Visualizzazione post con etichetta contrari. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta contrari. Mostra tutti i post

giovedì 4 febbraio 2021

Governo, Salvini: "Basta tecnici, serve un esecutivo politico".

 

Zingaretti: 'Disponibilità M5S-Leu a prospettiva unitaria'. Renzi: 'E' tempo dei costruttori'.


La carta Mario Draghi giocata dal Quirinale dopo il nulla di fatto dell''esploratore' Roberto Fico è l'ultima prima della deriva elettorale, ma scuote la politica. Il centrodestra riunito cerca una posizione univoca. "Serve un governo politico, basta tecnici.

Io ministro? Ma se non so che vuole fare Draghi?". Così il leader della Lega, Matteo Salvini su La7. "Voterei per Draghi al Quirinale? Non rispondo a domande sul domani, su quello che accadrà nel 2022. Certo che spero sia un altro Parlamento a votare il successore di Mattarella. Se fai quello che devi fare si può votare entro luglio", ha aggiunto.

"Nel quadro del lavoro che si è avviato dopo il conferimento dell'incarico al professor Draghi, pur nel rispetto del confronto che si è aperto tra le forze politiche, è positiva la disponibilità di Pd, M5S e Leu di voler continuare a tenere aperta una prospettiva politica unitaria". Lo dichiara il segretario del Pd Nicola Zingaretti al termine dell'incontro in videoconferenza con M5S e Leu.

"La riunione di questa sera tra Pd LeU e 5stelle è stata importante per proseguire nel percorso comune intrapreso in questo anno e mezzo di governo. Percorso che ci ha visto, in questa fase difficile del nostro paese, fare scelte importanti a difesa degli italiani per non lasciare indietro nessuno in questa crisi. Nel rispetto delle reciproche posizioni sull'attuale fase politica questo percorso non si ferma". Lo affermano i capigruppo di LeU Loredana De Petris e Federico Fornaro al termine dell'incontro con Pd e M5S.

"Dalla riunione tra Movimento, Pd e Leu emerge la volontà di non disperdere il patrimonio comune costruito con grande impegno, nell'ultimo anno e mezzo. Un patrimonio fatto di temi e interventi già realizzati, di misure sulle quali abbiamo condiviso impostazioni e obiettivi. Nel reciproco rispetto per le rispettive posizioni riguardo alla scelta di appoggiare un eventuale governo tecnico a guida Mario Draghi, abbiamo confermato la volontà di mantenere saldo quel leale rapporto che nel tempo è cresciuto e migliorato". Lo afferma in una nota in capo politico politico del Movimento 5 Stelle Vito Crimi.

"Giochiamo a carte scoperte". E' la richiesta che, raccontano alcuni presenti, avrebbe fatto Giorgia Meloni durante il vertice del centrodestra. La Meloni, ribadita l'indisponibilità di FdI a sostenere in ogni caso un governo Draghi, e avrebbe proposto una possibile mediazione solo al fine di salvaguardare l'unità e la compattezza della coalizione: fare tutti un passo intermedio e arrivare ad un voto comune, che non potrebbe in ogni caso spingersi oltre l'astensione.  "Se la data delle elezioni è certa allora si può parlare di tutto, ma escludo che Draghi si metta a disposizione per tre mesi. Forse non è la persona da chiamare per questo genere di ragionamento io non parlo di niente che non sia elezioni. Disponibili a lavorare su tutto purché si vada a votare", ha detto in seguito la leader di Fratelli d'Italia intervenendo su La7.

Interviene Di Maio: 'io credo che il punto non sia attaccare o meno Draghi' ma 'le regole della democrazia sono molto chiare. E credo che la via democratica alla ricostruzione dell'Italia sia quella di un governo politico'.

"Io oggi dico agli amici dei Cinque stelle: attenti, di fronte a problemi ancora più gravi a non rovesciare le parti; attenti, di fronte a un richiamo come quello di Mattarella e alla disponibilità di una personalità come Draghi a non produrre un esito paradossale: la maggioranza che si spacca e la destra disponibile per senso di responsabilità". Lo dice Dario Franceschini in un'intervista ad Huffington Post, facendo "un appello" al M5s. Sarà un esecutivo a tempo? "Ciò che nasce bene, non ha tempo. Se non parte con il sostegno di tutti c'è il rischio che le chiavi per accendere o spegnere il motore siano in mano alla destra, che avrebbe l'ultima parola per decidere quando andare a votare. Per questo abbiamo proposto un incontro a Cinque e Leu". "Abbiamo provato fino all'ultimo a proseguire con un governo che, pur con tanti limiti, aveva assolto con responsabilità e dignità al compito imprevisto e straordinario che si è trovato a fronteggiare. Adesso, affinché come dice lei, la necessità diventi anche un'opportunità, la sfida è salvare il rapporto tra Pd e Cinque stelle dentro il nuovo quadro", aggiunge.

"Noi vorremmo che questa maggioranza corrispondesse all'appello del Capo dello Stato, una maggioranza larga. Altrimenti se dopo le tarantelle di Renzi dovessimo sottostare a quelle di Salvini non avremmo fatto un grande servizio al Paese. Inviterei tutti a lavorare e a non pensare che un nome forte sia sufficiente, ci vuole un lavoro politico e noi lo stiamo facendo". Così il vicesegretario del Pd Andrea Orlando su La/7.

"È importante che le forze politiche che hanno lavorato bene assieme negli ultimi mesi - Leu, Pd e M5S - affrontino in queste ore in modo coordinato la crisi politica in corso". Lo afferma Roberto Speranza (Leu), entrando al ministero.

"Leali a Conte". Sarebbe stato questo, secondo fonti di primo piano del Movimento 5 Stelle, il messaggio che Beppe Grillo avrebbe consegnato ad alcuni membri pentastellati del governo uscente. Messaggio che fonti ufficiali del Movimento non confermano ma che fa da introduzione ad'assemblea congiunta che si annuncia decisiva per la posizione dei Cinque Stelle sul governo a guida Mario Draghi. E una qualche influenza potrebbe derivare anche dall'incontro, appena iniziato, tra Draghi e il premier dimissionario Giuseppe Conte. Incontro al quale, non a caso, il Movimento guarda con una certa attenzione. E, chi ha dimestichezza con il capo del governo uscente si dice "stupito" se Conte accettasse la guida di un ministero se Draghi gliela offrisse.

"Ricordiamo che nel 2018 abbiamo preso il 33% dei voti e in Parlamento siamo la forza politica più grande, siamo determinanti. Ora dobbiamo mostrarci compatti. Molti scommettono su una nostra scissione, sono anni che ne raccontano, mentre a scindersi sono stati altri. Noi dobbiamo reagire con forza e sangue freddo. Chiedo unità a tutti, compattezza a tutto il Movimento. Nessuno pensi di dividerci". Lo dice il ministro degli Esteri uscente Luigi Di Maio all'assemblea M5S.

"Oggi ci ritroviamo con un governo tecnico. Mettete da parte Draghi, al di là della persona, pensate a un governo tecnico, freddo e calcolatore. Al di là di quello che faremo quando e se dovesse nascere questo governo noi saremo condizionati". Lo dice all'assemblea dei gruppi M5S il capo politico Vito Crimi. "Per qualunque misura a livello parlamentare si deve sempre o comunque passare da noi. Questo è un patrimonio che non dobbiamo disperdere, noi siamo determinanti anche nel caso in cui dovesse nascere questo governo. Se non possiamo far nascere un governo tecnico noi possiamo però essere determinanti nelle scelte, su qualunque cosa. Al di là di quello che faremo, quando è se dovesse nascere questo governo tecnico noi saremo condizionanti ".

E sui social interviene Matteo Renzi. "Ora è il momento dei costruttori. Ora tutte le persone di buona volontà devono accogliere l'appello del Presidente Mattarella e sostenere il governo di Mario Draghi. Ora è il tempo della sobrietà. Zero polemiche, Viva l'Italia". 

Ma Alessandro Di Battista va all'attacco: "Quel che penso è che il governo Draghi lo debbano votare, semmai i rappresentanti dell'establishment. Lo voti la Meloni che ha già detto sì, in passato, a governi tecnici e a leggi Fornero. Lo voti mezzo Pd che ha lavorato incessantemente per buttare giù Conte. Lo voti Salvini, ennesimo pezzo di arredamento del "sistema" mascherato. Lo voti Renzi, mero esecutore di ordini altrui. Lo voti FI", scrive in un articolo su Tpi.it Alessandro Di Battista. "Ostacolare l'approdo di Draghi a Palazzo Chigi nulla ha a che vedere con la lotta tra europeismo ed anti-europeismo, ha a che fare con la contesa tra Politica e finanza", scrive.

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2021/02/03/governo-mattarella-draghi_6ebd6082-ca36-459a-9680-e7612a37e03c.html

lunedì 9 novembre 2020

RESISTERE RESISTERE. - Rino Ingarozza

Certo che il Presidente Conte ne deve avere di pazienza. Ne deve avere proprio tanta. Riceve attacchi quotidiani un po' da tutti. Dall'opposizione ma anche dalla maggioranza.

Salvini e Meloni che non perdono occasione per dargli contro. Anzi, per certi aspetti, sembra che aspettino, col fucile puntato, che dica qualcosa (una cosa qualsiasi) per attaccarlo. Probabilmente durante il giorno si mettono d'accordo sulla strategia da adottare il giorno dopo.
"Giorgia, presto ....ha detto terra ....andiamo in tv a dire acqua".
"A Matte' ma per piantare una pianta ci vuole la terra".
"'E che ti frega. Possiamo dire che per farla crescere ci vuole l'acqua. E lui non l'ha detto".
"Ma era sottinteso ...dai, su."
"Giorgina, non so i tuoi, ma i miei credono a tutte le cazzate che dico".
"Matte', non ti allargare, anche i miei sono così ".
Quando, invece, il Presidente non parla, c'è sempre il discorso "immigrati" da sfoderare. I barconi, i terribili clandestini neri e sporchi.
Ma queste cose le sappiamo tutti. Ognuno di noi ha scritto decine di post, su questo.
Il problema è che si deve guardare anche dal fuoco amico. Dal PD e soprattutto da lui, dal presuntuoso fiorentino. Dall'oppositore interno, a prescindere. Il bastian contrario per strategia di partito. Deve far parlare di sé e del suo partitino. Il problema (per lui) è che, più parla, e più il suo partito perde consensi.
Ora è addirittura indagato (insieme a Lotti e Boschi) ed ecco l'infamia.
Ha pensato di avvisare il governo che, senza di lui, non c'è maggioranza.
In pratica un ricatto bello e buono. Aiutatemi in questa storia o faccio cadere il governo.
Che personaggio. Non ne azzecca una ma è sempre gonfio di sé. Come un pallone. Il famoso "pallone gonfiato".
Conte viene attaccato su tutto. Politica estera (forse perché è riuscito ad ottenere 209 miliardi dall'Europa) e questa è una cosa che proprio non riescono a mandar giù. Dall'altro lato vorrebbero metterci le mani, su quei soldi, decidere loro, cosa farne, come spenderli, come "Spartirli".
La più insistente e "bavosa" su questo è lei, la Giorgetta nazionale, che chiede di andare a votare, un giorno si e l'altro pure.
Lei la Giorgina patriota. La Giorgina di Viva l'Italia (sembra che De Gregori, quando ha scritto questa canzone, si sia ispirata a lei.)
Quella che è talmente "italiana" che ha detto che vorrebbe trasportare,in Italia, il modello Trump. Quello che ha messo i dazi su prosecco e parmigiano. Un nuovo motto "prima i dazi".
Viene attaccato anche sulla politica interna. In particolar modo, sulla gestione della pandemia.
"Matte' ha detto di chiudere"
"E noi diciamo che si deve aprire"
"Giorgina, ha detto di aprire"
"E noi diciamo di chiudere".
Niente, però, rispetto alle affermazioni del Presidente della regione Lombardia, Fontana.
"Chiudere la regione è uno schiaffo ai cittadini Lombardi" ha detto.
A Fontana.......... ĺa Lombardia è stata chiusa in base ai dati che "tu" hai fornito.
E poi parli di schiaffi proprio tu? Tu che, mentre i tuoi corregionali contavano gli ultimi spiccioli per fare la spesa, hai pensato bene di commissionare, a tuo cognato, senza alcuna gara d'appalto, dei camici, con i loro soldi? Ci vuole un bel coraggio.
"Il coraggio dei Tartari".
Il tartaro, che è quello che ha Fontana sui denti. E che c.... hai tanti soldi all'estero ( frutto dei risparmi dei tuoi genitori.....certo) e spendili due euro per farti la pulizia dei denti.
Attaccato da tutti. Lui, però, si lascia scivolare tutto addosso e va avanti per la sua strada. Ha chiesto alle regioni di assumersi le loro responsabilità e gli hanno risposto picche. Ma lui non si è scomposto. Ha assunto anche l'onere di prendere decisioni che i governatori non hanno voluto assumersi.
Gli stessi governatori che battevano i pugni, per avere più autonomia.
"Faccio tutto io" (quando non ci sono problemi. Quando ci sono .....pensaci tu).
Resta solo la speranza che il Presidente Conte non si stanchi. Che non gli venga la voglia di "ma andate a quel paese" (sono sicuro che direbbe proprio così, e non "affanculo". Dall'alto della sua classe).
Spero solo che non gli venga voglia di mollare tutto.
Non oso pensare come sarebbe il paese, gestito dal "duo vergogna".
Non oso pensare come sarebbe il paese, gestito dall'associazione
"Aumma aumma".
Rino Ingarozza

https://www.facebook.com/groups/695106660608335/?multi_permalinks=3453251318127175&notif_id=1604912989061555&notif_t=group_activity&ref=notif

giovedì 6 agosto 2020

Stop licenziamenti: il governo diviso vara la “mezza proroga”. - Marco Palombi

Stop licenziamenti: il governo diviso vara la “mezza proroga”

Il Consiglio dei ministri era ufficiosamente convocato per stasera, ma non è detto che si tenga: le trattative nella maggioranza attorno al cosiddetto “decreto Agosto” non sono affatto terminate. La questione che divide di più (tra loro e al loro interno) i partiti che sostengono il governo Conte è la proroga del blocco dei licenziamenti da affiancare al prolungamento per altre 18 settimane della Cassa integrazione “Covid-19”: la ratio del provvedimento è tenere bloccata la situazione fin quando l’economia non sarà ripartita del tutto, presumibilmente all’inizio dell’anno prossimo. Venendo alle squadre in campo: M5S, LeU e un pezzo del Pd sono a favore della proroga, il resto dei dem (maggioranza in Parlamento e al governo) e i renziani sono contrari. Mentre andiamo in stampa, è in corso l’ennesimo vertice giallorosa sul decreto.
Il problema è che ormai sull’impossibilità di cacciare i lavoratori dalla sera alla mattina s’è scatenata una campagna a metà tra l’ideologico e l’interessato che vede, ovviamente, in prima fila Confindustria. Citeremo, a titolo di esempio, solo il parere dell’economista Tito Boeri, che ieri su Repubblica ha sostenuto – nominando en passant la “Nord Corea” – che il blocco dei licenziamenti blocca in realtà le nuove assunzioni perché gli imprenditori non sanno se potranno licenziare e quando: può essere che sia così, anche se la gelata piovuta sull’economia non induce all’ottimismo su futuribili aumenti degli organici, oppure che in molti finiscano per licenziare i costosi e rigidi vecchi contratti per assumere, con calma, dipendenti più giovani, meno pagati e sacrificabili a prezzi modici (vedi la modifica all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori del Jobs Act). In sostanza, tante ristrutturazioni aziendali pagate dai redditi da lavoro e dalla fiscalità generale via sussidi.
Come che sia, questa spaccatura politica e sociale si riflette anche nel governo producendo bizzarri cortocircuiti. La ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo (M5S) martedì sera ha garantito ai sindacati la proroga del blocco dei licenziamenti fino al 31 dicembre, negli stessi minuti veniva prodotta una bozza del decreto in cui, col guizzo dell’artista, la proroga rimaneva, ma a metà: una sorta di compromesso che, tecnicamente, allunga il blocco al 15 ottobre e poi fino al 31 dicembre, come da proposta delle imprese, ma solo per chi usufruisce della Cassa “Covid-19”.
D’altronde è ora – ha scritto ieri il viceministro dell’Economia dem, Antonio Misiani, – di iniziare “il percorso di fuoriuscita dall’emergenza”, di “nuova normalità” anche quanto alla tutela dei lavoratori. E la mezza proroga, dicono, è farina del sacco del Tesoro, benedetta da Roberto Gualtieri. L’ex sindacalista Guglielmo Epifani, deputato di LeU, non pare però convinto dal ragionamento: “Preoccupano le notizie che vorrebbero limitare il blocco dei licenziamenti solo fino alla metà di ottobre, altre erano state le dichiarazioni delle settimane scorse: il blocco va allungato fino alla fine dell’anno”.
Silenziosi i partiti, è toccato alle parti sociali impugnare la clava. Cgil, Cisl e Uil – dopo le rassicurazioni di Catalfo – non hanno preso bene la novità: “Se il governo non prorogasse il blocco dei licenziamenti sino a fine 2020, si assumerebbe tutta la responsabilità del rischio di uno scontro sociale” fino all’ipotesi che l’iniziativa unitaria già convocata per il 18 settembre si trasformi “in uno sciopero generale”.
Confindustria, in serata, vaticinava catastrofi: “Se l’esecutivo intende ancora protrarre il divieto dei licenziamenti, il costo per lo Stato sarà pesante” visto che “il divieto per legge assunto in Italia – unico tra i grandi paesi avanzati – non ha più ragione di essere ora che bisogna progettare la ripresa”. Quel divieto “impedisce ristrutturazioni d’impresa (corsivo nostro, ndr), investimenti e di conseguenza nuova occupazione. Pietrifica l’intera economia allo stato del lockdown”. Guai, nel caso, a pensare di mettere paletti sulla cassa integrazione ai “furbetti”, cioè a chi ne ha usufruito pur non avendo avuto cali di fatturato: “Sarebbero inaccettabili”.
Tra i litiganti sta, fino a notte silenzioso, il governo: la trattativa continua. “Nodo politico”, c’è scritto nella bozza.

sabato 5 ottobre 2019

Santa Prescrizione. - Marco Travaglio FQ 5 ottobre


Vi chiedo un po’ di comprensione, perché sto per tentare di spiegare la posizione di Pd e (Forza) Italia Viva sulla prescrizione.
Antefatto: un anno fa la maggioranza M5S-Lega approva la Spazzacorrotti del ministro Bonafede, che contiene lo stop alla prescrizione alla sentenza di primo grado. La Lega tenta di opporre resistenza, ma poi deve arrendersi in ossequio al contratto di governo.
Salvini (cioè la Bongiorno, che ci capisce e di prescrizione campa dal processo Andreotti spacciato per assoluzione) ottiene solo che la norma valga per i reati commessi dal 1° gennaio 2020, così da avere un anno per vararne un’altra che fissi regole più precise sulla durata dei processi. Cioè la riforma della Giustizia che Bonafede presenta in luglio: lì però gli equilibri nella maggioranza si sono ribaltati, con la Lega che ha raddoppiato i voti e il M5S che li ha dimezzati alle Europee.
E Salvini (cioè la Bongiorno) ha altre priorità, tutte porcate di stampo berlusconiano: “Punire i giudici che sbagliano” (quelli che han beccato Savoini, Siri, Arata, Rixi, Fontana e altri compari col sorcio in bocca), spaventarli con la separazione delle carriere, depenalizzare l’abuso d’ufficio, imbavagliare i giornali sulle intercettazioni e soprattutto annullare la blocca-prescrizione.
I 5Stelle e Conte resistono e la riforma della giustizia si arena in un drammatico Consiglio dei ministri: l’ultimo prima delle vacanze e la crisi alcolica del Papeete. Proprio ai “no” del M5S sulla giustizia (cioè sull’ingiustizia) Salvini attribuirà la fine del governo. A quel punto prima Renzi e poi tutto il Pd si rimangiano un anno e mezzo di popcorn e convolano a giusto governo con i 5Stelle per chiudere – possibilmente – l’era Salvini.
Bonafede resta Guardasigilli e tira un sospiro di sollievo: ora finalmente potrà riformare la giustizia per abbreviare i processi senza il solito Salvini (cioè la Bongiorno) che rompe i coglioni per tornare all’Era B. sulla prescrizione. E invece, sorpresa: il Pd e Renzi iniziano a rompere i coglioni per tornare all’Era B. sulla prescrizione, con le stesse richieste e argomentazioni (si fa per dire) di Salvini (cioè della Bongiorno).
La richiesta ufficiale è quella di accorciare prima i processi per evitare che un imputato resti tale a vita, e solo dopo bloccare la prescrizione. Roba da Comma 22: la prescrizione bloccata è già da un anno legge dello Stato, dunque per modificarla ci vorrebbe una nuova legge (che Lega e FI sarebbero felici di approvare); invece la riforma del processo è un ddl mai approvato nemmeno in Consiglio dei ministri (nel Conte-1 per i no della Lega, nel Conte-2 per i no di Pd&Iv) Se Pd e Iv vogliono approvarlo, non hanno che da approvarlo: invece dicono che non lo approvano perché prima bisogna bloccare il blocco della prescrizione, che però è già legge.
Cioè pretendono che Bonafede e tutti i 5Stelle se la rimangino per farne una opposta a quella di un anno fa (approvata persino dalla Lega, che poi ci ripensò fuori tempo massimo). Cioè per fare ora ciò che non vollero fare tre mesi fa, a costo di far cadere il Conte-1 e dar vita al Conte-2 che doveva cancellare le vergogne salviniste e invece si ritrova ricattato da identiche vergogne piddin-renziste.
La situazione è talmente surreale che nessuno può credere a ciò che dicono il Pd e Renzi: i quali, diversamente da B. e Lega che la dimezzarono nel 2005 con l’ex Cirielli, hanno sempre tuonato contro la prescrizione. E sempre promesso di bloccarla alla sentenza di primo grado o addirittura al rinvio a giudizio.
Nel 2014 Renzi affidò al pm Nicola Gratteri la presidenza della Commissione per la riforma della giustizia (formata anche da Davigo e Di Matteo), che propose di fermare la prescrizione financo alla richiesta di rinvio a giudizio. E il 20 novembre, quando il processo Eternit finì col solito colpo di spugna per il fattore-tempo, Renzi tuonò: “Cambieremo le regole sulla prescrizione, perché non è possibile che le regole facciano saltare la domanda di giustizia. Non ci dev’essere modo di chiudere la partita velocemente perché tanto la domanda di giustizia viene meno: no, la domanda di giustizia non viene meno”. Parole sante, a cui però seguì il nulla, cioè un brodino del ministro Orlando.
Nel 2015-2016 il capogruppo Pd in commissione Giustizia, Lumia, e i relatori Cucca e Casson presentarono emendamenti per fermare la prescrizione al rinvio a giudizio o alla sentenza di primo grado. E i 5 Stelle, pur favorevoli alla prima opzione, si dissero disposti a votare la seconda. Ma poi il governo Renzi, agli ordini di Alfano e Verdini (ci siamo capiti), li fece ritirare.
Ora Alfano e Verdini non sono più al governo, e neppure Salvini e B. Così, non potendo più nascondersi dietro i trompe l’œil, Pd e renziani escono allo scoperto e dicono coram populo: il Partito della Prescrizione siamo noi. Senza Santa Prescrizione protettrice dei lestofanti, mezza classe dirigente sarebbe in galera e l’altra mezza ci finirebbe presto.
Una sola preghiera: non ci raccontino che lo fanno per difendere i poveri imputati assolti in primo grado (che, per la Costituzione, sono “presunti non colpevoli” esattamente come i condannati in primo grado, salvo che si abolisca il grado di appello); o per evitare che qualcuno resti imputato a vita. Lo sanno tutti che i processi sono eterni anche perché i colpevoli la tirano in lungo per strappare la prescrizione: senza quella malsana aspettativa, i colpevoli patteggerebbero pene scontate (in tutti i sensi) senza nemmeno iniziare i processi. Il che sveltirebbe ipso facto la giustizia per tutti: soprattutto per gli innocenti, gli unici che hanno interesse a fare in fretta.
Chi difende la prescrizione abbia il coraggio di confessare papale papale che lo fa per i colpevoli: i nomi, anche se non ce li dice, li conosciamo.