Visualizzazione post con etichetta Italo Bocchino. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Italo Bocchino. Mostra tutti i post

giovedì 9 febbraio 2017

Consip, trovato il diario delle tangenti di Alfredo Romeo. L’ex An Italo Bocchino “gli diceva quando e come pagare”. - Vincenzo Iurillo e Marco Lillo

Consip, trovato il diario delle tangenti di Alfredo Romeo. L’ex An Italo Bocchino “gli diceva quando e come pagare”

In una discarica romana i pm della procura di Napoli hanno sequestrato pezzi di carta smaltiti dall'ufficio dell'immobiliarista. È lì dentro che aveva "l’abitudine di abbassare il tono della voce e di scrivere di suo pugno su pezzetti di carta i nomi (iniziali) delle persone e dei destinatari delle tangenti, nonché l’importo e la causale” passando poi il pezzetto di carta al suo interlocutore “conferendo dunque anche forma scritta alle transazioni illecite” I pm Woodcock e Carrano fanno riferimento a “fluviali colloqui” tra l’immobiliarista al centro dell’affaire Consip - dove è indagato anche il ministro Lotti - e l'ex braccio destro di Fini. 

Incontrava gente nel suo ufficio per parlare di affari e appalti. Poi ad un certo punto abbassava il tono della voce e scriveva iniziali e cifre su alcuni pezzetti di carta. Pizzini che venivano subito distrutti e buttati nell’immondizia. Da lì finivano nei cassonetti della spazzatura e quindi in una discarica comunale di Roma. Ed è proprio tra i rifiuti di quella discarica capitolina che gli investigatori hanno trovato quello che potrebbe essere una sorta di diario delle tangenti di Alfredo Romeo.
Solo alcuni degli elementi acquisiti dopo la perquisizione ordinata dalla procura di Napoli negli uffici e nell’abitazione dell’immobiliarista. Romeo è l’imprenditore  al centro dell’affaire Consip, una presunta corruzione su un appalto da 2,7 miliardi di euro, vicenda per la quale sono indagati per rivelazione del segreto d’ufficio e favoreggiamento il ministro Luca Lotti e il comandante generale dei Carabinieri Tullio Del Sette. L’indagine a carico del braccio destro di Matteo Renzi e di Del Sette è finita per competenza alla procura di Roma.
I pm napoletani Henry John Woodcock e Celestina Carrano invece continuano a indagare su presunti episodi di corruzione collegati ad appalti del gruppo Romeo per le pulizie dell’ospedale Cardarelli di Napoli, e al ruolo di dirigenti e funzionari del capoluogo campano che avrebbero favorito gli interessi dell’immobiliarista, ricevendone in cambio – secondo l’accusa – favori e soggiorni alberghieri. Il decreto di perquisizione eseguito dalla Finanza di Napoli, dal Ros di Napoli e dal Noe di Roma per Romeo e altre due persone ipotizza i reati di concorso esterno in associazione camorristica (per l’assunzione nella ditta di pulizie impiegata nel Cardarelli di soggetti ritenuti vicini ai clan della zona collinare di Napoli), associazione a delinquere e corruzione.
I pm hanno deciso di perquisire, alla ricerca di tracce documentali e finanziarie, dopo aver ascoltato per mesi le conversazioni tra Romeo e uno dei suoi più stretti collaboratori, l’ex parlamentare di An Italo Bocchino. Intercettazioni telefoniche e anche ambientali grazie a un virus spia Trojan installato sui cellulari di Romeo e Bocchino. Conversazioni che, si legge nel decreto, “hanno consentito di acquisire un ponderoso materiale investigativo ed elementi utili per ricostruire quello che si può definire il sistema Romeo ispirato alla corruzione generalizzata e sistematica, alla consumazione sistematica di reati contro la pubblica amministrazione e di reati tributari funzionali alla creazione delle riserve di denaro in nero utilizzate da Romeo per pagare le tangenti”.
Il “ponderoso materiale investigativo” è rappresentato anche dai “pizzini” in cui l’imprenditore indicava la “causale” di tangenti. I foglietti, che erano stati stracciati e buttati nella spazzatura, sono stati recuperati in una discarica comunale a Roma, dove finivano insieme agli altri rifiuti smaltiti dall’ufficio romano dell’immobiliarista  in via Pallacorda. È intercettando quei locali che gli inquirenti si accorgono di un curioso particolare: nel corso dei colloqui nel suo ufficio Romeo aveva “l’abitudine di abbassare il tono della voce e di scrivere di suo pugno su pezzetti di carta i nomi (iniziali) delle persone e dei destinatari delle tangenti, nonché l’importo e la causale” passando poi il pezzetto di carta al suo interlocutore “conferendo dunque anche forma scritta alle transazioni illecite”. È in questo modo che per l’accusa l’imprenditore ha creato una sorta di diario della corruzione. E poco importa se quei foglietti di carta con iniziali e cifre venissero poi strappati e gettati nell’immondizia. “Tali fogli di carta (in alcuni casi anche strappati) – si legge nel decreto di perquisizione – sono stati tutti recuperati, acquisiti e ricostruiti dalla polizia giudiziaria, dunque, ha avuto la possibilità di confrontare e di sovrapporre le risultanze delle intercettazioni ambientali (già di per se chiare e preziose) con quanto contestualmente scritto di pugno dallo stesso Romeo nel contesto delle conversazioni medesime”. Il risultato investigativo raggiunto è stato definito dai magistrati “davvero unico”.
Tra l’altro dall’indagine su Romeo emerge anche il ruolo Bocchino, diventato suo consulente dopo aver seguito Gianfranco Fini nella sfortunata esperienza di Futuro e Libertà. I pm fanno riferimento a “fluviali colloqui” tra l’imprenditore e l’ex colonnello di An durante i quali i due hanno “passato in rassegna e descritto con dovizia di particolari le modalità con le quali hanno approcciato e gestito svariate gare d’appalto in tutta Italia (da Palermo a Napoli, dalla Basilicata a Roma), facendo nomi e cognomi dei soggetti della ‘cosa pubblica’ con la quale hanno intrattenuto rapporti”. Bocchino, si legge nel decreto di perquisizione, avrebbe dato indicazioni a Romeo su “quando e come pagare” e su come “compiacere i rappresentanti della cosa pubblica”.
Notizie che l’ex deputato di Fli definisce “prive di fondamento“. “Escludo nella maniera più categorica – dice Bocchino – di aver discusso con Alfredo Romeo in questi termini. Il mio rapporto con Romeo è stato ed è assolutamente trasparente e non posso nascondere il mio stupore per il fatto che circolino notizie assolutamente false”.

mercoledì 26 dicembre 2012

Per Gasparri, Storace e altri 5 ex-An scialuppa post-elettorale al Secolo d’Italia. - Marco Lillo


Per Gasparri, Storace e altri 5 ex-An scialuppa post-elettorale al Secolo d’Italia


Nonostante la grave situazione del giornale, in caso di sconfitta alle urne Meloni, Bocchino e gli altri si aprirebbe l'uscita di sicurezza verso il giornale della fiamma tricolore, dal quale sono in aspettativa parlamentare. Continuando a maturare la pensione da giornalista insieme al vitalizio parlamentare. L'ex ministro delle Comunicazioni: "E' un diritto, non un privilegio".

Mario Landolfi, Francesco Storace, Giorgia Meloni, Maurizio Gasparri, Silvano Moffa, Italo Bocchino, Gennaro Malgieri. Cosa hanno in comune questi sette politici oltre alle radici in Alleanza Nazionale? Oggi sono divisi: Giorgia Meloni ha fondato “Fratelli d’Italia” con Guido Crosetto, remake dell’omonimo cinepanettone del duo Boldi-De Sica. Francesco Storace resta fedele alla sua “Destra”, Maurizio Gasparri sta con Berlusconi. Il mite Silvano Moffa guida un manipolo semisconosciuto denominato “Popolo e Territorio”. Mario Landolfi e Gennaro Malgieri sono montiani e Italo Bocchino rimane l’ultimo giapponese accanto a Fini. I magnifici sette corrono sotto insegne diverse ma li accomuna l’uscita di sicurezza in caso di disastro elettorale: il 26 febbraio potrebbero mettersi in fila davanti al portone di via della Scrofa 43 per riprendere il loro posto nella redazione del Secolo d’Italia.
Mario Landolfi, assunto nel 1991 è in aspettativa parlamentare dal 1994, come Francesco Storace assunto nel 1986 e in aspettativa con la qualifica di caposervizio; Giorgia Meloni, consigliere provinciale a 21 anni nel 1998, è entrata nel 2004 ed è in aspettativa parlamentare dal 2006. Maurizio Gasparri assunto nel 1983 come Moffa è in aspettativa dal 1992, mentre Moffa è in aspettativa dal 1998. Italo Bocchino, assunto nel 1991 è in aspettativa dal 1996 mentre il più anziano e alto in grado è Gennaro Malgieri, assunto nel 1979 e in aspettativa dal 1996, con la qualifica di direttore, incarico ricoperto dal 1994, dopo Gasparri.
Il giornale che hanno lasciato in edicola non c’è più. Da ieri per la prima volta l’organo di An non è in edicola. L’editoriale di commiato del direttore-deputato (non retribuito), Marcello De Angelis, si chiude così: “da gennaio, sarà on line. La battaglia continua, con altri mezzi”. Il giornale vendeva a malapena 700 copie reali al giorno e la nuova legge sui contributi ai giornali di partito ha favorito il passaggio sul web permettendo il rimborso del 70 per cento delle spese invece del 50 per cento riservato ai giornali di carta. L’organico comunque dovrà essere ridotto. Oggi ci sono 14 giornalisti più i sette in aspettativa più l’ex direttore finiano Flavia Perina, in causa da quando è stata licenziata in tronco senza nemmeno il riconoscimento del Tfr. E c’è pure il caso anomalo dell’ex portavoce di Fini, Salvo Sottile assunto dal Secolo nel 2006 (anno dello scandalo Vallettopoli-Gregoraci) ma che figura “in distacco”. Il suo stipendio oggi non è a carico del Secolo ma è più alto di tutti i colleghi e preoccupa per il futuro i contribuenti.
Il Secolo, oltre alle iniezioni di liquidità permesse dai rimborsi elettorali ad An, è costato ai contribuenti più di 20 milioni solo negli ultimi sette anni. Il Dipartimento editoria della Presidenza del consiglio ha versato 2 milioni e 433 mila euro per il 2010, 2 milioni e 952 mila euro per il 2009, 2 milioni e 950 mila nel 2008, 2 milioni e 959 mila euro nel 2007, 3 milioni e 98 mila euro nel 2006, 3 milioni e 98 mila euro nel 2005, 3 milioni e 98 mila euro nel 2004, per un totale di 20 milioni e 588 mila euro che non sono bastati a sostenere un organico di 40 persone.
Per rimettere in equilibrio i conti nell’ottobre scorso, l’amministratore nominato dalla liquidazione del Tribunale, Alberto Dello Strologo, aveva preparato un piano – approvato dai liquidatori Marco Lacchini e Giuseppe Tepedino – che riduceva l’organico a sette giornalisti decretando di fatto la fuoriuscita dei parlamentari in aspettativa. Il Presidente del Tribunale di Roma, Mario Bresciano, però ha fermato tutto nominando due nuovi liquidatori, Davide Franco e Andrea D’Ovidio, ai quali ha chiesto di trasferire subito la proprietà del Secolo d’Italia dalla liquidazione (diretta dal Tribunale) alla Fondazione (di Alleanza Nazionale) dove comandano i politici che, alla fine, hanno deciso di salvare il posto ai giornalisti, compresi quelli in aspettativa.
La riduzione dell’organico alla fine riguarderà solo gli impiegati comuni. Gasparri e compagni possono restare in aspettativa. La Fondazione (presieduta dal senatore Francesco Mugnai, e diretta da un comitato di cui fanno parte anche il finiano Lamorte, La Russa, Alemanno, Matteoli e Gasparri) per permettere la sopravvivenza del Secolo ha comprato le quote e ha immesso nella società 700mila euro cash rinunciando anche ai suoi crediti per circa mezzo milione. I soldi non mancano: sui conti correnti della Fondazione ci sono 65 milioni di euro cash provenienti dai rimborsi elettorali più altri 35 milioni di euro in immobili.
Grazie al liquido della Fondazione An, la scialuppa dei sette parlamentari resta a galla, pronta ad accoglierli in caso di naufragio elettorale. Silvano Moffa nel 2003, dopo aver perso la provincia di Roma, è tornato al Secolo per nove mesi fino a quando è stato eletto sindaco di Colleferro nel 2004. Senza contare il vero vantaggio: la doppia pensione da giornalista che si unisce al vitalizio parlamentare. Fino al 1999, tutti i giornalisti in aspettativa parlamentare maturavano i contributi figurativi senza versare un euro. Dal 1999 i parlamentari pagano almeno la loro quota di contributi fissata all’8,69 per cento. Mentre la parte a carico dell’editore la paga l’Istituto previdenziale, cioè i giornalisti tutti. Al Fatto che gli chiede se, in un momento di sacrifici, non sarebbe il caso di rinunciare alla pensione da giornalista, avendo già diritto al vitalizio parlamentare, Gasparri replica: “Se qualcuno davvero volesse togliermi questo diritto mi dovrebbe prima restituire i contributi già pagati. E’ un diritto riconosciuto a chiunque vada in aspettativa e non è un privilegio. Se la vogliamo dire tutta io al Secolo ho fatto il direttore pagato solo come un caposervizio e, dopo l’elezione del 1992, l’ho fatto anche gratis fino al 1994, quando sono stato nominato sottosegretario e ho lasciato. Altro che privilegio”. Al Secolo sono avvertiti: poche storie o l’ex direttore Gasparri chiede pure gli arretrati.