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mercoledì 7 ottobre 2020

Nobel per la Chimica alle due donne del taglia-incolla il Dna. -

 















Il Nobel per la Chimica quest'anno è diviso equamente fra la biochimica francese Emmanuelle Charpentier e la chimica americana Jennifer A. Doudna, le due ricercatrici che hanno messo a punto la tecnica che taglia-incolla il Dna che permette di riscrivere il codice della vita. Le forbici genetiche, che permettono di modificare il Dna, hanno aperto la via a molte terapie un tempo impossibili. 

La Crispr/Cas9 scoperta da Emmanuelle Charpentier e Jennifer A. Doudna è uno degli strumenti più potenti oggi nelle mani dell'ingegneria genetica. Può infatti essere utilizzato con uno strumento di altissima precisione (forse più simile a un bisturi che a delle forbici molecolari) per modificare l'informazione genetica (Dna) di animali, piante e microrganismi. Presentata per la prima volta nel 2012, la tecnica ha permesso di rivoluzionare la ricerca nelle Scienze della vita, portandola in una nuova epoca, e ha finora contribuito ad aprire nuove strade per la cura di molte malattie, da alcune forme di tumore alla fibrosi cistica, fino ad avvicinare il sogno di curare le malattie ereditarie.

"C'è un enorme potere in questo strumento genetico", ha detto il presidente del Comitato Nobel per la Chimica, Claes Gustafsson. "Non ha soltanto rivoluzionato la ricerca di base, ma - ha aggiunto - ha portato a mettere a punto colture innovative e portato a nuovi trattamenti medici".

Come spesso è accaduto nella storia della scienza, anche la scoperta della Crispr è avvenuta quasi per caso. Tutto era cominciato dalle ricerche di Emmanuelle Charpentier sul batterio Streptococcus pyogenes, responsabile di infiammazioni nell'uomo, in particolare con la scoperta di un frammento del patrimonio genetico utilizzato dal batterio come arma per combattere i virus.

Nello stesso anno della scoperta, il 2011, Charpentier ha cominciato a collaborare con Jennifer Doudna per ricostruire in provetta l'arma del batterio, in modo da semplificarla, trasformandola in uno strumento più facile da utilizzare. In un solo anno le due ricercatrici hanno ottenuto delle forbici molecolari capaci di tagliare la molecola della vita, il Dna, e di farlo con precisione, in un determinato sito. Era subito chiaro che riuscire a tagliare il Dna in modo preciso avrebbe significato poter riscrivere il codice della vita.
Dal 2012 la tecnica della Crispr/Cas9 è utilizzata in un tutto il mondo, in una vera e propria esplosione di applicazioni.

(foto ANSA/AFP)

https://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/fisica_matematica/2020/10/07/oggi-il-nobel-per-la-chimica-diretta-alle-1145_d4765da6-1fd3-4285-bdcb-35a8dc8bfc3f.html

martedì 6 ottobre 2020

Nobel per la Fisica 2020, premiati gli scienziati che studiano i buchi neri: Roger Penrose, Reinhard Genzel e Andrea Ghez.

 













Il Comitato dei Nobel ha attribuito questo premio alla scoperta "dei più oscuri misteri dell’universo". Penrose ha lavorato a lungo con il cosmologo Stephen Hawking, morto due anni fa.

Il premio Nobel per la Fisica 2020 è stato assegnato a Roger Penrose, “per aver scoperto che la formazione di un buco nero è una chiara predizione della teoria generale della relatività” e congiuntamente a Reinhard Genzel e Andrea Ghez “per la scoperta di un oggetto compatto supermassiccio al centro della nostra galassia”. Il Comitato dei Nobel ha attribuito questo premio alla scoperta “dei più oscuri misteri dell’universo”. Penrose ha lavorato a lungo con il cosmologo Stephen Hawking, morto due anni fa.



Penrose (a sinistra nella foto), che è anche matematico e filosofo, ha ottenuto il dottorato a Cambridge University e ha svolto ricerca a Princeton e Syracuse. È stato ricercatore al King’s College (1961-63) e poi professore di matematica applicata al Birkbeck College di Londra, ha insegnato a Oxford. Nel corso della sua carriera ha ottenuto premi e riconoscimenti, tra i quali: la Eddington Medal insieme a Hawking, la Royal Medal, la Dirac Medal , la Einstein Medal, il Naylor Prize e la De Morgan Medal (2004). Ordine al merito nel 2000, ha ricevuto lauree honoris causa da varie università.

Genzel è nato nel 1952 in Germania, a Bad Homburg vor der Höhe. Si è laureato nel 1978 nell’Università tedesca di Bonn e in seguito ha diretto l’Istituto Max Planck per la Fisica Extraterrestre. In seguito si è trasferito negli Stati Uniti per insegnare nell’Università della California a Berkeley. La più giovane dei premiati, Andrea Ghez, è nata nel 1965 negli Stati Uniti, a New York, e nel 1992 si è laureata presso il California Institute of Technology (Caltech). Attualmente insegna nell’Università della California a Los Angeles.

Il prestigioso premio è stato assegnato a coloro che studiano “i fenomeni più esotici dell’Universo”: Penrose ha mostrato che la Teoria generale della relatività porta alla formazione di buchi neri, e mentre Genzel e Ghez hanno scoperto che un oggetto invisibile ed estremamente pesante governa le orbite delle stelle al centro della nostra galassia. Un buco nero supermassiccio è l’unica spiegazione attualmente nota, sottolinea l’Accademia reale svedese delle Scienze che quest’anno ha dovuto annunciare il più prestigioso riconoscimento scientifico online a causa della pandemia di coronavirus. L’Accademia reale svedese delle Scienze ha assegnato il riconoscimento da 10 milioni di corone svedesi metà a “Roger Penrose che ha utilizzato metodi matematici ingegnosi per dimostrare che i buchi neri sono una diretta conseguenza della teoria della relatività generale di Albert Einstein. Lo stesso Einstein non credeva che i buchi neri esistessero davvero, questi mostri super-pesanti che catturano tutto ciò che li entra. Niente può sfuggire, nemmeno la luce” sottolinea l’Accademia.

“Nel gennaio 1965, dieci anni dopo la morte di Einstein, Roger Penrose dimostrò che i buchi neri possono davvero formarsi e li descrisse in dettaglio; nel loro cuore, i buchi neri nascondono una singolarità in cui tutte le leggi conosciute della natura cessano. Il suo articolo innovativo è ancora considerato il contributo più importante alla teoria della relatività generale dai tempi di Einstein” riferisce l’Accademia reale svedese delle Scienze. Gli altri due scienziati insigniti del Nobel, a cui è andata pari merito l’altra metà, gli altri 5 milioni di corone di svedesi, a Reinhard Genzel e Andrea Ghez, che “guidano ciascuno un gruppo di astronomi che, dall’inizio degli anni ’90, si è concentrato su una regione chiamata Sagittarius A * al centro della nostra galassia”. “Le orbite delle stelle più luminose più vicine al centro della Via Lattea sono state mappate con crescente precisione. Le misurazioni di questi due gruppi concordano, trovando entrambi un oggetto estremamente pesante e invisibile che attira l’accozzaglia di stelle, facendole correre a velocità vertiginose. Circa quattro milioni di masse solari sono raggruppate in una regione non più grande del nostro sistema solare”.

Un buco nero, che ‘pesa’ circa 4 milioni di masse solari, tutte concentrate in una sola regione non più grande del nostro sistema solare. “Il loro lavoro è pionieristico, ci ha dato la maggiore prova mai raccolta di un buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea”. Grazie ai telescopi più grandi del mondo, Genzel e Ghez hanno potuto vedere attraverso le enormi nuvole di gas e polvere interstellare, creato nuove tecniche per compensare la distorsione causata dalla nostra atmosfera e costruito strumenti unici, dedicandosi completamente a questa ricerca a lungo termine. “Ho provato dubbio, ma anche eccitazione” ha detto la professoressa Ghez, la quarta donna a ricevere il Premio Nobel per la Fisica, alla domanda su cosa avesse provato nel notare un oggetto sconosciuto nella Via Lattea. “Mai come adesso si può comprendere l’importanza dello studio della scienza e dei fenomeni del mondo. Sono onorata di aver ricevuto il premio, accetto con piacere la responsabilità di ispirare altre donne a studiare nel campo”.

(foto ilFQ)

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/10/06/nobel-per-la-fisica-2020-premiati-gli-scienziati-che-studiano-i-buchi-neri-roger-penrose-reinhard-genzel-e-andrea-ghez/5956165/

lunedì 5 ottobre 2020

Nobel Medicina a scienziati per scoperta virus epatite C.

 

   Nobelel Medicina a Alter, Houghton e Rice.

Il premio Nobel per la Fisiologia o la Medicina 2020 va a Harvey J. Alter, Michael Houghton e Charles M. Rice "per la scoperta del virus dell'epatite C". L'annuncio è stato dato come da tradizione dal Karolinska Institutet di Stoccolma in Svezia, in diretta via Internet e social network. Il riconoscimento è salito a 10 milioni di corone svedesi, al cambio odierno circa 950mila euro.

I vincitori del premio 2020, due americani e un inglese, "hanno dato un contributo decisivo alla lotta contro l'epatite trasmessa attraverso il sangue - si legge nella motivazione dell'Assemblea dei Nobel - un grave problema di salute globale che causa cirrosi e cancro al fegato nelle persone di tutto il mondo".

In particolare, gli studi di Alter, Houghton e Rice hanno portato all'identificazione di un nuovo virus, il virus dell'epatite C (Hcv). Prima del loro lavoro, infatti, "la scoperta dei virus dell'epatite A e dell'epatite B era stata un passo avanti fondamentale, ma la maggior parte dei casi di epatite trasmessa per via ematica restava inspiegabile. La scoperta del virus dell'epatite C ha rivelato la causa dei rimanenti casi di epatite cronica e ha reso possibili test del sangue e nuovi farmaci che hanno salvato milioni di vite". Anche per merito di questi studi pionieristici, dunque, grazie ai nuovi super-farmaci, "per la prima volta nella storia il virus dell'epatite C ora può essere curato".

Alter, con le sue ricerche sull'epatite associata alle trasfusioni, ha dimostrato che un virus sconosciuto era una causa comune di epatite cronica. Houghton ha utilizzato una strategia inedita per isolare il genoma del nuovo virus, battezzato appunto virus dell'epatite C. Rice ha fornito le prove definitive che dimostrano che questo virus, da solo, può causare epatite.

L'epatite, ricordano gli esperti dell'Assemblea dei Nobel, è provocata principalmente da infezioni virali, benché anche altri fattori quali l'abuso di alcol, tossine ambientali o malattie autoimmunitarie possano rappresentare una causa importante. Negli anni '40 del secolo scorso divenne chiaro che esistevano due forme di epatite infettiva: la prima, denominata A, veicolata da cibo o acqua contaminati e con un impatto a lungo termine generalmente limitato in chi la contrae; la seconda, tramessa attraverso il sangue e i fluidi corporei, che costituisce invece una minaccia molto più seria perché può portare a una patologia cronica con lo sviluppo di cirrosi epatica e tumori al fegato.

Era dunque cruciale identificare il microrganismo responsabile dell'epatite trasmessa per via ematica: un'infezione silenziosa da oltre 1 milione di vittime all'anno nel pianeta, una minaccia globale paragonabile all'Hiv o alla tubercolosi. A compiere il primo passo fu Baruch Blumberg, che negli anni '60 scoprì come una delle forme di epatite trasmessa dal sangue fosse provocata da un virus che venne chiamato virus dell'epatite B. I suoi studi gli valsero il Nobel per la Medicina nel 1976 e fu proprio con Blumberg che Alter, allora giovane ricercatore, mise a segno alcune delle sue scoperte.

Rimaneva infatti un grande interrogativo al quale rispondere: capire quale fosse la causa di una quota preoccupante di epatiti croniche correlate a trasfusione, ma non collegate né al virus A né a quello B. A trovare la tessera mancante del puzzle furono Alter, Houghton e Rice, che riuscirono a dare un nome alle epatiti 'non A-non B', svelando appunto l'esistenza di un nuovo virus a Rna appartenente alla famiglia dei Flavivirus, che da solo poteva causare epatite e che spiegava le infezioni rimaste fino ad allora misteriose. Era l'Hcv, il virus dell'epatite C.

https://www.adnkronos.com/fatti/cronaca/2020/10/05/nobel-per-medicina-scienziati-per-scoperta-virus-epatite_JpygNbnIHjjXLoy3TQ89eJ.html