Se anche gl’iscritti 5Stelle gli diranno sì, Mario Draghi avrà la fiducia più larga della storia repubblicana: 596 deputati su 629 e 302 senatori su 321. Gli voterebbero contro soltanto i 33 deputati e i 17 senatori FdI (e meno male che c’è la Meloni: i governi senza opposizione esistono solo nelle dittature). Un record bulgaro che straccerebbe quello dell’altro SuperMario, Monti, “fiduciato” 10 anni fa con 556 voti alla Camera e 281 al Senato (contrari solo i 59+25 leghisti, a cui s’aggiunsero ben presto i 21+12 dipietristi di Idv, che avevano votato solo la prima fiducia per poi passare all’opposizione).
Monti per tre mesi fece il bello e il cattivo tempo sull’onda di un’emergenza drammatica: lo sfascio economico-finanziario in cui il governo B.-3 ci aveva precipitati. Poi, dinanzi alle scelte impopolari di massacro sociale dettate dalla lettera della Bce di Trichet & Draghi, che fecero pagare ai pensionati e ai lavoratori l’intero costo della crisi, la luna di miele finì e iniziarono i distinguo dei partiti.
B., capo di quello di maggioranza relativa, iniziò a fare il capo dell’opposizione con la grancassa dei suoi media: Monti passò dal consenso al dissenso e fu persino costretto a sloggiare anzitempo. Tentò di vendicarsi fondando Scelta Civica con Fini e Casini, ma nel 2013 prese poco più dei voti degli alleati Fli e Udc. Gli elettori punirono duramente anche i due azionisti principali del suo governo, FI e Pd, che persero 6,5 e 3,5 milioni di voti, regalando il 25,5% ai debuttanti 5Stelle.
Ora, Draghi non è Monti e l’Italia del 2021 non è quella del 2011: grazie a Conte e ai presunti “incompetenti”, lo Stato non ha problemi di cassa, anzi sta per incamerare 250 miliardi dall’Ue tra Recovery e fondi di coesione, non appena presenterà quel Plan che sarebbe già pronto se l’Innominabile non l’avesse preso in ostaggio dal 5 dicembre. E le altre emergenze sono avviate a soluzione da Conte e dai presunti “incompetenti”, con una gestione della pandemia e una campagna vaccinale tra le più efficaci d’Europa. Ma i frutti di quella cascata di soldi si vedranno tra qualche anno, quando anche Draghi sarà passato (forse al Colle).
Il suo governo, però, è molto simile a quello di Monti perché tiene tutti dentro. Il che oggi è un elemento di forza. Ma, quando cambieranno i sondaggi e finirà la luna di miele coi partiti, sarà un fattore di debolezza. A meno che qualcuno non creda davvero che il M5S della Spazzacorrotti, delle manette agli evasori, della legge sul voto di scambio politico-mafioso e della blocca-prescrizione possa convivere amabilmente per due anni con un corruttore seriale, pregiudicato per frode fiscale, nove volte prescritto per gravi reati, amico e finanziatore dei mafiosi.
O che Salvini si sia convertito all’europeismo, alla progressività fiscale e all’accoglienza. O che Pd e LeU abbiano archiviato per sempre le differenze destra-sinistra. Più si avvicineranno le elezioni, più ciascun partito riscoprirà le differenze dagli altri, non foss’altro che per trovare qualcosa da dire agli eventuali elettori. Ai quali ciascuno dovrà presentare i propri successi degli ultimi mesi, se ne avrà ottenuti. E sarà un guaio soprattutto per il M5S che, avendo il gruppo parlamentare più ampio e gli elettori più esigenti, avrà suscitato le maggiori aspettative. Nel Conte-1 aveva 9 ministri (più il premier) contro 8 leghisti e 3 indipendenti. Nel Conte-2, 11 ministri (più il premier) contro 9 del Pd, 1 di LeU e 2 indipendenti. Infatti è sua la gran parte delle leggi di questi tre anni. Ma con Draghi, a quel che si dice, avrà 3 o 4 ministri su 20 o più. E nessuno sa ancora quali.
Cosa potrà mai ottenere o mantenere? Che senso ha il mantra del “restare dentro per controllare meglio”? Certo, se strappasse ai vecchi e nuovi alleati Giustizia, Lavoro, Ambiente-Sviluppo e Istruzione con l’impegno scritto, in un contratto di governo, di non toccare le loro leggi-bandiera, sedersi a quel tavolo sarebbe giusto, anzi doveroso. Ma non è aria: tra qualche giorno, salvo miracoli, l’ammucchiata degli altri partiti riesumerà la prescrizione con un emendamento al Milleproroghe.
I numeri in Parlamento e nel governo sono contro i 5Stelle. I media esultano come un sol uomo per la “fine dell’incompetenza”, cioè per la loro fine, preferendo di gran lunga la competenza dei criminali e dei loro compari (nessuno scandalo per la presenza alle consultazioni di B. e del tappetino di Bin Salman). Che senso ha piazzare qualche ministro, magari nei posti sbagliati, per poi assistere impotenti ai nuovi e vecchi alleati che giocano a bowling con le loro conquiste? Se proprio non si vuole dire di no al governo Draghi, cioè a Mattarella che l’ha imposto con la manovra a tutti nota, nulla impone di dire sì, per giunta al buio (a meno che il voto su Rousseau non sia un concorso di bellezza: “Vi piace Draghi?”). Si possono dettare condizioni sui temi del M5S. E, se vengono respinte, ci si può astenere per avere le mani libere e votare di volta in volta su ciascun provvedimento.
Per questo il quesito deve prevedere “fiducia” e “sfiducia”, ma anche “astensione”. Se prevarrà la berlingueriana “non sfiducia”, il governo Draghi diventerà pienamente “politico”, perché dovrà scegliere ogni giorno se dipendere dalla Lega o dal partito di maggioranza relativa. E si vedrà anche se la futura coalizione giallorosa M5S-Pd-Leu intorno a Conte esiste ancora, o è soltanto un pezzo di antiquariato o un’esca per gonzi.
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