Sono convinto che in queste ore decisive per il futuro della Nazione non siano in pochi a meditare sul fascino discreto dell’astensione. Per i grillini più lacerati, tra coloro cioè chiamati a decidere sulla piattaforma Rousseau se il M5S debba concedere oppure no la fiducia al nascente governo Draghi, la terza opzione non sarebbe forse un provvidenziale salvagente? E il nì coniato dal professor Michele Ainis non farebbe un gran comodo ai Fratelli d’Italia, combattuti tra l’orgoglioso isolamento propugnato da sorella Giorgia e il timore di finire inutilizzati nel frigorifero dello storia, come accadde a Giorgio Almirante al tempo dell’onda nera missina? E poi, astenersi in prima battuta per poi decidere quali provvedimenti dell’esecutivo di SuperMario votare e quali no non sarebbe il modo migliore per marcare stretto quell’intruppone di Matteo Salvini? Siate sinceri compagni duri e puri di LeU, esserci ma anche non esserci non è il vostro sogno nel cassetto per evitare contaminazioni con i sequestratori di Ong e gli amici di Casapound? (quanto a Roberto Speranza abbia pazienza e salti un giro).
L’elogio delle mani libere rievoca un antico governo della non sfiducia. Era il 31 luglio 1976, e mentre l’Italia viveva l’ordinaria emergenza del terrorismo e della lira a picco, nasceva il terzo gabinetto Andreotti con il voto favorevole della Dc e dei sudtirolesi, e le astensioni di Pci, Psi, Pri, Psdi, Pli. Riuscì, pensate, a restare a galla un paio d’anni. Da ciò si ricava la natura multiforme dell’astensione che oltre alla consueta modalità sospensiva può manifestarsi nella veste opportunista (qui lo dico e qui lo nego), cinica (che mi dai in cambio?), intimidatoria (il nì che promette un no), fausta (oppure un sì). Si può dare vita insomma a un ventaglio cangiante di posizioni, a un acrobatico triplo salto con piroetta, o se preferite a un kamasutra di salute pubblica. Va detto infine che nello stretto interesse del premier pervenire (o non frapporre ostacoli) a una scrematura dei più incerti e dubbiosi potrebbe non essere un danno. Per arginare il rischio di un’ammucchiata troppo indistinta e dunque incline alla contrattazione sfibrante e alla politica del rinvio. Ma ecco qui di seguito un paio di massime utili. “Non appena ci manifestiamo in un modo o nell’altro, ci facciamo dei nemici. Se vogliamo farci degli amici o conservare quelli che abbiamo, l’astensione è di rigore” (Emil Cioran). Ma anche: “Nel rischio astieniti” (Marcello Marchesi).