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mercoledì 5 ottobre 2016

Campania, carabinieri indagano sui veleni nelle acque. E il sindaco del Pd cerca di far rimuovere il comandante. - Vincenzo Iurillo

Campania, carabinieri indagano sui veleni nelle acque. E il sindaco del Pd cerca di far rimuovere il comandante

E' successo in provincia di Avellino, a Solofra, capitale campana dell’industria delle concerie. La procura irpina ha aperto un fascicolo per avvelenamento, delitti colposi contro la salute pubblica e omissione d’atti d’ufficio. Secondo gli inquirenti, il primo cittadino dem Vignola ha contattato un ex senatore del suo partito (Enzo De Luca, solo omonimo del governatore) affinché intercedesse con il ministro Pinotti per far trasferire il comandante che indaga.

Solofra, capitale campana dell’industria delle concerie, l’acqua è contaminata dal tetracloroetilene, ci sono pozzi sequestrati da più di due anni e c’è il rischio che l’inquinamento si propaghi nei comuni irpini a valle. Risulta da una inchiesta della Procura di Avellino che ha aperto un fascicolo per avvelenamento delle acque, delitti colposi contro la salute pubblica e omissione d’atti d’ufficio. Ed il Pd locale, che governa il territorio, che fa? Trama al telefono per vedere se è possibile rimuovere il comandante della Stazione dei Carabinieri di Solofra che indaga sui presunti responsabili dell’inquinamento. Ovvero su di loro, ed in particolare su un sindaco dem. Intercettato mentre sollecita pressioni sul ministro della Difesa Roberta Pinotti (estranea a queste vicende e tirata in ballo a sua insaputa), dal quale dipendono gerarchicamente i militari dell’Arma.

Lo si evince dalle telefonate depositate dai pm alla conclusione di una prima tranche di indagini, che contesta a un manager e a un tecnico di Irno Service il reato di smaltimento illecito di rifiuti pericolosi. Si tratta delle intercettazioni del sindaco Pd Michele Vignola a colloquio con l’ex senatore, ex assessore regionale e componente della segreteria campana dem Enzo De Luca (solo omonimo del Governatore). 
Conversazione del 26 marzo 2014, ore 13.12. Vignola, indagato e col telefono sotto controllo, chiama De Luca: “Poi quell’altra cosa… mi stai facendo pigliare collera… una cosa che non ti posso parlare per telefono…”. De Luca: “Io tutto quello che potevo fare l’ho fatto…”. Vignola insiste: “Mah… e no… possiamo andare a Roma… al ministero della Difesa…”. De Luca ribatte: “Ho capito… devo parlare con quella madonna… devo parlare con Roberta (Pinotti, ndr)”. Vignola: “Me la devi fare questa cosa qua… me la devi chiudere… questa è una cosa personale… che ti sto chiedendo”.
E’ una delle quattro telefonate che il procuratore capo di AvellinoRosario Cantelmo cita come indizi delle manovre di Vignola “per intervenire su politici avellinesi di primo piano per far trasferire il comandante dei Cc di Solofra Giuseppe Friscuolo, evidentemente troppo attivo nelle indagini”. Indagini che secondo la Procura danno fastidio a un sindaco che “più che preoccuparsi della contaminazione della falda idropotabile del suo Comune, sia preso essenzialmente dal problema di non scontentare il potente ceto dei conciatori solofrani, costituente il suo bacino elettorale”.
Le telefonate tra Vignola e De Luca in cui si discute di come ‘arrivare’ al ministro si intensificano con l’avanzare delle indagini, culminate nel sequestro di due pozzi idropotabili di Solofra. Il 31 marzo 2014 De Luca informa Vignola: “Vado dopodomani a Roma, quasi certamente incontro pure la Pinotti”. L’11 aprile gli comunica che la missione è compiuta: “Ho fatto quella cosa… l’ho fatta al massimo livello… dovrebbe andare in porto… anche tranquillamente… quindi volevo tranquillizzarti su questo… e martedì forse vado di nuovo… detto questo, poi ci possiamo vedere in questi giorni…”. Segue lunga discussione su questioni politiche locali. Ma Vignola appare impaziente: “Che tempi ti hanno dato per questa cosa?”. Si riferisce, secondo gli inquirenti, al trasferimento del comandante Friscuolo. De Luca: “Gli ho detto di fare una cosa immediatamente… di intervenire fortemente e senza mezzi termini… e poiché la il capogruppo… tra l’altro con il Generale… e quella (la Pinotti, ndr) tiene proprio rapporti diretti… ehhh che ti devo dire…”.
Il comandante non è stato trasferito ed è ancora al suo posto, non ci sono tracce che De Luca abbia davvero provato a fare pressioni sul ministro Pinotti e il pm propende per la tesi che l’ex senatore abbia solo millantato per rabbonire il suo interlocutore e collega di partito. Resta da capire perché, di fronte alle insistenze di un sindaco che chiede la testa di un carabiniere servitore dello Stato, un ex parlamentare ed uomo delle istituzioni non abbia risposto “questo non si può fare, pensiamo invece a come disinquinare il nostro territorio”.

giovedì 9 luglio 2015

F35, il governo ordina altri quattro aerei. Salgono a 14 i velivoli acquistati dall’Italia. - Enrico Piovesana

F35, il governo ordina altri quattro aerei. Salgono a 14 i velivoli acquistati dall’Italia

Firmato un nuovo contratto da 35 milioni con Lockheed Martin: lo si legge sul sito del Pentagono. L'accordo è relativo all’ordine di un nuovo lotto (il 10°) comprendente 2 aerei convenzionali e 2 in ‘versione portaerei’. La cifra, una caparra di prenotazione, riguarda solo i componenti a lunga consegna, mentre il grosso del pagamento - 150 milioni a velivolo - verrà versato a rate alla conferma d’acquisto (2016) e poi alla consegna. M5S e Sel: "Mancanza di coerenza con gli impegni presi sulla riduzione del budget". Rete Disarmo: "Poca trasparenza".

Lontano dai riflettori e forte della sua maggioranza, il governo Renzi tira dritto sugli F35, sicuro di sbaragliare senza clamori anche le ultime deboli resistenze parlamentari di chi vuole il ridimensionamento o la cancellazione dell’impopolare e costosissimo programma militare.
Solo grazie al sito web del Pentagono veniamo a sapere che la Difesa italiana ha firmato a inizio giugno un nuovo contratto con Lockheed Martin ordinando altri quattro F35 e portando così a 14 il totale dei velivoli acquistati finora dal nostro Paese. Il contratto, da circa 35 milioni di euro, è relativo all’ordine di un nuovo lotto di F35 (il decimo) comprendente quattro aerei: due convenzionali e due in ‘versione portaerei’ a decollo corto e atterraggio verticale. La cifra, una sorta di piccola caparra di prenotazione, riguarda solo i componenti a lunga consegna (Long Lead Items), mentre il grosso del pagamento - 150 milioni di euro ad aereo – verrà versato a rate alla conferma d’acquisto (2016) e poi alla consegna. E’ stato firmato anche un altro contratto datato 30 giugno, da circa mezzo milione di dollari: ennesimo pagamento per lo sviluppo del software di bordo che prosegue, con enormi difficoltà e ritardi, dal 2002.
La Difesa – che entro l’anno acquisterà definitivamente i due F35 del lotto precedente ordinati due anni fa – sta seguendo la tempistica di acquisizione prevista dalla pianificazione contrattuale originaria calcolata sul totale di 90 velivoli: sei aerei nel 2013, due nel 2014, due quest’anno (dovevano essere tre), quattro il prossimo (quelli appena ordinati), cinque all’anno nel triennio 2017-2019 e nove nel 2020. Esattamente i 38 velivoli previsti entro tale data dal Documento Programmatico Pluriennale (Dpp) presentato dalla Difesa a inizio giugno, che infatti conferma il budget complessivo del programma, circa 13 miliardi di euro, stabilito nel 2012 dopo la riduzione da 131 a 90 aerei. Budget che invece,secondo la ‘mozione Scanu’ approvata lo scorso settembre, deve essere dimezzato.
Questo è il motivo per cui nella Commissione Difesa di Montecitorio, chiamata entro fine luglio a esaminare il Dpp del ministro Roberta Pinotti, i deputati delle opposizioni (Sel e M5S) e lo stesso capogruppo Pd, Gian Piero Scanu, chiedono al governo il rispetto degli impegni presi con il parlamento: “Sul programma F35 – ha dichiarato Scanu nella prima seduta sul Dpp – si rileva una mancanza di coerenza tra la programmazione degli acquisti cui il governo intende procedere e gli impegni indirizzati al governo stesso con la mozione approvata dall’Assemblea il 24 settembre scorso con il parere favorevole dello stesso Esecutivo”.
Se il capogruppo Pd in Commissione si dice sicuro che alla fine il governo accetterà il dialogo e farà un passo indietro sugli F35, le opposizioni sono pessimiste e prevedono che anche questa volta la Pinotti tirerà dritto, interpretando a modo suo l’impegno preso con il parlamento, dove in ogni caso nessuno ha i numeri per mettersi di traverso.
Per Luca Frusone, Cinquestelle, “la Pinotti verrà a ripeterci che non c’è nessuna contraddizione con la mozione Scanu giocando sulla debolezza e l’ambiguità di quel testo, non a caso approvato dal governo perché lasciava ampi margini di interpretazione”. Il riferimento è all’assenza di numeri di aerei e cifre finanziarie, alla dicitura “dimezzamento del budget originario” (quello per 90 o per 131 aerei?) e alla postilla “tenuto conto dei ritorni economici” (per Finmeccanica, diversi miliardi, o per l’erario, nulla?).
Secondo Donatela Duranti di Sel, più che le interpretazioni contano i numeri: “Quando in Commissione si arriverà a votare sul Dpp, una eventuale risoluzione contraria congiunta sostenuta da Sel, Cinquestelle, Scanu e pochi altri del Pd come Galli e Bolognesi, verrà semplicemente bocciata dalla schiacciante maggioranza Pd favorevole agli F35. Certo, rimane il significato politico, perché a quel punto verranno scoperte le carte in tavola e gettate tutte le maschere”.
Di fronte alla rassegnazione che sembra prevalere tra i parlamentari, Francesco Vignarca, portavoce di Rete Disarmo e della campagna Taglia le ali alle armi sostiene la necessità di non arrendersi e di continuare a pretendere che il governo rispetti le decisioni del parlamento: “Sugli F35 il Ministero sta andando avanti senza ripensamenti, senza trasparenza e ignorando le mozioni parlamentari che chiedevano una riduzione del budget, riconfermato invece nell’ultimo bilancio della Difesa. Continuiamo a chiedere alla Pinotti un incontro, che finora ci ha negato, per discutere questa grave situazione”.