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mercoledì 14 maggio 2014

Scajola: nuovi indagati nell'inchiesta.

Arrestato da Dia Reggio Calabria ex ministro Scajola (foto: ANSA)

Alfano: disposta analisi sull'uso della scorta.
Sarà interrogato venerdì prossimo nel carcere romano di Regina Coeli l'ex ministro Claudio Scajola, arrestato insieme ad altre sette persone per il favoreggiamento della latitanza di Amedeo Matacena.
L'interrogatorio sarà condotto dal sostituto procuratore nazionale antimafia Francesco Curcio e dal pm della Dda di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo che coordinano l'inchiesta.
Nell'inchiesta ci sono nuovi indagati. La Dda, intanto, ha presentato appello al Tribunale del riesame contro l'esclusione dell'aggravante mafiosa nei confronti di Scajola e degli altri sette arrestati.
I nuovi indagati, sull'identità dei quali c'è uno stretto riserbo, avrebbero ruotato, secondo quanto si è appreso, intorno alla cerchia di persone, tra le quali Scajola, che per l'accusa avrebbero agevolato la latitanza di Amedeo Matacena, l'ex deputato di Fi condannato a cinque anni per concorso esterno in associazione mafiosa. 
Il Dipartimento di Pubblica sicurezza ha disposto un'analisi sull'uso della scorta dell'ex ministro, ha detto il ministro dell'Interno, Angelino Alfano.

In alcune intercettazioni telefoniche, che fanno parte dell'ordinanza di custodia cautelare, emerge che Scajola disponeva della scorta e di alcuni poliziotti in forza al Viminale in modo improprio "con spregiudicatezza - scrive il pm - tanto che Scajola si spinge a dare disposizioni che la scorta si rechi all'estero senza 'gli attrezzi'".

I frenetici contatti registrati tra Scajola e gli uomini della scorta, secondo il giudice per le indagini preliminari di Reggio Calabria, Olga Tarzia "erano parte attiva e determinante per garantire agevoli spostamenti nel territorio italiano della moglie di Matacena". Il 10 maggio scorso su questo fronte il questore di Imperia, Pasquale Zazzaro, ha dato incarico di eseguire un'ispezione per verificare se vi sia stato un uso non corretto della scorta e la regolarità delle relative procedure amministrative.
"Abbiamo verificato nell'udienza di ieri che non esistono cause ostative all'estradizione e che c'è la volontà di tornare in Italia. Madame Rizzo dovrà essere estradata in Italia il prima possibile". Questo, secondo quanto appreso da fonti giudiziarie francesi, l'intendimento del Parquet général di Aix en Provence che domani valuterà i requisiti necessari per l'estradizione di Chiara Rizzo, la moglie di Amedeo Matacena, arrestata a Nizza su mandato di cattura internazionale.
Il cellulare di Scajola intestato al Viminale"L'ex ministro Scajola, arrestato per favoreggiamento della latitanza di Matacena, aveva in tasca un telefono intestato al dipartimento di pubblica sicurezza del Viminale. Alfano lo sapeva? Ha autorizzato questa spesa? Da quanti anni durava questa situazione e per quante altre persone si replica? Corte dei conti e procura sono state avvertite?". Sono le domande che i membri del M5S in commissione Affari costituzionali avrebbero posto oggi al ministro dell'Interno, Angelino Alfano, atteso in audizione alla prima commissione alla Camera. Appuntamento saltato in seguito alla questione di fiducia posta dal Governo. "Ancora una volta Alfano schiva le domande ma - concludono - lo attendiamo in aula per la mozione di sfiducia che abbiamo già presentato. In quella sede dovrà rispondere a tutte le domande sul suo maldestro operato".
La "reazione scomposta" di Claudio Scajola alla mancata candidatura alle europee, "è la migliore conferma del particolare interesse, non solo personale, verso quell'ambito politico sovranazionale, particolarmente appetibile per le ricadute economiche che è in grado di garantire". Lo sostengono i pm della Dda di Reggio Calabria.
Amedeo Matacena è "tra i pochi soggetti a rivestire un ruolo ben più significativo di quello del mero concorrente esterno, essendo diventato nel corso degli anni la stabile interfaccia della 'ndrangheta, nel processo di espansione dell'organizzazione criminale, a favore di ambiti decisionali di altissimo livello". Lo affermano i pm della Dda di Reggio Calabria in una integrazione alla richiesta di emissione dell' ordinanza di custodia cautelare.

giovedì 20 dicembre 2012

Dalla Camera a Palazzo Chigi, gli appalti pubblici della Casta col segreto di Stato. - Thomas Mackinson


Camera dei deputati


Il tutto grazie anche a un codicillo che il governo Berlusconi ha inserito nella finanziaria due anni fa che amplia l’ambito della secretazione della normativa e rimette le autorizzazioni in capo ai dirigenti ministeriali. In pratica ogni burocrate romano di peso può decidere di affidare personalmente un maxi-appalto senza gara.

C’è un pezzo di casta che col pretesto della ‘massima sicurezza‘ si rifà bagno e salotto, lontano da occhi indiscreti. Tra gli appalti coperti da segreto di Statosenza Iva e a chiamata diretta non pubblicizzata, non c’è solo il rifacimento dell’aula bunker di Poggioreale. Ci sono anche l’aula dei gruppi parlamentari della Camera, il rifacimento della biblioteca di Palazzo Chigi, la riqualificazione della sala benessere e la ristrutturazione dei bagni per le scorte del Viminale. C’è perfino il rifacimento del bar e della sala ristoro per autisti del governo. Il tutto grazie anche a un codicillo che il governo Berlusconi ha inserito nella finanziaria due anni fa che amplia l’ambito della secretazione della normativa sugli appalti pubblici (d.lgs. 163/2006) e rimette le autorizzazioni in capo ai dirigenti ministeriali. In pratica ogni burocrate romano di peso può decidere di affidare personalmente un maxi-appalto a imprese di sua fiducia, evitando la gara e tenendo riservata l’esistenza stessa di un contratto, non dovendo pubblicizzare contenuti e condizioni, importi e aziende beneficiare. Praterie per chi volesse approfittarne, un colpo al cuore ai principi di legalità e trasparenza.
Da allora la corsa ai contratti “classificati” non si è più fermata, il loro numero è esploso arrivando a un valore di 200-250milioni di euro l’anno. Ogni ministero ne fa man bassa, in testa la Presidenza del Consiglio per la quale, scrive la Corte dei Conti, “la denominazione stessa degli appalti è inconoscibile”. Si sa però che ha fatto ricorso alla secretazione per restaurare l’aula dei Gruppi parlamentari in via Campo Marzio. Un “regalo” che la Camera si concede per i 150 anni dell’unità d’Italia, a carico dei contribuenti per 14 milioni di euro. La nuova aula, inaugurata il 16 giugno 2011, sarà un gioiello di tecnologia con 286 postazioni attrezzate con i più avanzati impianti per il voto, una sala regia per le riprese, postazioni per interpreti e traduttori. Il punto però è la scarsa trasparenza che accompagna il rifacimento di questo (e altri) luoghi-simbolo della Repubblica e del potere.
I costi che aumentanoNella cerimonia di riapertura il presidente della Camera Gianfranco Fini spiegava che la nuova aula “dovrà favorire una maggiore apertura delle istituzioni ai cittadini accrescendo la trasparenza e le visibilità dell’attività parlamentare”. Un manifesto dei buoni propositi piantato nella sabbia,  perché una parte dei lavori per l’auletta in questione – importo 1,3 milioni di euro – era stato secretato. Chi lo ha vinto e perché, non è dato sapere mentre si saprà l’importo finale dei lavori per 14 milioni di euro. Il governo ha usato la stessa procedura per ristrutturare la “biblioteca chigiana” realizzata dall’architetto Contini e perfino il bar e il punto ristoro della sala autisti della Presidenza del Consiglio. E non è l’unico, il Viminale ha fatto ricorso ad appalti classificati per rifare i bagni e la sala benessere del reparto scorte a Villa Tevere. Guai, insomma, a ficcare il naso nel bagno degli autisti. Ma che ci sarà poi di così segreto? Forse il fatto che l’appalto che inizialmente doveva costare 284mila euro alla fine è stato aggiudicato per 406.315, nonostante un ribasso dichiarato del 20%.
Sulla secretazione aleggia da tempo un sospetto: che abbia poco a che fare con la sicurezza dello Stato e molto con la possibilità di liberare la committenza pubblica dai lacci delle norme e dai controlli. La Corte dei Conti, del resto, rileva un’anomala lievitazione dei costi “frutto di perizie di variante, quasi sempre in aumento, che inducono a considerazioni negative in ordine alla corretta individuazione dei fattori di costo”. Si dirà che è tipico dei contratti pubblici. Ma la secretazione amplia i margini di manovra in fase d’assegnazione e riduce le informazioni disponibili in fase di controllo: per i magistrati contabili “permangono criticità sulla possibilità di conoscere in maniera precisa le dimensioni del fenomeno e l’utilizzazione degli strumenti di segretazione nei casi strettamente necessari”. Spesso l’aumento degli importi finali è superiore al massimo consentito del 5%. E non sono bruscolini.
Carceri e Finanza
Nel 2005, ad esempio, parte la mega ristrutturazione del Comando provinciale della Gdf di Como, lavori per 11,8 milioni di euro. L’impresa che ha vinto l’appalto, ovviamente schermata, fa rilevare che “a seguito di prove geotecniche è indispensabile procedere a nuovi interventi di sistemazione delle fondazioni” e scatta una commessa aggiuntiva per 1,5 milioni. Tutto corretto? Impossibile saperlo, il Comando Generale dal 2003 ha blindato ogni lavoro al suo interno, ricorrendo alla secretazione. E ancora. Nel 2010 il provveditorato ai Lavori Pubblici dell’Emilia Romagna assegna un appalto classificato per il “ricovero attrezzi agricoli e laboratorio per il miele” nella casa circondariale di Modena. Nel 2011 ne stipula un secondo per “sopraggiunte necessità di adeguamento funzionale” al primo progetto. L’importo lievita di 50mila euro, il conto finale sarà di 428mila euro. Congruo, non congruo? Impossibile dirlo, la pratica è secretata trattandosi di un carcere. Peccato che – fa rilevare la Corte dei Conti – nella documentazione trasmessa non ci sia traccia del verbale di lecitazione e “nel decreto di approvazione si parli genericamente di requisiti di idoneità della ditta aggiudicatrice”. Di più non si sa. È un segreto di Stato.