. Con l’investimento si punta a esplorare il potenziale della tecnologia in Giappone e in Europa. Sempre la Mitsui OSK Lines è impegnata nel progetto di avvio di una centrale che sfrutti la conversione dell’energia termica oceanica (OTEC). Oggi gestisce un impianto dimostrativo da 100 kW ad Okinawa, ma l’obiettivo è di arrivare a una potenza di 1.000 kW entro il 2025. La Kyuden Mirai Energy, unità rinnovabile della Kyushu Electric, invece, inizia quest’anno un test da 650 milioni di yen (5,1 milioni di dollari) per produrre un megawatt di energia delle maree intorno alle isole Goto, nel Mar Cinese Orientale. Tra le tecnologie per l’energia marina, in effetti, a contare sui progressi più veloci, anche in termini di costi, è quella che utilizza il flusso delle maree. Lo sanno bene in Scozia, dove la Orbital Marine Power ha lanciato nel 2021 la turbina marina 02 che, alle Orcadi, la scorsa estate ha iniziato a immettere in rete energia sfruttando le correnti di marea. È scozzese anche la Sustainable Marine, con le sue turbine galleggianti, vuole sfruttare le correnti di marea da record della Baia di Fundy, tra la Nuova Scozia e il Nuovo Brunswick, in Canada. Ma ci sono diverse società e progetti in tutto il mondo, Stati Uniti compresi.

Le energie del mare, vantaggi e svantaggi a confronto – Questo perché, sebbene i flussi di marea non durino 24 ore, tendono ad essere più forti delle correnti oceaniche profonde. Tornando alla corrente di Kuroshio, infatti, questa scorre da 1 a 1,5 metri al secondo, rispetto ai tre metri al secondo di alcuni sistemi di marea. E non si tratta dell’unica difficoltà da affrontare: sebbene le correnti oceaniche potrebbero fornire l’energia costante sufficiente per ridurre la necessità di stoccaggio e la dipendenza dai combustibili fossili, questo dipende in primis dalla posizione e dalla forza delle correnti, oltre che da una serie di altri fattori come l’accesso a mercati e reti, i costi di manutenzione, ma anche gli eventuali impatti ambientali. La prima sfida è quella di costruire un sistema che possa generare energia da correnti che non sono particolarmente forti. Nel caso del Giappone, le correnti oceaniche profonde offrono una serie di vantaggi. Oltre al potenziale di quella di Kuroshio, ci sono i limiti delle fonti alternative. Qui, infatti, “l’energia delle onde è moderata e instabile durante tutto l’anno – ha spiegato a Bloomberg Ken Takagi, professore di politica della tecnologia oceanica presso la Scuola di specializzazione in Scienze di frontiera di Tokyo – mentre le aree con forti correnti di marea tendono ad avere un intenso traffico marittimo”, fattore che non incide sulla corrente oceanica profonda. Anche il gradiente termico è maggiore nelle regioni tropicali.

Le sfide del progetto – Rispetto all’impatto sull’ecosistema marino, IHI dichiara di aver condotto una valutazione ambientale prima di avviare il progetto e di utilizzare i risultati dei test per esaminare qualsiasi impatto sull’ambiente marino e sull’industria della pesca. Altra sfida è relativa alla difficoltà di costruire un impianto sott’acqua, abbastanza robusto da resistere anche a condizioni ostili. “A differenza dell’Europa, che ha una lunga storia di esplorazione petrolifera del Mare del Nord, il Giappone ha poca esperienza con le costruzioni offshore” ha spiegato Takagi. È poi c’è la questione economica: i costi del progetto e dell’energia oceanica devono essere competitivi. Su larga scala IHI mira a generare energia a 20 yen per kilowattora, mentre in Giappone il solare è a 17 yen e l’eolico offshore a circa 12-16 yen.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/06/03/rinnovabili-lultima-frontiera-arriva-dagli-abissi-marini-il-caso-del-giappone-qui-la-corrente-kuroshio-potrebbe-generare-il-60-dellattuale-capacita-del-paese/6613807/#

giovedì 12 maggio 2022

Ma mi faccia il piacere. - Marco Travaglio

 

Spie russe ovunque. “L’addetta alle pulizie irrompe a RaiNews24. ‘Scusi signora, siamo in onda’” (Giornale, 1.5). E il Copasir che fa?

Autoritratto. “La fabbrica delle fake news” (Repubblica, prima pagina, 8.5). Un numero speciale autocelebrativo.

Appena Nato. “Pronti a trattare con la Russia rinunciando alla Crimea” (Volodymyr Zelensky, presidente dell’Ucraina, 6.5). “Stoltenberg: ‘Gli alleati non accetteranno mai di dare la Crimea ai russi’” (Repubblica, 8.5). Si avvicina il giorno in cui Zelensky userà le armi della Nato per liberare l’Ucraina dagli invasori della Nato.

Compra una consonante. “Il conduttore di Zona Bianca: ‘Su Lavrov nulla da rimproverarci’. Ma da Mediaset garanzie al ministro di Putin (Repubblica, 3.5). Sono abituati a Ladrov.

La neolingua. “Se il pacifismo, se è senza se e senza ma, e senza armi, sempre e comunque, per rifugiarsi in un’impassibile neutralità, rischia di diventare un pacifismo senza testa e senza cuore” (Mattia Feltri, Stampa, 6.5). Era ora che qualcuno inventasse il pacifismo armato. Seguirà il bellicismo disarmato.

Mejo de Putin/1. “Così Draghi potrebbe dover restare più a lungo a Palazzo Chigi”, “Il Colle e quell’ipotesi di Draghi premier fino a giugno 2023” (Foglio, 7.5). Dài che adesso aboliscono le elezioni.

Mejo de Putin/2. “La goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso è stata la puntata del 26 aprile. Quando a Cartabianca, talk condotto da Bianca Berlinguer, oltre al solito Alessandro Orsini e alla filosofa Donatella Di Cesare, noti per un antiamericanismo venato di indulgenza per Mosca, è stata invitata Nadana Fridrikhson, giornalista della tv del ministero della Difesa russo… accolti con fastidio a Palazzo Chigi. Da qui l’accelerazione di Fuortes – anticipata mercoledì scorso in Vigilanza, dopo un incontro con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli e il capo di gabinetto Antonio Funiciello – per modificare l’attuale forma dei talk” (Giovanna Vitale, Repubblica, 8.5). Dragov è infastidito, quindi Garofolov e Funiciellov convocano Fuortov per tappare la bocca alla dissidente e ai suoi ospiti, chiudendole direttamente il programma. Ma soprattutto per insegnare ai russi cos’è la liberaldemocrazia.

Com’è umano lui. “Draghi: ‘Va superata l’unanimità Ue’” (Sole-24 ore, 4.5). Ah ecco, in Italia no.

Giustizia alla ucraina. “Torture, stupori e sevizie: le violenze contro i civili sono sistematiche” (Iryna Venediktova, procuratrice ucraina, Stampa, 6.5). “Aiutateci a trovare le prove dei crimini” (Venediktova, Corriere della sera, 6.5). Prima emette la sentenza, poi cerca le prove.

Premio Tank. “Germania, dai cortei per la pace al sì alle armi in Ucraina: i Verdi voltano pagina” (Repubblica, 5.5). Il famoso verde militare.

Premio Attila. “Realacci: ‘L’inceneritore a Roma non è tabù’” (Foglio, 4.5). Il famoso verde merda.

Gelosone. “Più che un’intervista, quella di Lavrov a Rete4 era un comizio” (Mario Draghi, presidente del Consiglio, 2.5). Pensava di avere l’esclusiva.

Propaganda Live. “‘Guarda caso, gli americani e gli inglesi sono gli unici che non avrebbero le radiazioni di una guerra atomica, mentre le radiazioni come al solito arriverebbero sulle nostre teste…’, dice Marco Travaglio a Otto e mezzo… L’analisi dei venti applicata all’opinionistica bellica mancava, ma più la guerra va avanti più ci si avventura in nuovi inesplorati campi di in comprensibile supponenza” (Diego Bianchi, Venerdì-Repubblica, 6.5). No, gioia, non sono i venti: sono le distanze. Hai presente il metro? E il mappamondo?

Rondolingua. “Elio Germano, Sabina Guzzanti, don Fabio Corazzina, Marco Tarquinio, Luciana Castellina, Michele Santoro. Ricordatevi questi nomi. Hanno scelto gli assassini, i torturatori, gli stupratori. Non lo dimenticheremo” (Fabrizio Rondolino, Twitter, 5.5). Brrr che paura.

I titoli della settimana/1. “Letta s’è stufato di Conte” (Foglio, 3.5). “Il premier è stufo dei Cinquestelle” (Pietro Senaldi, Libero, 4.5). Oh no, povere stelle, e adesso come facciamo?

I titoli della settimana/2. “Mps: tutti assolti in appello. Bye-bye Grillo e Travaglio” (Paolo Comi, Riformista, 7.5). Il primo era il pm, il secondo il gup.

I titoli della settimana/3. “L’Italia ha regalato a Putin il virus per l’affare Sputnik… gratuitamente, senza chiedere in cambio le royalties” (Andrea Casadio, Domani, 5.5). Uahahahahahah.

I titoli della settimana/4. “Il termovalorizzatore di Gualtieri è la grande occasione per Roma” (Francesco Merlo, Repubblica, 8.5). Ma soprattutto per il cancro.

I titoli della settimana/5. “Gli altolà del Movimento nascondono le debolezze” (Massimo Franco, Corriere della sera, 5.5). “I distinguo M5S segni di debolezza” (Stefano Folli, Repubblica, 5.5). Bibì e Bibò.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/05/09/ma-mi-faccia-il-piacere/6584655/

Draghi vola negli Usa e resta solo. Nessuna conferenza con Biden. - Wanda Marra

 

IL PREMIER NEGLI USA - Migliori in fuga Adesso anche Letta (in dissenso con Palazzo Chigi) dice che Putin non va sconfitto. Oggi l’incontro alla Casa Bianca.

Alle 14, ora di Washington (le 20 in Italia), Mario Draghi avrà il bilaterale con Joe Biden al quale a Palazzo Chigi lavorano da settimane. Fin da prima dell’aggressione di Vladimir Putin all’Ucraina.

Visita che inizia non proprio sotto i più fulgidi auspici. Se nella maggioranza è tutto un distinguo, le incognite restano anche sul “format” della giornata. Nel comunicato di Palazzo Chigi si parla di “dichiarazioni” prima del bilaterale, non v’è traccia di conferenza congiunta finale. Eppure Biden e Scholz, in occasione della visita del Cancelliere tedesco a Washington, all’inizio di febbraio, la fecero. In Italia raccontano che pare dipenda dalla Casa Bianca, dalla poca voglia del presidente degli States di rispondere a domande. E lo staff di Draghi confida nella possibilità che alla fine la conferenza stampa, invece, si faccia.

Trattasi certo di poca, pochissima cosa, rispetto al tema principale in agenda, l’Ucraina. La guerra va avanti da ormai 2 mesi e mezzo, nonostante ieri fosse la fatidica data del 9 maggio, quando ci si aspettava qualche indicazione da Putin sul cessate il fuoco, mentre si temeva l’annuncio dell’escalation. Nessuna delle due cose è arrivata. Ma la visita alla Casa Bianca è un’ulteriore vicenda che non va del tutto liscia. L’ultima è stata l’annunciata visita a Kiev, che non solo non c’è stata, ma nessuno sa se ci sarà. Un’informazione data in maniera piuttosto avventata, una conferma alla stampa che non doveva arrivare, un “pasticcio” comunicativo: così spiegano anche dentro Palazzo Chigi la dinamica di un viaggio fantasma. Il viaggio che si fa è intanto quello negli States, dove Draghi ha sempre goduto di grande considerazione personale, per quanto un po’ ammaccata da quando è a capo del governo italiano. E in effetti, la sua maggioranza anche questa volta si fa notare non per il sostegno, ma per le volute differenziazioni e prese di distanza. Giuseppe Conte chiede da giorni che il premier riferisca in Parlamento sull’invio di aiuti militari e insiste sulla distinzione (in realtà complessa) tra “armi offensive” e “armi difensive”, Matteo Salvini si spinge a chiedere che il premier porti a Biden il desiderio di pace degli italiani. Mentre il segretario del Pd, Enrico Letta, ieri in un’intervista al Corriere chiariva che “l’idea di battere l’avversario non mi appartiene”, riferendosi allo Zar. Non poco, visto che lo stesso Biden aveva evocato il “regime change”. Posizione condannata subito da Letta, ma non da Draghi. Che infatti è più schierato sull’atlantismo del leader del Pd. Il quale si sta ritagliando una posizione, secondo cui prima viene l’europeismo, poi l’atlantismo. Addirittura Salvini parla delle pressioni sul “falco” Letta da parte del Pd per indurlo a cambiare posizione. Le pressioni – da Graziano Delrio in poi – per invitare il segretario a battere di più sul negoziato e a non appiattirsi sulle richieste americane, ci sono state, pur se al Nazareno giurano che non esiste giravolta. In questo clima, oggi Draghi arriva alla Casa Bianca.

Una “visita politica” la definisce chi segue il dossier, con gli States che sarebbero particolarmente interessati alla strategia per la differenziazione dell’approvvigionamento di gas alla quale sta lavorando l’Italia. D’altra parte Washington una parte di gas liquido al nostro Paese l’ha già promessa. La richiesta italiana è arrivata e non sarà reiterata più del dovuto. Draghi ribadirà anche l’importanza delle sanzioni e si dirà pronto ad appoggiare l’embargo totale del gas. Resta la spinosa questione armi, che il premier deve affrontare se vuol continuare a porsi come alleato prezioso di Biden. Con le difficoltà interne, i dettagli delle forniture restano volutamente fumosi. Tanto che il terzo decreto interministeriale non è ancora stato varato. Dovrebbe accadere al ritorno. Previo coordinamento con gli altri Paesi europei. E previo confronto con Biden.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/05/10/draghi-vola-negli-usa-e-resta-solo-nessuna-conferenza-con-biden/6585962/

CartaBianca e noi con l’anello al naso. - Antonio Padellaro

 

“Questa sinistra che passa la vita a cercare di tappare la bocca a tutti, io me la ricorderò quando vincerà la destra, ci farà un culo così e avrà pure ragione. Perché vincerà, la destra, prima o poi”.

Chiara Geloni

Avere l’anello al naso o la sveglia al collo sono pessime espressioni di stampo colonialista che si divertivano a descrivere i popoli africani come gente ingenua e sprovveduta. Chiedo perciò preventivamente scusa se riguardo alle indiscrezioni sul bavaglio che Palazzo Chigi intende mettere a CartaBianca (affidato alla premiata coppia Fuortes&Orfeo) sto per scrivere: questi pensano che gli italiani abbiano l’anello al naso. Poiché soltanto una visione polverosamente arcaica (e anche abbastanza desolante) del rapporto tra chi fa televisione e chi la guarda può aver partorito certe pillole di pedagogia pronta per l’uso (come la xamamina per il mal d’auto) del tipo: “Il talk show per l’approfondimento giornalistico del servizio pubblico non è l’ideale” (l’ad Rai). La prima, immediata obiezione potrebbe essere che un’azienda con i conti, diciamo così, ballerini, dovrebbe prima di tutto badare agli ascolti, soprattutto se eccellenti, come nel caso della trasmissione condotta da Bianca Berlinguer. Se non fosse che: 

1) Sugli approfondimenti dell’aggressione russa all’Ucraina il giudizio del pubblico viene considerato, ai piani alti di Viale Mazzini, una variabile del tutto dipendente. Perché se per ipotesi quella fastidiosa entità (i telespettatori) volessero ascoltare un punto di vista diverso dal catechismo belligerante, i casi sono due. O è sbagliato il pubblico (che non si può abolire, ma desertificare questo sì). Oppure è sbagliato il talk che, appunto, “non è l’ideale”, e che va dunque trasformato in cartastraccia. 

2) Anche perché un sondaggio Swg pubblicato da “Libero” svela che le notizie veicolate dai media sulla guerra sono ritenute “attendibili poco o per niente” dalla maggioranza degli interpellati: a cominciare dalle perdite di Mosca, dalla reale efficacia delle sanzioni e dallo stato di salute di Vlad. Titolo di “Libero”: “In tv sfonda il pensiero unico di Putin”. Infatti, se la gente non abbocca sarà sicuramente al soldo del Kgb. 

3) A dimostrazione che gli ascolti possono essere perfino perniciosi, nel palinsesto Rai brillano alcuni preziosi modelli di impatto zero, nel senso che mentre si pensa di abolire CartaBianca vanno in onda alcuni programmi (sul flauto del dio Pan o sul lato nascosto dell’onorevole Zuzzurini) paragonabili a quelle specie rarissime avvistate dopo lunghi appostamenti dai birdwatching, come il gipaetus barbatus o l’ululone appenninico. Leccornie che hanno evidentemente il loro perché. Infine, un paio di consigli non richiesti agli strateghi di Palazzo Chigi. Se proprio non gli garba ciò che dice il professor Alessandro Orsini (un nome a caso), cerchino allora qualcuno in grado di controbattergli efficacemente qualcosa di sensato e di documentato. Esiste sempre lo strumento della legge marziale che necessita, è vero, di una dichiarazione formale di guerra alla Russia (un’altra spedizione di armi pesanti ed è fatta). Ma che può immediatamente zittire i rompicoglioni, con le buone o con le cattive. Sempre meglio della sveglia al collo che segna l’orario di ottant’anni fa.

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