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domenica 30 maggio 2021

Guidi e “Tempa Rossa”, Renzi fa il buono ma la fece dimettere lui. - Antonio Massari

 

Dopo le scuse di Di Maio a Uggetti e all’ex ministra.

“Penso al caso Tempa Rossa che coinvolse Federica Guidi” sostiene Luigi Di Maio nella sua svolta garantista, vergata con mille scuse sulle pagine de Il Foglio. “Fu una strategica aggressione contro di noi”, gli risponde su Repubblica Matteo Renzi. Mentre lei, l’ex ministra del suo governo, al Corriere dice che si sente “lontana anni luce” da “quei signori” che le hanno “devastato” la vita. Ma cosa accadde quando il 31 marzo 2016 Federica Guidi, all’epoca titolare dello Sviluppo Economico, decise di dimettersi? Fu sulla spinta di Matteo Renzi che la ministra svuotò i cassetti dell’ufficio e tornò a casa. “Dobbiamo dimostrare” disse Renzi, nei retroscena ricostruiti da giornali e mai smentiti, “che non siamo come i grillini, quelli che hanno traccheggiato per un mese su Quarto”. Ah già, Quarto. E che accadde nel comune campano di Quarto, in quel 2016? Rosa Capuozzo – non indagata, ma al centro delle polemiche per settimane, per via di un’inchiesta sui tentativi di infiltrazione della camorra nel Comune – fu espulsa dai grillini per non aver denunciato di aver ricevuto delle minacce (sarà il caso che Di Maio si scusi anche con lei). Segnaliamo che per Capuozzo, professando il suo inscalfibile garantismo, Renzi non chiese tuttavia le dimissioni. Anzi. Poi, per coerenza, le pretese però da Guidi. E per marcare la differenza con il M5S (che invece aveva espulso la Capuozzo). Guidi vergò una lettera: “Caro Matteo sono assolutamente certa della mia buona fede e della correttezza del mio operato. Credo tuttavia necessario, per una questione di opportunità politica, rassegnare le mie dimissioni”. Però a scusarsi con lei oggi è Di Maio (tuttavia è vero che il M5S sostenne con veemenza che Guidi “aveva le mani sporche di petrolio”). Ma perché mai?

Era il marzo 2016 quando Federica Guidi lasciò il ministero dello Sviluppo Economico. La procura di Potenza indagava su tre filoni d’inchiesta: lo sforamento delle emissioni nell’impianto Eni di Viggiano, l’iter che aveva portato all’autorizzazione del giacimento Total di Tempa Rossa, alcune autorizzazioni legate al porto di Augusta in Sicilia. E aveva iscritto nel registro degli indagati – chiedendone l’arresto che fu rigettato dal gip – il compagno della ministra, Gianluca Gemelli, ex commissario di Confindustria Sicilia con l’accusa di concorso in corruzione e millantato credito (dalle quali sarà archiviato quando l’inchiesta viene trasferita alla Procura di Roma). Per la Procura di Potenza, Gemelli avrebbe puntato ad avere “vantaggi patrimoniali” in cambio della garanzia di alcuni lavori nel centro oli proprio grazie al suo rapporto con la ministra. Guidi viene intercettata nel 2014 con il suo compagno: “E poi – dice la ministra – dovremmo riuscire a mettere dentro al Senato, se è d’accordo anche ‘Mariaelena’ (Boschi, ndr), quell’emendamento che mi hanno fatto uscire quella notte, alle quattro di notte”. Il governo sta inserendo nella legge di stabilità un emendamento, precedentemente bocciato, che riguarda il centro oli della Total in contrada Tempa Rossa. E Gemelli poco dopo chiama il dirigente di una società petrolifera per avvertirlo: “la chiamo – dice – per darle una buona notizia”.

È qui che Matteo Renzi decide di chiedere le dimissioni: “La cavolata quindi non è l’emendamento ma la telefonata al compagno – commentò allora il premier – e il fatto che il ministro abbia rappresentato una decisione politica come un favore al fidanzato. Questo un ministro non se lo può permettere”. E poi scrive: “Cara Federica, ho molto apprezzato il tuo lavoro di questi anni. Rispetto la tua scelta personale, sofferta, dettata da ragioni di opportunità che condivido. Nel frattempo ti invio un grande abbraccio”. E poi commenta ancora: “L’Italia non è più quella di una volta: se prima per telefonate inopportune non ci si dimetteva, ora ci si dimette. Abbiamo sempre detto che di fronte agli italiani noi siamo un governo diverso dal passato”. Vabbè, però ora Di Maio mette tutto a posto e si scusa con la Guidi. E più in generale, nella sua lettera al Foglio – partendo dal caso dell’ex sindaco di Lodi Simone Uggetti, arrestato, processato e poi assolto in appello per turbativa d’asta – scrive che “il punto è l’utilizzo della gogna come strumento di campagna elettorale” e che “una cosa è la legittima richiesta politica, altro è l’imbarbarimento del dibattito, associato ai temi giudiziari”.

Ma il tema giudiziario, sulla Guidi (così come sulla Capuozzo), non vi fu mai. Innanzitutto perché non era neanche indagata (al contrario del suo compagno). Peraltro lei stessa, incalzata dal segretario del suo partito nonché premier Matteo Renzi, valutò poco opportuna la telefonata sull’emendamento. Infine, la telefonata in questione riguardava un tema prettamente politico, ovvero l’emendamento stesso, con il fortissimo sospetto – emerso, quello sì, dagli atti d’indagine – di un “conflitto d’interessi” in famiglia. “L’ennesimo, mostruoso conflitto d’interesse di questo governo” sentenziò infatti Matteo Salvini, aggiungendo: “Più che Guidi o Boschi la vera responsabilità è quella di Matteo Renzi”. Che come abbiamo già ricordato, per smarcarsi dal M5S sul caso di Quarto, dopo aver ribadito che il suo “garantismo” gli imponeva di non chiedere le dimissioni della sindaca grillina, nel frattempo espulsa dal Movimento, chiedeva invece le dimissioni della Guidi. Prendendo le mosse dalle odierne scuse di Di Maio alla Guidi, ci piace concludere quest’articolo citando le considerazioni di Berlusconi, all’epoca, sulla vicenda Guidi: “Le intercettazioni sono un vulnus della democrazia”. L’unico, ammettiamolo, con un’idea fissa.

IlFQ


domenica 10 aprile 2016

Inchiesta petrolio, Gemelli intercettato. "Quelli della Total ce li abbiamo". - Nini Femiani



Il compagno della Guidi esultava al telefono dopo il convegno con ministri e petrolieri. Al via gli interrogatori. 
Napoli, 4 aprile 2016 - PER L’INTERA mattinata fa capolino solo qualche carabiniere del Noe che entra ed esce dal palazzo di via Nazario Sauro. L’attesa si spezza dopo le dichiarazioni del premier Renzi rimbalzate dal programma In mezz’ora: negli uffici della procura si accende qualche luce e trapela una dichiarazione: «I pubblici ministeri della Procura della Repubblica di Potenza non pensavano di ascoltare il presidente del Consiglio». Perciò, saranno solo il ministro Maria Elena Boschi e l’ex titolare del Mise, Federica Guidi, a essere ascoltate domani o mercoledì durante la trasferta dei pm lucani. Entrambe non indagate, saranno sentite come persone informate sui fatti.
Alla GUIDI, in particolare, sarà chiesto di spiegare il senso di alcune intercettazioni. Non solo quella, ormai nota, dell’emendamento alla legge di Stabilità 2015 e del perché lo abbia annunciato in anteprima al convivente, Gianluca Gemelli. Si parlerà anche di un convegno, l’11 novembre a Roma, della Fondazione ItalianiEuropei, al quale la titolare del Mise partecipò con il ministro dell’Ambiente Galletti e con i vertici della Total. Come sia andato quell’incontro per la Total, lo spiega Gemelli al suo socio Salvatore Lantieri qualche giorno dopo: «...C’erano questi qua di Total...sì, minchia...sì, lui... lui, quello del capo delle relazioni esterne... minchia compare... ringraziamenti, alliccamenti che non ti dico... quelli che li abbiamo...ce li abbiamo...».
In quei giorni sembra essere scoppiato un feeling tra il Mise e i petrolieri francesi, tanto che il dirigente Total Giuseppe Cobianchi riferisce a Gemelli: «A parte la Basilicata, lei sa che c’è una parte importante del progetto che si sviluppa a Taranto... e lì la situazione è anche abbastanza complessa diciamo, quindi stiamo cercando...vediamo, speriamo bene...so che anche a livello centrale con i ministeri, insomma i colleghi di Roma hanno contatti continui, frequenti, quindi mi auguro che quello che viene dichiarato a livello governativo possa trovare applicazione insomma...». Con chi avvengono queste «frequentazioni»? Chiederanno i pm alla Guidi. Chi garantiva le coperture politiche al «livello centrale» che tratta con Total?
DEFINITO, per il momento, il versante politico, l’inchiesta si allarga e si stratifica in più filoni. Oggi, intanto, scattano gli interrogatori di garanzia per i sei arrestati ai domiciliari (cinque dipendenti Eni più l’ex sindaco Pd di Corleto Perticara) mentre i magistrati dell’accusa sono intenzionati a presentare appello contro la decisione del gip, Michela Tiziana Petrocelli, che ha rigettato la richiesta di arresto per Gianluca Gemelli, compagno di Federica Guidi, indagato con l’accusa di corruzione e traffico di influenze per la vicenda dell’affidamento di appalti e consulenze nel giacimento Total di ‘Tempa Rossa’.
Oltre ai filoni già aperti con gli arresti – quello dei conferimenti di rifiuti «taroccati» e illeciti da parte dell’Eni di Viaggiano e quelli del traffico di influenze e della corruzione per il giacimento Total di ‘Tempa Rossa’ – c’è un nuovo versante che si sta spalancando, agitando lo spettro del disastro ambientale. Saranno effettuate dai carabinieri dei Noe diffuse indagini epidemiologiche in diverse zone lucane per capire se l’immissione di rifiuti non trattati nelle cavità geologiche o nell’atmosfera abbia creato problemi alla salute.
COLLATERALE, sebbene lontano dalla Lucania, è infine la tranche che interessa l’attività dell’autorità portuale di Augusta, in Sicilia, centro di azione di diverse compagnie petrolifere. In tal caso l’indagato «eccellente» è il capo di Stato maggiore della Marina, ammiraglio Giuseppe De Giorgi.

Gemelli, le intercettazioni: "Borsellino andrebbe eliminata" - Emanuele Lauria e Marco Mensurati

Gemelli, le intercettazioni: "Borsellino andrebbe eliminata"

La frase riportata in un rapporto della Questura di Potenza, in una conversazione con Alberto Cozzo. La figlia del giudice ucciso dalla mafia: "Meschinità"

ROMA. "La Borsellino, gli altri come lei, andrebbero eliminati ". Così parla Gianluca Gemelli, l'imprenditore di Augusta accusato di aver sfruttato la sua relazione con l'ex ministro Federica Guidi per ottenere vantaggi nei propri affari. È il 5 maggio del 2015 e Gemelli è al telefono con Alberto Cozzo, commissario dell'autorità portuale di Augusta. Cozzo è preoccupato per un'interrogazione parlamentare di Claudio Fava, esponente di Sinistra italiana e vicepresidente della commissione Antimafia, sull'attività dell'Authority. Teme che quell'atto possa minacciarne la riconferma in una carica in scadenza.

I due, secondo gli investigatori, hanno un obiettivo comune: quello di mantenere un assetto, al vertice dell'ente, che possa consentire a Gemelli di perseguire i propri interessi in uno dei porti industriali più grandi del Mediterraneo. Quell'atto parlamentare di Fava è indigesto, anche perché Cozzo sottolinea che i fatti denunciati - un appalto sospetto - risalgono a un periodo precedente al suo insediamento.

Quando Gemelli domanda a quale corrente appartenesse Fava, figlio di un giornalista ucciso da Cosa nostra, Cozzo risponde: "Fava è amico della Chinnici, sono tutti questi dell'Antimafia, il giro quello è...". E Gemelli, non sapendo di essere intercettato, aggiunge: "Ah minchia, l'Antimafia praticamente, perché questi qua... guarda quelli che utilizzano i cognomi dei martiri per fare carriera, fanno ancora più schifo degli altri... lei, la Borsellino, questa è gente che proprio andrebbe eliminata... però dicono sono bravissime persone... e va bè, se lo dite voi...".

"Andrebbe eliminata", dice proprio così Gemelli, riferendosi a Lucia Borsellino, figlia del magistrato Paolo Borsellino (ucciso dalla mafia il 19 luglio del 1992) ed ex assessore regionale alla Salute nell'Isola. Una frase, quella riportata in un rapporto della Questura di Potenza, che conferma come la Borsellino non fosse particolarmente amata dalle lobby siciliane. Ma che rimarca, in particolare, l'insofferenza di Gemelli e della sua combriccola nei confronti dei parenti delle vittime di mafia che fanno politica. Un'insofferenza espressa con parole agghiaccianti. La Borsellino replica seccamente: "Non intendo commentare queste meschinità - afferma la figlia del giudice assassinato - non competendo a me valutare le motivazioni per cui accadono. Io lavoro con i valori che mi appartengono. Se ciò dà fastidio io e la mia famiglia ce ne faremo una ragione".