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sabato 15 agosto 2020

“Salvini mi ha rubato 6 milioni di euro” Le accuse di Brigandì. - Stefano Vergine

“Salvini mi ha rubato 6 milioni di euro” Le accuse di Brigandì

Soldi - L’ex avvocato del Carroccio.
Una truffa da 6 milioni di euro realizzata da Matteo Salvini. È quanto sostiene Matteo Brigandì – ex parlamentare della Lega Nord, già membro del Csm, per anni avvocato del partito e di Umberto Bossi – in una denuncia indirizzata alla procura di Milano e datata 12 agosto 2020. Una ventina di pagine che Il Fatto ha potuto leggere, nelle quali Brigandì ripercorre gli eventi salienti che dal 2012 a oggi hanno trasformato la Lega da partito federalista a forza nazionalista, da Bossi a Salvini, da Lega Nord a Lega Salvini Premier. Una denuncia in cui la politica si mischia al denaro, in particolare ai 49 milioni che ancora oggi pesano come un macigno sulle finanze del vecchio Carroccio. Perché – questo è il succo del ragionamento di Brigandì – Salvini ha fatto “sparire i soldi”.
Al centro della querela c’è una scrittura privata datata 26 febbraio 2014. Quel giorno, a Milano, s’incontrano Bossi, Brigandì, Salvini e Stefano Stefani, allora tesoriere leghista. Lo scandalo della truffa sui rimborsi elettorali, la laurea in Albania del Trota e gli investimenti finanziari in Tanzania avevano già costretto Bossi alle dimissioni. Da segretario della Lega, Salvini quel giorno deve risolvere una grossa grana. Il Carroccio rischia di vedersi sequestrare 6 milioni di euro. Sono soldi che il partito dovrebbe versare a Brigandì per 13 anni di lavoro. “Somma concordata con contratto scritto, stipulato fra me e la Lega nel 2012”, scrive Brigandì nella denuncia. L’accordo prevede una specie di armistizio tra la coppia Bossi-Brigandì e il duo Salvini-Stefani. Armistizio che Brigandì riassume così: “Io rinunciavo ai 6 milioni di euro e, in cambio, Salvini si impegnava a una serie di azioni volte a garantire che il pensiero politico di Bossi e dei suoi collaboratori non fosse completamente gettato alle ortiche”. Tra le varie condizioni, l’accordo sottoscritto da Salvini prevedeva che Bossi – allora come oggi presidente della Lega Nord – potesse scegliere il 20% dei candidati leghisti.
“Nulla di quanto stipulato è mai stato rispettato da Salvini”, sostiene però Brigandì. Che infatti passa al contrattacco. Salvini “si è premurato di stipulare un accordo transattivo, che evidentemente considerava vantaggioso, al solo fine di guadagnare tempo prezioso per poter occultare il denaro. Denaro che avrebbe, invece, dovuto darmi di lì a qualche giorno”. Nella sua denuncia l’ex avvocato di Bossi ricorda che al momento dell’accordo del 2014 il partito aveva ancora parecchio denaro sui conti. Come dire: l’avvocato sarebbe potuto passare subito all’incasso. Ma non lo fece, scrive nella denuncia, perché “ritenevo fondamentale che fossero garantiti idonei spazi politici per l’On. Bossi direttamente – e anche per il sottoscritto indirettamente”. La tesi è che l’accordo sia servito a Salvini per comprare tempo e nel frattempo far sparire i soldi dalle casse padane, così da non poter più restituire all’avvocato i 6 milioni di euro di parcelle arretrate.
“A ciò si aggiunga, come ulteriore dimostrazione delle intenzioni truffaldine di Salvini, che poco dopo – denuncia Brigandì – è stato creato un altro partito, Lega Salvini Premier, che oggi è al vaglio dei giudici penali proprio in quanto parrebbe che esso sia stato costituito al fine di ostacolare o sviare i creditori (non solo io, ma anche lo Stato) per impedire loro di ottenere quanto dovuto”.
La denuncia a Salvini arriva dieci mesi dopo la condanna in primo grado per Brigandì a due anni e due mesi per infedele patrocinio e autoriciclaggio. Secondo il tribunale di Milano, da avvocato della Lega Brigandì è stato infedele ai suoi doveri professionali notificando a se stesso un decreto ingiuntivo che gli ha permesso di incassare quasi 1,9 milioni di euro. Un fatto che il legale stesso ricorda nella denuncia con l’obiettivo di suffragare la sua tesi: l’accordo privato con Salvini, che prevedeva tra le altre cose un armistizio giudiziario tra le parti, non è stato rispettato perché la Lega si è costituita parte civile.

giovedì 9 agosto 2018

Firenze, l'accusa ai fratelli Conticini: quei 6,6 milioni di dollari mai arrivati ai bambini africani. - Franca Selvatici

Firenze, l'accusa ai fratelli Conticini: quei 6,6 milioni di dollari mai arrivati ai bambini africani

L'inchiesta della procura: i soldi sarebbero finiti in investimenti immobiliari e quote delle società. Uno degli indagati è il cognato di Matteo Renzi. Il legale: "Nessuna denuncia da parte dei donatori, chiariremo tutto".

Oltre 6,6 milioni di dollari destinati ad attività di assistenza di bambini africani sarebbero transitati sui conti privati di Alessandro Conticini, fratello maggiore di uno dei cognati di Matteo Renzi, e utilizzati in gran parte per cospicui investimenti immobiliari e in misura minore (per circa 250 mila euro) per l'acquisto di quote di alcune società della famiglia Renzi o di persone ad essa vicine. Un'accusa gravissima che l'avvocato Federico Bagattini respinge risolutamente, facendo rilevare che nessuna delle organizzazioni che hanno donato contributi di beneficenza alla Play Therapy Africa Ltd, di cui Conticini – impegnato da anni nelle attività di aiuti umanitari - era socio e direttore, “ha fatto la benché minima denuncia nei suoi confronti”.

Quel che è emerso dalle indagini della Guardia di finanza e dalle rogatorie all'estero disposte dal procuratore aggiunto Luca Turco e dal sostituto Giuseppina Mione è tuttavia piuttosto allarmante. Alessandro Conticini, 42 anni, e il fratello minore Luca, 37, che poteva operare sui conti della Play Therapy Africa e su quelli personali del fratello, sono sotto inchiesta per appropriazione indebita aggravata e autoriciclaggio. Il terzo fratello, Andrea, gemello di Luca e marito di Matilde Renzi, sorella dell'ex presidente del consiglio, è indagato per riciclaggio, per gli acquisti, a nome del fratello Alessandro, di quote di tre società: la Eventi 6 della famiglia Renzi, la Quality Press Italia e la Dot Media di Patrizio Donnini e di sua moglie Lilian Mammoliti, legati ai Renzi. Queste operazioni risalgono al 2011. Alla Eventi & sono arrivati 133 mila euro, alla Quality Press Italia 129 mila, alla Dot Media 4 mila.

Alessandro Conticini, che vive all'estero, è stato il rappresentante dell'Unicef ad Addis Abeba, poi si è avvicinato alla Associazione per la Play Therapy fondata a Londra nel 1982, con la quale ha costituito la Play Therapy Africa, e fra il 2008 e il 2016 ha raccolto circa 10 milioni di dollari di fondi destinati ai bambini africani. Il principale donatore è stata la Fondazione Pulitzer, che attraverso la organizzazione no profit Operation Usa ha versato alla Play Therapy Africa 5,5 milioni di dollari, seguita da Unicef (Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia) che ha donato 3,8 milioni di dollari e da altre organizzazioni umanitarie australiane, americane ed europee, che complessivamente hanno versato quasi 900 mila dollari.

L'inchiesta della procura di Firenze nasce da alcune segnalazioni bancarie. Sui conti correnti personali di Alessandro Conticini presso la Cassa di Risparmio di Rimini, agenzia di Castenaso (città di origine dei tre fratelli), sono transitati – secondo le accuse - quasi 6,6 milioni di dollari provenienti dalle donazioni, in parte utilizzati nel 2015 per la sottoscrizione di un prestito obbligazionario di 798 mila euro emesso da una società dell'isola di Guernsey, e in parte destinati fra il 2015 e il 2017 a un investimento immobiliare in Portogallo per un importo di 1 milione e 965 mila euro.

La procura ritiene che una parte del denaro sia inquadrabile quale compenso di Alessandro Conticini, di sua moglie e dei loro collaboratori, ma non nelle proporzioni rilevate nei passaggi dai conti della società in quelli personali di Conticini. Non 6,6 milioni su 10. L'avvocato Bagattini, che difende i tre fratelli con la collega Chiara Zecchi di Bologna, afferma che tutto è puntualmente spiegato in una memoria che verrà depositata alla conclusione delle indagini preliminari. E spiega che i tre fratelli, convocati per essere ascoltati il 14 giugno, non si sono presentati perché – dopo che si erano dichiarati disponibili a chiarire tutto e uno di loro era arrivato dall'estero – la procura aveva annullato gli interrogatori fissati nel dicembre scorso.

In ogni caso, la recente riforma che ha esteso la procedibilità a querela per molti reati, lo ha fatto anche per la appropriazione indebita aggravata. E finora – come sottolinea l'avvocato Bagattini – nessuno dei donatori ha presentato denuncia contro i Conticini. La procura ha provveduto in queste settimane ad avvisare della modifica legislativa Unicef, Fondazione Pulitzer, Operation Usa e le altre associazioni benefiche e a chiedere se intendano sporgere querela, senza di che il reato di appropriazione indebita diventerebbe improcedibile.


http://firenze.repubblica.it/cronaca/2018/08/08/news/firenze_l_accusa_ai_fratelli_conticini_quei_6_6_milioni_di_dollari_mai_arrivati_ai_bambini_africani-203690676/