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sabato 14 settembre 2024

La Struttura Yonaguni o Monumento di Yonaguni.

 

Sul fondo dell'oceano vicino alla costa del Giappone, c'è una struttura conosciuta come la "Piramide Yonaguni" che molti credono sia la prova di un'antica civiltà avanzata.! Scoperta nel 1986 dal sommozzatore Kihachiro Aratake, questa struttura subacquea è a forma di piramide ed è composta da grandi blocchi di pietra con angoli retti e superfici piane. Mentre alcuni scienziati sostengono che si tratti di una formazione naturale, altri credono che sia stata costruita dagli esseri umani oltre 10.000 anni fa, che potrebbe riscrivere la storia della civiltà umana. La vera natura della Piramide Yonaguni rimane un mistero e un oggetto di intenso dibattito.

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sabato 10 febbraio 2024

Ishi-no-Hoden di Takasago, Giappone. - Yanel Garriga

La meraviglia della pietra megalitica conosciuta come Ishi-no-Hoden di Takasago, Giappone. Ishi-no-Hoden è uno dei monumenti più misteriosi e sconcertanti del Giappone, una gigantesca struttura in pietra a forma di un vecchio televisore a tubo alto quasi 6 metri e 500 tonnellate (560 tonnellate) di peso che sembra galleggiare sopra uno stagno nella città di Takasago, prefettura di Hyogo. Ora parteciperai al nostro viaggio in questo fantastico monumento di pietra e imparerai tutto su quella che si crede essere un'opera degli dei Ookuninushi e Sukunabikona, che hanno accettato la sfida di costruire un intero castello sulla montagna Hodenyama in una sola notte ma hanno finito per andarsene incompiuto a causa di una ribellione guidata da un dio provinciale. Ishi-no-Hoden (letteralmente "Stone Treasure Hall") è uno dei più grandi e antichi puzzle nella storia e nell'archeologia del Giappone. È un colossale megalite situato nella regione del Kansai, nel quartiere di Amidacho, nella città di Takasago, nella prefettura di Hyogo, a circa 100 chilometri (62 miglia) da Asuka, nella provincia di Nara, un luogo che ha lo stesso stile di scultura del periodo Jomon (la più antica civiltà preistorica giapponese conosciuta, 14.000-200 a.C., che è anche collegato alle più antiche ceramiche scoperte sulla terra). L'altrettanto colossale Masuda-no-Iwafune di Asuka.

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sabato 4 giugno 2022

Rinnovabili, l’ultima frontiera arriva dagli abissi marini. Il caso del Giappone: “Qui la corrente Kuroshio potrebbe generare il 60% dell’attuale capacità del Paese”. - Luisiana Gaita

 

Non solo flussi oceanici, ma anche maree e onde: vantaggi e limiti dei progetti. Il fenomeno Tokyo: i flussi permettono al sistema “una generazione di energia del 50-70%”, secondo una ricerca di Bloomberg Net, dunque maggiore rispetto a circa il 29% dell’eolico onshore e il 15% del solare.

Una turbina sottomarina gigantesca, che assomiglia a un aeroplano, da ancorare sul fondo del mare perché sfrutti l’energia della seconda corrente più potente al mondo, quella di Kuroshio, che corre lungo la costa orientale del Giappone. Il piano è questo e l’energia prodotta dalla turbina Giant Deep Ocean, al contrario di ciò che accade oggi per altre rinnovabili come l’eolico e il solare (che dipendono dalle ore del giorno e dalle condizioni atmosferiche), sarebbe una fonte di elettricità costante e affidabile. Da più di dieci anni, la multinazionale industriale giapponese IHI Corporation ha sviluppato il prototipo Kairyu, una macchina da 330 tonnellate con due ventole a turbina controrotanti e una fusoliera centrale che ospita un sistema di regolazione dell’assetto, progettata per essere ancorata a una profondità di 30-50 metri. Nella produzione commerciale, però, le turbine ricaveranno energia dalle corrente di Kuroshio, il corrispettivo della corrente del Golfo per l’oceano Atlantico, trasportando acqua calda tropicale verso il Polo Nord.

I test e il potenziale della corrente di Kuroshio – Come raccontato da Bloomberg, a febbraio 2022 la multinazionale giapponese ha completato uno studio dimostrativo sulla tecnologia durato tre anni e mezzo e condotto insieme alla New energy and industrial technology development organization (Nedo). Il sistema è stato testato nelle acque intorno alle isole Tokara, nel sud-ovest del Giappone, agganciando Kairyu a una nave a cui è stata inviata energia. La nave è stata prima indotta a generare artificialmente una corrente, e poi le turbine sono state sospese in quella di Kuroshio. Secondo la multinazionale e Nedo, solo il prototipo potrebbe generare 100 kilowatt di potenza stabile, ma l’azienda prevede di lavorare a un sistema che arrivi a 2 megawatt e che potrebbe essere operativo dal prossimo decennio. Nedo stima che la corrente di Kuroshio potrebbe potenzialmente generare fino a 200 gigawatt, circa il 60% dell’attuale capacità del Giappone. Secondo l’Ocean Energy Systems, collaborazione intergovernativa istituita dall’Agenzia internazionale per l’energia, entro il 2050 a livello globale potrebbero essere distribuiti più di 300 gigawatt di energia oceanica. Che è solo una delle fonti di energia che arrivano dal mare, insieme a quelle ricavate da ondemaree, gradienti di salinità e di temperatura, che sfrutta la differenza di temperatura tra la superficie e le profondità dell’oceano.

Il confronto con le rinnovabili non programmabili – Soprattutto dopo l’incidente nucleare di Fukushima, anche in Giappone si è investito soprattutto in eolico e solare, tecnologia nella quale Pechino è terzo produttore mondiale. Il primo vantaggio delle correnti oceaniche, però, è la loro stabilità: si tratta di masse d’acqua che scorrono a lungo senza mescolarsi tra di loro, con una direzione e una velocità quasi costante. In termini di capacità, questo permette al sistema “una generazione di energia del 50-70%”, secondo una ricerca di Bloomberg Net, dunque maggiore rispetto a circa il 29% dell’eolico onshore e il 15% del solare. Pur investendo molto nell’eolico offshore, inoltre, il Giappone è anche meno avvantaggiato rispetto ai Paesi europei che si trovano a latitudini più elevate e sono esposti ai venti predominanti da ovest e, dunque, sta puntando molto sulla ricerca e sullo sviluppo di tecnologie che sfruttano il mare.

Il Giappone investe sul mare. E non è solo – Il gigante giapponese Mitsui OSK Lines Ltd., una delle più grandi compagnie di navigazione del mondo, ha investito in Bombora Wave Power, pluripremiata compagnia energetica fondata nel 2012 in Australia, ma che oggi ha sede nel Galles, che ha messo a punto il convertitore di energia delle onde mWave™. Con l’investimento si punta a esplorare il potenziale della tecnologia in Giappone e in Europa. Sempre la Mitsui OSK Lines è impegnata nel progetto di avvio di una centrale che sfrutti la conversione dell’energia termica oceanica (OTEC). Oggi gestisce un impianto dimostrativo da 100 kW ad Okinawa, ma l’obiettivo è di arrivare a una potenza di 1.000 kW entro il 2025. La Kyuden Mirai Energy, unità rinnovabile della Kyushu Electric, invece, inizia quest’anno un test da 650 milioni di yen (5,1 milioni di dollari) per produrre un megawatt di energia delle maree intorno alle isole Goto, nel Mar Cinese Orientale. Tra le tecnologie per l’energia marina, in effetti, a contare sui progressi più veloci, anche in termini di costi, è quella che utilizza il flusso delle maree. Lo sanno bene in Scozia, dove la Orbital Marine Power ha lanciato nel 2021 la turbina marina 02 che, alle Orcadi, la scorsa estate ha iniziato a immettere in rete energia sfruttando le correnti di marea. È scozzese anche la Sustainable Marine, con le sue turbine galleggianti, vuole sfruttare le correnti di marea da record della Baia di Fundy, tra la Nuova Scozia e il Nuovo Brunswick, in Canada. Ma ci sono diverse società e progetti in tutto il mondo, Stati Uniti compresi.

Le energie del mare, vantaggi e svantaggi a confronto – Questo perché, sebbene i flussi di marea non durino 24 ore, tendono ad essere più forti delle correnti oceaniche profonde. Tornando alla corrente di Kuroshio, infatti, questa scorre da 1 a 1,5 metri al secondo, rispetto ai tre metri al secondo di alcuni sistemi di marea. E non si tratta dell’unica difficoltà da affrontare: sebbene le correnti oceaniche potrebbero fornire l’energia costante sufficiente per ridurre la necessità di stoccaggio e la dipendenza dai combustibili fossili, questo dipende in primis dalla posizione e dalla forza delle correnti, oltre che da una serie di altri fattori come l’accesso a mercati e reti, i costi di manutenzione, ma anche gli eventuali impatti ambientali. La prima sfida è quella di costruire un sistema che possa generare energia da correnti che non sono particolarmente forti. Nel caso del Giappone, le correnti oceaniche profonde offrono una serie di vantaggi. Oltre al potenziale di quella di Kuroshio, ci sono i limiti delle fonti alternative. Qui, infatti, “l’energia delle onde è moderata e instabile durante tutto l’anno – ha spiegato a Bloomberg Ken Takagi, professore di politica della tecnologia oceanica presso la Scuola di specializzazione in Scienze di frontiera di Tokyo – mentre le aree con forti correnti di marea tendono ad avere un intenso traffico marittimo”, fattore che non incide sulla corrente oceanica profonda. Anche il gradiente termico è maggiore nelle regioni tropicali.

Le sfide del progetto – Rispetto all’impatto sull’ecosistema marino, IHI dichiara di aver condotto una valutazione ambientale prima di avviare il progetto e di utilizzare i risultati dei test per esaminare qualsiasi impatto sull’ambiente marino e sull’industria della pesca. Altra sfida è relativa alla difficoltà di costruire un impianto sott’acqua, abbastanza robusto da resistere anche a condizioni ostili. “A differenza dell’Europa, che ha una lunga storia di esplorazione petrolifera del Mare del Nord, il Giappone ha poca esperienza con le costruzioni offshore” ha spiegato Takagi. È poi c’è la questione economica: i costi del progetto e dell’energia oceanica devono essere competitivi. Su larga scala IHI mira a generare energia a 20 yen per kilowattora, mentre in Giappone il solare è a 17 yen e l’eolico offshore a circa 12-16 yen.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/06/03/rinnovabili-lultima-frontiera-arriva-dagli-abissi-marini-il-caso-del-giappone-qui-la-corrente-kuroshio-potrebbe-generare-il-60-dellattuale-capacita-del-paese/6613807/#

domenica 15 agosto 2021

Giappone: piogge torrenziali, 5 milioni di persone evacuate.

 

Sulla costa meridionale. Un morto e due dispersi. Esperto: 'La causa anche un cambiamento climatico'.

Cinque milioni di persone in Giappone hanno ricevuto un ordine di evacuazione a causa delle piogge senza precedenti che stanno battendo la costa meridionale. Lo riferisce la Cnn.

In oltre 20 prefetture è stata ravvisata la minaccia di inondazioni e frane. L'allerta massima, di livello 5, riguarda oltre un milione di persone nelle prefetture di Saga, Nagasaki, Fukuoka e Hiroshima, secondo l'emittente pubblica NHK. Il secondo avvertimento più forte, il livello 4, è stato emesso ad altre 17 prefetture, colpendo oltre 4 milioni di residenti. Alcune immagini postate sui social mostrano residenti che camminano nell'acqua alta fino alla coscia in strade allagate, trasportando bambini e oggetti personali. I vigili del fuoco e altri soccorritori hanno tratto in salvo persone rimaste bloccate, caricandole su gommoni. Il livello dell'acqua è ancora in aumento in diversi fiumi che rischiano di esondare. In alcune città dell'isola meridionale di Kuyshu sono caduti oltre 40 millimetri di acqua in un'ora, ma secondo i meteorologi ne potrebbero cadere fino a 250 millimetri nelle prossime 24 ore. 

Una persona è morta e altre due sono ritenute disperse a causa delle piogge torrenziali. La vittima è una donna di 59 anni ed i dispersi sono due membri della sua famiglia. Secondo un funzionario locale, i tre si trovavano in una delle abitazioni travolte da una frana nella cittadina di Unzen, nella prefettura di Nagasaky. "Oltre 150 tra soldati, poliziotti e vigili del fuoco sono stati inviati sul posto per le operazioni di soccorso", ha detto il funzionario, Takumi Kumasaki. 

L'ondata di maltempo che ha colpito il Giappone è dovuta anche al cambiamento climatico, che aumenta il rischio di piogge torrenziali poiche' un'atmosfera più calda trattiene una maggiore quantità d'acqua. "Sono stati osservati livelli senza precedenti di forti piogge", ha commentato ai giornalisti a Tokyo Yushi Adachi, un funzionario dell'agenzia meteorologica nazionale. "È molto probabile che si sia già verificato un qualche tipo di disastro", ha aggiunto sottolineando che "la massima allerta è necessaria anche nelle aree in cui i rischi di frane e inondazioni di solito non sono così alti". Il mese scorso le forti piogge hanno causato una frana nella località turistica di Atami (centro) costata la vita ad almeno 23 persone (altre quattro risultano ancora disperse). E nel 2018 oltre 200 persone sono morte a causa delle alluvioni che hanno colpito il Giappone occidentale durante l'annuale stagione delle piogge.

ANSA


domenica 28 luglio 2019

7 Meraviglie del Mondo Antico che rappresentano un Mistero ancor Oggi. Monumento Yonaguni, Giappone - Annalisa Lo Monaco

7 misteri di civiltà scomparse 7

Il Monumento Yonaguni è composto da rocce sommerse al largo della costa di Yonaguni, la più meridionale delle isole Ryukyu, in Giappone. Nel 1986 il subacqueo Kihachiro Aratake, immergendosi nelle acque a sud dell’isola di Yonaguni, vide alcune strane strutture, la cui parte superiore si trova a circa 5 metri sotto il livello del mare. Aratake rimase stupefatto di fronte alle massicce formazioni simili a piramidi, con perfetti angoli di 90 gradi, pareti diritte, gradini, colonne e quello che sembra essere un volto umano scolpito nella roccia. Potrebbero essere le rovine di una civiltà antica di 10.000 anni, che modellò le rocce durante l’era glaciale, quando l’isola di Yonaguni era ancora terraferma, in un “ponte continentale” tra l’Asia e il Giappone.
Masaaki Kimura, un geologo marino della Università di Ryukyu, che ha studiato e mappato il sito per oltre 15 anni, ritiene che i monumenti appartenessero a una città che risale a cinquemila anni fa, sommersa da un terremoto circa nell’anno Zero. Oltre alla piramide, Kimura sostiene di aver trovato altre numerose strutture, tra cui un castello, e quello che sembra essere un enorme stadio. Ciò che è più interessante è che gli edifici sarebbero collegati da strade e linee d’acqua. Mentre per Kimura e altri scienziati le formazioni rocciose sarebbero opera dell’uomo, e quindi di una sconosciuta civiltà scomparsa, per altri sarebbero di origine naturale, frutto della conformazione geologica della zona. Il Monumento Yonaguni rimane immerso nel mistero: i sostenitori della tesi che sia frutto dell’opera dell’uomo lo mettono in relazione con il mitico continente Mu; chi è convinto che la Terra sia stata visitata dagli alieni in epoche remote, sostiene che Il Monumento fosse una base per le antiche astronavi.

venerdì 24 novembre 2017

Città sommerse nel mondo.

Cuba la città sommersa.
Atlit Yam, Israele.
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Lion City of Qiandao Lake, Cina.

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Risultati immagini per Lion City of Qiandao Lake, Cina.
Dwarka, Golfo di Khambhat, India.
Città sommersa di Dwarka, Golfo di Cambay, India
Il Palazzo di Cleopatra, Alessandria, Egitto.
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Port Royal, Giamaica.
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Risultati immagini per Port Royal, Giamaica.
Piramidi a Yonaguni Jima, Giappone.
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Parco sommerso di Baia, Napoli, Italia. 
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Heracleion – Thonis, Alessandria, Egitto.
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Pavlopetri, Grecia meridionale. 
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Risultati immagini per cuba, la città sommersa
Il tempio del Lago Titicaca, Perù/Bolivia.
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Risultati immagini per Il tempio sommerso nel Lago Titicaca, Perù/Bolivia.

mercoledì 16 novembre 2016

Giappone, riapre la strada collassata: voragine di 30 metri riparata in due giorni.


Giappone, riapre la strada collassata: voragine di 30 metri riparata in due giorni

Fukuoka, sud del Giappone. 

Sono bastate 48 ore per riparare l'enorme voragine (larga 30 metri e profonda 15) che si era aperta l'8 novembre scorso su una strada a cinque corsie nel cuore della città. Un collasso che minacciava anche di far cadere gli edifici vicini. In appena due giorni gli operai hanno richiuso il tratto di strada crollato.Che adesso è stato riperto al traffico e ai pedoni. A ritardare l'apertura sono stati i controlli eseguiti dai funzionari locali, che hanno dovuto testare la sicurezza dell'area. Nei lavori eseguiti in tempi record erano comprese anche la riparazione di un grosso tubo fognario e la sostituzione di semafori e pali della luce inghiottiti dal crollo. L'incidente ha causato interruzioni di corrente e delle forniture di gas e di acqua, ma non ci sono stati feriti. A provocare il crollo potrebbero essere stati i lavori in corso per la metropolitana.

http://www.repubblica.it/esteri/2016/11/15/foto/giappone_riapre_la_strada_collassata_voragine_di_30_metri_riparata_in_due_giorni-152033685/1/?ref=HRESS-5#1

giovedì 29 settembre 2016

MOMIJIGARI: LA MAGIA DELL'AUTUNNO NEI BOSCHI DEL GIAPPONE (FOTO) - Dominella Trunfio

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L’autunno è una delle stagioni migliori per visitare il Giappone perché qui esiste una tradizione secolare chiamata Momijigari, ovvero la caccia all’acero o alle foglie rossicce.
In questo periodo dell’anno, il bosco si trasforma in una tavolozza di colori: il comune verde si tinge di sfumature rossastre regalando un paesaggio infuocato. Mentre in Italia assistiamo al foliage, i giapponesi amano fare delle lunghe passeggiate per ammirare il momijigari.
I colori e le sfumature di questo fenomeno naturale dipendono dalle temperature, ad esempio la pioggia contribuisce  a rendere le foglie più rosse.
Il tripudio di arancio, ocra, marrone, giallo si ha tra novembre e dicembre, quando appunto il paesaggio diventa in un’opera d’arte. Di anno in anno, questa tradizione giapponese si trasmette di padre in figlio e sono migliaia i turisti che camminano per vedere gli aceri nei parchi e nei giardini.
Kyoto è sicuramente la città più amata un questo periodo: qui i templi buddisti si intrecciano alla natura.
E il risultato straordinario è quello che vedete nelle foto della blogger Mary Sinatra postate sul suo Wild at Earth.
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sabato 6 agosto 2016

Hiroshima ricorda i 71 anni dalla bomba atomica. In 50mila alla cerimonia.

Hiroshima ricorda i 71 anni dalla bomba atomica. In 50mila alla cerimonia


Otre cinquantamila persone hanno partecipato alla cerimonia in ricordo delle 140mila vittime della bomba atomica che gli Stati Uniti sganciarono su Hiroshima il 6 agosto del 1945, nei giorni finali della Seconda guerra mondiale. 
Un minuto di silenzio è stato osservato al Peace Memorial Park, costruito nei pressi del punto in cui cadde la bomba, soprannominata Little Boy, sganciata alle 8.15 ora locale di 71 anni fa dal bombardiere B-29 Enola Gay.
"Oggi, rinnoviamo la nostra offerta di sincera consolazione alle anime delle vittime della bomba atomica e rinnoviamo il nostro impegno a fare tutto quanto in nostro potere per abolire le armi nucleari e costruire una pace nel mondo che sia duratura", ha detto il sindaco di Hiroshima, Kazumi Matsui. Che ha poi rievocato le parole pronunciate il 27 maggio scorso dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama nel corso della sua storica visita nella città giapponese, rivolgendo un appello ai Paesi che hanno armi nucleari nei loro arsenali ad "avere il coraggio di sottrarsi alla logica della pace e a perseguire un mondo senza" armi nucleari.


Quindi, il sindaco di Hiroshima, diretto al premier Shinzo Abe presente alla cerimonia, ha sottolineato come "un mondo libero dalle armi nucleari esprimerebbe il nobile pacifismo della costituzione giapponese". Costituzione che il primo ministro vorrebbe cambiare, eliminando la rinuncia al pacifismo iscritta nell'articolo 9 della carta.
La bomba atomica su Hiroshima - la prima mai sganciata - rase al suolo la città, provocando la morte entro la fine del 1945 di 140mila persone, senza contare le decine di migliaia decedute negli anni successivi in conseguenza delle radiazioni. Tre giorni dopo, il 9 agosto, un secondo ordigno, noto come 'Fat Man', venne sganciato su Nagasaki.

domenica 7 giugno 2015

Come la falsità e la disinformazione gestisce il G7. L’ombra dei due marò pesa come un macigno. - Sergio Di Cori Modigliani




Esattamente 40 anni fa, nel giugno del 1975, i politici italiani (quelli di una volta) ebbero un’idea seria e brillante. Talmente buona e innovativa da  riuscire a imporla al resto del mondo. Tutto nacque da una cena privata sulla terrazza romana, a Piazza Costaguti, nell’appartamento di un importante esponente socialista, Giolitti, e i quattro commensali che lanciarono l’idea erano Aldo Moro, Ugo La Malfa, Enrico Berlinguer e Francesco Cossiga. Allora ci si trovava al centro della guerra fredda tra Usa e Urss, in un momento molto delicato. A Mosca e a Washington erano insediati due bei grossi falchi, Richard Nixon e Leonid Breznev, due mastini che amavano trascorrere i loro week end circondati dai loro generali e così volevano essere fotografati, tanto per spiegare al mondo come si stavano mettendo le cose. Dal loro punto di vista.
I nostri politici si fecero interpreti delle preoccupazioni collettive europee (e giapponesi) perché c’era in atto una grossa crisi economica, innescata dal caro petrolio che aveva triplicato il suo prezzo e valore di mercato. Tre importanti nazioni, totalmente prive di oro nero -Germania, Giappone e Italia- erano quelle che stavano pagando il conto più salato. E al loro interno, al culmine della guerra fredda, avevano tutte e tre una fortissima sinistra antagonista, turbolenze sindacali, con il rischio di deflagrazioni sociali incontrollabili.
Allora, le comunicazioni erano lente e faticose. Le visite ufficiali tra capi di Stato erano eventi pomposi, molto formali, che avevano più una funzione di propaganda che sostanziale, e finivano sempre nello stesso modo, con piatte dichiarazioni congiunte di grande amicizia collaborativa e niente di più. L’Italia, sia come nazione che come Paese, era al centro dell’attenzione planetaria perché la nostra repubblica (a mio avviso giustamente e correttamente) era stata identificata come il laboratorio sociale e politico più evoluto e avanzato di tutto l’occidente. In quel momento, forse, addirittura di tutto il mondo. C’era un enorme stimolante brulichio e un perenne confronto tra soggetti diversi e antagonisti; ai pacifisti e a tutti coloro che combattevano contro i guerrafondai era piaciuta molto l’idea di Enrico Berlinguer, nata come reazione ai criminali colpi di stato della Cia in Sudamerica: è arrivato il momento di incontrarsi tra forze politiche democratiche che appartengono a storie e nature diverse, i movimenti socialisti e le forze democristiane devono trovare la cifra giusta e realistica per siglare un compromesso storico nel nome del bene comune dell’intera collettività. Così come era stata accolta con favore la fortissima intesa che Aldo Moro stava iniziando a costruire con i comunisti. Bisognava, dunque, parlarsi, incontrarsi, conoscersi meglio. In Europa già lo si faceva. Decisero, quindi, (i quattro) di lanciare ufficialmente, e soprattutto “formalmente” il G7, con il dichiarato obiettivo di allargarlo sempre di più per arrivare a fondare la grande utopia e mettere intorno a un tavolo americani, sovietici, asiatici ed europei: la strada migliore per evitare ogni rischio di conflitto armato.
Quando ci si conosce, si discute, ci si confronta, ci si abitua l’un l’altro, l’aggressività, inevitabilmente, scema, diluisce. La rigidità nazionalistica che alimenta sempre le menti degli ottusi generali di ogni paese nasce dalla paura e dalla misconoscenza di etnie, nazioni, gruppi diversi. Quanto più ci si conosce e quanto più ci si incontra, tanto più diminuiscono le possibilità di una guerra.
E così, nel 1976, Francia, Gran Bretagna, Germania, Italia coinvolgono anche gli Usa, Giappone e Canada e lanciano il primo G7 della Storia moderna.
Da allora, sono trascorsi 40 anni.
Ci spiega wikipedia:  Il Gruppo dei Sette (di solito abbreviato in G7) è il vertice dei ministri dell’economia delle sette nazioni sviluppate con la ricchezza netta più grande al mondo. Esso è nato nel 1976, quando il Canada aderì al Gruppo dei Sei (FranciaGermaniaGiapponeItaliaRegno Unito e Stati Uniti). Anche il rappresentante dell’UE ed il Presidente del FMI sono sempre presenti agli incontri. Dal 1997 è stato affiancato dal G8, il vertice dei capi di Stato dei già menzionati allargato alla Russia…..
Ancora oggi, statutariamente, è così: si tratta di un vertice dei ministri dell’economia delle sette nazioni sviluppate con la ricchezza netta più grande al mondo. Anche un bambino o una persona distratta che non segue i teatri della geo-politica, si rende conto, quindi, che nella riunione che si apre formalmente domani a Emau, in Germania, c’è qualcosa che non funziona. Le nazioni che vi partecipano, infatti, non sono quelle che dovrebbero parteciparvi.
Angela Merkel farà gli onori di casa nel più surreale spettacolo mai offerto dalla politica.
Le nazioni che vi partecipano, infatti, sono le stesse del primo G7 nel 1976.
Una follia. O un falso. O volontà di disinformazione. Scegliete voi la definizione.
Adottando i criteri dello statuto del G7, sottoscritto da tutti i contraenti nel giugno del 1975, se avessero dovuto rispettare sia i parametri che la legalità, la riunione sarebbe stata, nell’ordine, tra Usa, Cina, Giappone, Germania, Russia, Gran Bretagna, India. Queste sette nazioni summenzionate, infatti, aderiscono alla definizione del 2015 corrispondente a “…economie con la ricchezza netta più sviluppata al mondo”.
Tra sei mesi ci sarà il G8 che include anche la Francia.
Tra nove mesi il G10 che include anche il Brasile e la Corea del Sud.
Il vero elenco del G10, infatti è: Usa, Cina, Giappone, Germania, Russia, Gran Bretagna, India, Francia, Brasile, Corea del sud.
Tutte queste nazioni, messe insieme, sono in grado di poter emettere un comunicato comune che corrisponde per davvero alla leadership planetaria.
Questa riunione del G7 nel castello di Schloss Emau mi sembra un incontro tra mitomani che hanno completamente perso il senso della realtà, della misura, e hanno l’arroganza prepotente e sfacciata di comunicarla anche al resto del mondo.
Perché lo fanno? Per depistare. Per farci vivere l’emozione di una realtà fittizia, per dimostrare che sono in grado di poter intervenire nel cuore dell’Europa alterando i codici della relazionalità logica, facendo ciò che vogliono, nel disprezzo del buon senso? L’Europa non può permettersi -intendo dire l’Europa a trazione teutonica- che l’Italia non sia più nel G7, nel G8, nel G10. Se lo facessero, diventerebbe “pubblicamente ufficiale” la notizia relativa allo stato reale dell’economia italiana: il nostro Paese, dal 2009 al 2015 ha perso, in termini di produzione di ricchezza, circa 250 miliardi di dollari, retrocedendo tra le nazioni considerate tecnicamente “Paese che si sta de-industrializzando”.
Questa potrebbe essere la umana, banale, semplice ragione per cui l’India non ci restituisce i due marò. Gli indiani sono inviperiti e io li capisco, hanno ragione. Dal punto di vista della sovranità nazionale indiana, non si capisce perché alle riunioni dei grandi ci vada una economia come quella italiana (definita dall’India “un’economia miope, decisamente regressiva, con una classe politica dirigente che non situa quel paese tra le nazioni che possono determinare il trend planetario oggi”) e non ci vada l’India che produce il 24% in più dell’Italia. Si sentiranno vittime di un affronto. E anche i brasiliani e i sudcoreani saranno inviperiti.
In geo-politica, la forma equivale alla sostanza.
Il G7 che si apre domani a Emau è un evento surrealista. Qualunque cosa decidano, basta che la Cina, o la Russia, o l’India, o la Corea del Sud, o il Brasile rispondano “non rispetteremo nessuna delle vostre decisioni” che i 7 non possono replicare. Con l’aggravante che, se per caso, la Cina, la Russia, l’India, la Corea del Sud e il Brasile, decidono di far fronte comune ed emettono un comunicato congiunto, allora da una frittata piccolo-borghese si passa all’anteprima di una tragedia socio-politica internazionale.
Se il fine del G7 è aiutare la pace, è già fallito.
Non ci può essere nessuna pace se si dice il falso.


I motivi per cui l’India ci nega la restituzione dei due marò credo che siano da ricercare altrove: la mancanza di trasparenza e legalità che aleggia nel nostro paese corrotto e razzista potrebbe rappresentarne uno.
Non siamo più un paese culla di cultura, onestà, progresso.
Siamo un paese allo sbando affidato ad illustri arrivisti, burattini nelle mani del potere economico.
Siamo inaffidabili.
Cetta.