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venerdì 12 febbraio 2021

l sassolino nella scarpa. - Massimo Erbetti

 

Avete presente quando avete un sassolino nella scarpa? Avete presente quanto da fastidio? Avete presente il disagio? Ecco bene…beh sappiate che io sono giorni…settimane…, anzi no, mesi che mi porto qualcosa di molto più grande nella scarpa.

Arriva il momento in cui quel sassolino lo devi togliere, perché proprio non ne puoi più…e quel momento è arrivato…è arrivato il momento di fare i conti con la realtà dei fatti.

"ci siamo snaturati, non siamo più quelli che eravamo"...

Certo è vero…e cosa pensavate? Pensavate si potesse essere al tempo stesso, movimento di lotta e di governo? Quando prendi il 32%, quando 11 milioni di persone ti danno fiducia, non puoi essere quello che eri prima, ti devi assumere delle responsabilità e fare delle scelte…devi decidere…decidere se diventare grande o continuare ad essere Peter Pan.

Il problema è che ogni scelta ha dei risvolti positivi e negativi al tempo stesso, se decidi di essere movimento di governo, quello positivo è che puoi incidere, quello negativo è che chi ti ha votato solo perché dovevi mandare a casa quelli che c'erano prima, ti abbandonerà…perché sei diventato tu quello da mandare a casa.

Se decidi invece di essere movimento di lotta…avrai tanti applausi, tante strette di mano, tante pacche sulla spalla…ti aduleranno, ti santificheranno…ma non farai niente di buono per il tuo paese.

Continuerai ad ululare alla luna, mentre gli altri continueranno a mandare a picco il paese...chi fa sbaglia, chi protesta ci indovina sempre…funziona così…è facile puntare il dito, non costa nulla e nessuno potrà mai accusati di aver sbagliato, perché nessuno potrà mai verificare quello che affermi.

"Se fossimo rimasti coerenti ora avremmo ancora il 32%"...ma certo che si, ma per fare cosa? A cosa serve avere il 32% se poi non puoi fare niente?... "eh…ma se avessimo continuato a protestare, se fossimo rimasti puri…arrivavamo al 41%" dicono i duri e puri…certo come no…tanto chi può smentirli?...mia nonna diceva che con i se e con i ma, non si fa mai giorno.

Arrivare al 41%,sono chiacchere vuote e senza senso…perché un ulteriore 9% sono milioni di voti…milioni capite? Per la precisione 3,1 milioni…ma tanto chi afferma questo continuerà a farlo…tanto chi potrà mai dire il contrario?

Sapete invece cosa avremmo dovuto fare? Stringerci intorno ai nostri eletti, sostenerli, incoraggiarli…e invece cosa abbiamo fatto? Abbiamo puntato il dito, li abbiamo criticati, li abbiamo insultati, li abbiamo trattati come fossero nostri nemici…

Se facevano uno, era poco…se facevano dieci, era poco e se facevano cento era poco…non siamo mai riusciti a gioire di un solo risultato, mai una volta.

Ma gli altri li avete mai guardati? Li avete mai osservati? Guardate ora Salvini…da anti europeista ora indossa la felpa con su scritto "prima l'Europa", da no Recovery, a si Recovery…da flat tax a imposta progressiva…da no migranti a si migranti…e tutti i suoi muti, muti come pesci, nessuno che protesta, nessuno che si lamenta.

E il PD? Ma ci siete mai stati sulla pagina di Zingaretti? Sapete di cosa lo accusano? Di essersi asservito a noi…perche noi siamo riusciti a fargli dire si al taglio dei parlamentari, dopo tre volte che aveva votato no…capito? Tre volte no, poi siamo arrivati noi e ha dovuto dire si.

Ma a noi non basta, noi vogliamo di più…sempre di più…non ci basta mai, sempre poco, troppo poco.

E arriviamo ad oggi…il periodo più travagliato e doloroso della nostra storia…ma pensate che votare Sì ieri sia stato facile? Ma pensate che cliccare su quel tasto non sia stato doloroso per tutti?
E cosa vedo? Vedo gente che invece di incoraggiare, di aiutare, di consolare…cosa fa? Punta il dito…"spariremo".

Ma stiamo scherzando? Ma veramente? In un momento come questo c'è bisogno di unità, c'è bisogno di stringerci intorno ai nostri eletti e aiutarli a superare questo momento.
Non abbiamo bisogno di tifosi, abbiamo bisogno di gente che consapevolmente si rimbocca le maniche e lavora, perché gli eletti, i nostri portavoce, sono come noi, sono noi…erano quelli che con noi facevano banchetti, attaccavano manifesti...sono sempre loro e se oggi pensiamo siano altro, se lo pensiamo veramente…allora abbiamo un serio problema e non siamo così diversi da quelli che nel 2018 ci hanno votato per mandare a casa quelli che c'erano prima e che oggi votano per mandare a casa noi, perché il loro unico scopo di vita, non è costruire un paese migliore, ma mandare a casa qualcuno.

https://www.facebook.com/photo?fbid=10219322233152221&set=a.2888902147289

mercoledì 18 novembre 2020

Financial Times: ecco come si combatte il complottismo che dilaga sul web. - Gillian Tett

 

Il 51% degli americani oggi crede almeno in parte ad almeno una delle principali teorie pericolose circolanti nel paese. Una ricerca spiega come possono agire i giganti di internet per fermarne la diffusione.

Nel 2016, durante la campagna elettorale per la presidenza degli Stati Uniti, sui siti web di destra si è diffusa in modo virare una teoria del complotto nota come #Pizzagate. La sua tesi era che l’allora candidata democratica, Hillary Clinton, fosse coinvolta in un giro di pedofilia gestito da una pizzeria di Washington. All’apparenza sembrava una teoria ridicola, finché qualcuno non è entrato nel locale armato di un fucile d’assalto e ha cominciato a sparare.

Per fortuna nessuno si fece male in quell’occasione, ma l’episodio ha sollevato due interrogativi che rimangono attuali anche a quattro anni di distanza dai fatti, in un contesto di grande polarizzazione della politica statunitense. Perché il complottismo si diffonde così facilmente? Ed esiste un modo efficace per contrastarlo?

Le grandi aziende tecnologiche americane conducono da tempo studi molto approfonditi sul tema, di solito incrociando grandi flussi di dati e commissionando valutazioni psicologiche. L’anno scorso, invece, un team di ricercatori della controllata di Google Jigsaw ha provato a sviluppare un nuovo modello d’analisi unendosi agli etnografi della società di consulenza ReD. La loro idea era di condurre una ricerca qualitativa e mirata sugli atteggiamenti di 42 teorici del complotto nel Regno Unito e negli Stati Uniti, sostenitori di idee con vari gradi di pericolosità: dall’apparentemente innocuo terrapiattismo fino a teorie molto più pericolose come quella del genocidio bianco e quelle più recenti sulle pandemie.

Gran parte dello studio è tuttora riservato, ma è possibile farsi un’idea dei suoi interessanti risultati leggendo la sintesi che i ricercatori di Jigsaw e ReD hanno presentato qualche tempo fa a un gruppo di ricerca chiamato Ethnographic Praxis in Contest.

La questione centrale del complottismo è in che modo inquadrare il fenomeno. Joseph Uscinski, professore di scienze politiche dell’Università di Miami, ricorda in proposito che non è chiaro se oggi le teorie del complotto siano più diffuse di quanto fossero in passato, ma che senza dubbio “esistono forme di continuità”.

La particolarità della nostra epoca sta nella rapidità di propagazione che queste teorie hanno acquisito grazie a internet, e che le porta spesso sui media mainstream e nei discorsi dei politici. Le big tech provano a contrastare questa diffusione con una strategia che i vertici di YouTube hanno chiamano “quattro R”: rimuovere contenuti pericolosamente fuorvianti; relegare i contenuti complottisti agli ultimi posti dei risultati di ricerca; rilanciare i contenuti più affidabili sul tema; ricompensare le realtà che lottano contro la diffusione del complottismo (come per esempio l’interessante sito metabunk.org, creato dal divulgatore scientifico Mick West).

La strategia delle “quattro R” si fonda sulla separazione tra le teorie del complotto pericolose da quelle più innocue. Ma la ricerca di Jigsaw e ReD mostra che questo principio potrebbe non essere il più efficace.

Analizzando i comportamenti dei complottisti, infatti, il team di etnografi si è reso conto che quello che conta di più per loro non tanto è la pericolosità o meno delle teorie, quanto il grado di adesione che suscitano nelle persone. Insomma, “è più importante distinguere tra diverse tipologie di complottisti piuttosto che tra diverse tipologie di teorie del complotto”.

Il fatto è che una mente profondamente intrisa di complottismo ha la stessa probabilità di credere a teorie innocue o pericolose. Inoltre, i ricercatori sottolineano che non esiste “un complottismo innocuo di per sé” e che, all’opposto, anche nel caso delle teorie più pericolose è possibile convincere le persone ad attenuare le loro credenze in modo da renderle meno dannose.

Per questo motivo il team di ricerca propone una strategia articolata su più livelli. Chi è totalmente immerso nel complottismo non accetta controargomentazioni logiche, ma può per esempio rispondere a stimoli emotivi, quando gli vengono presentati con empatia e rispetto. I complottisti meno zelanti, invece, possono venire positivamente influenzati da interventi “a monte” come quello di portare in primo piano sui motori di ricerca i contenuti che sfatano le teorie del complotto.

I motivi che spingono qualcuno a sposare una teoria del complotto non sono solo psicologici (anche se i disturbi del sé giocano un ruolo importante), ma anche sociali. I ricercatori portano l’esempio di un’adolescente del Montana che ha abbracciato il complottismo per stare al passo con il suo gruppo di amici.

Inoltre, bisogna tenere conto di un certo numero di indici culturali, come il design dei siti web. Nel ventunesimo secolo, infatti, una persona mediamente colta e gli addetti ai lavori di internet tende a considerare più credibili le informazioni provenienti da siti esteticamente curati.

Al contrario, la ricerca di Jigsaw e ReD ha scoperto che i complottisti sono più propensi a credere ai siti dall’aspetto amatoriale, perché danno l’impressione di essere più “autentici”. Questo è un elemento che può sfuggire a uno sviluppatore di Google seduto nel suo ufficio di Mountain View, e non è il tipo di risultato che può emergere da un’analisi statistica dei flussi di dati, e tuttavia è un aspetto fondamentale del fenomeno complottista.

Occorre chiedersi se gli spunti emersi da questa ricerca siano ora utilizzabili dalle grandi aziende tecnologiche per evitare futuri #Pizzagate. Qualche piccolo successo c’è stato: lo studio riferisce per esempio di un utente di San Diego che ha abbandonato una teoria del complotto sulle scie chimiche dopo che Google ha messo in primo piano nel motore di ricerca contenuti alternativi sul tema.

Non sarà facile applicare questo metodo su larga scala e stare al passo con l’alta velocità di trasformazione delle teorie del complotto. Il #Pizzagate, per esempio, è ricomparso di recente sui social nonostante le numerose smentite, prendendo di mira il cantante Justin Bieber.

Il dato è allarmante se si considera che la ricerca del professor Uscinski ha messo in luce che il 51% degli americani oggi crede almeno in parte ad almeno una delle principali teorie del complotto circolanti nel paese. Senza parlare di tutte le occasioni che offre la pandemia di Covid-19 e la conseguente ricerca di un vaccino.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/16/financial-times-ecco-come-si-combatte-il-complottismo-che-dilaga-sul-web/6004909/